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Gay & Bisex

Pomeriggio d'estate con l'idraulico


di sondern
26.03.2018    |    16.462    |    8 9.6
"“oddio scusami Mattia, non avevo visto che eri qui, è che mi scappa una gran pisciata” disse subito senza fare alcun cenno di uscire..."
Premetto che il racconto che segue ha uno spiccato contenuto "fetish" indugiando a lungo sugli odori dei protagonisti. Se non amate il genere passate pure oltre; in caso contrario spero che vi piaccia...buona lettura.

L’estate quell’anno pareva non sarebbe mai terminata, il caldo non dava tregua da ormai quasi tre mesi e mi sentivo sfinito da quella serie di notti interminabili in cui riuscivo a prendere sonno solo per brevi periodi e passavo il resto del tempo a rigirarmi nel letto madido di sudore. Per di più le riserve idriche dell’isola era praticamente esaurite e l’acqua nelle case già da alcuni giorni veniva razionata. Non capivo perché mai avessi accettato quel lavoro stagionale che mi costringeva in esilio per un periodo tanto lungo. Riflettendo sulle discutibili ragioni della mia scelta me ne stavo sdraiato seminudo sul letto nella penombra della stanza, cercando di far passare quelle prime ore del pomeriggio nell’attesa di iniziare il turno notturno, quando sentii suonare alla porta. Mi alzai svogliatamente fermandomi un attimo a guardarmi nello specchio a muro. Non ero esattamente in condizioni “presentabili”. Scalzo, indossavo solo un paio di calzoncini molto corti, attraverso i quali si notava la sagoma del pisello che senza un chiaro motivo non era del tutto a riposo. Un leggero strato di sudore mi copriva la faccia e il petto e annusandomi le ascelle mi accorsi che puzzavo abbastanza. Fanculo, pensai, sono a casa mia e sto come mi pare. D’altra parte ero abbastanza soddisfatto di quello che vedevo. Un anno di palestra aveva dato i suoi frutti; ok, continuavo a essere più magro dei miei obiettivi ma mi ero comunque definito bene, e l’abbronzatura di fine stagione faceva risaltare un corpo da trentenne in ottima forma. Aprii al secondo squillo rimanendo senza parole…mi trovai davanti un uomo che sembrava poco più vecchio di me, non credo arrivasse ai 35 anni, moro, non altissimo, fisico tonico, volto dai lineamenti decisi e barba curata, occhi scurissimi, decisamente bello…Rimasi inebetito qualche secondo riuscendo solo ad articolare un “sì!?...” al che lui mi guardò interrogativo…”sono l’operaio per la riparazione della perdita, non ti hanno avvertito?”…
Cazzo, che idiota, avevo completamente dimenticato la seccatrice del piano di sotto che il giorno prima mi aveva comunicato che dal mio appartamento scendeva acqua e che avrebbe chiamato l’idraulico. “ah sì certo scusa sapevo tutto, vieni pure dentro”. Lo guardai con più attenzione, indossava una t-shirt bianca da lavoro parecchio vissuta con delle ampie chiazze di sudore sul petto e sotto le ascelle e dei jeans corti strappati piuttosto stretti. Ai piedi un paio di sneackers di un colore indefinito e logore che portava senza calze.
“Ciao comunque piacere, feci io, mi chiamo Mattia, vieni pure che intanto ti metto su un caffè.“
“Grazie, io sono Vito. Senti Mattia, mi spiace dirtelo ma la situazione è un casino, sono già stato dalla tipa sotto e la perdita è importante, si dev’essere rotta una tubatura. Ho già chiamato il tuo padrone di casa e mi ha detto di fare quello che serve. Temo dovrò rompere il pavimento.” Bene, pensai, ci mancava solo questa. “Eh vabbè, se non c’è scelta, fai tu. Senti, magari mentre inizi io vado a farmi una doccia e mi vesto che sono parecchio sudato”
Vito mi guardò ridacchiando, “a dire il vero se avessi tempo di darmi una mano mi faresti un piacere e farti una doccia adesso non ti sarebbe di grande aiuto”
“Sì ok ma puzzo, mi scoccia starti vicino così”
“Guarda, fece lui, è da stamattina che lavoro, probabilmente sono messo peggio di te per cui se ti fai problemi tu a maggior ragione mi devo sentire a disagio io”.
La conversazione stava prendendo una piega alquanto curiosa, dopo due minuti che parlavo con questo sconosciuto lo scambio di battute su odore e sudore suonava un po’strano e devo dire che a me eccitava, cosa che temo si notasse dalla sagoma dei miei pantaloni.
