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IL PRIMO PADRONE


di RedTales
26.03.2017    |    22.955    |    8 9.4
"Si trovava steso su quel tavolo a pancia in su e non poteva fare altro che aspettare..."
Lo osservava spesso quell'omone grande, grosso e altrettanto burbero. Era un suo collega ma faceva pesare a tutti la sua anzianità di servizio. Era sempre, ma proprio sempre, rigorosamente in giacca e cravatta e quasi esclusivamente con completi grigio scuro. Non sorrideva mai e trovava dappertutto qualcosa che non andava e lo puntualizzava con estrema determinazione. Sembrava soddisfatto nel mettere a disagio gli altri, anche per futili motivi… Si sapeva che era sposato e i commenti, all'interno dell'ufficio, erano di compassione per la sventurata che condivideva con lui la vita. Eppure per Damiano in quell'uomo c'era qualcosa che desiderava: la durezza, l'arroganza, l'autorità. Forse quell'atteggiamento gli ricordava quel compagno di calcetto che gli fece scoprire sia il sesso sia l'ubbidienza, anche se per un breve periodo. Lasciandogli un meraviglioso ricordo sul quale continuava a fantasticare. A volte fingeva di chiedergli dei consigli su qualcosa che aveva volutamente sbagliato per sentirlo imprecare e per essere sgridato. Gli piaceva sentirsi alla sua mercé e, quando gli altri gli dicevano di non lasciarsi trattare così, rispondeva che in fondo aveva sbagliato a chiedere a lui… Infatti cercava di avvicinarlo quando l'ufficio era quasi vuoto o completamente deserto e questo capitava quasi ogni giorno perché Aurelio era solito essere il primo ad arrivare e… l'ultimo ad andarsene. Così gli bastava trattenersi per una manciata di minuti oltre l'orario per restare solo con lui in quel grande stanzone. Ed era in quei momenti che lo avvicinava: “scusa, questa pratica ha un protocollo barrato, non dovrebbe essere...”
“Ma che cazzo dici! E' un modello PR151 e deve essere così, Ma da quanto sei qui con noi? Ma ti rendi conto della cagata che mi hai chiesto!”
Certo che se ne rendeva conto, lo aveva fatto apposta proprio per sentirsi apostrofare in malo modo da lui.
Che dire, per Damiano era piacevole la sensazione che provava quando si sentiva umiliato e offeso. E tutto questo aveva iniziato a provarlo già alle elementari, quando, sgridato dalla maestra, si… sentiva bene e soddisfatto per qualcosa che gli si scatenava dentro. E, passando gli anni, la cosa crebbe sempre di più. Non era una situazione facilmente spiegabile, ma essere in balia di chi può sopraffarti su qualcosa di manchevole gli procurava una vibrazione interna che partiva dalla base del pene e si allargava all'interno. E, se la situazione si prolungava, raggiungeva anche un'erezione e una dannata voglia di masturbarsi o, perlomeno, di toccarsi. Ma non finiva li, perché quel prurito si propagava anche all'ano e alla sua parte interna e per lui era quasi impossibile non cercare di infilarsi un mezzo dito dentro per… grattarsi dall'interno.
E gli piaceva anche quel sentirsi guardato dall'alto al basso e godeva anche quando, messo alle corde per le sue imprecisioni, doveva abbassare lo sguardo.
Purtroppo questo gioco lo intrigava talmente che non si accorse che il suo fermarsi oltre la chiusura e il chiedere ripetutamente consigli su palesi errori avevano fatto sospettare al suo collega che stesse tramando qualcosa.
Passi una volta, passi due e anche tre, ma il trovarselo tra i piedi anche il quarto giorno consecutivo lo fece sbottare.
