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Frusta_D2


di FreyjaL
25.08.2024    |    251    |    4 9.3
"Rientri in stanza, sei rivestito e profumato, mi rimetti il plug con la coda e ti siedi a tavola..."
Mi allontano camminando lentamente, sto cercando di non far uscire neanche una goccia del piscio del Padrone, davvero non vorrei dovermi chinare a pulire il pavimento con la lingua, in questo momento. Vi sento ridere alle mie spalle, probabilmente non di me, parli con l’altro uomo ma so che i tuoi occhi sono puntati sulla mia schiena.

Torno nella camera dopo poco tempo, mi sono sciacquata velocemente e ho re-indossato unicamente le scarpe. Le catene sono poggiate a terra, in un cerchio preciso, mi fermo al centro, occhi a terra e mani dietro la schiena, aperte sulle natiche.

“Gira”

So che devo muovermi lentamente, fare un giro completo su me stessa e lasciarmi guardare.

“Adesso a cuccia, cagna.”

Mi rimetto in ginocchio in mezzo alle catene, gambe allargate e mani immobili sulle cosce. Sono tutti comandi che già conosco anche se di persona non ci siamo mai visti. Mi passi vicino, diretto verso il letto, non ho visto cosa vi avevi poggiato sopra, e torni fermandoti alle mie spalle.

“Guarda. Con attenzione.”

E’ l’altro uomo che parla, non a me, si rivolge alla giovane schiava avvinghiata alla sua gamba; il suo corpo è alla mia altezza, ha la bellezza della gioventù su quei seni protesi, le gambe sono snelle, i piedi lunghi e delicati; le dita ossute delle sue piccole mani sono abbarbicate ai pantaloni del suo padrone. Non ne vedo gli occhi, né l’espressione del viso, ma dal leggero rizzarsi dei peli sulle braccia capisco che è terrorizzata.

Io invece sono tranquilla, in fondo sono nelle mani del mio Padrone, di cui ormai conosco ogni desiderio di controllo e umiliazione.

“Non ti muovere, puttana!”

Sibili prima di schioccare la frusta al mio fianco, in modo tale che ne senta il rumore secco e veda il movimento repentino con la coda dell’occhio.

“Non hai bisogno che li elenchi, conosci perfettamente tutti gli errori che già hai commesso, in così poco tempo. Questa è la tua punizione. Sposta i capelli dalla schiena e mettili avanti, sui seni, veloce!”

Obbedisco. La frusta prende a schioccare intorno al mio corpo sempre più velocemente, ma solo pochi di quei colpi vanno a segno sulla mia pelle pallida. Sono comunque abbastanza da lasciarmi lunghi segni rossi e farmi uscire le lacrime.

L’altro uomo accavalla una gamba sull’altra, scrollandosi di dosso l’abbraccio della sua giovane schiava. Piange anche lei, sollevo lo sguardo verso il suo viso solo per un secondo, singhiozza, provo a sorriderle mentre stringo i pugni e abbasso il capo, le lacrime che scendono non posso fermarle, ma non mi muovo né ho alcuna intenzione di lamentarmi.

Mi afferri i capelli con una mano, mi sollevi in piedi tirando e mi scappa un rantolo, sempre rimanendo alle mia spalle mi tiri e mi spingi contro il muro della camera.

“Portami le catene.”

Il tono è neutro mentre parli all’altra ragazza. Un giro intorno al collo, due sui polsi che agganci in alto non so dove. Con una mano allargata sulla mia schiena mi schiacci lì dove sono. Due dita nella figa bagnata e usi i miei stessi umori per lubrificarmi il culo in cui entri lentamente con il cazzo, ti appoggi con tutto il tuo corpo al mio e ti fermi lasciandomi appesa lì a quel muro per non so quanto tempo. Sai che questa immagine ha ossessionato le mie notti per settimane e, nonostante tu mi stia sgridando, sai che per me non rappresenta una punizione.

“Avevi il permesso di muoverti, non di ansimare, troia. Quando ti dico – godi – tu devi godere, subito, non prima, non dopo un po’, non quando piace a te, cagna. Non ti avevo detto che potevi levarti le calze, neanche se si erano sporcate, schiava. Non ti avevo dato il permesso di piangere mentre venivi frustata, né di alzare lo sguardo, vacca. I miei ordini vanno eseguiti così come vengono impartiti. Hai capito puttana? Dimmi che hai capito!”

“Sì Padrone!”

Afferro le catene con le mani e le stringo mentre inizi a muoverti dentro al mio culo e così resto finché non ti stufi e ti allontani. Qualche passo da me, ammiri il ricamo della frusta sulla schiena, mentre le gambe mi tremano e mi lascio andare trattenuta in piedi solo dalle catene.

