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Morbosa Corrispondenza - Capitolo 11


di milflover95
20.09.2024    |    4.121    |    0 9.4
"L'idea di trovarsi così esposta in mezzo alla folla, sebbene non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo, la intrigava..."
Mena



La visita in chiesa le aveva sciolto il cuore ma le aveva anche lasciato un po' di tristezza addosso; non aveva avuto il coraggio di confessare al prete il suo vero lavoro e si era inventata quella sciocchezza dell’influencer.

Pazienza, pensò Mena, i segreti non sono la cosa peggiore; in quel momento la vera fonte del suo turbamento erano le sue cosce: le sentiva calde, sode, frementi, sempre intente a strusciarsi tra loro, come se le volessero dire qualcosa.

Entrò a casa, si spogliò rapidamente restando in biancheria intima e si gettò subito sul computer, sollevata: le serviva proprio un bel cliente con cui intrattenersi.

Dopo pochi minuti in chat, ecco il papy. Bingo.

“Ciao Franci! Come stai?”

“Bene papy, grazie! Come sta la tua figlioletta adorata?”

“Bene, anche se è in un periodo difficile con il ragazzo”.

“Ahia. Sei in pensiero?”

“Quale padre non lo sarebbe?”

“Devi lasciarli fare, sono tutte esperienze di vita.. nel bene e nel male”.

“Lo so. Ma se si azzarda a far soffrire la mia piccola, lo strozzo”.

“Ma papy!”

“Chiamami papà..”

“… Ma papà!”

“Sì..?”

“Ce l’hai duro papà, dì la verità”

“Tantissimo..”

“Fai tanto il protettivo, premuroso, affettuoso ma vorresti schiaffare quel pezzo di carne dura nel mio sederino, vero papà?”

“Le due cose non… confliggono”.

“Dimmi, papà. Cosa faresti se scoprissi il tuo piccolo mondo perverso? La tua attrazione verso di me, i tuoi sensi che mi bramano e ti procurano brividi di piacere?”

“Non succederà mai. Sono molto attento e discreto nel lasciar galoppare la fantasia”.

“E non hai mai fantasticato... di farti scoprire?”

“Non.. non lo so. Immagino di sì”.

“Non sei mai stato tentato di lasciare un ricordino?”

“Che intendi?”

“Tutte le volte che ti masturbi sulla biancheria di tua figlia. Hai mai pensato di lasciare un indizio?”

“Io... no. Sarebbe folle”.

“Già... sarebbe molto folle”.

“Francesca…”

“Cosa?”

“Mi stai torturando. Ho il cazzo che scoppia per colpa tua”.

“Per colpa mia... o della tentazione di farlo?”

“Non mi fare venire dopo pochi minuti, ti prego. Fammi godere un po' della tua fantasia. Anzi, parlami un po' di te”.

“Di me?”

“Quali sono le tue passioni? Cosa eccita la bella Franci?”

Mena sorrise. Il papy non l’aveva mai vista ma dava per scontato che fosse bella. Poteri della seduzione.

Bella domanda, papy. Mena si sentì libera, protetta dall’anonimato e confessò qualcosa di cui era sempre stata consapevole ma che non aveva mai detto a nessuno.

“La mia passione, papà, è l’abbandono. L'abbandono di una persona al piacere senza remore e senza limiti, la sottomissione come totale abbandono. Sottomettere una persona significa dominarla in modo consenziente; in altre parole, farle adottare atteggiamenti, abbigliamenti e comportamenti che si desidera. Convincerti ad alienarti secondo la mia volontà: ad esempio, il piacere di esibirsi davanti a estranei traendone godimento e facendolo provare al partner”.

“Franci..”

“Sì, papy?”

“Aiutami.. ho le mutande di mia figlia avvolte sul cazzo e sto per venire”.

“Ma papà!”

A Mena scappò un gemito mentre iniziava ad accarezzarsi le grandi labbra con le belle dita affusolate, tremando leggermente al formicolio provocato dalle unghie lunghe e smaltate. Non ci avrebbero messo molto a venire, entrambi.

“Eh..”

