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Riaprireste le Case Chiuse?


news 11.03.2019 53   |   Canali: prostituzione leggi italia

Riaprireste le Case Chiuse?

A quanto pare la Lega sarebbe intenzionata a far uscire dall'illegalità le prostitute, proponendo una riapertura delle case chiuse, con tanto di tassazione in piena regola. Chiuse nel 1958 con la legge Merlin, c'è la possibilità che presto tornono a riaprire i battenti. La proposta del leader della lista civica Siamo Veneto, Antonio Guadagnini, avrebbe ricevuto il via libera da parte del Consiglio Regionale del Veneto, con un certo plauso da parte anche del Ministro degli Interni Matteo Salvini che si è sempre mostrato favorevole alla riapertura delle case chiuse.

La situazione attuale

Al giorno d'oggi la legge non è nelle condizioni migliori, perché afferma che ricevere denaro per prestazioni di tipo sessuale non è un reato, mentre lo sfruttamento sì. Da questo deriva una situazione che, a livello fiscale si traduce in una evasione totale delle entrate da parte delle prostitute, che al limite rischiano solo sanzioni per non aver dichiarato le proprie entrate.
A rischiare invece i guai sono altre categorie che sulla prostituzione fanno circolare parecchi soldi: clienti, locatori, protettori e persino familiari, se si avvantaggiano dei guadagni derivanti dalle prestazioni. Le prime due categorie rischiano accuse di favoreggiamento, mentre protettori e familiari sono soggetti ad accuse di induzione e sfruttamento della prostituzione.

È proprio qua che insiste gran parte della questione, perché spesso le prostitute intraprendono la carriera non di loro spontanea volontà e non godono in prima persona dei benefici legati ai guadagni, anche se non dichiarati. L'articolo 600 del nostro codice penale infatti sancisce una pena reclusiva che può arrivare a vent'anni, con un minimo di otto per chi riduce una persona in schiavitù o in una condizione simile. La legge provvede anche a punire chi organizza turismo a sfondo sessuale con minori e chi lo pubblicizza, oltre che chi ha rapporti con le prostitute minorenni.

La proposta

La proposta che è passata, era già in giro da parecchio tempo e prevede che chi pratica la prostituzione sia considerato un lavoratore o una lavoratrice autonoma, con tanto di albo specifico, richiesta di dichiarazione dei redditi e produzione di ricevuta, per quanto riguarda gli oneri fiscali, oltre all'obbligo di visite mediche perioche ed analisi, come qualsiasi lavoratore che operi in settori a rischio. Alla base della richiesta c'è una corposa letteratura in giurisprudenza per la quale la prostituzione risulterebbe assimilabile ad un'attività libero professionale.

Sempre nella proposta è richiesto che chi affitta uno spazio, come un appartamento, dove la prostituta esercita non si possa considerare in alcun modo un favoreggiatore.

Dall'altro fronte la proposta però richiede anche un sostanzioso inasprimento delle pene per i trasgressori, con pene dai 10 anni fini all'ergastolo per gli sfruttatori ed i favoreggiatori della prostituzione minorili, pena estesa anche ai clienti che partecipano anche al turismo sessuale con minorenni.

La legge però deve una bella fetta della sua popolarità ai dati Irpef, che affermano che il giro di affari legato alla prostituzione si aggira intorno ai 4 miliardi di euro, che non vengono dichiarati, ma che finiscono per essere puntualmente reinvestiti spesso in attività illecite. A fianco alla motivazione fiscale c'è anche la risposta a tutte le persone che sarebbero interessate a praticare il mestiere come attività lavorativa, visto che sempre in base ai dati Istat ci sarebbero circa 50-70 mila fra gigolò e prostitute attivi in Italia con un preoccupante 2000 minorenni. Il grosso dell'attività, circa il 65% si svolge pericolosamente in strada, il 29 in albergo e quel che resta in case private.

Il 30 aprile, presso la sede del Partito Radicale, si è svolta la conferenza dal titolo “Sex Work is Work” organizzata dall’Associazione Radicale Certi Diritti, il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute e il Codacons.

L’occasione è stata quella di ricordare le condizioni di vita dei e delle sex worker e di portare al mondo della politica un pacchetto di proposte da inserire nel quadro di una possibile regolamentazione del lavoro sessuale.

Cosa Non convince

In realtà, il modo in cui sta affrontando la questione rischia di portarci indietro di decenni, denuncia Wired in un recente articolo sul tema. Al di là della debolezza di un discorso che sembra poggiare più sulla necessità di dare decoro alle strade italiane che non a difendere i diritti delle lavoratrici, quello che più lascia perplessi è l’idea della creazione di un albo comunale che non sarebbe poi altro che un meccanismo di schedatura di massa. Negli anni Cinquanta, le case chiuse erano luoghi solo apparentemente sani, dietro alle cui mura si nascondeva una realtà fatto di sfruttamento e violazioni dei diritti umani. “Prigioni, istituzioni disciplinari dove i diritti e le libertà individuali erano sospesi”, ha spiegato Giorgia Serughetti, ricercatrice dell’Università di Milano-Bicocca, “A parte i ritmi e le condizioni di lavoro, molto faticose, le prostitute erano schedate, sottoposte a controlli sanitari obbligatori, recluse nei sanatori se portatrici di malattie veneree”.

Regolarizzare il fenomeno potrebbe sì avere conseguenze positive quanto meno su una parte di chi pratica il mestiere, quelle che lo fanno per scelta, ma questo non prenderebbe in considerazione in modo concreto il disagio e le condizioni di marginalità in cui gran parte delle prostitute si trovano, quelle che svolgono questa attività sotto costrizione e ricattate dalle mafie.

Come funziona in Europa

La grande maggioranza degli stati europei vanta una situazione simile a quella italiana, e la prostituzione non è regolamentata. In alcuni paesi dell'est esistono sanzioni e multe non molto pesanti per le prostitute, ma non per i clienti, mentre in Francia i frequentatori sono puniti con un'ammenda che in caso di recidiva arriva anche a 3500 euro.

Altri stati come Germania, Olanda e Austria hanno dato una risposta diversa, con una legalizzazione della prostituzione. È proprio il modello viennese quello di ispirazione per la Lega. Nella capitale austriaca ci sono case chiuse dove oltre a frequentare le prostitute si può anche chiacchierare, bere un drink o andare a ballare come in un qualunque locale. Solo che qua le prostitute seguono la profilassi, pagano le tasse e versano una quota dei ricavi alla cassa. Le cifre vanno intorno alle 200 euro per un'ora, 120 euro per mezz'ora. I clienti per accedere alla casa chiusa pagano alla cassa una quota che comprende piscina, sauna, accappatoio, ciabatte e drink non alcoolici.

La Consulta fa barriera

Per ora però la Corte costituzionale, riunita in camera di consiglio, ha deciso le questioni sulla legge Merlin sollevate dalla Corte d'appello di Bari e discusse nell'udienza pubblica del 5 febbraio 2019. In attesa del deposito della sentenza, l’ufficio stampa della Corte fa sapere che le questioni di legittimità costituzionale riguardanti il reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione, puniti dalla legge Merlin, sono state dichiarate non fondate.

Ovvero, reclutare e favorire la prostituzione resta reato, almeno fino ad oggi.

Voi da che parte state?


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