“No ma ti pare figurati, allora iniziamo pure, cerco di farti da assistente per quello che riesco…”
“Perfetto, grazie. Anzi guarda se non ti scoccia mi toglierei anch’io la maglietta che mi sto squagliando”. Non aspettavo altro. Sfilandosela mostrò un torace muscoloso, peloso sul petto e con una lunga linea nera che gli si segnava sull’addome fino ai jeans, che portava a vita così bassa da lasciar emergere alcuni peli pubici. La pancia era leggermente abbondante ma tesa e soda. Due capezzoli molto prominenti di un rosa particolarmente chiaro avevano qualcosa di quasi ipnotico. Anche sotto le ascelle spuntava un bel ciuffo di peli scuri e, aveva ragione, l’odore che sprigionava era intenso, decisamente più del mio. Lui d’altra parte se ne accorse subito e lo sottolineò con un gesto eloquente della mano e con una battuta “che ti avevo detto…dalla doccia di stamattina sono passate troppe ore” disse con una smorfia seguita da un sorrisetto. Quando si chinò per controllare la situazione sotto il lavandino i jeans gli scesero lasciando intravedere un porzione del culo sodo e poco peloso. Un pomeriggio interessante, iniziai a pensare.,.
Iniziammo a lavorare, sudavamo entrambi tantissimo, letteralmente colando gocce di sudore; eravamo spesso vicinissimi e in alcune manovre in cui mi chiedeva di aiutarlo i nostri corpi capitava sfregassero l’uno sull’altro e standogli vicino mi sentivo sempre più rapito da quell’odore di maschio. Lui d’altra parte non faceva nulla per evitare il contatto, in alcune occasioni anzi si appoggiava su di me e avvertivo il calore delle carni nude che si toccavano. Ben presto anzi iniziai a tenere il volto sempre più vicino alle sue ascelle e mi inebriavo di quell’odore acre che emanava. Anche il colpo d’occhio da dietro era attraente, con un culo ben fatto e sodo fasciato dai jeans un po’ troppo stretti; le cosce e i polpacci avevano una muscolatura ben definita che si delineava fino alle caviglie abbastanza sottili e ai talloni che entravano e uscivano dalle scarpe consumate da cui proveniva l’odore pungente dei piedi. Nel frattempo chiacchieravamo di me e di lui, della scelta che avevo fatto di passare la stagione sull’isola per guadagnare qualcosa e della sua vita divisa a metà fra la terraferma in inverno dove lavorava in un cantiere edile e la sua terra in mezzo al mare in cui tornava tutte le estati e dove se la cavava con lavoretti vari. Era un ragazzo solare e simpatico, palesemente innamorato di quel fazzoletto di terra dove era cresciuto e che mi dava l’impressione di parlare di sé raccontandosi in modo schietto e privo di malizia. Io lo ascoltavo e mentre lo guardavo concentrato nel suo lavoro, letteralmente lucido per il sudore che gli imperlava la pelle, non riuscivo a trattenermi dal cogliere ogni occasione per annusarlo da vicino sentendo l’eccitazione crescere. La situazione mi stava facendo perdere il controllo. Iniziavo a pensare, e sperare, che anche Vito ci stesse giocando ma d’altra parte poteva anche essere tutto nella mia testa e volevo evitare di andare oltre per non compromettermi. Decisi quindi di darmi una tregua per cercare di far raffreddare almeno in parte l’eccitazione che mi stava pervadendo e gli proposi una pausa per fare merenda.