“Come posso aiutarti, papà? Non voglio distrarti dalla tua bella sega, però posso leccarti un capezzolino, se ti va. Le mie labbra si appoggiano piano al tuo petto, finalmente sono adulta e posso dare quanto sollievo voglio al mio omone, giusto?”

“Sì ma.. aiutami”.

“A fare cosa?”

“Ad abbandonarmi.. Voglio schizzare la mia sborra su queste mutande e lasciarle sul tuo cuscino”.

“Fallo..”

“Ho paura..”

“Ti capisco..”

“Mi puoi aiutare?”

“Dimmi come”.

“Una delle tue fantasie è l’esibizionismo, giusto?”

“Forse..”

“Promettiamocelo a vicenda. Io lascerò queste mutande sul letto, tu ti esibirai in minigonna e senza biancheria intima in un bar”.

Mena rimase sorpresa, come se le avessero infilato un’altra mano tra le cosce.

“Abbandonati con me”, scrisse il papy.

“Ma non avremmo modo di dimostrarci a vicenda di averlo fatto”.

“Non importa, mi fido di te. Dio, sto godendo”.

“Va bene papà, accetto”.

Ma che stava dicendo? Era diventata matta? Esibizionista?

“Godo, sto sborrando, piccola mia”.

Qualche secondo di silenzio.

“Guarda le tue mutande, piccola, tutte sporche di sperma di papà”.

“Porcellino..”

“Farai questo per me, Franci?”

“Una promessa è una promessa. Ti racconterò, dopo..”

“Va bene, a dopo”.

E ora?

Mena iniziò a frugare nell’armadio, il cuore che le martellava nel petto. Le sue belle mani si muovevano velocemente tra gli abiti appesi, scorrendo tra i vestiti fermandosi solo per tirare fuori qualche capo e buttarlo sul letto, il respiro affannoso, mentre si piegava e si rialzava ripetutamente per frugare nei cassetti e sugli scaffali.

Che stava cercando?

Eccolo, sapeva di non averlo buttato; le sue amiche glielo avevano regalato al suo addio al nubilato, quasi venticinque anni fa.

Un vestito rosso fuoco in satin, aderente e lucido, senza spalline, con un corpetto a cuore che metteva in risalto il décolleté. Completava l’abito una gonna cortissima, sopra la metà della coscia, con uno spacco vertiginoso su un lato.

Si spogliò del tutto e ispirò forte, vedendo il suo bel corpo allo specchio. Forse, se si fosse masturbata, le sarebbe passata la voglia di fare quella pazzia.

Poi, senza esitare, Mena indossò quell’abito così provocante e si guardò di nuovo allo specchio, gustandosi la scena con un sorriso compiaciuto mentre tirava su la cerniera dell’abito.

Il tessuto aderente le scivolava sulle curve con una facilità che la sorprese e quasi la lusingò accorgersi che le stava bene. Adesso i suoi fianchi erano più morbidi di una volta, ma era ancora in forma e si vedeva: si voltò e notò che il sedere era praticamente scoperto, con il tessuto che terminava a pochi centimetri dall'inguine, mettendo in mostra una rotondità invidiabile per una donna della sua età. La parte inferiore del suo corpo era quella di una trentenne.

Tuttavia, il corpetto raccontava un’altra storia. Vent'anni prima il suo seno sarebbe stato ben contenuto da quel vestito e adesso, invece, le sue tettone strabordavano dal tessuto. Non poteva fare a meno di ridacchiare mentre cercava di sistemarsi, alzando il bordo mentre sistemava il tessuto sopra i capezzoli scuri e dritti.

Girandosi di lato, il seno sporgeva in modo evidente dalla scollatura e sobbalzava, morbido e procace, ad ogni minimo movimento.

"Be, direi che madre natura mi ha aiutata", pensò con un sorriso malizioso, notando il contrasto tra il vestito aderente e il seno che spingeva deciso fuori dalla scollatura; quella piccola imperfezione non le dispiaceva, mostrava una sensualità che forse non aveva da giovane. Allora cercava l’avventura, ora abbracciava i cambiamenti.

