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Lui & Lei

Chocolate, parte 3


di Marooned91
14.05.2019    |    1.688    |    0 6.0
"Lei si morse un labbro, cercando di non gemere il piacere di quei brividi che un po' il freddo dell'acqua e un po' la vicinanza di lui le stavano scatenando..."
Si svegliò di colpo, sudato, accaldato, e con la stanchezza del piacere che gli pesava addosso come un macigno.
Cercò di alzarsi a sedere, guardandosi intorno per vedere se Giulia fosse entrata davvero nella stanza o nel letto o se si fosse trattato solo di un sogno, ma si lasciò ricadere immediatamente sul materasso. Era così stanco che iniziava ad avere qualche dubbio. Quale sogno lascia addosso lo stesso languore del piacere reale? Allungò un braccio a tastare, accanto a lui, per trovare la forma di Giulia che riposava, ma non trovò nulla.
Era solo in quel letto; provò a chiamarla, ma non ricevette risposta e dedusse di essere solo anche nella stanza. Allora era stato davvero un sogno. Molto piacevole e tremendamente reale, ma come mai quel rammarico?
Oramai ne era convinto. Troppo vivido, troppo sensuale, troppo erotico, troppo pieno, troppo “troppo” per essere un normale sogno innescato da stanchezza e mancanza. Il corpo di lei sotto al suo era stato troppo reale, le sue labbra erano sembrate troppo calde sulla sua pelle, la sua figa troppo pronta ad accoglierlo nella propria umidità ardente, troppo bagnata troppo eccitata…
…non era un sogno normale. Giulia vi si era intrufolata con le sue arti da streghina, e non potendo salutarlo come desideravano entrambi, aveva pensato di regalargli quel sogno. Non c'era nulla più che quello. Poi lui sarebbe sceso in spiaggia, si sarebbero visti, si sarebbero salutati e coccolati e lui avrebbe dovuto aspettare la notte perché quel sogno divenisse, almeno in parte, realtà.
Sempre che lei decidesse di assecondarlo e lasciarsi possedere.
A volte, Giulia sembrava trarre più piacere dai suoi giochi di seduzione, dal portarlo al limite per poi lasciarlo insoddisfatto, come se bastasse l'eccitazione di lui ad accenderla. E altre volte, invece, diveniva così sensualmente spregiudicata da non sembrare nemmeno lei, lasciandolo sfinito, nel letto, a sentirla mentre si accoccolava mugolando sul petto e lui si sentiva sul punto di implorarla di non smettere.
Si voltò ad affondare il viso tra i cuscini, mentre si prendeva tutto il tempo di cui aveva bisogno per riprendersi un po' di energie prima di scendere in spiaggia. Al diavolo, ora non vedeva l'ora di andare a lei.
Si infilò nuovamente sotto la doccia, per lavare via il caldo del piacere che gli era rimasto appiccicato addosso e per presentarsi fuori dalla stanza con un aspetto meno sfatto di quello che aveva visto allo specchio. Si vestì in fretta, controllò velocemente di avere con sé tutto quello che voleva portare, e uscì dalla stanza lasciando il letto sfatto. Gli sembrava eccitante anche che Giulia vedesse in che condizioni il suo sogno aveva ridotto la stanza.
Non aveva nemmeno guardato che ore fossero e in ogni caso, gli sembrava d'aver dormito abbastanza e insieme di aver dormito troppo poco se c'era ancora tutta quella gente che camminava chiacchierando allegramente per la strada, eppure doveva essere ora di pranzo. Anzi, ne era sicuro, era arrivato verso le dieci e mezza di mattina ed era sicuro di aver dormito almeno un'oretta, ma ecco che la spiaggia si presentava davanti a lui interrompendo il flusso dei pensieri. Lasciò vagare lo sguardo sulla distesa chiara di fronte a lui, cercando di capire dove si trovavano i suoi amici; intravide Mariateresa e Roberto nell'acqua che giocavano a palla, e Giulia seduta sulla sabbia poco lontano, che si spalmava un po' di crema solare sulle gambe color madreperla.
Le si avvicinò con un sorriso, cercando di non farsi scoprire né da lei né dagli amici che giocavano in acqua, stese il suo asciugamano da spiaggia sulla sabbia e le si sedette accanto attirando, finalmente, la sua attenzione.