E, all'ennesima richiesta, vista anche la totale assenza di altre persone, lo fece esplodere: “ma che cazzo vuoi? Sei qui per rompermi i coglioni? Mi hai chiesto una stronzata che anche l'ultimo arrivato saprebbe fare e la sai fare anche tu di sicuro… e allora che cazzo vuoi da me? Si stava così bene qui e adesso no! Adesso lo stronzetto si ferma anche lui… e non solo… mi chiede delle continue cazzate! E non ce ne è una giusta. Ma lo fai apposta o sei cretino di tuo? Eh no! Adesso me lo dici prima che perda la pazienza! Ma che cazzo vuoi da me? Mi vuoi fottere?”
Le parole urlate echeggiarono nell'ufficio.
Queste domande lo lasciarono spiazzato. Non se le sarebbe aspettare e, preso alla sprovvista, rispose nel peggior modo che avrebbe potuto, dicendogli la verità. Che gli piaceva sentirsi sgridato, offeso, umiliato e che era li solo per questo.
L'omone lo fissò per alcuni secondi e si convinse che era tutto vero perché, effettivamente, ripensando a quanto gli aveva sempre chiesto, non poteva esserci altra spiegazione. Ma subito dopo lo sguardo si fece duro e tagliente come le parole: “quindi sei un masochista! Un povero coglione che ci gode a farsi mettere i piedi in testa… e magari non solo quelli.” Gli appoggiò una mano sulla spalla, vicino al collo, e gli diede un forte pizzicotto.
“Ahi! Ahi!”
“Ah! Adesso non ti piace più!”
Si trattenne.
“Così va bene! Non vorrai mica metterti a frignare come un poppante?”
Fece di no con la testa mentre la mano continuava a stringere.
“E bravo il nostro Damiano! Così ti piace. Quindi tutte quelle stronzate che mi dicevi erano solo per farmi rompere i coglioni… E bravo! Sai… io ai coglioni come te gli piscio in testa...”
Fece una pausa e poi riprese: “e magari ti piace anche… se ti piscio in testa, vero pervertito che non sei altro?”
Restò immobile. Il collo gli faceva male e le parole lo colpivano duro. Ma, assurdamente, entrambe queste situazioni lo stavano facendo godere… e alla grande.
Cercava in tutti i modi di fare la faccia indifferente e schiva, ma sotto il suo sesso si stava muovendo e dentro era tutto un brivido di piacere. Non aveva il coraggio di manifestarlo perché non sapeva quali reazioni avrebbe scatenato nel suo collega. Assurdamente avrebbe voluto che tutto finisse ma, al tempo stesso, era entusiasta che stesse accadendo proprio così.
Lasciò la presa: “adesso credo che sia ora che tu te ne vada. E non voglio più vederti tra le palle oltre l'orario. Va bene! Mi hai capito? Riesci a capire quello che dico?”
L'uomo fece per allontanarsi dalla sedia dove il ragazzo era seduto a gambe larghe ma, sfortunatamente (o fortunatamente) l'occhio gli cadde sul rigonfiamento che i larghi pantaloni enfatizzavano. Si, era evidente l'erezione che spingeva con forza il tessuto verso l'alto. Si fermò, fissò lo sguardo proprio li, come fece anche Damiano, accorgendosi di come fosse inequivocabile la durezza del suo cazzo.
Aurelio si girò nuovamente verso di lui e, piegandosi, gli afferrò cazzo e pantaloni con la mano: “ma ti piace così tanto?”
Un urlo di sorpresa misto a piacere e forse a dolore fu quello gli uscì dalla bocca.
“Ma sei proprio un pezzo di merda! Sei qui con il cazzo duro e ci godi a fartelo strizzare.”
Riprese ad offenderlo e, mentre parlava, continuava a serrargli il cazzo e, al tempo stesso, a muoverlo per la concitazione e questo non fece che eccitare sempre di più il povero malcapitato che, proprio mentre l'altro continuava a vomitargli addosso insulti, inconsapevolmente riempì di sperma gli slip in maniera così abbondante che un attimo dopo comparve una bella macchia anche sui pantaloni. Sentì la mano umida e guardò giù, vedendo quanto era successo.
