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600 frustate 7 bis


di Honeymark
17.07.2019    |    10.053    |    3 9.3
"- Quale capo? - Pronto? – Erra proprio lui, il «capo» delle carceri dell’Emirato dove avevamo trascorso quella settimana per liberare la condannata italiana..."
600 frustate
7.



Avevo scritto il settimo e ultimo capitolo di questa saga in maniera sintetica per paura di diventare ripetitivo.
Poi però mi hanno scritto parecchi lettori per chiedermi di scendere nei dettagli anche nell’ultimo capitolo, precisando cosa avrebbero gradito leggere.
Quindi l’ho rifatto, sicché i capitoli sono diventati due: questo è il 7° bis e a seguire esce l’ottavo.
Ricordo che non c’è nulla da vergognarsi nel provare piacere a leggere racconti come questi: è nella natura umana sia sognare di essere vittime che carnefici.
Ovviamente il sadomaso è legittimo solo quando è gradito da entrambe le parti, se avviene tra maggiorenni e con la testa sulle spalle.
Ma la cosa migliore è godersi il sadomaso leggendolo comodamente a casa: il sadomaso ludico è molto meno violento di quello reale.
Buona lettura.


Tornati a Roma, ci lasciammo dopo esserci promessi di incontrarci almeno una volta all’anno per socializzare in memoria di quella incredibile avventura.
Il giornale di Federica ha sede nella capitale, il mio a Milano e mi imbarcai per Linate. La signora che aveva scontato la pena si imbarcò in un volo per Venezia, dove sarebbero venuti a prenderla i suoi.
Io e Federica scrivemmo una storia a puntate sulla vicenda, calcando la mano sui successi dei due giornali, che erano riusciti là dove la diplomazia non aveva ottenuto risultati.
Ovviamente non si fece cenno alle ragioni tecniche della riduzione di pena, versando invece fiumi di inchiostro sullo stato di degrado in cui vengono tenute le donne nei paesi musulmani. La dipendenza a un uomo, il divieto di guidare un’auto o di andare allo stadio… tutti argomenti che attirarono 10.000 lettori in più al giorno per una settimana.
Federica però calcò la mano su aspetti che io non avevo voluto toccare, come il trattamento disumano delle adolescenti, e in più aveva pubblicato delle foto censurate di un supplizio alla frusta che aveva scattato di nascosto.
Il direttore del mio giornale mi aveva chiesto perché io non avessi fatto foto e io gli avevo risposto che avevo addirittura un filmato, ma che non avrei neanche mai mostrato a nessuno.
- È giusto, – aveva convenuto. – Mi spiace che la tua collega non si sia posta problemi del genere.
- Ha voluto calcare la mano sul disagio femminile, – dissi a sua difesa.
- Le foto che ha pubblicato ottengono solo un insano piacere malvagio, anche se censurate.
Discorso chiuso.
- Te la sentiresti di andare a Gibuti? – Mi domandò poi.
- A far che?
- L’Italia ha mandato a Gibuti un distaccamento di parà e vorrei che tu andassi a verificare le condizioni in cui vivono e le condizioni in cui lavorano.
- E quando?
- Domani.
- Ostia non perdi tempo…!
- Ti prendo il biglietto?
- OK, va bene.
Arrivato nel mio ufficio, squillò il mio cellulare.
- Accetta l’addebito della chiamata? – Domandò una signorina della compagnia telefonica.
- Come? – Risposi, preso alla sprovvista. – Ehm sì, sì. Avanti.
Era Federica, con una voce stralunata.
- Che succede? – Le domandai preoccupato.
Non era il suo numero di cellulare e lei non avrebbe mai chiesto l’addebito della chiamata.
- Sono in carcere. – Disse lapidaria.
- Cosa? E dove? E perché?
- Ti passo il capo.
- Quale capo?
- Pronto? – Erra proprio lui, il «capo» delle carceri dell’Emirato dove avevamo trascorso quella settimana per liberare la condannata italiana. – Come sta?
-Io benone, – risposi. – Ma cosa ci fa lì là mia amica?
- Sua «moglie», – precisò ironico.
- Già.
- Veniva in aereo da Roma e ha fatto scalo da noi per andare a Gibuti.
Dunque Federica aveva anticipato di un giorno la missione che mi vedeva partire l’indomani.
- Noi abbiamo visto il suo nome leggendo i tabulati di volo e l’abbiamo fermata.
- E perché?
- Per quello che la signora ha scritto sul suo giornale e soprattutto per le foto. La nostra ambasciata a Roma l’ha presa male e, francamente, l’ho presa male anch’io.
- Oddio, e adesso cosa le fate?
- È stata processata per direttissima, è stata condannata e affidata a me.
Mi sentii battere il cuore per l’ansia.
- E qual è la pena?
- Una settimana di «pollaio» aggravato, 80 frustate e 35 bastonate.
- Nooo…
- Ma, visto che lei è suo marito…
- Quanto? – Domandai tagliando corto.
- 2.500 dollari.
- E cosa mi dà in cambio?
- Sospendo la pena del «pollaio» 24 ore dopo che lei è arrivato qui. Le frustate scendono a 40 e le bastonate a 20.
- Perché non sospende subito le molestie nel pollaio?
- Perché voglio lei che la veda molestata almeno per un giorno. Inoltre il giudice ha deciso che le frustate vengano somministrate lasciandole nel retto il cuneo usato per la molestia.
- Ossignore…! – Commentai passandomi la mano sulla fronte.
- Il cuneo verrebbe tolto solo per consentire la bastonatura a piena forza.
- Per forza! – Esclamai.
- Però le bastonate dovrà darle lei.
- E perché?
- Perché per i… mariti, la legge prevede che almeno la metà…
- Me la passi. – Dissi.
- È legata, ha le tre mollette e il cuneo, – rispose, – Ma posso tenerle io il cellulare all’orecchio.
- Hai sentito? – Le chiesi.
- Sì, – rispose contorcendo le parole per la sofferenza.
- E tu cosa vuoi?
- Che vieni qui il più presto possibile.
- Arrivo domani! – Le risposi. – Ho già il volo.
- Fa’ in fretta! È terribile!
- Fammi parlare con il capo.
- Mi dica. – Rispose.
- C’è un modo per abbassare ulteriormente la pena?
- Ce ne sono due, – Rispose.
- Quanto? – Ripetei.
- Il doppio, 5.000 dollari.
- Va bene, – Dissi. – E la seconda?
- Voglio che venga a frustarla la sua… sorellina.
- Chi?
- Ha la memoria corta? Abbiamo liberato in anticipo «sua sorella» in cambio della punizione che lei e sua moglie le avete personalmente somministrato.
- Ah, ho capito. – Dissi strofinandomi la fronte. – E a quanto scenderebbe la pena?
- Il pollaio resta immutato. – Rispose. – Le frustate scenderebbero a 15, purché somministrate tutte dalla vostra amica.
- Facciamo 10, – contrattai. – 5.000 dollari valgono la riduzione,
- D’accordo – rispose dopo averci pensato un po’.
- E le bastonate?
- Dieci. Più le due o tre che le darò io per farle vedere come si fa.
- Devo chiedere a… mia sorella… se è disposta a venire a frustare Federica… Non credo che torni volentieri nel vostro paese.
- Le abbiamo già telefonato noi e le abbiamo dato tutte le garanzie.
- Ohibò! E cosa ha risposto?
- Che accetta ben volentieri di restituire… il favore, se il viaggio lo paga la condannata.
- Chieda a Federica se le sta bene.
- Non occorre, – rispose. – Mi ha sentito, ha fatto segno di sì ed è svenuta.