Com'era bella Giulia quando era felice, quando quegli occhi di cacao diventavano lucidi di gioia e brillavano. Com'era bello pensare di essere lui la causa di quel luccicare, di poterle stare accanto, com'era bello potersi finalmente rilassare tra il sole e il mare e lei.
Si sentì stritolato dal suo abbraccio, molto forte per venire da una creaturina minuta come lei, mentre gli ricopriva il viso di baci che lui poteva soltanto accettare ridendo e stringendola a sé. Quanto gli era mancata quella sensazione di fisicità tra loro, della vicinanza dei corpi, del loro calore che si bilanciava, del profumo che lo colpiva e inebriava e della voce che aveva il potere assoluto sui suoi sensi. Le prese il viso tra le mani, fermando la sua febbre di baci con uno focoso che gli salì dal profondo, per sussurrarle sulla lingua tutte le emozioni che lo attraversavano in quel momento, che lo aveva accompagnato da lei, che avevano disegnato il suo sogno modellandolo sulle sue pulsioni più intime.
Era in momenti come quelli, guidato dalla pura istintualità dei suoi desideri, che si rendeva conto meglio che mai di quanto lei gli fosse preziosa.
Ed era una sensazione così liberatoria, così unica, così naturale nella sua straordinarietà che lui non poteva fare a meno di sottomettersi a lei e lasciare che gli mandasse appassionati segnali deliranti di desiderio e di fantasia.
Piano piano, la sua passione si stemperò e il bacio si fece languido e dolce, come se dovesse finire per il fisiologico bisogno d'aria eppure non potesse finire perché quelle labbra gli erano mancate troppo a lungo e lui era drogato dal corpo che stringeva. La sentì posargli la testa sul petto, prima di allontanarlo da sé e mormorargli, più o meno come aveva fatto nel sogno, "benvenuto".
Lui sorrise, osservandola mentre tornava a spalmarsi la crema solare guardandolo di sottecchi. Gli parve che quegli occhi lo scavassero come avevano fatto nel sogno, che diventassero eccitati, pieni di piacere, languidi, e divertiti, e sensuali. Gli parve che non ci fosse nulla di diverso nella situazione di fantasia che aveva vissuto e in quella che stava intorno a lui, e gli parve che Giulia avesse un sorriso vagamente ironico quando scosse leggermente il tubetto di crema domandando con fare innocente, "mi aiuti…?"
Afferrò il tubetto spremendo un po' di crema sulle dita, e stava per chiederle dove doveva spalmarla quando lei si voltò a pancia in giù, offrendo di nuovo la schiena alla sua vista, e slacciando il reggiseno del suo costume da bagno con una mano.
Come se non fosse bastata quella visione,aveva pensato bene, la gattina, di aggiungere la sensualità di quel gesto che a lui non era mai riuscito, sganciarle il reggiseno con una mano sola. Gli era sempre parso eccitante che lei lo prevenisse con quel gesto lento, semplice e così terribilmente seducente ai suoi occhi, il levarsi uno degli ultimi indumenti che solitamente le rimanevano addosso, per lasciare a lui il compito di levare il resto. Per quanto lui osservasse come ci riusciva, come uno scolaretto che vuole imparare, non aveva la naturale semplicità di lei quando voleva offrire il proprio corpo alla sua vista.
Forse non lo imparava per quello, perché dovesse sempre farlo lei.
Posò leggermente le dita sul centro della schiena di lei, cercando insieme di spostare e non spostare lo sguardo sulla rotondità del seno di lei, che vedeva debordare oltre il confine della curva del suo corpo, per quel che la prospettiva gli offriva. Ma Giulia non sembrava intenzionata a rendergli le cose più facili; mugolava appena al contatto della crema fresca sulla pelle surriscaldata dal sole, chiudeva gli occhi con un sorriso beato al massaggio delicato della mano di lui, eppure riusciva a fargli sentire lo sguardo addosso nel momento in cui lui si saziava della sola vista di quella semiluna di pelle chiara del seno che il costume non conteneva più. Si sentiva stranamente in soggezione, eppure eccitato dall'idea che lei avesse, di fronte a tutti, fatto esattamente la stessa cosa che l'aveva fatto impazzire in sogno.
Mh, cominciava a credere di doversi buttare in acqua prima del previsto.