Lasciò immediatamente la presa e si pulì la mano sulla camicia del giovane. Incrociò di nuovo il suo sguardo ma questa volta con un'espressione diversa dalle altre e, allontanandosi, aggiunse: “sai, sei strano. Ti comporti come mia moglie. Mi sa che ti dovrò fare proprio un bel discorsetto… ma non qui e non oggi. Si, sei proprio strano… Vedremo...”
E lo lasciò da solo, andandosene proprio via.
Poco dopo se ne andò anche Damiano, cercando di nascondere sotto la giacca quanto era successo e non poté fare a meno di pensarci per tutto il resto del giorno. Anche a casa si dimostrò particolarmente distratto e assente, tanto che, dopo cena, la sua signora si diede molto da fare con la bocca per farlo eccitare e… ci riuscì, ottenendo pure una discreta scopata dal suo maritino che però non smise mai di pensare al suo collega pure in quei momenti.
Il giorno dopo cercò di schivare Aurelio, riuscendoci benissimo per tutto l'orario di lavoro. Però, quasi all'ora di “staccare” gli si avvicinò e con il solito fare burbero gli chiese, quasi ordinò, di fermarsi ancora un po' perché doveva passargli delle pratiche, concludendo con un perentorio: ha capito Damiano, questa cosa dobbiamo concluderla oggi e quindi mi aspetto collaborazione. Le è chiaro?”
Così, poco dopo, tra le risatine dei colleghi o di chi gli sussurra frasi di circostanza del tipo “poteva capitare a chiunque di essere bloccato dallo stronzo...”se ne andarono tutti e lui rimase nuovamente solo con quell'uomo.
“Tra cinque minuti ce ne andiamo anche noi, ti accompagno io oggi.”
Avrebbe voluto dirgli che anche lui era venuto in macchina, ma capì che sarebbe stato inutile.
Quando Aurelio si avviò verso l'uscita lo seguì fino alla sua automobile. Si allontanarono dirigendosi verso la periferia.
“Ti piace! Ti piace sentirti una merda! E ci godi pure! Bello stronzo! Si, sei proprio come mia moglie! Stessa pasta! E più ti pisciano in testa e più ti tira. Si, sei proprio una merda!”
Era muto e guardava avanti ma… godeva per quello che gli stava dicendo e il cazzo gli si stava già indurendo. Ma questo lo capì anche l'altro che, allungando la mano gli afferrò il pacco e lo strinse: “ti tira già! Ti tira solo per queste due parole che ti ho detto? Ma allora sei anche una troia… e sai cosa ci faccio io alle troie? Lo sai?” gridò con veemenza: “me le scopo! Si, me le scopo.”
La mano, nonostante la guida, non la smetteva più di tormentargli il sesso, stringendolo, tirandolo, afferrandolo in basso, sotto le palle e poi spostandosi in su. Ogni tanto quando la presa era più forte si lasciava scappare qualche lamento al quale seguivano altri insulti. E tutto, ma proprio tutto continuava ad eccitarlo in modo smodato. Ormai era proprio sul punto di eiaculare quando la macchina si fermò a bordo strada, l'omone abbassò un pochino lo schienale, si sbottonò i pantaloni, si abbassò le mutande e sventolò il cazzo. Afferrandogli i capelli gli gridò di piegarsi e di aprire la bocca. Lo spinse con forza sul suo sesso urlandogli di prenderlo in bocca. Lo infilò tutto in gola, dritto dritto per farlo entrare tutto anche perché un ulteriore ordine gli imponeva di: “non prenderlo storto. Deve entrare dritto. Dritto fino in gola, pezzo di merda che non sei altro!” E così fece mentre la mano, stretta sui capelli cominciò a muovergli la testa in su e in giù. Era come se si stesse masturbando, ma invece di fare da solo usava la sua bocca… Continuò a dargli della troia, della merda, della puttana fin quando non iniziò la fase del piacere. Allora smise, concentrandosi solo sulle sue sensazioni. Il respiro si fece più profondo e ravvicinato e la velocità con cui gli muoveva la testa divenne quasi frenetica prima di arrestarsi di botto. Allora si sentì riempire la bocca e la gola. “Bevilo tutto il succo. Fino all'ultima goccia. Su, da bravo. Ubbidisci.”
