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L'erba del vicino è sempre più dura - Prologo


di anonimo21
12.12.2015    |    16.884    |    3 7.5
"Anche fuori dalla scuola i rapporti con i miei amici si inclinarono inevitabilmente quando, con il procedere dei mesi fu sempre più evidente che la mia scuola..."
Prologo

Questa è la storia di come avrei voluto perdere la mia verginità anale.

In realtà è avvenuto con un tizio qualsiasi, conosciuto in chat, con un pisello minuscolo, che mi ha dato 3 colpi a secco e poi è venuto. Il tutto senza che io lo desiderassi realmente ma ero un ragazzino veramente stupido e non volevo che quello sconosciuto ci rimanesse male. Capirete, quindi, che fu un'esperienza ben poco entusiasmante e, per questo, preferisco immaginare la mia prima volta da passivo per come sarebbe dovuta andare, con il primo ragazzo che mi fece perdere la testa.


Quando conobbi Francesco ero un adolescente che viveva in un paesino sperduto del Lazio. Frequentavo il terzo anno delle superiori e le duecento facce che frequentavano la mia scuola le conoscevo, ormai, a memoria. La maggior parte mi erano indifferenti, poi c'erano quelli che in passato mi avevano preso in giro e alcuni che continuavano a farlo. I peggiori, fortunatamente, si erano già diplomati, dopo avermi reso un inferno i primi due anni del liceo.

Uscito dalle medie ero un ragazzetto troppo ingenuo. I miei genitori mi avevano educato molto bene ma non mi avevano mai spronato a reagire né a farmi valere. Ero molto remissivo con tutti e, sebbene cercassi di reagire a parole quando venivo preso in giro, il risultato era un patetico tentativo che mi rendeva ancora più insulso. Col senno di poi sono convinto che solo un bel pugno sul naso avrebbe potuto farmi acquistare un po' di rispetto, anche se poi le avrei certamente prese da quei colossi del 5 anno (io, che ero un ragazzo mingherlino di 14 anni) ma almeno avrebbero visto davanti a loro qualcuno con le palle e non un coniglio tremante. Purtroppo con i se e con i ma non si può cambiare ciò che avvenne e, quindi, posso solo raccontarvi di quel timido ragazzo che ero.
Alle prese in giro aveva, certamente, contribuito il fatto che la mia compagnia a scuola fosse rappresentata solo da ragazze ma non fu di certo colpa mia se dopo le medie tutti i imiei amici scelsero, come le pecore, di iscriversi in un istituto tecnico mentre io ero più portato per un liceo. Avrei potuto essere in una delle altre tre classi del mio anno in cui c'erano ragazzi che, sebbene non fossero miei amici, conoscevo, ma il fato decise diversamente. Mi ritrovai, così, in una classe composta quasi esclusivamente da ragazze in cui gli unici 4 maschi eravamo io, un mio amico (che all'inizio del 2 anno si fidanzò con una tipa di un altra classe e da quel momento in poi passò con lei ogni momento libero dei restanti quattro anni), uno studioso cronico (con cui non avevo niente in comune e che, in ogni caso, passava tutto il tempo chino sui libri) e un altro che non riuscivo proprio a farmi andare a genio.
Anche fuori dalla scuola i rapporti con i miei amici si inclinarono inevitabilmente quando, con il procedere dei mesi fu sempre più evidente che la mia scuola richiedeva un carico di studio nettamente superiore alla loro ed essi, col tempo, smisero anche di cercarmi. Il colpo di grazia lo ricevetti a metà del primo anno quando, il mio migliore amico dell'epoca, dopo mesi di silenzio mi comunicò che non saremmo più usciti insieme perché frequentava un'altra compagnia.
Fu così che mi ritrovai solo e senza amici e alcune delle ragazze della classe divennero la mia comitiva stabile. Mi trovavo bene con loro ma sentivo la mancanza dei ragazzi e, le prese in giro dei compagni di scuola certamente non aiutavano.
Non aiutava neanche la mia repressa omosessualità che, fino ad allora, si era palesata solo con le seghe sulle foto in costume di Costantino Vitagliano o del marcantonio di turno che trovavo sulle riviste di gossip di mia madre. Quando finivo, facevo finta di niente, come se la cosa non fosse avvenuta, fino alla sega successiva. Qualche ragazzo suscitava vibrazioni nel mio inguine ma non avevo la forza né la voglia di chiedermi il perché.

Fu così che, senza grandi cambiamenti, arrivai al terzo superiore. Sentivo dentro ancora un forte bisogno di un amico perchè la mia timidezza e la mia reputazione non delle migliori mi avevano impedito di farmene nei due anni precedenti. Non ero effeminato ma frequentavo solo ragazze e questo mi rendeva, per certi versi, un appestato agli occhi degli altri ragazzi.

A gennaio un nuovo ragazzo arrivò a scuola dalla Sicilia. Si era appena trasferito in paese con suo padre ed era iscritto al quarto anno. Le facce nuove, nella mia scuola e nel mio paese, erano un evento più unico che raro e, quindi, giorni prima del suo arrivo eravamo già tutti a conoscenza, a grandi linee, di chi fosse.
Quando lo vidi per la prima volta pensai che fosse davvero un bel ragazzo. Aveva dei ricci biondi tagliati corti sopra un bellissimo viso con occhi nocciola. Una pelle olivastra e, sotto, un fisico muscoloso per la sua età anche se era basso come me. Avevo sentito gli apprezzamenti di molte ragazze quando passò per il corridoio.
Si chiamava Francesco e io ancora non sapevo di aver visto colui che mi avrebbe sconvolto la vita.
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