“Ottima idea, grazie Mattia, e ti prego, almeno un litro d’acqua se no schiatto. Tanto comunque qua ho quasi finito”. Mi misi a preparare un paio di toast con della spremuta e una caraffa d’acqua quando ad un tratto girandomi me lo trovai a pochi centimetri di distanza che mi guardava abbozzando un sorriso. Di nuovo fui sopraffatto da quell’essenza maschile. “l’acqua!” mi fece, con una smorfia scherzosa fingendo disperazione. “ahahah sì certo vai bevi!”. Ok dovevo allontanarmi se no gli sarei saltato addosso. Me ne andai quindi in bagno a pisciare e mentre cercavo di pensare ad altro per distrarmi dal pensiero di quel corpo conturbante quando d’un tratto si aprì la porta e me lo trovai dentro. “oddio scusami Mattia, non avevo visto che eri qui, è che mi scappa una gran pisciata” disse subito senza fare alcun cenno di uscire. Pareva stesse cercando in tutti i modi di farmi crollare. Mi domandavo se era davvero totalmente privo di malizia e fosse semplicemente un ragazzotto dai modi spontanei e diretti che con la massima naturalezza assumeva comportamenti camerateschi da spogliatoio di squadra di calcio o se in realtà non avesse perfettamente preso coscienza del mio turbamento e stesse spingendo il gioco sempre un po’ più in là. “Vai tranquillo, figurati Vito, io ho fatto” gli risposi mentre risistemavo il mio pisello nei pantaloni cercando una posizione che mascherasse in parte l’eccitazione che da un paio d’ore lo teneva quasi costantemente in pre-erezione. Mi spostai verso il lavandino per lavarmi le mani lasciandogli spazio sulla tazza che stava giusto di fianco. L’autocontrollo non fu sufficiente a impedirmi di sbirciare mentre sbottonava i jeans e gli vidi estrarre dagli slip un pisello di dimensioni fuori dal comune, nodoso per le vene che lo solcavano, un glande ampio coperto da un abbondante prepuzio con un ciuffo di folti peli alla radice. Lo notai menarselo brevemente e poi un forte e sonoro getto di piscio ne uscì, ben presto sottolineato da Vito con un lieve gemito di sollievo. Di nuovo un gesto inatteso che attrasse la mia attenzione. “Minchia Mattia, te l’avevo detto che dovevo bere, guarda qua che piscio giallo che sto facendo, sono disidratato” mi disse ridendo e legittimandomi così a girarmi e fissare le sue parti bassi. Penso di essere sembrato inebetito perché per qualche secondo restai fermo fissandolo per poi uscirmene con solo un “eh già” senza essere capace di aggiungere nulla. Quando ebbe finito lo scrollò con ampi gesti, si richiuse i pantaloni e si asciugò le mani sui fianchi sudati uscendo dal bagno senza neanche lavarsele. “ora di merenda, evviva”, aggiunse. Io ci provavo a dirmi che tutto questo, il sudore, il forte odore che sprigionavano i nostri corpi, il piscio, dovevano farmi schifo. Ma non ci riuscivo. E più mi concentravo per riprendere il controllo più sentivo un’eccitazione pulsante che spingeva nei pantaloni. Ripensai ai vari viaggi in metropolitana quando nelle ore di punta mi trovavo letteralmente schiacciato in un assembramento di corpi e spesso venivo investito da quegli odori di umanità che, non riuscivo a capacitarmene, potevano suscitarmi delle sensazioni tanto repellenti quanto eccitanti a seconda che provenissero da persone che mi apparivano indesiderabili o al contrario attraenti. In alcuni occasioni mi ero trovato praticamente appiccicato a ragazzi poco più che adolescenti in canottiera che, aggrappandosi ai pali di sostegno mi sbattevano praticamente in faccia le loro ascelle non sempre deodorate procurandomi delle eccitazioni incontrollate. Immerso fra questi pensieri me ne tornai nella zona giorno dove Vito mi stava aspettando per la merenda che mi propose avremmo potuto consumare sul balconcino che si apriva dal soggiorno. Il sole batteva ancora intenso anche se la temperatura che iniziava a scendere e la leggera brezza che si stava alzando, unite a una vista mare mozzafiato rendevano il momento particolarmente godibile. Mi trovavo a rimirare quell’immensità blu fianco a fianco con un poco più che sconosciuto e sentimenti complessi di eccitazione sessuale, benessere e romanticismo mi fecero desiderare che quella situazione non avesse fine.
Ma, ovviamente, finito lo spuntino dovemmo rientrare. E nel farlo mi spinsi a un gesto azzardato che catturò la sua attenzione. Nell’invitarlo a precedermi gli appoggiai le mani sulla schiena infilandole quasi nell’incavo delle ascelle e non riuscii a trattenermi dal portarle al naso per annusarle. In quel momento Vito si girò e credo se ne accorse. Mi scrutò per un paio di secondi e poi si rigirò senza dire niente. Quando però lo esortai a rimetterci a lavorare a quel punto attaccò: “Senti Mattia, forse mi sto inventando tutto e adesso ti incazzi e mi tiri un pugno ma te lo devo chiedere. Ho la sensazione che stai cercando il contatto più del necessario e che anzi, sembra quasi che ti piaccia il mio odore…” Restai pietrificato e una vampata di calore mi arrossò il viso poi quasi balbettando risposi “no senti Vito, scusa, forse ti ho dato un’impressione sbagliata…cioè, nel senso…no, non è che mi piace è solo che…boh forse mi incuriosisce, hai un buon odore…scusa non prenderla male”.