Quest'ultima parola lo riempì di piacere ancor più di quello provato per essere stato afferrato per i capelli e per essere stato forzato in quel pompino. Continuò ad inghiottire sperma e saliva con gioia finché non sentì venir meno la pressione sulla testa e la mano lo lasciò. Era da un po' che non aveva più quel sapore in bocca e sentire di nuovo quel gusto aumentò la sua gioia.
Aurelio aveva goduto ma anche Damiano non era stato da meno e se non aveva raggiunto l'orgasmo ci era mancato veramente poco.
“Ti è piaciuto, brutto porco. Lo so che ti è piaciuto. A voi piace sempre...”
Si sistemò e ripartì lasciandolo poco distante dall'ufficio. Per tutta la strada non disse nulla e quando scese neanche lo salutò.
“Domani sotto devi essere tutto nudo. Niente slip! Niente maglietta! Hai capito stronzo? Nudo, tutto nudo!”
Balbettò un si e se ne andò. Come entrò nella sua macchina non riuscì a resistere e, imboccata una circonvallazione, si prese in mano l'uccello ancora duro e si masturbò furiosamente, raggiungendo in pochi minuti il traguardo, incurante di bagnarsi pantaloni e camicia. E continuò a pensare al suo collega e a cosa gli avrebbe fatto fare…
La mattina seguente si presentò in ufficio senza biancheria e Aurelio lo ignorò fino alle dieci, quando, con il solito modo sgarbato e imperativo, gli chiese di accompagnarlo giù. Senza aggiungere altro raggiunsero la portineria dove salutò il vecchio responsabile che lo accolse con un sorriso e gli fece strada nella stanzetta posta dietro la reception.
“Entra, muoviti!”
“Così è questo il tuo nuovo acquisto… Nuovo nuovo?”
“Si, fresco, quasi di giornata. Volevo un tuo parere...”
“Sei sempre così squisito...”
“Sali! Muoviti, sali sul tavolo!”
Nell'angusta stanzetta c'era una scrivania al centro e alcune scaffalature sulle pareti con diversi faldoni e cartelle sparse dappertutto e null'altro.
“Allora! Cosa aspetti? Mica possiamo fare notte...”
Si sedette sul piano e un ancora più brusco: “giù! Mettiti giù con la schiena!” gli intimò di stendersi. Appoggiò la testa e la schiena. Parte delle gambe restarono sospese nel vuoto. L'addetto alle informazioni gli prese una mano e gli strinse al polso una specie di fascetta e quindi fece lo stesso con l'altro. Aurelio eseguì la stessa azione con le caviglie.
“Dai, cosa mi fate! Siamo in ufficio!”.
Un ceffone lo colpì su una guancia: “cazzo! Non ti permettere mai di interrompermi! Mai! Chiaro?”
“Ma sei sicuro che lo debba vedere? Mi sembra uno di quei ragazzetti di oggi tanto maleducati...”
“Si, si, adesso se ne sta al suo posto...”
Damiano che al primo impatto pensò di trovarsi nel posto sbagliato, accettò immediatamente quel trattamento e ne fu felice. Si sentì ribollire il sangue dal piacere per lo schiaffo ma ancora di più per l'umiliazione subita davanti a quella persona che non conosceva, anche se l'aveva salutata molte volte. E come sentì che braccia e gambe venivano bloccate, lasciandolo quasi incapace di muoversi non riuscì a trattenersi e sentì immediatamente il suo pene ingrossarsi.