Quando l’aereo sbarcò a Roma, salì quella che ufficialmente era mia sorella e si mise al mio fianco. Il Capo aveva fatto le cose per bene.
- Come stai? – Le chiesi di routine.
- Mi sono ripresa presto. – Rispose. – Grazie.
- Ti ringrazio per aver accettato.
- Scherzi? Un’occasione di restituirle il “favore” non mi sarebbe capitata mai più.
- Cioè?
- La condanna mi ha cambiato la vita, – disse. – Per sopportare la pena che mi era stata inflitta, mi ero auto convinta di godere sessualmente come se fossi masochista. Alla fine ci sono riuscita.
- Vuoi dire che ti è piaciuto essere frustata da me e la mia collega? – Chiesi allibito.
- Beh, la tua collega alla fine ha esagerato un po’… Un po’ tanto. Per questo vengo volentieri.
- Vuoi pareggiare i conti?
- Il senso di masochismo ha generato in me anche l’opposto, il sadismo. Non voglio dire che sono diventata sadomaso, ma so gestire il tutto in maniera piacevole. Ecco.
- Insomma la frusterai volentieri? È questo vuoi dire?
- Certo! – Sorrise maliziosa. – Ma solo per ridurle la pena! He he…

Quando arrivammo all’hotel trovammo prenotata per noi una camera con due letti matrimoniali.
- Ci considerano fratelli. – Commentai. – Ora vedo di farcene dare due.
- Va benissimo una! – Intervenne lei. – Se tu sei d’accordo, stasera scopiamo io e te eccitati da quello che faremo domani.
Mi aveva letto nel pensiero e mi sentii arrossire.
- Se quando ce la portano a casa, tu la inculi come ti suggerirà il Capo, io ti lecco i coglioni.
- Wow! – Esclamai. – E perché?
- Per farle sapere che tu sei più importante di lei.