"Più di vent'anni dopo e ancora mi difendo" pensò tra sé, tirando indietro le spalle e liberando per qualche istante quei seni turgidi e tondi, prima di rimetterli a posto. Era soddisfatta, non tanto del vestito, bensì del suo corpo che con tutte le sue curve, la faceva sentire femminile e desiderabile.

"Un vestito... provocante" pensò Mena, “..da Troia”. Forse, Francesca lo avrebbe indossato in pubblico, Mena esitava al pensiero di mostrarsi in pubblico vestita così, la vergogna la bloccava.

Forse avrebbe potuto indossare le scarpe, prima di decidersi.

Servivano delle scarpe adeguate all’outfit “da Troia” e Mena scelse le scarpe più sensuali che possedeva, ossia dei sandali neri con sottili cinturini in pelle nera lucida che salgono sinuosi lungo la caviglia. Il tacco è alto e affilato, mentre un sottile cinturino con fibbia dorata chiude il sandalo.

Sentì il rumore dei tacchi che rimbombavano sul pavimento, restando a pochi passi dalla porta, tremendamente indecisa sul da farsi.

Uscire o no?

Avrebbe potuto fare finta di nulla e mentire al papy, dicendo di essersi davvero esibita senza farlo. Sarebbe stato sleale? Forse.

Al diavolo.

Mena fece uno scatto e si diresse in cucina, dove aprì la porta finestra e uscì sul terrazzo, lasciandosi avvolgere dai raggi del sole pomeridiano. Il rosso vivo del suo vestito catturava la luce, creando un effetto brillante e quasi liquido. Non si sarebbe mai avventurata fuori conciata così, ma voleva godersi intensamente quella sensazione di libertà. Il terrazzo di casa era ben nascosto, rendendo improbabile che qualcuno potesse vederla.

Visualizzò gli sguardi puntati su di lei, uomini e donne, mentre avanzava con fierezza tra loro, ignorandoli con indifferenza. In quel miscuglio di imbarazzo e timidezza, emerse una calda e avvolgente sensazione, che aveva provato solo brevemente in passato. L'idea di trovarsi così esposta in mezzo alla folla, sebbene non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo, la intrigava.

Si sedette sulla poltrona del terrazzo; essendo sola in casa, si concesse di abbandonarsi a quelle emozioni crescenti, senza il timore di essere giudicata.

Divaricò le gambe, cercando di capire quanto fosse coperta alla vista la sua passera e notò che da seduta era praticamente in bella mostra, complice la minigonna che saliva all’istante.

Con un movimento inconscio, portò la mano tra le cosce e iniziò ad accarezzarsi.

Si strofinò dapprima il monte di Venere, poi con dolcezza la clitoride e infine le grandi labbra finirono preda delle sue unghie curate.

Chiuse gli occhi, avvertì gli sguardi della gente su di lei mentre passeggiava con quel vestito da Troia mentre con l'altra mano raggiunse il seno, stringendolo dolcemente nel palmo e gustandosi quella rotondità così soda.

"Mmmmm", un brivido attraversò il suo corpo.

Perché faceva così? Non aveva il coraggio di mostrarsi nuda in pubblico ma si stava masturbando senza ritegno mentre lo sognava. Non era poi diversa dal papy e da tutto l’esercito di segaioli che imploravano di venire nelle loro conversazioni in chat.

Forse Don Marco l’avrebbe criticata, eppure non poteva farci nulla. Era una di loro. Una bella Troia.

Allargò le gambe e prese a penetrarsi con foga con le dita

Non era esattamente come loro. Capì che amava dominare seducendo, anche con le arti sottili ed esplosive dell'esibizione di sé stessa, tenendo sempre conto del fatto che il piacere nasce dalla mente e nella mente stessa, prima che nel corpo, si sviluppa e si irradia.

Voleva scoparsi le menti di tutti loro, come se fossero le sue personali puttanelle.

Vide nella sua immaginazione i volti contratti dal piacere degli sconosciuti che la fissavano e percepì vagamente quelle stesse ruvide e magnifiche dita prendere di nuovo possesso delle sue labbra vogliose.