Si trovava steso su quel tavolo a pancia in su e non poteva fare altro che aspettare.
Aurelio gli slacciò i pantaloni: “vediamo se mi ha ubbidito. Gli avevo detto di non mettere niente sotto.”
E fu proprio quello che trovò, una volta abbassata la cerniera, nulla. Solo un cazzo già quasi eretto.
“Che ti dicevo? Sembra interessante. E' già duro solo per la sberla e le corde...”
“Si, credo che hai ragione...”
“Ora vado, ci vediamo dopo… Sappimi dire…” e rivolto a Damiano: “non preoccuparti, se ti cercano dirò che ti ho mandato fuori per una commissione...” e se ne andò.
L'anziano portiere mise la testa sopra la sua, gli sorrise e gli sbottonò la camicia spingendola verso le braccia, poi gli abbassò i pantaloni fino alle caviglie, lasciandogli tronco e gambe del tutto nudi.
“Bel cazzo! Ben fatto e tutto duro. Ti va se ci gioco?”
Ovviamente non spettò la risposta e cominciò a toccarlo, prima con un dito, poi stringendolo tra pollice e indice, quindi riprendendo a far scorrere il polpastrello un po' dappertutto. Ad ogni passaggio sentiva il fuoco dentro. Quel vecchio ci sapeva fare, lo toccava proprio nei posti… giusti, facendolo inarcare sulla schiena ed anche tremare.
“Scusi? Ce nessuno?”
Qualcuno chiamava e l'uomo se ne andò.
Damiano rimase in silenzio, quasi spaventato. Cosa sarebbe successo se si fosse affacciato qualcuno? La paura fu tale che, quasi istantaneamente, la sua erezione scomparve.
Poco dopo l'uomo ritornò da lui:
“Ti sei preso paura? Abituati… Ma guarda guarda… è sparito…”
E ricominciò a toccarlo, questa volta partendo dai capezzoli che titillò a lungo fino a sentirli duri per scendere quindi sempre più giù. Riprese a maneggiargli il cazzo, continuando a stimolarlo e ad eccitarlo e, in men che non si dica, si ritrovò tra le mani nuovamente qualcosa per cui valesse dedicarci tutte quelle attenzioni. Prima di iniziare a masturbarlo lo cosparse con abbondante gel al silicone e quindi riprese a manipolarlo.
Intanto dalla porta giungevano voci e risa di chi passava. Il sapersi così vicino a quel variegato passaggio di colleghi mentre era immobilizzato, nudo e… masturbato lo portò nuovamente a quello stato di turbamento, forse ancora maggiore di prima e cominciò a godere di quella mano. Il portiere intanto cercava di mantenere il suo stato di eccitazione il più alto possibile ma senza mai farlo giungere al traguardo. Infatti lo toccava sapientemente, facendolo vibrare e contorcere ma si fermava e addirittura toglieva la mano da lui appena lo sentiva vicino all'esplosione.
In questo era anche aiutato dalle continue interruzioni che si concedeva per dare un'occhiata alla sua postazione. Infatti dopo più di un'ora di continue attenzioni, appena veniva lasciato “solo” il suo pene si… ritirava. Ma questo piaceva particolarmente all'uomo che si compiaceva di trovarlo nuovamente piccolino e di doverlo portare nuovamente all'erezione. E lo sapeva fare assai bene, stimolandolo nella maniera giusta con sapienti tocchi e carezze. Quindi riprendeva la masturbazione con tutte quelle varianti che a Damiano sembravano veramente tante e ben presto si rese conto che la sua erezione sarebbe durata assai a lungo e cominciò immediatamente ad apprezzare il trattamento che gli stava riservando, innescando un perverso meccanismo che lo soddisfaceva completamente per quanto gli stava facendo.
Prima dell'una, quando ritornò, Aurelio trovò il cazzo del collega completamente rosso per le troppe attenzioni che gli erano state dedicate e ne fu compiaciuto.
