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DALIA, TROIA D'ESTATE - Cap.4: il vicino di casa


di DonEladio
21.03.2013    |    13.122    |    4 9.4
"Gatti, lo ritrovai nella stessa identica posizione ed espressione con cui l’avevo lasciato all’ingresso di Dalia..."
L’esperienza con Patrick, Mustafà e Mohamed fu molto soddisfacente per entrambi, ma passò una settimana prima di poter anche solo parlare di giocare ancora: la mia Dalia era talmente dolorante per il trattamento subito dai suoi buchi che non fece avvicinare nemmeno me, figuriamoci altri… Non che non ce ne fosse stata occasione: Patrick messaggiava tutti i giorni chiedendo di vederci e gli altri due non perdevano occasione di far riferire che anche loro (ma guarda un po’) non vedevano l’ora di ripetere l’esperienza. In particolare Mustafà insisteva nel volerla portare in cantiere per farla sbattere dai suoi operai, ai quali non aveva esitato di raccontare prontamente quanto accaduto, e che ovviamente avevano risposto con entusiasmo ed impazienza.
Lo ammetto, l’idea mi intrigava parecchio, ma ritenevo che dopo l’esperienza con quei tre fosse troppo presto buttare mia moglie in pasto ad un branco di porci che l’avrebbero sbattuta senza pietà: l’avrebbero resa inutilizzabile fino all’autunno! Meglio provare qualcosa di diverso per ora.
La direzione che intrapresi fu quella dell’esibizionismo: certo, vederla mentre si faceva scopare in tutti i buchi in contemporanea da tre senegalesi fu fantastico, ma mi trovai a riflettere su quanto mi aveva eccitato esibirla mezza nuda agli occhi dei passanti e dei due loschi extracomunitari sulle scale, e decisi di esplorare quella direzione.
Dalia in casa era tenuta a stare completamente nuda: era un peccato coprire quel corpo da favola, e, se non potevo scoparla, almeno volevo soddisfare il mio lato voyeur; una domenica, finito di pranzare, stavamo oziando davanti alla tele quando suonò il campanello; fummo colti di sorpresa perché non aspettavamo visite.. Guardai attraverso lo spioncino e riconobbi il sig. Gatti, il pensionato coinquilino che abitava dall’altra parte del pianerottolo e che si occupava delle questioni condominiali. Dalia balzò in piedi e corse in camera per mettersi qualcosa addosso, quando mi balenò un’idea malsana e le ordinai di indossare la mia maglietta che era in camera; “Che intenzioni hai?”, “Niente di impegnativo, non ti preoccupare. Solo stuzzicarlo un po’…”. Si trattava di una semplicissima t-shirt bianca con scollo a V, ma io sono molto più alto e robusto di mia moglie, e mi ritrovai a chiedermi quanto avrebbe messo in mostra del corpo di Dalia. Mia moglie mi fissò per un secondo con uno sguardo tra il dubbioso e l’ambiguo, poi sparì in camera.
Accolsi il sig. Gatti in soggiorno e lo invitai ad accomodarsi sul divano: appena seduti cominciò ad attaccarmi non so nemmeno quale insulso pippolotto su assurdi lavori di manutenzione straordinaria che secondo lui era assolutamente necessario affrontare, francamente dopo i primi tre secondi vedevo solo la sua bocca muoversi senza riuscire a cogliere una sola parola di quello sproloquio, l’unica immagine che occupava la mia mente era quella di Dalia con indosso la mia maglietta. E in quel preciso momento, entrò in soggiorno: “Buongiorno Sig. Gatti”… di colpo in casa non volò nemmeno una mosca. Dalla porta della camera sbucò mia moglie, scalza, con quella banalissima t-shirt che avrò indossato mille volte, ma che su di lei era qualcosa di pazzesco: le arrivava a non più di quattro dita dall’inguine lasciando scoperte le sue cosce invitanti, mentre lo scollo a V offriva ai nostri occhi un’ampia visione del suo seno; i capezzoli facevano capolino dietro al sottile strato di cotone bianco. Era un sogno.