Con questi pensieri, la frenesia di stantuffarsi si moltiplicò e, dopo ore di tensione, finalmente Mena ebbe il suo sospirato orgasmo semi-esibizionista.

Anna

Le luci ovattate del bagno si riflettevano sulle piastrelle antiquate dell’ospedale mentre l’odore di disinfettante non riusciva a coprire del tutto il miasma penetrante di urina nell’aria e questi odori, assieme al silenzio del bagno deserto, rendevano l’atmosfera un po' opprimente.

Anna si guardò allo specchio e ripensò al battibecco con Toni.

“Merda”.

Disse allo specchio

Avrebbe dovuto sentirsi in colpa per averlo tradito poco tempo prima con Lia e invece non gliene importava nulla, riusciva solo a pensare a quella biondina che la aveva stregata con le sue forme e la sua bellezza nordica.

Quello che la infastidiva era il disprezzo di Toni, come se lui avesse una fantomatica superiorità morale solo perché la vita lo stava maltrattando. Non era certo colpa di Anna.

Lei aveva fatto di tutto per stargli vicino e aveva ricevuto solo indifferenza.

Lui si era cercato le corna, punto.

Forse sarebbe stato giusto smettere, però. Se Toni lo avesse scoperto..

Presa da questi pensieri non si accorse delle bianche mani di Lia che le afferrarono le spalle da dietro e la fecero voltare, quasi con brutalità e la fecero sobbalzare.

“Lia..?”

Gli occhi di Lia brillarono intensamente.

In un attimo, senza preavviso, le sue labbra si precipitano su quelle di Anna, come una fiamma sulla benzina.

Il bacio è un’esplosione. Anna è colta di sorpresa, il suo corpo irrigidito dall’irruenza del gesto che non è solo improvviso, ma anche avvolgente. Le labbra di Lia, calde e morbide, premono contro quelle di Anna con un'urgenza che la lascia senza respiro mentre ne gusta il sapore dolce, familiare, eccitante; per un attimo Anna non sa se respingerla o perdersi in quella passione così improvvisa.

Dopo interminabili secondi, le due si staccano e Anna riesce a sussurrare:

“Cosa..?” I loro volti ancora vicini, il cuore che batte all'impazzata mentre Lia la interrompe, la voce rauca dal desiderio.

"Ti voglio."

Le mani di Lia le stringono i fianchi, premendo contro la fredda ceramica del lavandino, mentre le ragazze si baciano di nuovo con passione.

Lia la limonava con una determinazione quasi predatoria, il suo corpo si muove rapido e fluido, spinto da una forza che non riesce più a contenere. La sua lingua avvolge quella di Anna in un bacio passionale mentre le sue dita si serrano intorno alla vita di Anna, tirandola bruscamente a sé, come se temesse che un attimo di esitazione potesse farle scappare via.

Anna non sapeva che dire, ma una parte di lei non aspettava altro. Sente la pressione delle unghie di Lia che si conficcano leggermente nella stoffa della sua felpa, un tocco che brucia attraverso il tessuto.

Quando si staccano, Anna sente il proprio respiro ancora incerto, il corpo che sembra non aver ancora metabolizzato il brivido di quei baci.

Sente la mano di Lia stringere la sua.

“Vieni”.

Corrono, trovano una stanza vuota con dei lettini sfatti e Anna ha un brivido di eccitazione mentre vede Lia chiudere a chiave la porta e iniziare a spogliarsi, gettando la maglietta e il reggiseno per terra.

Il petto di Lia si sollevava veloce, le grosse mammelle vibravano non per l’imbarazzo, ma per la furia che le bruciava dentro.

Anna la fissò per un momento, incredula, ma poi, quasi senza esitazione, fece lo stesso. Si tolse la felpa con un gesto altrettanto brusco mostrando il seno piccolo e sodo; si trovavano lì, una di fronte all’altra, nude.

“E adesso?” chiese Anna.

“Adesso godiamo” disse Lia, la voce che vibrava mentre la spingeva sul letto e si stendeva su di lei.

