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Lui & Lei

La Complice: il primo impatto con la Elisa


di Membro VIP di Annunci69.it LucasFromParis
21.09.2018    |    3.529    |    1 8.8
"Volevo tornare nel paese dei balocchi in cui ogni desiderio può essere soddisfatto..."
Stavo girando in tondo e me ne rendevo contro.
Un’insoddisfazione cresceva lentamente in me come un’ombra. Chattare, sedurre, portare a letto….e poi? Uno schema vissuto molte volte. Mi piaceva quel gioco, mi era sempre piaciuto. Avevo conosciuto così molte donne, timide e disinvolte, simpatiche o diffidenti. Con alcune, poche, avevo avuto il desiderio di rivederle e instaurato brevi relazioni. Il mio nemico era dentro di me e lo conoscevo bene: la noia, il desiderio di spingere l’asticella più in altro. La voglia di superare il limite del convenzionale per entrare nel mondo oscuro che alcuni chiamano perversione, altri libertà.
Volevo tornare in quel mondo, quel mondo privo di ipocrisia. Volevo tornare nel paese dei balocchi in cui ogni desiderio può essere soddisfatto. In cui non si giudica e non si viene giudicati. In cui tutti trovano il proprio spazio e la propria dimensione. Ma non ci sarei mai tornato da solo, io che nei miei anni all'estero avevo avuto complici, amiche, compagne di gioco. Donne con cui l’intesa era stata forte e intensa. Non avrei mai fatto parte della malinconica schiera di singoli che, simili a cani randagi, aspettano venga loro gettato un osso su cui buttarsi famelici. Non mi sarei mai messo nella posizione di supplicare. Volevo una complice. Volevo la MIA complice. Non me ne rendevo ancora conto, tutto era confuso nella mia testa. Sapevo che volevo incontrare una ragazza che non fosse il divertimento di una sera, e neppure di qualche settimana. Volevo una donna a cui mostrarmi senza vergogna. Una donna a cui mostrarmi per quello che era, senza dovermi nascondere. Una donna con cui ci saremmo capiti al primo sguardo.
Il destino è bizzarro; quando si è pronti dentro a fare un certo tipo di incontro, come per magia, questo arriva. Non è il caso né la fortuna. Non credo alla fortuna nelle relazioni umane. Credo che le cose avvengano quando noi, consciamente o meno, le provochiamo. Il mio destino si chiamava E. Un inizio come molti, un sito che non prometteva molto e dal quale non avevo mai ottenuto nulla. Improvvisamente E mi rispose. Il suo tono era freddo e asciutto. Quasi si trattasse di una transazione, e non di corpi, sudore ed emozioni. Le foto che mi mandò erano sciatte e sfuocate. Non sembrava nulla di speciale. A priori nulla mi attirava in quel profilo di donna che mi aveva risposto. Avrei potuto, come mille altre volte, cavarmela con una risposta educata di circostanza e lasciar cadere. Non lo feci. C’era qualcosa in quella apparente freddezza, un pizzico allo stomaco che mi incitò ad andare avanti. Accettò senza obiezioni la mia richiesta di numero telefonico. Seppi poi che la mia decisione era stata un elemento che la convinse inizialmente. In un mondo in cui tanti parlano, ma non tutti si fanno davvero avanti, in qualche modo spiccavo.
La telefonata mi diede sensazioni contrastanti; da un lato una donna non certo incline a lasciarsi andare, controllata e fredda (anche questo lo scoprii dopo, era una maschera). Dall’altro una donna che sapeva ciò che voleva, che non faceva le mille ipocrite sceneggiate che tante volte in passato mi avevano profondamente irritato. Discutemmo del primo incontro. Lei non era contraria ad un primo appuntamento di sesso. Mi colpì, la ricordo ancora, la sua frase: “chiedo solo di potermi tirare indietro se non mi piaci di persona”. Fu come un colpo allo stomaco. Non ero (più) abituato a tanta franchezza. La rassicurai sul punto; la regola era sempre la stessa, mai avrei voluto che una donna facesse qualcosa controvoglia o si sentisse obbligata. A quel punto, approfittando del fatto che non eravamo molto distanti, le proposi il cosiddetto “incontro conoscitivo”. Una colazione assieme per fare 2 chiacchiere e capire se il feeling fra di noi ci fosse o meno. Ero stranamente emozionato in quella mattina di settembre. La vidi arrivare, e ci sedemmo a parlare del più e del meno. Non cercai di sedurla, fui semplicemente me stesso. Lo sconcerto che avevo provato già telefonicamente si accrebbe. Cercavo di intuire dai suoi sguardi, dai suoi sorrisi dal suo linguaggio del corpo se le potessi piacere o meno; in genere è un esercizio in cui sono bravo. Ma in quella occasione… nulla. In compenso era assai più bella di quanto apparisse in foto. I suoi occhi, benché velati da una barriera, erano belli ed espressivi, il corpo armonioso. E la bocca, la bocca era meravigliosa. Carnosa, con una sorta di broncio. Non ne distolsi mai lo sguardo. Quando ci salutammo lei non disse nulla. Ed io ebbi la netta sensazione di aver fallito il test. L’avevo persa. Non avrei mai baciato quella bocca, non avrei mai spogliato quel corpo. Non avrei mai visto quegli occhi godere. Ero deluso. Ero incazzato
Resistetti alla tentazione di chiamarla o scriverle per sapere… non volevo fare la figura del disperato. Ma di lì a poco squillò il mio telefono. Era lei. Ancora una volta non dimenticherò mai la frase che mi disse e che mi parve quasi incongrua nella sua freddezza: “per me è ok”. Quello fu un gran bel momento. Bruciavo dal desiderio di possederla, ma sapevo che avrei dovuto aspettare un interminabile week end. Ma sapevo che sarebbe dovuta passare nei pressi del mio ufficio per rincasare e le chiesi se le andasse di farci un saluto al volo. Con mia sorpresa accettò. Quando la vidi avvicinarsi da lontano mi emozionai di nuovo. Aveva detto che era “ok” per lei. Quindi non appena si avvicinò la strinsi fra le braccia e la condussi in un angolo del parchetto per baciarla. Quel bacio mi svelò di E più di tutto il resto. La barriera era crollata istantaneamente. Mi risposte con un trasporto che mi lasciò di stucco. Ci baciammo a lungo, ci assaggiammo a lungo quasi disperatamente e i nostri corpi erano letteralmente incollati. E’ uno dei baci che ricorderò tutta la vita. Il primo bacio di E
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