Quella sera, dopo cena andammo a letto non appena finito di cenare.
- Vuoi che ti dia quattro cinghiate? – Le domandai non appena si mise alla pecorina.
- No, – rispose girandosi. – Sono troppo carica di passione sadica per quello che farò domani. Vediamo domani sera come si mette. Per ora inculami.
- Con il marito come va?
- Vuole tonare con me, ma lo farò attendere un po’, lo stronzo.
- Cosa gli hai detto che venivi a fare quaggiù?
- A chiudere la faccenda.
Quella notte la inculai pacificamente.

La mattina dopo vennero a prenderci alle 9 e ci portarono alla Casa di correzione. Il Capo ci venne incontro gioviale come se fossimo vecchi amici e mi diede la mano, poi baciò la mano della mia amica. Non viceversa: prima le donne laggiù non vale neanche quando vuoi fare il galante.
- Sua… moglie – mi disse con fare untuoso, – la sta aspettando.
Ed era pure sarcastico.
- Non è nel molestatoio? – Domandai.
- No, la riportiamo nel molestiamo dopo che le avete parlato. Adesso è tenuta ad attendervi in piedi.
- Da quanti giorni è qui?
- Tre, ma col vostro… diciamo, aiuto, questo è il quarto e anche l’ultimo giorno.
- Pensa che possa sopportare la frustata e le bastonate nella stessa giornata?
- Non sarà una passeggiata, – ammise. – Ma se attendiamo un paio d’ore tra la frusta e il bastone…
Ci portò in una stanzetta dove avevano messo la mia collega in una strana situazione. La vedevamo nuda, di schiena, le mani legate dietro e una specie di museruola, grazie a una specie di guinzaglio fissato in alto, la costringeva a restare in eretta. Dal culo le usciva l’ultima parte di un cuneo molestatore. Federica, anche se in quella posizione umiliante, era bellissima. Il culo ovale era un capolavoro, arricchito dal cuneo che conteneva. Mi vergognai a provare piacere a guardarla. Cercai di rimuovere il pensiero.
Il capo prese una specie di racchetta da ping pong e le colpì il cuneo nel culo.
- Mmmmhhh!
- Cosa le ha fatto? – Protestai.
- Le ho dato una scossa al retto. – Rispose. – È qui per essere molestata. E di solito vengono i miei aiutanti a molestarla colpendola adeguatamente quando è in relax.
- Vogliamo parlarle.
- Potete farlo.
- Ma non può rispondere!
- Va bene, – rispose. – Però allora la portiamo nel pollaio.
Restammo zitti e osservammo la scena. Il capo prese il guinzaglio e lo sfilò dal gancio a parete e la portò con sé.
- Mi fa in favore di colpirla ogni passo? – Domandò alla nostra amica, mettendole in mano la paletta.
Lei la prese e si mise a disposizione con la paletta in mano. Al primo passo la colpì sul cuneo.
Paaack!
- Mmmmmmmmmmmmhh!
- Non occorre così forte, – precisò il capo. – Poco e spesso.
Ma l’amica continuò a colpirla alla stessa maniera e, a parte Federica, nessuno protestò.
Dopo una decina di passi, Federica venne slegata e fatta sedere sul cuneo, le misero le mollette ai capezzoli e al clitoride, le lasciarono le mani legate dietro la schiena e poi finalmente le tolsero la museruola.
Sospirò a fondo, pur lamentandosi del fastidio che le davano le applicazioni.
- Come va? – Le domandai stupidamente.
- Malissimo! – Rispose a fatica. – Mi hanno umiliato in tutte le maniere…!
- Mi spiace.
Il capo ci lasciò ma inviò due inservienti a metterla in posizione più scomoda. Due giovani donne, quasi completamente coperte di tessuto nero, le presero le caviglie le allungarono le gambe in avanti in modo che la poverina poggiasse solo sul cuneo.
Federica protestò e cominciò a lamentarsi di più.
In quella posizione però era conturbante. Vederla così mi provocò un inizio di erezione. Mollette sui punti delicati e in particolare sulla figa, che senza volerlo ci mostrava volgarmente, le mani legate dietro e il cuneo nel culo, erano cose che facevano eccitare sia me che la mia compagna.
Un piacere malvagio albergò in noi che prese il posto della compassione.
- Cos’altro ti hanno fatto? – Le chiesi per sviare i pensieri.
- Ogni giorno – rispose a fatica – mi hanno anche messa in una gabbia per poi portare delle scolaresche a guardarmi come un animale in esposizione.
- Cosa?
- Sì, gruppi di studenti. Sia di femmine, che così vedevano cosa poteva capitare loro, sia maschietti, che così capivano di essere superiori alle donne.
- Ma è vergognoso!
- Una volta mi hanno tenuta in piedi come mi avete trovata voi, museruola fissata in alto, mani legate dietro la schiena e cuneo nel culo. Poi hanno fatto entrare dei turisti, credo, che mi hanno colpito il cuneo a volontà. Saranno stati una cinquantina, tutti occidentali, maschi e femmine. Secondo me il Capo ci guadagna...
- Fuori dubbio che ci guadagna! Guarda cosa abbiamo pagato noi…
Non commentò.
- Hai sofferto con quei colpetti? – Chiese l’amica.
- Alla fine sono venuta e mi sono pisciata addosso. – Disse sarcastica. – Contenta?
- Dai, – le dissi. – Stasera finisce tutto.
- Sì, dopo le sue frustate e le tue bastonate…!
- Mi hanno detto che ti lasceranno il cuneo nel culo mentre ti frusto, – disse l’amica che era con me.
L’aveva detto in un modo che tradiva il piacere di poterlo fare.
Federica ebbe un brivido.
- Due ore dopo ti bastonerò la figa, – aggiunsi per tranquillizzarla. – Poi sarà tutto finito.
- Ti hanno violentata? – Chiese l’amica.
- No, – bofonchiò Federica. – Me l’hanno messo solo in bocca. È l’unica parte disponibile in una donna «sotto molestie».
- Ti sono venuti in bocca? – Incalzò.
- Ci hanno pure pisciato.
- Diomio… – esclamai.
- Quando ti portiamo in albergo è bene che Matteo ti inculi… – Le ricordò l’amica.
Non commentò.
- Te lo consiglio io che ci sono passata, – aggiunse.
- Sì, – ammisi anch’io. – Il Capo lo consiglia vivamente, Anzi, se vuoi ti manda due dei suoi bravi ragazzi.
- Andate a fare in culo.