Il corpo di Anna tremò mentre le labbra della bionda si incollavano sulle sue e la lingua si faceva strada nella sua bocca, implacabile.

Lia percorse tutto il corpo di Anna accarezzandola con i suoi biondi capelli, un tocco leggero come una piuma che elettrizzava la mora facendola bagnare come una matta, finché le cosce formose di Lia furono a cavalcioni sul suo petto.

Finalmente Anna poté vedere di nuovo quelle grandi labbra gonfie, lisce, rosate ed anche la clitoride pronunciata, esposta e quella vulva umida con le labbra ben aperte sovrastata da un ciuffetto biondo.

Muovendosi, le labbra si schiusero ancora di più mostrando la clitoride ben scappucciata e Anna si accorse di avere l’acquolina in bocca, non riuscendo più a resistere.

Tuffò la lingua tra quelle pieghe turgide e si abbandonò a quel piacere saffico.

Cazzo quanto le piaceva, Lia era zuppa. Anna sentiva le scosse provocate da ogni suo vellicamento, come se ogni bacio le incendiasse la pelle.

Anna passò la punta della sua lingua a tracciare un percorso delicato: indugiava, si muoveva, vorticava, gustando la consistenza di quella tenera fessura mentre le sue mani si allungarono a stringere forte, con movimenti circolari, le grosse tettone della sua bionda amante.

Quella parte del corpo era irresistibile per Anna; non aveva mai visto delle bocce così, un seno da invidia. Sodo, borioso, compatto, tenero come una pesca matura, le areole rosa in rilievo e i piccoli capezzoli appuntiti.

Lia le cavalcava il viso gemendo piano e Anna poteva intuire il suo piacere guardandola negli occhi mentre la imploravano di continuare.

Lia iniziò ad ansimare sempre più forte, muovendosi a scatti, quasi scopandole il viso e implorandola di continuare fino a che non ebbe il primo orgasmo e Anna poté finalmente assaggiare tutto quel nettare, di nuovo. Non le bastava mai.

Anna vide Lia fermarsi, trattenere a stento un urlo squassante di piacere, i capelli d’oro le coprivano il viso.

Poi iniziò a ridacchiare.

“Speriamo non mi abbiano sentito”.

“Scema!”

“Te l’ho mai detto che canti bene?”

“Ieri..”

“Canta per me, ti prego”. Disse Lia e, sorridendo, cominciò a voltarsi, ruotando lentamente il busto e i fianchi, mettendosi a pancia in giù sul lato opposto.

Anna le afferrò di nuovo i fianchi da dietro delicatamente, seguendo le dolci curve del corpo di quella maialina e vide Lia adagiarsi nella posizione del sessantanove, la testa tra le gambe della mora che poté cambiare prospettiva e rivedere quella fichetta bagnata mentre il volto di Lia si tuffò tra le gambe aperte di Anna mandandola in paradiso.

Non poteva negarlo, era tremendamente impaziente di quelle attenzioni e sentì la sua fichetta glabra reagire al tocco della lingua e delle dita di Lia che le strapparono un sussulto:

“Dio che bello, Lia! È fantastico, sei fantastica!” miagolò piano Anna sentendo le dita di Lia accarezzare il monte di venere con movimenti rotatori e iniziò a ondeggiare sotto lo stimolo della lingua di quella diavoletta, inarcandosi e portando la testa all’indietro.

Sottili gocce di sudore decoravano la pelle delle ragazze, scivolavano lungo le loro pelli lisce, accarezzandone fronte, petto e ventre.

Una scena di pura estasi.

Anna è frenetica, anche più di Lia, vorrebbe già venire perché il suo grilletto è ricettivo e pronto a farla godere, sul viso un’espressione di lussuria mentre chiude gli occhi per assaporare meglio le sensazioni che la agitano e, senza attendere oltre, gode con degli urletti trattenuti appena.

Anna sentì le contrazioni della sua vagina, quasi volesse trattenere la lingua di Lia in una morsa, le sue pupille sono contratte, il volto sudato diventa terribilmente erotico nella totale frenesia.