Terminò chinandosi su di lei e posandole un bacio sulla nuca, sotto al piercing, incontrando, mentre si risollevava, gli occhi di lei che luccicavano di divertimento. Si levò la maglietta e si stese accanto a lei, inforcando gli occhiali da sole per proteggere i suoi sguardi che lei attirava anche troppo spesso, se non la smetteva di scoprire il suo corpo in quella maniera così discreta, segreta, raffinata, seducente nella sua delicatezza. Poco dopo sentì gli occhiali che gli venivano sfilati, i capelli di Giulia che gli sfioravano le pelle e poi i suoi occhi divertiti e quel sorriso incredibilmente innocente su quelle labbra rosee e carnose che gli mormoravano, "ti è piaciuto il sogno, mh?"
Per un momento la bocca gli si inaridì, il primo pensiero che ebbe fu che si era slacciata il reggiseno, poco prima, e che quindi doveva essere scoperta e il primo istinto fu abbassare lo sguardo. Lei aveva effettivamente ancora il reggiseno sganciato, ma lo teneva fermo contro il seno con una mano, in un modo però che gli permetteva comunque di vedere il capezzolo roseo che spiccava contro quella pelle che rimaneva chiara anche se abbronzata. Deglutì rumorosamente e lei sorrise, di nuovo, quei gesti che più erano semplici e naturali e più erano seducenti –o forse lei lo sapeva e lo faceva apposta? O forse era lui, così pieno di desiderio, a vedere una provocazione in ogni singolo movimento di lei?
Sapeva che non si sarebbe spinta oltre di fronte ad altre persone, e per un momento si stupì di rammaricarsi di non essere solo con lei , quando lei si fece più vicina, più languida, e con una voce bassa e calda gli mormorò di nuovo, "non vuoi rispondermi, tesoro?"
Oh, merda. Mancava solo quel modo tutto suo di scandire le parole, soffiandole, quando voleva diventare particolarmente sensuale, mancava solo quel modo di parlare in un sospiro, come se già provocarlo fosse un piacere fisico che non le permetteva di controllare il proprio respiro e la propria voce. In qualche modo, lei sapeva pronunciare parole semplici come “tesoro” svuotandole dell’esubero di affetto per riempirle di quella lussuria che, già di per sé, poteva bastare a fargli indurire il cazzo tra le gambe, gli inaridiva la bocca, gli faceva in generale venir voglia di stenderla sulla sabbia e metterglielo dentro senza preamboli, per soddisfare il desiderio che lei sapeva incanalare così perfettamente nel suono soave di un sussurro erotico.
In qualche modo lei sapeva fargli sentire che il piacere di provocarlo era qualcosa che veniva da lui, non qualcosa che nasceva da lei.
Si schiarì la voce per rantolare in un mormorio roco, "a te è piaciuto?"
Lei sorrise, allungando la mano libera ad accarezzargli una guancia, mentre aderiva al suo petto e gli sussurrava a pochi millimetri dalla bocca, "era il tuo sogno, tesoro..."
Erano nella stessa identica situazione di quel sogno; lei che gli si stringeva contro, anche se non era completamente sopra di lui, che sussurrava a pochi millimetri dalla sua bocca e lui che era invaso dal desiderio di impadronirsi senza complimenti di quelle labbra e di quel corpo. Ora quel bagno nell'acqua fredda del mare era necessario, ma voleva cedere a lei, voleva lasciarsi andare e lasciarle fare il suo gioco, sedurla lasciandosi sedurre, e con un sorrisetto sornione mormorò per tutta risposta, "era solo un sogno, dopotutto, niente di che."
Lei ricambiò il sorriso, smettendo di accarezzarlo per allacciarsi il reggiseno del costume da bagno e allontanarsi da lui. Gli lasciò credere di potersela cavare così, osservandolo mentre riponeva gli occhiali nella borsa di lei e si tirava su a sedere, ma poco prima che lui si alzasse lo bloccò, costringendolo a stendersi di nuovo, gli si avvicinò fino a far confondere i loro respiri e mormorò suadente, "lo vorresti, quel sogno?"
L'espressione di lui la convinse che non aveva del tutto capito cosa volesse dire, e ripeté, "e se lo realizzassimo?"
