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Il Fotografo Cap.24 - Sotto controllo


di blueyes5
18.05.2025    |    870    |    2 9.4
"Si siede, gambe larghe, gliela fa baciare, poi lo solleva per i capelli e lo schiaffeggia..."
Quasi cade dalla sedia quando sente suonare alla sua porta. Corre ad aprire.
“Dolcetto o scherzetto?” Lei è lì, bella, sorridente, viva.
“Cazzo Maddalena mi hai fatto perdere 10 anni di vita”
“davvero ti sono mancata così tanto?”
“cosa è successo?”
“Mi ha riportato la borsetta, io ho fatto la sceneggiata da svampita tipo ‘ah grazie, ero in panico stavo già andando alla polizia a denunciare la scomparsa, non pensavo di averla lasciata da te’ e niente lui credo l’abbia bevuta, però era molto freddo e distaccato, un’altra persona rispetto a quando eravamo nel suo appartamento. Cosa è successo con la donna?”

Marco le racconta tutto e le fa ascoltare la conversazione, Maddie siede sul letto con le gambe incrociate, il telefono in mano e un’espressione concentrata.
«Hai idea di quanti rischi ti sei presa?» sbotta lui.
«Sì. Ma ora sappiamo molto di più,» ribatte calma, indicando il blocco note pieno di appunti.
Marco sospira e si siede accanto a lei. Maddie alza gli occhi e inizia a ricapitolare con tono fermo, quasi da agente lei stessa.
«Allora, partiamo da ciò che è certo. Il suo vero nome potrebbe non essere Giorgio, ma il cognome è sicuro: Moretti. È un agente operativo. La donna è il suo superiore diretto. Da come lo tratta, è chiaro che comanda lei.»
Marco annuisce. «E non è suo zio. Folini, intendo.»
«No, neanche per sogno. Il rapporto è fittizio. Serve solo a giustificare la sua presenza fissa lì. È evidente che è stato piazzato per un incarico preciso: fare da guardia.»
«Ma a chi?»
Maddie prende fiato. «Dietro quella porta blindata c’è qualcuno. Malato. Forse in coma. Il nome è Folini. Potrebbe essere un ex agente, un pezzo grosso dei servizi segreti, o...» Si ferma un attimo. «O un uomo della malavita. Un boss. O ancora meglio, un pentito. Magari sotto programma di protezione.»
Marco si acciglia. «E perché tenerlo lì? Perché non in ospedale?»
«Perché è troppo importante. Se è un ex dei servizi segreti o un pentito, sanno che è troppo rischioso portarlo in un luogo pubblico. Una struttura ospedaliera è vulnerabile. Invece lì... è una base sicura. Nessuno sa che esiste.»
Marco riprende a camminare. «E Moretti è il suo carceriere. O meglio, la sua ombra.»
«Esatto. Gli garantisce sicurezza, ma al tempo stesso lo tiene sotto controllo. E la donna, la supervisora, si occupa di controllare lui. È un’operazione organizzata, strutturata. E noi ci siamo infilati in mezzo.»
Marco si ferma, voltandosi verso di lei. «E ora cosa facciamo?»
Maddie lo fissa. «Continuiamo. Ma stavolta con più attenzione. Voglio sapere chi è davvero il signor Folini. Voglio capire perché è lì dentro. E cosa sa.»
Marco deglutisce. «E se quello che sa... fosse qualcosa di troppo grosso per noi?»
Maddie sorride, enigmatica. «Allora sarà ancora più interessante scoprirlo.»
Marco annuisce. “Siamo in mezzo a una faccenda enorme.”
“Lo so. E in ogni caso domani ci prendiamo una pausa,” aggiunge Maddie alzandosi. “Devo lavorare. Anzi, dobbiamo lavorare. C’è una coppia, mi hanno chiesto di collaborare per dei contenuti. Fanno roba pesante, BDSM. Io e lei saremo le dominanti, lui lo schiavo. Alterniamo video e shooting. L’obiettivo è 30 foto pubblicabili e 20 minuti di video montato. Avvisa tua madre: la sessione durerà tutto il giorno. Ci vorranno centinaia di scatti e ore di riprese per tirar fuori il meglio.”
“Ma che cazzo ho da fare? Tanto ormai sono il tuo schiavetto,” risponde Marco ironico.
“Bravo. Hai capito il ruolo.”