La bella mora sospirò esausta, arrendendosi alla lussuria del momento; toccava a lei ricominciare quel continuo balletto di orgasmi e appoggiò la mano destra a palmo aperto tra le gambe di Lia, muovendolo ritmicamente mentre con la sinistra traccia piccoli giri intorno all’apertura anale di Lia e strappandole dei gemiti incontrollati.

È il momento giusto e Anna tuffò la lingua in quel piccolo e roseo orifizio, lo sfintere iniziò a dilatarsi lasciando entrare quella lingua dispettosa e piacevoli scosse si dipartirono da quella zona piena di sensibili terminazioni.

Nel frattempo, le dita della mora si piantavano fino al palmo sulla fica fradicia di Lia con la veemenza di una scopata; la patatina di Lia è talmente dilatata e zuppa da ricevere tre dita di Anna in una volta sola, sembra un’ostrica che stenta a trattenere il delizioso liquido all'interno, le grandi labbra pulsanti erano piene di umori e gonfie, il bottoncino è praticamente in erezione, gocce pallide scivolano ovunque come sottili rigagnoli e ad Anna pareva di percepirne l'aroma che si diffondeva nella stanza mentre con il pollice titillava la clitoride, sentendo Lia gemere come una cagnolina sotto i suoi tocchi, preda dei suoi tocchi.

“Amore! Amore! Continua ti prego!” Urlò Lia, schiava del suo piacere, gemendo come una gattina mentre Anna aggiungeva il dito mignolo per poi aumentare velocemente il ritmo della penetrazione e sconvolgerla di piacere.

Piacere che arrivò, puntuale e con urla a malapena trattenute da Lia.

Trascorsero alcuni istanti in cui l'unico suono percepito era il respiro affannoso di Lia.

“Sssh fai piano che ci sentono..” Disse Anna, sorridente, le labbra contornate dai fluidi di Lia.

“Si godessero lo spettacolo, non mi importa!” Rispose Lia, ridacchiando e tuffandosi di nuovo tra le gambe di Anna.

Era vero, pensò Anna. Si godessero lo spettacolo tutti loro. La famiglia bigotta di Lia, il suo fidanzato abulico, suo padre sempre apprensivo come se lei fosse una bambina: sentì un senso di libertà e di liberazione al pensiero.

Da quel momento fu un continuo di orgasmi: le due ragazze si persero nel loro intimo universo, dove, come in un sogno, il tempo sembrava sospeso e il piacere regnava sovrano, lasciandole inebriate e provocando loro altri, squassanti, orgasmi.







Esauste, accostarono i loro corpi caldi e sorrisero per lunghi attimi, l'una di fronte all'altra.

Intorno a loro, solo quiete e silenzio.

Fu Lia a parlare per prima.

Raccontò tutto: gli eventi delle ultime ore, la violenza che Luca aveva subito dalla loro madre.

Anna la fissava con gli occhi spalancati e una nota di disgusto.

Si riscosse alla vista di quei pozzi glaciali che erano le pupille di Lia, quando la sentì concludere il racconto aggiungendo: “mia madre me la pagherà cara, è una promessa. Ho un piano per vendicarmi, presto vedrai”.

La mora annuì piano, rabbrividendo al tocco della sua bella amante mentre le accarezzava il profilo del mento e le guance.

Sapeva che Teodora fosse una bigotta schifosa, ma non immaginava fino a che punto.

Quel disgusto divenne curiosità mentre notava gli occhi di Lia diventare nuovamente gelidi, come le succedeva sempre quando assumeva quella determinazione feroce a incontrollabile a ottenere quello che voleva.

Che fosse la fica di Anna o la vendetta.



Luigi

Terminato il momento di eccitazione, Luigi rimase incerto sul da farsi.

Tenendo ancora in mano quelle soffici mutande incrostate di sperma, si decise a scrivere di nuovo a Francesca.

“Hai fatto lo spettacolino?”

“Ciao papy, purtroppo no. Non me la sono sentita, scusami. Tu hai lasciato quelle mutande sul cuscino?”

“Nemmeno io me la sono sentita. Non preoccuparti, è stato solo un momento di scarsa lucidità”.

