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LE PENITENZE PREPOTENTI DI MIO FRATELLO CON G


di sottodite
25.08.2010    |    36.613    |    0 4.6
"Tutto iniziò un giorno d’estate, quando eravamo in vacanza, io avevo 9 anni e lui 15, i nostri genitori erano fuori, per cui eravamo soli in casa: vennero..."
Mi chiamo Andrea, ho un fratello stronzissimo, ma non riesco a resistergli, sono sottomesso a lui e gli faccio da schiavo sin dall’età di 9 anni, quando lui ne aveva 15. E’ molto bello, lo è sempre stato, con capelli nerissimi, ricciolone, occhi neri, che quando ti guardano ti fanno tremare, perché è un padrone nato; non è molto alto, ma ha due piedi enormi, n° 47, e gli sudano e puzzano molto, si chiama Luca.
Sin da piccolino dormivo insieme a lui, nella stessa cameretta, e ricordo, che verso i 13 anni, quando iniziò ad andare a giocare a calcio, quando tornava, non si lavava mai, si toglieva i calzini sudati e puzzolenti, e tutto il suo odore maschio di piedi invadeva la cameretta per tutta la notte, ed io ero costretto ad annusarlo in silenzio, fingendo di dormire. Dal momento che io ero molto bravo a scuola, nei giochi tipo gli scacchi, dama e altri da tavolo e tutto ciò che necessita di cervello ed intelligenza, spesso Luca, quando venivano i suoi 5 amici del cuore, un po’ teppistelli e prepotenti come lui, si divertiva a farmi giocare con lui insieme a loro, e poi imbrogliando inventava delle penitenze molto umilianti, che ho sempre dovuto subire davanti ai suoi amici. Tutto iniziò un giorno d’estate, quando eravamo in vacanza, io avevo 9 anni e lui 15, i nostri genitori erano fuori, per cui eravamo soli in casa: vennero a trovarci i suoi compagni di scuola, i cinque amici del cuore, che dicevo, e Luca disse loro che aveva un fratellino genietto, troppo bravo in tutto, e che gli sarebbe piaciuto vincermi e darmi una bella lezioncina davanti a loro. Mi propose di giocare tutti insieme a carte, a poker, visto che già ci sapevo giocare. Accettai, sicuro di vincere, visto che ero reputato bravissimo da tutti, ma non calcolai che i sei si erano messi d’accordo per barare e farmi perdere, per poi farmi fare la penitenza, così la chiamava mio fratellone, e la ideava sempre lui. Così mi trovai a perdere: mio fratellone esultò felice e disse che dovevo, appunto fare la prima penitenza. Questa consisteva nel leccare la sua pianta del piedone, che, non sapevo, non aveva lavato apposta per più di un mese, d’accordo cogli amici, proprio apposta per farmi fare questa penitenza. Io inorridii dallo schifo, sapendo quanto puzzassero e fossero fetidi i piedoni di mio fratello, ma non vollero cedere, tanto che venni obbligato: Luca si tolse la scarpa da tennis e il calzino, che era nerissimo ed appiccicaticcio di sudore e bagnato, e mi porse il piedone da leccare. Dovetti davanti a tutti lappare la lunga pianta fetida di quel piede sporchissimo, e Luca ed i suoi amici si divertirono un mondo, tanto che nelle partite successive, che naturalmente mi fecero perdere, barando, dovetti lappare tutte le piante dei piedi sporchissime anche degli altri suoi amici, che si scompisciavano dal ridere mentre lo facevo.
Una volta dopo giocammo a scacchi e persi, naturalmente: la penitenza consisteva sempre nei piedi di mio fratello, lerci, e quelli dei suoi amici, altrettanto puzzolenti, che si divertirono a farmi sniffare: dovevo stare in ginocchio, e loro poggiavano i piedi sudati e puzzolenti su un tavolinetto basso, ed io dovevo per un’oretta sniffarli uno per uno, infilando il naso in mezzo ai diti dei piedi, che erano pieni di caccole nere e residui di sudore raffermo depositatovi, e inalare dei lunghi respiri inspirando tutto l’odore del sudore fetido, di tutti e mi venne tantissimo da vomitare, ma loro irremovibili contarono il tempo e non ebbero clemenza, ridevano e sghignazzavano ai miei conati di vomito irrefrenabili, mentre inspiravo quel fetore nauseabondo, anzi con metodo, ad ognuno a turno dovevo sniffare in mezzo ad ogni dito.