Avrei potuto fingere di risentirmi e chiudere il pomeriggio senza il rischio di fare danni ma in una frazione di secondo pensai che la posta in gioco era troppo alta e valeva l’azzardo. Di qui la risposta allusiva. La sua reazione tuttavia fu l’ultima che mi sarei potuto immaginare. Alzò le braccia incrociando le mani dietro la nuca in un posa estasiante, con il torso muscoloso e definito che si delineava nella sua possenza fino all’inguine e disse “ok, se ti incuriosisco e pensi che abbia un buon odore vieni, annusa”. Rimasi immobile qualche lunghissimo secondo per capire cosa avesse in mente e se mi avrebbe menato. Decisi di no, l’espressione sul suo volto non era ostile perciò mi avvicinai e mi misi con la faccia a pochi centimetri dalla sua ascella iniziando a inspirare intensamente. Con l’altro braccio mi spinse la testa schiacciandola contro di lui e iniziai a strofinare la testa in quell’ascella bagnata e sudata dapprima annusando, e poi cominciai a baciarla e leccarla. L’odore e il sapore erano davvero forti, più di quanto non mi fosse mai capitato di sentire così da vicino ma non ne provavo alcun fastidio. Ne ero completamente rapito e continuai così per un tempo indefinito su e giù con le labbra e la lingua che scivolavano fra i capezzoli e l’ascella. Gli presi in bocca i capezzoli turgidi, leccando e succhiando con la punta della lingua. Mi fece capire che era una zona particolarmente sensibile incitandomi a bassa voce a non fermarmi. A un certo punto spostò la mia testa contro la sua e iniziammo a baciarci con voracità. Le lingue si intrecciarono e ci leccavamo intorno alla bocca con foga e trasporto. Decisi di trascinarlo in camera e mi sedetti sul letto mentre lui mi fronteggiava in piedi. Da quella prospettiva era ancora più massiccio e sensuale. Gli sbottonai i jeans scoprendo degli slip bianchi un po’ logori coperti di chiazze giallastre e macchie di dubbia origine solidificate. Vito a quel punto apparve un po’ a disagio e prese a dirmi “scusa, non erano previsti incontri di questo tipo, faccio un po’ schifo...”. “ma smettila” tagliai corto temendo che si tirasse indietro e gli abbassai gli slip. Da così vicino quel cazzo mi apparve ancora più bello di prima, ora che era quasi in tiro era davvero enorme e colava una quantità incredibile di liquido preseminale. Appena scoprii il prepuzio un odore davvero fortissimo si sprigionò, un misto di sudore, sperma rappreso e piscio, quasi troppo intenso anche per me, tanto che anche Vito lo avvertì e si tirò indietro scusandosi “no perdonami faccio davvero schifo, mi vergogno”. Per tutta risposta iniziai a leccarlo, dapprima con delicatezza, passavo dalla radice coperta di peluria, scendendo sulle palle piccole e tese e risalendo poi sull’asta fino alla punta; la mia lingua alternava movimenti ampi e lenti ad altri più piccoli e rapidi. Me lo feci quindi scivolare in bocca, senza smettere di muovere la lingua accarezzandogli la cappella. Per quanto mi sforzassi non riuscivo a infilarmelo che per poco più di metà e già lo sentivo in fondo alla gola. Cercavo di controllare i conati che, sebbene mi concentrassi per restare rilassato, a tratti mi obbligavano a interrompermi per brevi momenti mentre la saliva mi colava abbondante fuori dalla bocca. Ero estasiato e credo anche Vito lo fosse perché sentivo i suoi gemiti di piacere farsi sempre più intensi e mentre lo succhiavo con voracità lo guardavo accarezzarsi il petto e stimolarsi con le dita i capezzoli che si erano fatti ancora più turgidi.
