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Due schiavi per due Padroni - 3 Bis


di Honeymark
05.11.2016    |    10.067    |    3 9.7
"– Sarebbe stata sprecata la cavallina senza quelle frustate finali..."
Nota: Questo capitolo è simile al terzo già pubblicato a suo tempo con lo stesso titolo, ma è stato integrato con i suggerimenti che mi sono stati inviati dai lettori.
Ne è uscito un capitolo lungo il doppio che potrebbe interessare anche chi ha già letto il terzo orginale. Per questo lo pubblico.
Ovviamente mi piacerebbe sapere cosa vi è piaciuto di più e nei panni di chi avreste voluto essere.
Buona lettura.
-


Gli ospiti arrivarono circa mezzora dopo, erano tre coppie sulla sessantina. I Padroni li accolsero con eleganza, più che con amicizia. Comunque li fecero accomodare in salotto e l’ambiente divenne presto gioviale. Valentina versò loro dei superalcolici, con ghiaccio. Ne versò uno anche a me e poi prendemmo posto come se io e Valentina fossimo un’altra coppia ospite, certamente più giovane di loro.
Dopo un’altra mezzora e un paio di bicchieri, uno degli invitati ruppe gli indugi.
- Cosa ci hai preparato stasera? - Disse alla Padrona di casa.
- Due giovani sposi che ho deciso di impalare e di frustare in vostro onore.
- Wow… – Disse la signora che era con lui. – E sono belli?
- Sì, molto belli.
- E come li impalerai? – Chiese l’altra signora.
- Con un cero. Lo sai che sono specializzata in ceri.
- Fantastico. – Aggiunse il marito della signora. – Potremo anche... toccarli?
- Sì, con discrezione all’inizio. – Disse asciutta Francesca. – Dopo potrete anche frustarli.
Rimasero soddisfatti della risposta.
La Padrona attese un attimo e poi si rivolse a noi.
- Potete gentilmente scoprire le due sculture? – Ci chiese.
Seguii Francesca, che prese in mano il lenzuolo che copriva Bill, io allora presi quello di Susy. Al suo cenno, feci scivolar via il lenzuolo e in un attimo i due schiavi furono messi al ludibrio degli sguardi degli ospiti allupati. Vidi la pelle d’oca sul corpo di Susy, che strinse il culo attorno al cero.
I presenti si alzarono in piedi e mormorarono di stupore, piacere e soddisfazione per tanta vista. Si avvicinarono agli impalati. Valentina aveva ragione: lo spray aveva reso la loro pelle bella e viva. Sembravano proprio in una scena cinematografica, grazie anche ai faretti di luce calda sul soffitto disposti con sapienza.
- Hai fatto un lavoro superbo…! – Esclamò uno di loro.
- Sei insuperabile! – Aggiunse la moglie.
Gli altri erano rimasti a bocca aperta, affascinati e ipnotizzati.
D’altronde, si provi a immaginare i due sdraiati di pancia a gambe larghe come una V rovesciata su una cavallina, con le mani legate dietro la schiena e fissate al collo, con un grosso cero che fuorusciva di una decina di centimetri dal culo. Persino io e Valentina ci scoprimmo eccitati. E i Padroni non nascosero la loro soddisfazione.
- Beh, non vi ho mai deluso.
- Certamente no.
- Possiamo toccarli?
- Dopo il nostro primo trattamento, ma con discrezione. Dopo l’impalamento potrete fargli quello che volete.
Paolo e Francesca presero due cinghie di cuoio piatte come cinture e con un manico di cuoio rigido. Si portarono ai lati di Susy e si misero in posizione per farsi vedere.
- Facciamo una piccola performance preliminare, propedeutica all’impalazione, – disse Francesca. – Al solito, daremo delle frustate abbinate.
Francesca si mise in posa e chiese a Paolo se fosse pronto. Quando lui fece cenno di sì, Francesca caricò le braccia e scaricò un poderoso fendente con la cinghia sul culo di Susy. Una frazione di secondo dopo arrivò la scudisciata di Paolo. Un sincronismo perfetto che dimostrava come i due fossero abituati a questa performance.