Un’altra volta mi fecero giocare a dama con loro, mi fecero perdere e la “ penitenza “ fu questa: al solito loro poggiavano i piedoni, sempre più lerci sul tavolinetto, io in ginocchio questa volta, colla mia linguetta dovevo leccare e pulire tutto lo sporco depositato sui loro piedi e soprattutto quello residuo negli spazi interdigitali, dove risiedevano caccole grigie e residui di pezzi di calzini, mischiati al loro sudore di giorni, non lavato, e, cosa più disgustosa, dovevo inghiottire tutto, niente doveva restare di non pulito, tutto in gola dovevo infilarmi: immaginatevi lo schifo e i conati di vomito, soprattutto ad ingoiare ed assaggiare le caccole, poste tra i diti, che avevano un sapore aspro, amaro, e con un odore nauseante! I ragazzi, alla vista della mia sottomissione e del mio disgusto, sghignazzavano e si divertivano come pazzi, gridavano e si incitavano tra loro, e soprattutto mio fratello Luca, che era lui che ideava tutte le penitenze, dicendomi: - E dai fratellino porcellino, lecca tutto e ingoia con gusto; niente deve restare delle nostre buone caccoline fetide, forza, ingoia tutto, trangugia e assapora il fetido dei nostri piedoni maschi, dai che ti piace! Senti che buon odore della puzza dei nostri piedi, e che buon sapore di marcio! E smetti di farti venire il vomito, lavativo! Sei il nostro schiavetto leccapiedi, ubbidisci subito: infilati in bocca tutto il gustoso pasto, fatto del sudore puzzolente dei nostri piedi maschi! Ecco, netta bene lì, guarda, c’è questa grossa caccolona nera tanto gustosa: ecco leccala bene, assaporala così, da bravo, lambisci ancora, così pulisci bene tutto tra i diti, così…ecco ora ingoiale tutte. Sono buone? E ingoia bene, in gola devono andare tutte e nel tuo piccolo stomachino da stronzetto! Te lo facciamo vedere noi chi è il più bravo qui, chi comanda tra noi e te, mezzaseghina! Dai, lappa ancora e trangugia tutto! Ragazzi, che divertimento! E’ troppo figo vedere mio fratello che ci lecca i piedoni santi non lavati e sudati e fetidi da settimane. E lava bene, idiota! –
Queste cose mi dicevano a turno. Fu un vero disgusto, ma qualcosa successe in me, in quanto, man mano incominciava a piacermi, ci prendevo gusto, e mi piaceva essere umiliato proprio da mio fratellone Luca.
In seguito, sempre col pretesto che perdevo, inventarono la “ penitenza “ di fare una gara tra loro a chi riusciva ad infilarmi in gola il più possibile il loro piedone, che in media poteva essere un 47, come quello di Luca o al massimo un 49 o il più piccolo un 46. Si divertirono anche ad infilarmi il più possibile le loro calze lerce in bocca, anche due per volta e di piedi diversi, e dato che riuscivo, tenendo la bocca aperta fino all’inverosimile ad infilarmi in gola, quasi tutto intero un piedone, cercarono di provare ad infilarmene e a farmene contenere anche 2 contemporaneamente, di due maschiacci prepotenti diversi, e ridevano come pazzi, sentendomi gorgogliare, per la fatica di contenere nella gola i loro diti, che per dispetto muovevano, solleticando il profondo della mia trachea, affannare nel cercare di respirare, contenendo due grossi piedi dentro la bocca, e in più mi mettevano sul naso i loro piedoni, perché li sniffassi per bene: rischiai di affogare, ma capii che la cosa mi stava molto piacendo, e provai, avendo quasi 10 anni, uno strano piacere, che non avevo mai provato.