Di nuovo, la sua stessa bocca gli impedì di rispondere, e lei sembrava godere di quell'eccitazione improvvisa e incontrollabile che si era scatenata in lui. Per quanto volesse alzarsi e buttarsi nell'acqua a calmare i suoi bollori, voleva anche rimanere lì, capire cosa lei intendesse fare o dire, lasciarsi sedurre ed imprigionare dalla sua bellezza delicata e dalla sua sensualità discreta e insieme spregiudicata, quanto bastava da provocarlo apertamente in pubblico.
Gli riuscì solo di annuire, e lei, schiacciandogli il seno contro il petto, continuò con un sorriso che sembrò dilatarsi nel tempo.
E poi la vedeva alzarsi, come se nulla fosse successo, sistemarsi il costume e avviarsi verso il mare, voltarsi piano a dirgli, "non vieni anche tu?", e continuare tranquilla a camminare, come se non fosse stata lei a provocarlo, come se non la imbarazzasse per nulla aver indovinato un suo sogno spinto e averne parlato pochi secondi prima.
Mh, questa cosa cominciava a farsi interessante. Lei non sapeva nemmeno cosa aveva in mente di fare. Forse contava sul fatto che lui rimaneva sempre troppo ipnotizzato dal suo corpo e dalle sue seduzioni mascherate d'innocenza, forse contava sul fatto che non avrebbe avuto il coraggio di andare oltre certi limiti. Ma, Dio, lei non aveva neanche idea di quanto lui la desiderasse, non aveva idea di quanto volesse fare l'amore con lei come in quel sogno.
La raggiunse con un sorriso, gettandosi nell'acqua che finalmente offriva un po' di refrigerio al desiderio persistente dentro di lui. Non che la cosa gli dispiacesse, però. Anzi, gli permetteva di mettere all'opera il suo “piano” fin da subito. Poteva, per esempio, nuotare fino a raggiungerla, mentre lei gli voltava le spalle, fare cenno ai suoi amici di fare silenzio, circondarle la vita con le braccia premendo la sua mezza eccitazione contro di lei. Poteva quasi vederla sbarrare gli occhi, sentendosi il cazzo di lui contro il sedere, spalancare la bocca per lo stupore e poi si voltava tra le sue braccia come a volerlo punire dell'impertinenza.
Ma si trovava davanti il suo sorriso divertito ed imbarazzato. La avvicinò un po' di più a sé, stringendola al petto, avrebbe allungato un braccio per sollevarle le cosce a cingergli la vita se fossero stati soli, e le sussurrò vicinissimo alle labbra, "t'ho spaventata?"
Lei aprì la bocca per rispondere, ma fu obbligata a controllare le sue corde vocali per non gemere quando lui le si spinse contro ancora un po', strusciando il bacino contro di lei. Voleva tentare uno sguardo con cui incenerirlo e fargli capire che non era quello il posto e non era quello di il momento di provocazioni così intime, ma lui rispose ai suoi occhi stupiti e imbarazzati, quasi, con un sorrisetto sornione.
Roberto, come intuendo che loro due erano di troppo, decise che era ora di smettere di giocare nell'acqua e si allontanò con Mariateresa verso la spiaggia, mormorando qualcosa riguardo l’acqua troppo bagnata…
Lasciando Giulia in balia di Mario, che era ben deciso a non pensare più. Lui la attirò ancora un po' a sé, rendendo ancora più intima la carezza erotica nascosta dal mare, e si spinse un pochino più al largo, dove l'acqua li copriva di più e i movimenti potevano essere un pochino più liberi. Sapeva benissimo che lì era troppo alto per Giulia, che doveva necessariamente rimanere aggrappata a lui e lo faceva benissimo stringendogli le gambe intorno ai fianchi e le braccia intorno al collo; sembrava combattuta tra la paura di rimanere senza il suo appoggio e lo stupore di come lui avesse fatto in fretta a trasformarsi dal ragazzo incapace di parlarle che era stato sulla spiaggia a quello che le si strusciava impudentemente contro di in pubblico.
Si chinò lentamente verso di lei, così lentamente da sentirla trattenere il respiro fino a quando le posò le labbra sul collo, risalendo verso il suo orecchio con una serie di baci leccandole via il sale dalla pelle, e poi la sua voce che rimbombava milioni di volte il suo sussurrato, "mi sei mancata", come se perfino il suono volesse scoparle la membrana del timpano.
Lei si morse un labbro, cercando di non gemere il piacere di quei brividi che un po' il freddo dell'acqua e un po' la vicinanza di lui le stavano scatenando dentro. Cingendogli un po' più strettamente il braccio intorno al collo, mormorò, "Mario…cosa stai facendo?"