Sciaaaaack! -Sciaaaaaaack!
Friiii… Friiiiiiiiiittt!
Le due scudisciate avevano provocato le urla di dolore di Susy, che però poté solo soffiare entro al bavaglio a fischietto. Per questo, oltre ai due Sciaaack! Sentimmo gli inebrianti fischi librarsi nell’aria.
- Pronto? – Ripeté Francesca.
Paolo annuì.
Sciaaaaacccckkkk! -Sciaaaaaaaaaaccccckkkkk!
Friiii… Friiiiiiiiiittt! Fru-friuiiiit! Frrrrr…!
I due nuovi colpi erano stati davvero potenti e la poverina non poté far altro che godersi il dolore e soffiare a pieni polmoni.
I due Padroni ripeterono la doppia scudisciata per la terza volta, facendo eccitare tutti noi con il trillo del diavolo. Oltre al fischio, la poverina aveva dato via a una specie di danza anale, con il retto che sembrava volersi sodomizzare da solo. Il cero veniva come richiamato dentro per un po’ per poi tornare alla posizione originale. Poteva essere un orgasmo anale. Adesso sul culo di Susy c’erano delle righe rosse, che però se ne sarebbero andate presto. Valentina infatti andò a spruzzarle qualcosa sul culo, che poi asciugò con una salvietta. Forse le alleviò anche il dolore, ma la pelle tornò quasi perfetta.
Passarono a Bill. Lui, avendo sentito tutto, stava tremando come una foglia e provava a guardare cosa gli avrebbero fatto. Forse avrebbe anche voluto impedirlo, ma non ci fu nulla da fare.
Lo colpirono con rinnovato impegno e cognizione di causa. Lui soffrì come un cane, fischiò come una sirena e salterellò come una trota in padella. Anche per lui dei segni rossi lasciarono presto il culo grazie all’intervento di Valentina. Ma i ceri erano rimasti al loro posto senza spostamenti significativi.
- Adesso potete palparli. – Disse Francesca agli invitati.
I presenti si portarono attorno al culo delle due vittime e cominciarono a studiarle nei dettagli. Poi cominciarono ad accarezzarli nelle intimità e i due ebbero qualche piccola reazione, che fu accolta dai vecchi molto piacevolmente. Li avrebbero tormentati a lungo volentieri. Gradivano mettere le mani agli inguini per sentire il culo, il cero e il sesso. Uno diede un buffetto sul culo, una invece diede un colpetto con la nocca del medio sul cero. Susy ebbe nuovamente la pelle d’oca, che però andò via subito. Bill invece sembrava gradire le attenzioni, come se lo rilassassero dopo un’ora di immobilismo forzato e i sei colpi di maglio appena ricevuti dai padroni.
- Non hai messo le mollette ai capezzoli, – osservò una donna.
- No, – rispose Francesca. – A mezzogiorno mi sono serviti da camerieri.
Evidentemente sapevano degli aghi da balia.
- Possiamo frustarli così? – Chiese la donna. – Dai…
- Un colpetto puoi anche darlo.
Sciaaack!
Frrrrrrrt!
Aveva dato una frustatina a Susy con un simpatico attrezzo che Valentina le aveva messo in mano e la sottoposta aveva fischiato di dolore.
SciaaaaaaaaaK
Frrrrrrrrrrrrrrrrrrrttttt!
- Basta, – intervenne Francesca. – Avevo detto uno.
- Come pensi di impalarli, dando dolci mazzate al cero?
- Calma ragazzi. – Rispose la Padrona di casa. – Adesso che avete socializzato abbastanza possiamo procedere.
Si allontanarono per far posto agli operatori.
Francesca fece cenno a Valentina, che si portò da lei, poi si misero ai lati di Susy a prenderle un piede.
- Se vi mettete dietro a guardarle il culo… – Suggerì Francesca.