Il sig. Gatti perse di colpo la parola, e se fino a pochi istanti prima sembrava una macchinetta inarrestabile, da quell’istante riusciva solo a balbettare pezzi di parole incomprensibili: bofonchiò quella che doveva essere una risposta al suo saluto prima di restare a bocca aperta davanti a quello spettacolo. Dania decise di stare al gioco e sollevò leggermente il piede destro (quello con cavigliera e tatuaggio) e con esso cominciò ad accarezzarsi il sinistro, su e giù, mentre col movimento della gamba faceva alzare ed abbassare pericolosamente il sottile lembo di tessuto che le copriva a malapena la fighetta. “Gradisce un caffè?” la domanda probabilmente fu retorica, dato che non attese nemmeno la risposta (che non arrivò: il povero sig. Gatti era ancora ammutolito dalla visione di quello splendido pezzo di femmina, altro che quella vecchia carcassa di sua moglie, chissà da quanto tempo non vedeva una vera donna) e si avviò verso la cucina: prese la caffettiera dallo sportello in basso nel mobile e per farlo dovette piegarsi sulle ginocchia, movimento che fece alzare irrimediabilmente la maglietta e svelò senza più alcun dubbio la sua nudità: la parte inferiore delle sue chiappe era chiaramente visibile, così come il buchetto del culo e le grandi labbra. Ci mise un eternità a trovare quella maledetta caffettiera, e quando riuscii a distogliere lo sguardo da quello spettacolo e voltarmi verso il sig. Gatti, lo ritrovai nella stessa identica posizione ed espressione con cui l’avevo lasciato all’ingresso di Dalia. Trattenni a stento una sonora risata (per un attimo pensai che fosse morto…), poi richiamai la sua attenzione e lo invitai a continuare il suo discorso: fu come se avessi svegliato un sonnambulo… Mi fissò per un secondo, quasi a chiedersi chi fossi io, chi fosse lui e perché si trovava lì in quel momento (trattenni il secondo scoppio di risate), poi di colpo rinsavì e, visibilmente imbarazzato, cercò di distogliere lo sguardo da mia moglie e riprendere il discorso. Era visibilmente in difficoltà, e lo sgamai almeno altre tre volte mentre buttava l’occhio verso Dalia cercando di non farmene accorgere mentre continuava con le sue parole senza alcuna importanza. Finalmente arrivò Dalia col caffè, e fu un altro colpo alle coronarie del povero vecchio, dapprima portò a lui il caffè e mentre lo fece si sporse eccessivamente e prolungatamente in avanti verso di lui: non vedevo quello che vedeva lui, ma vedevo la sua espressione e il culo nudo di mia moglie; esitò a lungo in quella posizione, mettendogli letteralmente le tette in faccia, facendogli mille domande (preferisce lo zucchero o il dolcificante? Gradisce del latte? Magari una correzione di grappa?) con l’unica intenzione di prolungare l’esibizione delle sue tette nude agli occhi del suo spettatore; poi, anche in questo caso senza risposta alcuna, si girò verso di me e recitò la stessa filastrocca: questa volta fui io a godere dello spettacolo delle sue tettone e capii cosa aveva visto lui prima; per contro, con la coda dell’occhio, vedevo lui quasi sbavare a godersi lo spettacolo che prima era toccato a me. Dalia mi fissava con un sorriso beffardo, misto complicità e sfida: dovevo ammettere che stava diventando proprio brava…
Quando fu sicura di aver mostrato a sufficienza il culo e la figa al nostro ospite, prese la sua tazzina e si sedette di fianco a me, di fronte a lui, con le gambe raccolte sopra il divano, e prese a sorseggiare il suo caffè come se niente fosse. Dovetti recuperare nuovamente il sig. Gatti (“Sig. Gatti? Sig. Gatti? Stava dicendo? E’ ancora tra di noi?”) e quel dialogo surreale ricominciò, ma in maniera sempre meno chiara e fluente; ormai nemmeno lui sapeva più cosa stava dicendo, men che meno io che non l’avevo mai ascoltato. Fu ancora Dalia a sorprendermi, dato che cominciò ad alternare domande competenti (lei aveva ascoltato!) a movimenti maliziosi delle gambe con cui gli mostrava fugacemente la figa, o del corpo, piegandosi in avanti verso di lui, quasi come se volesse avvicinarsi per sentire meglio il discorso, quando in realtà l’unico obiettivo era mostrargli le tette.
Era il mio gioco, ma mia moglie mi stava dimostrando di saperlo fare meglio di me: giocò con quel povero malcapitato per una decina di minuti, facendogli domande serie quando lo vedeva perso nelle sue grazie e facendogli dare un’occhiatina non appena si riprendeva e recuperava la serietà: una specie di doccia scozzese alquanto crudele in effetti, ma dall’effetto devastante. Mi limitai ad osservare lo spettacolo di mia moglie che mostrava le sue grazie al mio vicino e lo spettacolo delle espressioni del vicino completamente in suo comando: sembrava un pesce all’amo, era lei che decideva quando dargli corda e quando strappare.
Ero eccitato come un toro, e i suoi capezzoli dietro la mia maglietta mi dicevano che lo era anche lei: il sig. Gatti non serviva più, per cui lo liquidai senza mezze misure. Gli dissi che si era fatto tardi e che dovevamo uscire, ma che avremmo pensato seriamente alla sua proposta; lo feci alzare quasi di peso dal divano (la sua espressione da “Cosa sta succedendo?” fu divertentissima) e lo accompagnai alla porta; lo salutai e gli chiusi la porta in faccia mentre se ne stava lì impalato a guardare Dalia che, dietro di me, si era sfilata la maglietta rimanendo completamente nuda mentre di spalle si dirigeva verso la camera da letto.
La raggiunsi subito dopo e scopammo alla grande. Fu la prima volta dopo la visita a casa di Patrick e fu straordinario. Avevamo scoperto un nuovo gioco e lo avevamo trovato tremendamente eccitante. Decisamente da riprovare…
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