"Quello che mi provocato” rispose lui, suggendole delicatamente il lobo, mentre le sue mani le accarezzavano la schiena nascoste dall'acqua, si infilavano sotto la stoffa del reggiseno, sfioravano il capezzolo che prima lei aveva abilmente mostrato e nascosto, e la sua voce si perdeva contro la pelle di lei in un mugolio di piacere che accompagnava il nuovo strusciare del suo cazzo, ora vicino alla massima erezione, contro il ventre di lei.
Avrebbe continuato fino a quando lei non gli si fosse abbandonata contro. Fino a quando quelle resistenze un po' giocose si sarebbero abbattute sotto ai colpi delle sue carezze e dei suoi baci, fino a quando lei avrebbe smesso di chiedergli cosa stava facendo per chiedergli di non smettere di farlo. Avrebbe continuato fino a quando lei avesse iniziato a muoversi contro di lui, cercando le sue carezze, i suoi baci, i suoi abbracci, e le sue provocazioni sarebbero state accolte senza l'imbarazzo che ora le sgranava gli occhi e la faceva guardare furtivamente intorno a sé per assicurarsi che nessuno li vedesse.
Donna di poca fede. Che credeva, che avrebbe iniziato a toccarla dove qualcuno avrebbe potuto scoprirli e interromperli? Si era allontanato apposta in quel punto un po' più isolato, sapeva che dalla spiaggia sembravano solo coccole tra due che non si vedono da un po’, abbracci e baci innocenti di un ragazzo a una ragazza che fingeva di resistere per gioco. Mh, in effetti, era anche eccitante sapere che qualcuno li stava guardando davvero, ma non poteva sapere cosa stavano facendo, quella sensazione come se tutti gli occhi a partenza dalla spiaggia fossero puntati su di loro.
"Lo sai," le mormorò tornando per un momento a sussurrarle contro le labbra, "mi fa ridere pensare che ci stanno guardando e non immaginano cosa stiamo facendo"
"Mario!” lo sgridò lei, sgranando di nuovo gli occhi per la sorpresa. Le pareva di poter resistere sempre meno, più lui stringeva, più lui accarezzava, più lui strusciava e più lei si sentiva persa e per fortuna erano nell'acqua e lui la sorreggeva, o avrebbe avuto bisogno di sostegno tanto le tremavano le gambe.
"Sì?", domandò lui con fare innocente, mentre le labbra catturavano di nuovo il lobo di lei, le dita si stringevano delicatamente intorno al capezzolo inturgidito e l'altra mano le scendeva lungo la schiena, seguiva con un dito la linea della sua spina dorsale, scivolava sotto il costume e finiva dietro, a fondo tra le sue natiche, per arrivare da dietro ad accarezzare la sua figa facendole ingoiare la risposta in un gemito soffocato. "Non ti piace, forse?"
Dannazione, perfino lui riusciva a captare che le piaceva eccome, e che già lei non aveva più il controllo sul suo corpo, lo spingeva contro di lui fino ad aderirgli, che voleva sentirlo davvero premere contro di sé, il suo cazzo duro, mentre la mano tra le sue gambe la sfiorava delicatamente, come a stuzzicarla, su e giù, e la bocca si beveva quel mugolio d'insoddisfazione impazienza.
"Mario...", riuscì a gemere lei quando lui le lasciò la bocca per tornare a concentrarsi sul collo, e a nulla valeva il suo tentativo di resistergli, perché le veniva spontaneo spingersi giù, contro le dita che le sfregavano la figa sempre più insistentemente, a cercare il piacere che stava in tutti i modi cercando di non avere. Lui non pareva impaziente quanto lei, i baci si erano fatti più lenti e delicati, dannatamente più lenti, ma più profondi anche.
E la cosa che più la infastidiva era il non poterlo toccare per non perdere l’appoggio –e, Cristo! Aveva anche ragione quando diceva che era eccitante sapere di essere guardati e che quei giochi erotici con la complicità dell'acqua sembravano soltanto coccole tra adolescenti. Si sentiva bagnata e sapeva benissimo che non era soltanto l'acqua del mare, e ora le dita di lui sembravano scivolare ancora di più contro di lei, spingevano il costume da una parte come se non avessero potuto aspettare oltre e poi rimanevano ferme, poi affondavano appena nella fessura, e subito ritornavano fuori ad accarezzarla, e costringendola a mordersi il labbro per non gettare la testa all'indietro come era solita fare.