Il giorno dopo Marco bussa piano alla porta. Maddie apre in canotta e shorts, piede nudo, sguardo carico.
«Entra, il set è quasi pronto.»
Lui varca la soglia con la reflex a tracolla e una borsa piena di obiettivi e luci. In salotto ci sono due softbox, un treppiede con una videocamera, il fondale nero appeso al muro, una sedia imbottita al centro e una console laterale con oli, corde, fruste, manette, tappi e altri accessori.

Un suono. La porta si apre. Entrano. Sembrano una coppia qualsiasi: lei è in jeans attillati e top nero, lui in pantaloni beige e polo blu. Solo Marco nota un particolare: il collare nero di pelle al collo dell'uomo. Nessuna fibbia, nessuna decorazione. Solo un anello frontale e uno sguardo basso, fisso sul pavimento.
Lei alza lo sguardo verso Marco. «Ciao. Lui non parla. Non senza permesso. Chiamami Ada.»
Marco annuisce. Maddie li guida in camera. «Ci cambiamo e torniamo subito.»

Dieci minuti dopo, riemergono.
Ada indossa un bustier di pelle nera, autoreggenti lucide, tacchi a spillo, guanti lunghi. I capelli raccolti in uno chignon teso, lo sguardo duro e preciso. Maddie è in body nero trasparente con dettagli in pizzo, corsetto stringato, stivali alti. Porta in mano un frustino corto. I capelli sciolti, il trucco marcato, le labbra rosso sangue.
Lui segue a quattro zampe. Solo un perizoma di cuoio, mani e piedi nudi, il guinzaglio stretto alla base del collare. Gli occhi bassi, respira lentamente.
«Ci sei, Marco? Parti con le foto. Inizia la sessione.»

Il primo set è statico. Le due dominatrici in posa, una con la mano sulla testa dell'uomo inginocchiato, l'altra che lo afferra per il collare e lo costringe a guardarla.
Marco scatta, cambia angolazione, abbassa il diaframma per le ombre dure, le luci vibrano sulla pelle lucida. Ogni scatto è preciso. Ritmo serrato.
Poi si passa all'interazione. Ada si siede sulla sedia imbottita, le gambe accavallate, Maddie fa inginocchiare lo schiavo davanti. Gli infila un plug metallico a vista, lo fa rimanere fermo, rigido. Il suo corpo trema. Maddie si gira verso Marco.
«Zooma. Voglio ogni dettaglio.»
Marco esegue.
Ada allarga le gambe, lo schiavo si avvicina, lecca lentamente. Lei lo tiene fermo con la mano. Maddie lo frusta sulla schiena mentre Marco continua a fotografare.
Poi tocca a Maddie. Si siede, gambe larghe, gliela fa baciare, poi lo solleva per i capelli e lo schiaffeggia.
«Schiavo, ringrazia.»
«Grazie, padrona.»
Riprendono le riprese video. Ada si alza, costringe lo schiavo a inginocchiarsi davanti a Maddie, le slaccia il corsetto. I capezzoli duri. Maddie lo obbliga a leccarli, poi lo spinge giù e lo costringe a strofinarsi sul pavimento.
«Continua a filmare, Marco. Ora cambia posizione.»
Si spostano sul tappeto. Lo schiavo viene legato in posizione supina, mani e piedi legati. Le due donne si siedono sopra di lui, lo calpestano, lo umiliano. Frasi oscene, ordini secchi, schiaffi, frustate.
Il tempo passa. Scatti, riprese, cambi luce, cambio scene.
Maddie si mette a cavalcioni sopra il volto dello schiavo, lo soffoca con la figa, urla, geme. Ada lo colpisce con la frusta, poi si siede sul suo petto e gli schiaccia i capezzoli con due pinze.
Chiudono pisciandogli in bocca a turno, lui manda giù tutto, con la lingua ripulisce quella finita sul pavimento.

Quando tutto finisce, Marco ha scattato 327 foto e registrato due ore piene di video. Maddie e Ada controllano il materiale.
«Perfetto. Ora selezioniamo. Obiettivo: trenta foto pubblicabili, venti minuti di video montato. Sappiamo già quali usare.»
Lo schiavo è ancora legato. Non ha parlato. Non ha mai guardato in faccia nessuno. Ada si avvicina, gli sussurra qualcosa, poi lo libera. Dopo essersi ripuliti in bagno si rivestono in silenzio e se ne vanno.
Maddie si stende sul divano, nuda sotto la vestaglia aperta.
«Giornata produttiva, eh Marco?»

Lui non risponde. Ha ancora la reflex in mano e il cuore a mille.


Continua nella sezione “Lui & lei”…
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