Luca, forse, si accorse di questo, perché la volta dopo, come penitenza mi fece spogliare nudo davanti a loro, che ridevano del mio piccolo pisellino, e stavolta, mi titillarono, martoriarono, spezzarono, toccarono, torturarono, giocarono a menarlo, come fosse stato un campanellino, sbattendolo in su e in giù, coi loro piedoni sporchi, il mio cazzettino, che sollecitato da ben 12 piedi torturatori, sempre in ginocchio, completamente nudo davanti a loro, iniziò ad indurirsi, pur arrossandosi per lo smenazzamento, e io a provare un vero piacere sconosciuto, tanto che alla fine iniziarono a masturbarlo, tenendolo mio fratello Luca tra i diti, come una sigaretta, e menandomi la pelle in su e giù del prepuzio; alla fine provai un’eiaculazione asciutta, essendo ancora piccolo, e mi scappava la pipì: lo dissi a loro, che mi obbligarono a trattenerla fino all’inverosimile, divertendosi della tortura ancora di più, Luca mi tenne la punta del buchino chiusa colla penne, chiudendolo tra l’allucione e l’altro dito, e intanto mi facevano sempre annusare l’odore aspro, volgare e maschio dei loro piedi fetici, per me oramai molto conosciuto; poi, mentre mi facevano trattenere la pipì come tortura, continuavano a toccare e masturbare il mio misero ed arrossato pisello, mentre si erano tirati fuori i loro enormi cazzoni lunghi in tiro, e si menavano, toccandoseli colle mani reciprocamente, fino al punto che, quando io non ce la feci più e una gocciolina di urina uscì dal buchino, sebbene chiuso tra i due ditoni dei piedi di Luca, allora loro schizzarono chi prima chi dopo, sborrando un’enormità di sperma in aria, che mi spruzzò anche addosso al mio corpicino nudo e candido, e lo bagnò. In segreto mi piacque da impazzire, e la notte, nella mia cameretta, guardando Luca che dormiva beatamente, con i piedoni che uscivano dal lenzuolo, ripensavo a quella stupenda penitenza, e mi toccavo il pisellino, provando un immenso piacere.
Le volte dopo Luca inventò una penitenza molto più dura: sempre nudo come un verme davanti ai maschiacci, uno di loro mi teneva fermo da dietro, e colla sua grande mano teneva il mio pisello ritto ( oramai si erano accorti che ero molto eccitato, e volevano punirmi per questo, chiamandomi finocchietto ), e tirava la pelle del mio prepuzio, in modo che il buchino fosse ben visibile, scoperto ed aperto il più possibile, in modo che Luca, seduto davanti a me sul divano, con accanto tutti gli altri, sempre a piedoni nudi, iniziò a cercare di entrare coll’allucione dentro al mio buchino, allargato senza pietà dalle mani dell’altro maschiaccio prepotente che mi teneva fermo, cosicché l’allucione si potè introdurre nella fessura aperta del mio pisellino, e forzando, entrare tutto dentro la cannetta del cazzetto, contenendolo tutto, l’allucione forzava senza pietà arrivando fino all’inguine, sgranando il buchino, che si era allargato come non mai, e arrivato in fondo, per farmi sentire più dolore possibile, Luca muoveva e ravanava l’alluce senza pietà dentro e in fondo al mio membro squartato: allora io sentii un dolore lancinante, gridai, ma mi infilarono un piedone in gola da assaggiare, così dissero loro, poi dicevano: - Guarda Luca lo penetra nell’uccellino come se fosse una bella fighetta aperta, a questo finocchietto! Dai ravana bene, sfondalo e muovi l’alluce dentro il più possibile, così soffre di più! - e il dolore divenne un piacere immenso, iniziò a scapparmi la pipì, che venne però otturata dal ditone di Luca, che mi violava il pisello: intanto i 6 maschiacci si menavano gli uccelloni e quando stavano per venire, mi tolsero il piede dalla bocca e ci infilarono il cazzone, che sborrò e mi inondò la gola di sapore acido, aspro, abbondante, che sembrava non finire mai: mi ordinarono di ingoiare tutto e deglutire, senza perderne una sola goccia, poi, il cazzone in bocca divenne meno duro, ma pur sempre eretto, e Luca, che fu il primo a sborrarmi in gola, aspettò poco, tenendomi ancora il suo uccellone in bocca, e infine liberò la sua vescica nella mia gola, obbligandomi ad ingerire tutta la sua piscia e ad ingoiarla, mentre un altro mi teneva col piede premuta la testa. Poi tutti gli altri cinque sborrarono e mi pisciarono in gola e mi trovai in bocca, mischiati, tutti i loro vari sapori di sborra e di urina. Fu bellissimo!