Doveva trattenersi, ma come poteva farlo se lui continuava a quel modo?
Mugolò di nuovo un po' di insoddisfazione, cercando di non farsi sentire da nessun altro se non l'uomo che la stringeva e che sembrava pensare di poter tornare indietro. Ma diamine, lei non poteva tornare indietro, il suo respiro era troppo pesante contro il suo petto, le sue gambe tremanti troppo strette alla sua vita, il suo clitoride troppo pulsante contro le sue dita e la sua bocca socchiusa sembrava gemere il bisogno di un bacio, di una nuova mancanza di respiro che la travolgesse e le permettesse di ottenere il piacere che aveva prima rifiutato e che adesso le sembrava l'unica cosa che desiderava.
Ma neanche lui poteva più tornare indietro, e lo sapeva, così come, pur nel suo abbandono, lo sapeva lei. Era successo, ormai. Per lui era come se lei avesse tanti modi diversi di eccitarlo, una volta dolcemente, un’altra sensualmente, un’altra spregiudicatamente, ed un milione di altri modi ancora. Oppure, ancora, come se ogni volta, perfino quella dolce, portasse con sé un bonus che, ogni volta, si accumulava, ed ogni tanto doveva finire inevitabilmente per esplodere. E la deflagrazione era quella bomba di desiderio animalesco, forte, fuori dalla portata di ogni tentativo di autocontrollo; una diga che non può essere più contenuta da alcun argine che l’uomo possa concepire.
"Che c'è, mh?", domandò lui con fare sornione, spingendo le dita stavolta decisamente a fondo nella sua figa e osservandola mentre continuava a mordersi il labbro. La stretta intorno al suo collo si fece più forte, lui avvertiva ora distintamente la diversa densità attorno alle dita rispetto a della semplice acqua marina, se non fosse bastato il calore rovente e gli spasmi muscolare in cui le dita si trovavano costrette. E nei sussurri sommessi che lei rilasciava contro la sua pelle iniziò a distinguere i gemiti di piacere che aveva atteso per così tanto. Sorrise maliziosamente, chinandosi su di lei per sussurrarle, in quel barlume di dolcezza rimastagli, "la mia gattina ha cambiato idea?"
Lei sussurrò un "sì….", tremolante e reso anche più eccitante, per lui, dal piacere che sprigionarono in lei le sue dita che ora andavano ritmicamente su e giù, a fondo fino alla base della prima falange, e poi quasi del tutto fuori fino all’ultima. Andava piano, ma spingendo con decisione nel calore fradicio della sua figa, voleva che lei sentisse per intero le sue dita che ora la scopavano senza ritegno, aggiungendoci un famelico poggiare il palmo della mano contro il clitoride e sfregarlo quanto più gli permettesse la posizione. La osservò posargli la testa contro il petto, nel tentativo di nascondere l'evidente espressione languida e soddisfatta che aveva sul viso, e lui si chinò ad ansimarle nell’orecchio, la mano che andava freneticamente, convulsamente a stantuffarla in profondità. I gemiti di lei si fecero un po' meno sommessi, la sua voce gracchiò, lui le sollevò il mento con l’altra mano, abbandonando per un attimo il capezzolo che aveva fino a quel momento torturato, tirato, rigirato. Le si avvicinò il più possibile, e lanciò voracemente la propria bocca contro quella di lei, per ritrarla dopo poco e obbligarla così a supplicare un bacio, e mormorò, "dimmi cosa vuoi, allora".
Attraverso gli occhi appannati dal piacere, Giulia osservò il suo viso così vicino, riuscì ad avvertire la di lui voglia di non contenersi, e le dita dentro di sé che continuavano ad andare dentro e fuori aggressivamente, follemente, velocemente, e poi di nuovo il respiro si confondeva con i gemiti quando lo sentì ripetere, "dimmi che cosa vuoi, Giulia."