“Adesso aspettami qui, in silenzio.”

~

Bussano alla porta.

"Servizio in camera!"

L'altro uomo apre la porta e fa entrare il carrello con il pranzo. So che avresti voluto vedermi preparare da mangiare per i tuoi ospiti, ma in questo albergo non si può fare. Ci accontenteremo.

Rientri in stanza, sei rivestito e profumato, mi rimetti il plug con la coda e ti siedi a tavola. La slave dell'altro uomo è punita, può nutrirsi solo del suo sperma, che hanno portato da casa e lui versa senza cura in una ciotola.

"Apparecchia, puttana!"

Sistemo la tovaglia bianca sul piccolo tavolo rotondo, due calici, una bottiglia di vino, acqua, tovaglioli, posate e due piatti tenuti al caldo sotto due grandi cupole in metallo. Il mio piatto lo poggi tu a terra, sotto la tua sedia. Non importa cosa ci sia dentro, io mangerò lì, accucciata ai tuoi piedi, gomiti a terra e coda all'aria.

Indosso ancora solo le scarpe, mangio con poca fame e cerco di rassicurare la giovane slave con un sorriso. Io ci sto bene sotto ai tuoi piedi, sono serena e libera. Tu chiacchieri piacevolmente con il tuo ospite, scambiando opinioni su una infinità di argomenti.

"Cagna."

Richiami la mia attenzione.

"Sai cosa devi fare adesso, vero?"

In ginocchio sotto al tavolo, apro la cerniera dei tuoi pantaloni, il tuo cazzo è semi duro ed esce appena viene liberato dalla sua prigione. Lo prendo tra le mani e lo guardo, è la prima volta che lo vedo dal vivo, abbasso la pelle della cappella e la lecco.

"Succhialo, puttana."

Lo prendo in bocca mentre continui a mangiare e chiacchierare.

Lo ingoio fino a sentirmi soffocare, nelle orecchie le tue parole di quando mi facevi fare i pompini a un cetriolo - quella bocca è nata per fare i pompini e tu sei nata per prenderlo in bocca - mi eccito al ricordo di quelle parole e la bocca si riempire di saliva così come la figa si riempie di umori. Con le mani ti massaggio i coglioni, con la lingua vado a cercare la goccia che precede lo sperma sulla punta dell'uccello. Non vuoi che le cose siano fatte di fretta.

L'altro uomo è eccitato dalla scena e tira fuori il cazzo sotto al tavolo, ma tu mi afferri per i capelli e, con la mano sulla nuca, schiacci il mio viso in mezzo alle tue gambe. Ti sento appena rimproverarlo che non è educato, che quanto meno bisogna che ti chieda il permesso.

Lui mi vorrebbe inculare o scopare mentre ti faccio il pompino.

"Oggi no, oggi lei è qui solo per me e voi siete qui solo perché ti ho fatto un favore. Non c'è altro modo per educare una giovane schiava refrattaria che vederne all'opera una che non ha scelto di esserlo, ma lo è perché questa è la sua natura."

Il viso tra le tue gambe, il tuo cazzo nella mia bocca, le mani appoggiate alla poltroncina, sento il tuo sperma che mi entra in gola, godi tra le mie labbra per la prima volta, godi piano, poco sperma per volta, godi in modo controllato, senza che sia possibile lasciarsi scappare alcuna sensazione.

Mi sollevi da terra e mi poggi sulle tue ginocchia, sfili la cinghia dai pantaloni e la lasci penzolare sulle mie natiche per qualche secondo.

"Bi…"

Mi chiami con l'iniziale del mio nome. Eccolo, il segnale, quello che dichiara che i giochi per ora sono finiti.

Appoggi la cinghia sul mio culo - non è il momento di usarla adesso - e, mano sinistra tra le mie gambe, ti congedi dai tuoi ospiti. Tutti segnali inequivocabili di una semplice dichiarazione di possesso: io sono tua e solo tu poi decidere cosa farne di me, nessun altro.

Probabilmente adesso mi lascerai rivestire e mi porterai fuori a fare una passeggiata. Questo non significa che andremo in giro per la città mano nella mano come i fidanzatini di Peynet.
Mi porterai al guinzaglio, un passo dietro le tue spalle, ma quando ci fermeremo a prendere un gelato mi lascerai sedere al tavolo con te e mi sommergerai con le tue mille domande su come sto, cosa ho provato, cosa mi è piaciuto e cosa no. Chiacchiereremo e, anche se continuerai a chiamarmi cagna o puttana per non perdere il controllo, rideremo insieme.
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