I 6 ragazzi, avendo capito che la cosa, in verità, mi dava piacere, mi chiamavano “ finocchio “, e le volte dopo continuarono anche a farsi spompinare da me coll’ingoio obbligatorio e a farmi bere l’urina che scendeva dai loro cazzoni, come se fossi il loro orinatoio, per cui, saltarono oramai il gioco, e iniziarono sempre subito, per loro divertimento, le “ penitenze “ e oramai si divertivano anche ad eccitarmi torturandomi i capezzolini a gara coi loro allucioni prepotenti e duri, tanto da farmeli indurire, schiacciandomeli, premendomeli, titillandomeli e torturandomeli fino a ferirli, con loro grande divertimento. Le penitenze continuarono ancora e quando arrivai ad avere 14 anni e Luca 19, una volta, mentre mi torturavano il pisello, sentii arrivare uno strano piacere, che mi illanguidì, e uscì dal mio uccellino, oramai sviluppato, e con la crescita dei peletti intorno al mio pube, una goccia liquida e lenta di sperma poco abbondante. Al che i ragazzi esultarono, Luca disse che ero diventato un ometto, e per punirmi mi masturbarono per due ore con i piedoni, cercando di farmi venire di nuovo, cosicché mi spomparono facendomi eiaculare per 15 volte consecutive, mentre li spompinavo e ingoiavo la loro sborra e la loro urina. Fu un piacere mai provato! Di notte, ripensando alle “ penitenze “ ideate in quegli anni dal mio fratellone Luca, mi masturbavo con immenso piacere.
Infine Luca mi fece provare un’ultima estrema esperienza di penitenza: un pomeriggio, insieme ai suoi 5 amici bulli del cuore, venne una ragazzina di appena 18 anni, loro amica; le dissero che l’avrebbero fatta venire tante volte in continuazione, e allora Luca inventò di masturbarla coi piedi di tutti insieme dentro la fighetta: gliela aprirono e slargarono in maniera inimmaginabile e coi piedoni enormi entravano dentro, si scalzavano i piedi dentro, muovendo i diti dentro nel fondo della vagina sgranata, divertendosi un mondo e masturbandosi reciprocamente i loro bei duri e ritti cazzoni da maschiacci prepotenti; Silvia, così si chiamava la ragazza, gemeva e godeva senza pietà, gli allucioni di alcuni dei ragazzi le titillavano il clitoride, lo premevano, lo spezzavano, lo pigiavano, lo tenevano tra due ditoni, lo martoriavano, e Silvia godeva come una pazza, non capiva più niente: il suo liquido iniziò ad uscire dalla vagina al primo coito, poi schizzava dal clitoride indurito, i ragazzi coi piedi le toccavano e titillavano, per farla godere di più ed eccitarla di più, i capezzolini rosei e duri dei seni appena puntuti, allora Luca, a me che stavo solo a guardare, ordinò di leccare il suo piedone che era dentro introdotto nella fighetta aperta, ed io, ubbidendo, lappai i suoi enormi diti dei piedi, leccando intorno la parete bagnatissima della figa che li conteneva; poi gli altri mi ordinarono di leccare i loro alluci che torturavano il clitoride indurito, da cui fuoriusciva il liquido femminile in abbondanza, dato che aveva dei coiti continui ed ininterrotti; ed assaggiai i loro piedi bagnati del dolciastro ed aspro liquido femminile. Un’esperienza indimenticabile, che mi fece eiaculare senza toccarmi e varie volte!
Da sempre sono schiavo del mio fratellone
stronzo: tutte queste cose anche adesso che sono adulto e lui e i suoi amici sono sposati, quando hanno la casa libera vado a farle ancora con loro, ma devo ringraziare mio fratello Luca, che mi ha fatto e mi fa ancora sperimentare tali e grandiose esperienze estreme e trasgressive come queste. Grazie Luca!

Se qualche ragazzo, uomo, maschio, anche gruppi di maschi si sono incuriositi a tale esperienza e vogliono provare con me, da solo o in gruppo con gli amici, io sono a sua e loro completa disposizione! Dai provate! Basta scrivere a [email protected] oppure Telegram @Sottodite, fallo subito e io sarò al servizio dei tuoi piedi sporchi!!!
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