Era ancora troppo concentrata sulle sue dita che la stavano scopando brutalmente e la sua mano che era tornata alle sue tette, che ora però accarezzava a stento, ma perlopiù stringeva, strizzava, spremeva, con una forza esagerata che tradiva l’animale che voleva uscire da lui. Un po' alla volta l'acqua le sembrava sempre più fredda –o più probabilmente era la sua pelle a farsi più incandescente ogni istante. Sapeva che tutto quello era sbagliato, che per quanto lui sembrasse totalmente in controllo della situazione qualcuno poteva vederli, che forse qualcuno aveva già capito cosa stava succedendo perché lei non era più in grado di trattenere i gemiti ma le era mancata così tanto la sensazione di essergli accanto, di essere baciata e toccata da lui così oscenamente in quelle esplosioni partite dalla dolcezza, dalla delicatezza, e sfociate in desiderio primordiale, e di poterlo toccare a sua volta, di farsi dominare da lui e dalla sua prestanza e dalla sua voglia di lei, e di farsi ficcare la sua lingua in gola mentre lei esplodeva il suo orgasmo. E la sua lingua le stuzzicava la proprio per invitarla a dirgli cosa volesse da lui –e lei cosa voleva da lui, se non quello che lui stava già facendo? Era una sensazione così naturale, così liberatoria…non aveva intenzione di rinunciarci. “Cosa vuoi, Giulia?", le chiese un’altra volta.
Non seppe mai come ci fosse arrivata, sentendosi così allo stremo delle forze per quell’orgasmo violento e improvviso che ebbe dalle sue dita, ma si scoprì ad essersi lasciata andare di lato, lasciando solo il viso a pelo d’acqua, per andare a cercargli il cazzo con la mano, liberarlo dalla morsa del costume, e in quella stessa mano sentirlo pulsare contratto, trattenuto, e poi ad esser tornata su, sempre tenendolo per la punta per indirizzarlo, ad aver appena allentato la presa delle gambe attorno alla sua vita quanto bastava per scivolare a sedercisi, impalarcisi, su quel cazzo. Lo voleva dentro, lo voleva tutto; pur sapendo di non poter godere, a causa dell’acqua, della forza che lui liberava quando quegli istinti animali lo coglievano sulla terraferma, su di un letto o per terra, voleva solo sentirlo dentro, voleva la sensazione di sentirsi riempita da quel cazzo dritto come un palo, e ora poteva lasciar andare alla deriva quelle forze residue, ora che si sentiva completamente dominata, posseduta e riempita dalla sua voglia di lei.
E ancora, non seppe mai se fosse il respiro di lui un po’ sulla e un po’ DENTRO la sua bocca, o le loro lingue che si andavano ad attorcigliare come serpenti, o le labbra che a tratti entravano in contatto quasi per sbaglio, o il cazzo che già avvertiva come se andasse sempre più a fondo ad ogni assalto, fino all’utero, ma semplicemente si rese conto, dopo averlo fatto, di aver smesso di pensare e di aver sussurrato quasi priva di forze, "baciami".
Lui capì di non averne ancora abbastanza, sentiva l’animale dentro che pulsava, si sentiva come se, seduto a tavola attanagliato dalla fame, fosse ancora nel crescendo dell’ingurgitare cibo, lontano dall’inizio della sensazione di sazietà che fa rallentare lo spirito. Gli sembrava che qualcosa la trattenesse ancora dall'essere completamente in sua balia. La illuse, per un momento, che le avrebbe dato quello che voleva, spingendo un pochino la lingua tra le sue labbra, e allontanandosi ancora, per sussurrarle, "sei sicura? Hai un solo tentativo"
Lei mugolò. Recuperando un briciolo di forze, che le permisero almeno di ridar forza alla sua spina dorsale, si spinse contro di lui muovendo appena appena il bacino, conscia che se avesse iniziato a muoversi non ci sarebbe più stato modo di nascondere cosa stavano facendo. E avviò un ondeggiare lento, che proseguì per inerzia, i movimenti smorzati dall’acqua, per aggiungere un movimento in avanti ed indietro a quello di dentro e fuori del suo cazzo che la stantuffava. Sentiva ad intermittenza il calore da contatto delle pelli, quando lui lo spingeva dentro al massimo che poteva, come volesse lacerarle la figa con la forza della penetrazione; sentiva la figa colmata dal calore; sentiva il cazzo strusciare internamente contro ogni centimetro del canale che percorreva, distendendolo, grazie alla complementarietà di quel movimento rotatorio che aveva aggiunto. Così, si sentiva sua. Con un altro mugolio a metà tra l'insoddisfazione, la frustrazione e il piacere pulsante della propria figa intorno a quel cazzo, strinse ancora di più le braccia intorno al collo di lui e rispose, traboccante lussuria, "baciami, o credo che…."