La lasciammo tra suoi piccoli tormenti perché il Capo ci aveva mandati a chiamare.
- C’è una novità, – disse. – La vostra amica verrà frustata subito.
- Adesso? – Domandai meravigliato. – Ma non era previsto per stasera?
- È vero, – ammise. – Ma se stasera vogliamo bastonarla è bene che venga frustata a mezzogiorno. Deve avere il tempo di recuperare.
- Ammiro la sua sensibilità. – Dissi.
- E poi è bene che accada quando meno se lo aspetta, – concluse la mia compagna di ventura. – Così non sta lì a meditarci troppo.
- OK, – disse il capo, facendo segno a due aiutanti. – Andate a prendere la prigioniera.
Poi si rivolse a noi.
- Venite. – Aggiunse. – Devo istruire la signora che la frusterà.
Lo seguimmo nella sala delle punizioni e qualcuno accese le luci.
- Signora – disse alla ex vittima, – lei userà questi due strumenti. La frusta e una paletta di legno.
- Una mazza di legno? – Domandò lei. – A cosa serve?
- È una paletta. – Spiegò. – La signora Stefania verrà legata per la punizione con il cuneo nel culo. Mentre la portano qui, i miei collaboratori continueranno a darle colpetti con la paletta, che sono sia infastidenti che utili. Invece, quando lei la frusterà, dovrà dare un colpetto di mazza al cuneo, che magari non esca.
- Un colpetto o un colpaccio?
- Usi il buonsenso. Si diverta pure ma con la testa sulle spalle. La frusta deve usarla con tutte le sue forze, con la mazza dovrà solo rimetterla in sesto.
- Ah, ha anche un effetto funzionale?
- Esatto.
In quel momento portarono Federica. In volto era esterrefatta dalla sorpresa e camminava, nuda, tirata per il collare con un guinzaglio, facendo un passetto alla volta, mentre gli aguzzini le davano colpetti al cuneo infilato nel culo. Le avevano tolto le mollette.
La guardammo con una vergognosa e insana voglia sadomaso. Ma quella è l’indole umana.
Federica tremava anche quando le slegarono le mani da dietro la schiena per legarle alle corde che scendevano dal soffitto. Poi le fissarono i piedi in modo che le gambe restassero tese e leggermente divaricate.
- Ora tocca a lei, – disse alla donna che era con me. – Prima la palpi. Poi un colpetto di mazza preventivo e via.
La nostra amica si portò da Federica con fare minaccioso. Le palpò la figa volgarmente, le palpò le tette, poi si portò al culo e prese in mano il cuneo e lo accarezzò. Poi diede un colpetto al cuneo che fece traballare la condannata provocandole la pelle d’oca.

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