Venerdi scorso uno dei nostri bull di fiducia ci ha proposto di trasferirsi da noi fino a epilogo di questa immane tragedia. Abbiamo accettato a patto che condividesse con noi la regola del "confino". Scorta di viveri sufficiente per due o tre settimane, e al primo passo fuori dall'uscio di casa fine dei giochi. Per il momento siamo in totale sintonia, e viviamo (loro vivono) le frequenti parentesi di sesso con una dolcezza non comune. Ho la sensazione che ci sia una voglia di proteggersi, di ricercare, nei sensi, una fuga dai pensieri che ci affliggono, duramente. Ci vedo a tratti la vita che ansima, che tenta di riprendersi il proprio. Riconosco, però, quanto questo possa apparire del tutto effimero, e che il nostro piacere confligga con una visione di continenza che è sincrona, nella norma, a quella del lutto. Se ne scrivo è quindi per una forma di disagio, turbamento, che non mi è consona, in faccende d'amore. Chiedo se ci siano coppie come noi, che al riparo della ferrea regola del "io Resto A Casa" , abbiano scelto di condividerne la lettera accanto a qualcun altro, e, nel caso, se siano più sereni di quanto lo sia io nell'affrontare il proprio percorso.

Riteniamo doveroso interrompere partiche di promiscuità sessuale non già per assecondare personali opinioni, per effetto di calcoli statistici, in ragione di qualche opinione più o meno auterovole. Banalmente riteniamo sia doveroso farlo per rispettare la legge, che oggi, per effetto di un decreto, impone comportamenti e stili di vita più attenti. Capiamo che anche la legge sia opinabile, ma lo stato di pre-collasso della sanità e dei suoi presidi nei reparti di terapia intensiva, dove il confine tra vita e morte si fa più labile, incoraggia oggi e non domani al piccolo sacrificio della continenza. Se i tassi di mortalità risultano poi così bassi è proprio grazie ai nostri medici, e ai loro collaboratori. Del loro sudore, e dei loro rischi, dovremmo farci carico anche noi, come comunità.