“Già. Adesso mi serve una doccia. Ci sentiamo presto, papino”.

Luigi scosse la testa e, senza aggiungere altro, salutò la propria compagna di giochi.

Fissò il labirinto di merletti sulle mutande rosa di Anna e pensò che ci fosse tempo per decidere, dopodiché andò in bagno.



Toni

Incredibile. Non poteva essere successo davvero, pensò Toni entrando in casa, sbalordito e barcollante. La sua parte razionale cercava invano di persuaderlo che avrebbe trovato sua madre in cucina, indossando un modesto grembiule, intenta a preparare qualcosa di delizioso da mangiare.

Invece, sentì il rumore dell’acqua scrosciante che indicava che mamma fosse in bagno.

Prima si era.. messa comoda in terrazza? Toni si sentiva vacillare, con il cuore che gli martellava nel petto. Non poteva davvero aver visto sua madre, mezza nuda, mostrarsi così spudoratamente sul terrazzo di casa, intenta a masturbarsi.

Forse si sbagliava. Impossibile, chi altri poteva essere? A un certo punto, gli era perfino sembrato di cogliere il suono dei gemiti di piacere di mamma.

Esitando, sbirciò dalla porta socchiusa della camera da letto e ogni incertezza svanì. Il vestito rosso, lo stesso che aveva notato addosso alla donna del terrazzo, era appoggiato sul cuscino.

Ma che succedeva a sua madre? Era impazzita? E se l’avesse vista qualcuno?

Doveva essere la solitudine a provocarle questi episodi, pensò con una punta d’amarezza, sentendosi quasi in colpa per averla giudicata. L’assenza di papà si faceva sentire.

Corse in camera sua a sedersi e sentì un nodo stringergli la gola mentre si portava le mani alla testa, il respiro affannoso, come se l'aria non bastasse più.

Chi era lui per giudicarla? Sua madre era una donna adulta, sapeva come cavarsela. E se voleva soddisfare un suo bisogno fisiologico, perché non avrebbe potuto dare sollievo al suo corpo?

Un corpo da urlo.

Ma che stava dicendo?

Era il corpo di sua madre, non doveva nemmeno fare certi pensieri.

E allora perché aveva un tronco d’albero tra le gambe?

Amava sua madre, cazzo. Eppure, sembrava non fosse il solo sentimento che provasse per lei; fu allora che realizzò.

La pantomima con Anna, quando le chiedeva di indossare degli occhiali simili a quelli della madre per sborrarci sopra, la sua voglia di possederla alla pecorina, quei frammenti di fantasia nella sua mente. Quelle ossessive ricerche. Milf. Mother..

Tutti desideri inconsci che non aveva il coraggio di confessare nemmeno a sé stesso, eppure radicati dentro di sé al punto da renderlo dipendente da quelle fantasie e da imporsi nella sua vita reale.

Finalmente confessò la verità. Sei fottuto di testa, caro Toni. Da anni fantasticavi inconsciamente di chiavare tua madre, di tornare all’origine, di essere su quel terrazzo a guardarla masturbarsi e, perché no, di ficcarle dentro quel palo duro che spinge per uscire dalle tue mutande. Di farle sentire tutta l’irruenza della sua giovane età, le spinte impetuose, forti e vigorose, indotte da un’incontrollabile energia incestuosa.

Non mentire, non è solo per darle quel piacere sessuale che tanto le manca, è anche per godere di quel corpo pazzesco ed accogliente, di quella fica materna oscenamente esposta ai tuoi desideri. Aperta, calda, intima.

Ce ne hai messo di tempo, coglione. Adesso sei libero.

Toni tirò fuori il grosso cazzo afferrandolo con entrambe le mani, avvertendo una durezza incredibile tra le dita e, dopo poche scappellate, schizzò interminabili fiotti di sperma bianco e rovente sulla propria mano, per terra, sul braccio, ovunque sul pavimento.

Sentì le lacrime rigargli il viso e scoppiò a piangere, trovandolo quasi liberatorio.

Era libero. E non trovava il pensiero particolarmente rassicurante.





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