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Lui & Lei

Cena romantica


di manueletto93
11.10.2017    |    6.514    |    0 8.5
"Una selvaggia, una dea del sesso, mi sentivo usato ma soddisfatto fino al midollo sentendo il suo godimento riempire la stanza, ormai il tavolo era fradicio..."

Quante volte abbiamo ripetuto che avremmo avuto un posto nostro, ed eccoci lì. Era il primo week end nel nostro appartamento, avere un posto tutto nostro dove condividere il nostro tempo, dire che eravamo eccitati sarebbe un eufemismo.

Quel sabato decidemmo di non uscire e di cucinare assieme godendoci una serata per noi. Faceva molto caldo perciò eravamo vestiti con lo stretto indispensabile, in fin dei conti eravamo solo io e lei. Cosa c’è di più bello di poter stare in comodità con la propria ragazza?!
Io indossavo solo dei pantaloni e lei aveva una larga maglietta che le copriva a malapena il culo, non portava nemmeno le mutande, i suoi capezzoli così scoperti dai soliti occhiali mi fissavano l’uccello.

Per tutta la cena i nostri piedi nudi stuzzicarono i genitali opposti, con movimenti lenti e misurati, quasi faticammo a cenare! Non smettevamo di ridere. Lei ormai era un lago ed io più duro del pavimento che ci aveva spiati fino a quel momento. Il mio alluce lentamente iniziò a farsi strada tra i suoi umori, finché non entrò per intero nella sua figa, era calda e confortevole proprio come un fico, lo mossi in modo circolare, i suoi gemiti aumentarono. Godevo di quella sua espressione, la frequenza dei suoi gemiti aumentò, la mia eccitazione cresceva sempre più. Le sue guance arrossivano lievemente lasciando quella bocca da pompinara semi aperta. Quindi continuai a stimolare le sue profondità fino al farle raggiungere un orgasmo tale da farle perdere la concezione di ciò che la circondava, a tal punto da rovesciare il bicchiere di vino nel suo svolgimento.

Mi guardò; un attimo prima era accasciata sulla sedia e in un istante si alzò, venne vicino a me, poggiò le mani sul tavolo mettendosi a cavalcioni su di me. La sua figa bagnata era ad un palmo dal mio naso, spinse i suoi fianchi indietro e non ci volle un istante di più per farmi iniziare a leccare quella bontà. Avevo appena finito di mangiare ma avevo fame di lei, era così dolce che iniziai a leccarla sempre con più passione.

Tolse la maglietta e mi fece un collare con la stessa, staccando solo per il tempo necessario la sua figa dal mio viso, mi ritirò a se mentre con un ampio movimento del braccio fece cadere tutto a terra per potersi mettere a 4 zampe sul tavolo trascinandomi con lei. Mi ordinò di distendermi sul tavolo senza mai staccarmi dalla sua figa , voleva che non smettessi di mangiarla. Era molto intrigante come situazione. Continuai a gustarmi quel fiume di emozioni prodotti incessantemente, ormai avevo la barba piena del suo odore.

Calore, umidità, (era molto piacevole), il mio uccello fu avvolto da ciò e sussultò dalla gioia, non cessai la mia attività, ora la sensazione mi avvolgeva completamente senza che una piccola parte fosse scoperta; la sua lingua aperta avvolgeva nella sua bocca per intero la mia mazza, su e giù su e giù , non potei non infilarle la lingua dentro per poter ricambiare quel piacere.

Più piacere provavamo più ne davamo.

Allora alzai la mano e bagnandola nei suoi umori spinsi un dito alla volta dentro per allargare quelle grazie, ad ogni dito che aggiungevo ero un pó più dentro nella sua bocca, era una proporzione perfetta, lo stava ingoiando ed io arrivai quasi a infilarle per intero la mano, venni, e le spinsi un pó a fatica la mano per intero, urlò, un po’ per piacere un po’ dolore.
Me lo morse forte e iniziò a muoversi sempre di più, l’eccitazione cresceva, ne voleva di più, voleva che muovessi la mano che veniva risucchiata sempre più al suo interno, prese a leccare tutto fino all’ultima goccia, metterlo in bocca tirarlo fuori, leccarlo come un cono gelato e continuava a muoversi sempre di più mangiandolo sempre con più foga finché le sue urla non ebbero fine e si accasciò sul mio corpo.

Estrassi la mano con delicatezza e nemmeno ne ebbi il tempo che mi salì sopra si infilò il mio uccello fin in fondo alla sua figa avida e mi ficco le dita in bocca strozzando ogni mio tentativo di parlare.

“Sei la mia troia ed ora mi diverto io”, mi disse.

Si mosse in tutte le direzioni, muovendo quel bacino in modo circolare, alternando le uscite del mio cazzo lentamente alle entrate veloci. Una selvaggia, una dea del sesso, mi sentivo usato ma soddisfatto fino al midollo sentendo il suo godimento riempire la stanza, ormai il tavolo era fradicio e in un attimo venimmo assieme sincronizzando il morso delle sue dita al suo ululato che riecheggiava nelle nostre orecchie.

I nostri corpi, uno sopra l’altro, la sua mano giocava con i miei capezzoli disegnando dei piccoli cerchi, la mia accarezzava i suoi fianchi percorrendo le sue curve fino al solco del suo culo.
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