Poi con una mossa decisa mi sfilò i pantaloncini e iniziammo a rotolarci nel letto avvinghiati l’uno all’altro. Le mani correvano ovunque, la sensazione che quel corpo solido e maschile mi trasmetteva era incredibile. Gli accarezzavo il collo, la schiena, poi scendevo verso le natiche sode e gli stimolavo il buco con le dite inumidite di saliva. Non faceva particolare resistenza e una parte irrazionale di me si rammaricò al pensiero di quanti altri lo avevano già esplorato. Sarei potuto venire anche solo così. D’un tratto mi prese con forza mettendomi di schiena e sollevandomi le gambe e prese a leccarmi il culo con voracità fissandomi negli occhi mentre lo faceva. Saliva con la lingua fino alle palle e poi di nuovo giù, con la punta spingeva entrandomi appena nel buco. C’era un che di incredibilmente intimo e coinvolgente in quell’amplesso. Non mi concedevo spesso a rapporti occasionali e mai il piacere fisico si era combinato a un tale senso di sicurezza e fiducia. Mi sentivo completamento rilassato e confidente. Mi lasciai penetrare il culo con le sue dita, prima una poi due, le muoveva dentro e fuori il buco con intensità crescente e segandomi nel contempo il cazzo che quasi mi faceva male tanto era duro. La sensazione di piacere era pervadente, godevo come non ricordavo mi fosse successo da una vita. Dovetti fermarlo un paio di volte per evitare di venire troppo presto. A quel punto avvicinò il suo cazzo al massimo dell’eccitazione al mio buco e iniziò a spingere delicatamente. Sembrava avermi letto nel pensiero perché prima che potessi dire alcunché mi rassicurò “stai tranquillo, ci vado piano”. Nonostante questo quando cominciò a entrare sentii per alcuni lunghissimi secondi un bruciore lancinante che mi face gemere. Restò fermo per un po’ di tempo poi poco alla volta riprese a muoversi dentro di me mentre io iniziavo a rilassarmi e a sentire la tensione sciogliersi accogliendo quella verga massiccia. Colpo dopo colpo aumentava il ritmo e penetrava sempre più in fondo. Sbatteva con forza il bacino contro il mio culo quasi sollevandomi verso di sé a ogni colpo. Me lo sentivo dentro con un’ intensità che non aveva precedenti come se fosse la prima volta che venivo scopato. Tutto il mio corpo era rapito da uno spasimo di piacere che mi pervadeva dalla testa ai piedi. Mentre Vito mi possedeva pompandomi dentro io mi segavo come una furia. Eravamo un corpo unico che godeva, ansava, gemeva, sudava allo stesso ritmo in un crescendo animale. Quando fu sul punto di venire cercò di sfilarsi ma lo pregai di venirmi dentro. Richiesta a cui acconsentì con piacere evidente, il ritmo crebbe ulteriormente, la sua faccia paonazza si contraeva in smorfie di piacere finchè non lo sentii scaricarsi dentro in una serie di interminabili getti gemendo via via sempre debolmente e emettendo lunghi sospiri. Poco dopo fu il mio turno e mentre dal mio culo ormai sfiancato fluiva copioso il suo seme ,Vito si stese al mio fianco e come gli avevo chiesto mi leccava il capezzolo stimolandolo con movimenti rapidi e accarezzandomi al contempo fra le cosce; cominciai a venire come non ero mai venuto, una serie infinita di getti di sperma inondò il mio petto e la sua faccia ricoprendolo letteralmente del mio umore. Un orgasmo lunghissimo con sperma che gli schizzava addosso tracciandogli le guance, la bocca, la fronte di lunghe e irregolari strisciate bianche. Ci fermammo ansimando sfiniti per un tempo indefinibile, sdraiati a pancia in su fianco a fianco, cercando di riprendere fiato. Ebbi il tempo di riflettere sull’espressione che i francesi riservano a quel particolare momento dopo l’orgasmo, la petite mort, e pensai che mai espressione aveva descritto meglio una sensazione fisica. Quando mi ripresi mi girai verso Vito e lo baciai con intensità, nel miscuglio di sperma e sudore che gli copriva il viso. “Mattia, grazie, mi hai fatto godere in modo incredibile” mi disse a un tratto con un sorriso disarmante, “adesso per concludere potresti lavarmi via le tracce di quello che hai lasciato” aggiunse con un’espressione ammiccante. Non capendo bene mi lasciai condurre in doccia ma quando fui sul punto di aprire l’acqua lui si inginocchiò davanti a me e “quella dopo”, mi disse, “hai capito cosa intendo…” Rimasi un attimo imbarazzato, avevo fantasticato sul pissing tante volte ma non l’avevo mai provato. Ok era il momento. Qualche secondo e un getto caldo giallastro iniziò a sgorgarmi intenso, getto che rivolgevo ora sul suo petto ora sulla faccia mentre lui si lasciava inondare, e in parte beveva quanto gli riversavo addosso. Quando mi fui svuotato lo ritirai su verso di me e continuammo a baciarci con trasporto mentre già mi stava risalendo l’eccitazione. “anch’io sono stato incredibilmente bene Vito, sono io che devo ringraziare te. Adesso meglio che la doccia la facciamo per davvero, puzziamo di tutto quello che si può puzzare” gli dissi ridendo. “Già”, si mise a ridere anche lui “siamo due caproni. Rendiamoci socialmente presentabili. Piuttosto… per quel che mi riguarda… vorrei che non finisse tutto qui”. Non lo volevo neanch’io, certissimamente no.
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