“Adesso ci gioco un pochino io. Mi sto prendendo una pausa...” Gli versò sopra ancora del lubrificante e impugnò con una presa forte il membro e partì.
“Quando lo senti saltare è vicino all'arrivo...”
“Immagino. Ma mi fermo prima. E' ancora presto per farlo sbrodolare...”
Risero. Pensò che quel burbero assieme al portiere cambiava atteggiamento e anche espressione. Non riuscì a giocarci molto perché improvvisamente lo sentì ingrossarsi e capì che era quasi pronto. Si fermò immediatamente proprio mentre Damiano si mise ad inarcare il bacino nella speranza di farsi dare l'ultimo tocco per… liberarsi. Ma non ci riuscì e, in pochi minuti, sotto gli occhi dei due la sua erezione si ammosciò.
“Non male in tiro.”
“No, una buona misura.”
“E anche resistente. Ormai sono quasi tre ore che è qui...”
“Pensi che possa essere utile con Filippo?”
“Si! Si, con Filippo potrebbe andare benissimo...”
Aurelio gli prese un capezzolo con le dita e cominciò a pizzicarlo e a stringerlo e, poco dopo, gli serrò improvvisamente nell'altra mano le palle.
“Ahi!”
“Zitto! Vuoi farti sentire?”
Trattenne i lamenti mentre si sentiva esplodere dentro per quanto gli stavano facendo. Ormai il tutto era ben al di là di ogni suo sogno…
“Ora torno su. Aspettami, eh! Dopo lo voglio vedere quando viene...”
“Si, si. Intanto lo porto avanti ancora… Dai, bello, la pausa è finita, adesso lo voglio vedere di nuovo bello duro...”
Ci fu un'altra ora di erezioni e manipolazioni e di terribile piacere prima del ritorno di Aurelio.
A fatica riuscì a sentire le voci degli impiegati che se ne andavano e il silenzio che, lentamente, immerse la stanza perché ormai era quasi stordito. Era indolenzito per la posizione in cui era costretto, la cappella gli bruciava ed era di un color rosso fuoco e gli scappava tantissimo la pipì.
“Te lo ho fatto trovare pronto. Gli dai tu il colpo di grazia?”
Non rispose ma impugnò quel membro che chiedeva solo di svuotarsi e partì con decisione. In breve lo vide contorcersi, poi cercare di divincolarsi e infine inarcarsi sulla schiena prima di esplodere con uno schizzo liberatorio e con dei mezzi respiri strozzati che cercò di contenere. Eiaculò a lungo, bagnandosi in abbondanza e continuando a lanciare gocce calde e cremose ad ogni colpo della mano che si fermò solo dopo che anche l'ultima goccia era uscita e con Damiano che lo supplicava di fermarsi. A quel punto lasciò la presa e si ritenne soddisfatto, come lo era anche l'altro uomo che si era goduto quest'ultima scena.
“Proprio adesso che sto per andare in pensione mi porti uno così...”
“Beh! Ancora per due mesi sei qui e...”
Ma forse tra i tre quello che era al settimo cielo era proprio “la vittima” che, liberato da quella posizione si era seduto sulla scrivania e ancora non riusciva a capacitarsi di tutto quello che aveva vissuto e che lo aveva fatto godere non solo fisicamente. Riteneva quelle ore passate li le più belle della sua vita, dove si erano realizzati tanti dei desideri che aveva solo immaginato con la sua fantasia. Si, era felice anche se indolenzito e con il cazzo che gli bruciava per il troppo sesso che aveva dovuto subire. Ma era proprio tutto quest'insieme di cose che era fantastico...
A questo primo “contatto” ne seguirono infiniti altri, alcuni banali, altri assai più ricercati che lasciarono nel vissuto di Damiano una traccia indimenticabile e un sottile piacere che a volte si faceva volgare e lo saziava non solo riempiendo i suoi desideri ma anche il suo corpo
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