Non poté terminare di dire nulla perché lui le catturò le labbra, le spinse la lingua in bocca a cercar la sua, in un bacio che le mozzò un'altra volta il respiro, soffocando ogni gemito di piacere che finalmente lei poteva lasciar andare in tutta la sua potenza. E venne. Lasciò bere a lui tutto il suo orgasmo. Ora le piaceva, ora che era libera, ora che sembrava non riuscire a trattenersi dalle urla. E venne. Tremò, si contorse, si contrasse, senti la pienezza pulsante del cazzo piantato in figa, che la fece sentire piena e straripante, tanto la sua muscolatura gli si stringeva attorno. E venne, con il suo cazzo dentro, freddo e caldo insieme, venne con il suo cazzo che ora si muoveva lento ad accompagnare le scosse, venne con la lingua di lui in gola, quasi soffocata ma di piacere, le loro salive oscenamente gocciolanti dalla bocca che lei non controllava più. Venne: scosse cloniche di piacere partire dal basso ventre, contrazioni e rilasciamenti ritmici che partivano da dentro la pancia e finivano imprecisatamente dalle parti della sua cappella, unica parte di lui ora piantata in lei; scosse cloniche di piacere che prendevano fuoco come rivoli di benzina a contatto con la fiamma, man mano che cominciava anche a percepire ora i potenti, esagerati getti ardenti di sperma così in contrasto col freddo che avvertiva fuori, e si diffondevano al cervello, intorpidendolo, ed al suo corpo intero, sfinendolo.
Lui allento appena la morsa della propria bocca su quella di lei, senza staccarla, solo per osservare quell'espressione estatica che le si dipingeva sul viso e le oscurava gli occhi di cioccolato fino a farli sembrare neri, luccicanti, solo per lasciar fuoriuscire parte di quei gemiti che volevano solo dire che lei era sua, lì, totalmente e completamente. E poi decise che l’animale poteva per un attimo essere legato e, pur non interrompendo il bacio, lo prolungò in dolcezza con cui dirle quanto gli fosse mancata e il bisogno che aveva di lei. Lei non parve stupita dal suo improvviso cambio di atteggiamento, aveva ancora i sensi troppo annebbiati dal piacere. Rimase a guardarlo quando lui si separò e sfilò il cazzo dalla figa dopo quella che sembrò un’eternità, facendole sentire tra le cosce un vuoto che, invaso dal freddo dell’acqua, sembrava dilatarsi sempre più. Rimase a guardarlo mentre le rimetteva in posizione gli slip del costume da bagno, esitando in una lunga carezza, a mano intera ma con tocco morbidissimo, sulla figa ancora pulsante, prima di accorgersi di essere osservato e domandarle "che c'è?"
"Nulla," mormorò lei, con la voce che le usciva in un soffio e il respiro ancora affrettato, "mi sei mancato".
Lui sorrise, stringendola stavolta per fermare i tremori e gli spasmi che quel lungo bagno le stava provocando. Eppure non aveva voglia di tornare a riva, voleva rimanere lì dove le coccole potevano rimanere nascoste e private, lì dove potevano dirsi e farsi quello che volevano perché erano lontano dagli altri.
Cercò di scaldarla come poteva ma lei sembrava avere troppo freddo, tremare incontrollatamente, e già alzava la testa dal suo petto per sussurrargli, "torniamo a riva?"
L'ultimo bacio in un po' di intimità rubata, le ultime carezze che la facevano mugolare ancora contro la sua lingua, gli ultimi abbracci con lei che gli strusciava ancora contro e andava a cozzare a tratti contro il cazzo di lui, che pareva aver perso insolitamente poco della sua durezza. La sua eccitazione che piano piano si stemperava. "sì, torniamo", mormorò lui, portandola per un po' in braccio fino a quando fu sicuro che lei potesse toccare il fondo e arrivare a riva da sola. Istintivamente abbassò gli occhi a controllare di averle sistemato anche il reggiseno, cogliendola mentre cercava, senza farsi notare, di nascondere le parti che le sue carezze e i suoi abbracci avevano scoperto. La vide arrossire, conscia dello sguardo di lui addosso, e gli riuscì soltanto di sorridere di rimando al sorriso luminoso di lei.
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