Ci sistemammo dietro. Poi loro presero una caviglia a testa e, al cenno della Padrona, portarono in avanti le gambe di Susy in modo che andasse a sedersi sulla cavallina. La poverina si trovò così a sedere di peso sul cero conficcato nel culo e lei cominciò a fischiare all’impazzata. Il bavaglio a fischietto era davvero coinvolgente.
La tenevano ferma con determinazione mentre scalciava e, sempre sentendola fischiare come un vigile urbano, la lasciarono impalarsi da sola con il cero che entrò nel culo fino in fondo. A fine corsa, Susy continuava a lamentarsi disperata, la scena era stata davvero terribile. Gli ospiti avevano guardato tutto, restando anche loro come impalati.
- Che meraviglia…! – Esclamò qualcuno.
Loro probabilmente non lo sapevano, ma Valentina me lo aveva spiegato prima. Dopo una decina di minuti, mi aveva detto, il cero nel retto si rammolliva e, se spinto dentro, si adattava alla curva del sigma. Certo non era una passeggiata, ma erano lì per essere tormentati.
Come si può immaginale, vedere la mia amica impalarsi da sola mi aveva provocato una erezione come non mi era mai capitata. Ora teneva le gambe larghe come se stesse facendo una spaccata. Guardando bene, sedeva ancora sulla piccola parte di cero rimasta fuori. Con la schiena diritta, dovuta ai polsi legati dietro e fissati al collare, sembrava proprio impalata. Dopo un po’ i fischiettii si affievolirono, ma non se ne andarono del tutto. Stava piagnucolando. D’altronde, lei non sapeva che il cero si era adattato…
- Ora, se volete, potete molestarla.- Disse Francesca soddisfatta. – Ma se ascoltate un consiglio, prima impaliamo anche il marito.
- Sì sì, – dissero tutti. E si portarono da lui.
Francesca chiamò a sé Valentina per ripetere l’operazione con Bill, il quale, terrorizzato, fischiava già come un locomotiva. Fermai le due e chiesi all’infelice se volesse fischiare tre volte, che significava la sospensione della seduta. Lui mi guardò spaventato, ma trovò il modo di emettere due fischi.
- Cioè vuoi continuare? – Gli chiesi per avere conferma.
Fischiò una sola volta, anche se terrorizzato.
A quel punto le due carnefici si portarono a lui, gli presero le caviglie e le portarono avanti per costringerlo a sedersi sul cero. E così avvenne. Tra fischi e altro, lui si trovò obbligato a stare sopra il cero, che si infilò nel culo inesorabilmente per intero. Visto da dietro era davvero spettacolare vedere entrare una cosa del genere nel culo di un uomo.
Fischiò anche lui come una sirena, ma non emise né i tre né i due fischi regolari di fine seduta. Anche lui, una volta impalato, tenne la testa in su e attese le fasi successive, con la sofferenza dell’impalamento. Anche lui, come sua moglie, adesso sembrava una Y rovesciata.
- Ora potete molestarli entrambi, – disse Padrona Francesca asciutta. – E seviziarli.
- Apri tu le danze! – Disse un ospite che la conosceva bene.
- D’accordo.
Valentina portò un vassoio d’argento con delle fruste. Francesca ne prese una, poi invitò Vale a palpare Susy. Lei si portò prima alla fessura del culo impedita dal cero, poi si portò davanti e infilò le dita nella figa. Infine palpò le tette. Susy si svoltolò, inutilmente.
- Può cominciare signora, la condannata è pronta,
L’aveva detto in modo che quel «condannata» entrasse bene nello spirito della serata.
Francesca prese un gatto a nove code con i cordini di cuoio, li sbatté in mano per sentirne la forza e poi, con la massima concentrazione, puntò alle tette di Susy e le colpì con violenza. La poverina cacciò una serie di fischi, ma non la serie regolare di fine rapporto. Per il dolore però salterellò rigida sul cero conficcato nel culo.
Quindi la Padrona si portò dietro, prese due frustini uguali dal vassoio e si mise in posa. Un frustino sulla natica sinistra e uno su quella destra. Accarezzò più volte le chiappe con i frustini, poi con la massima attenzione alzò le braccia e scaricò due colpi fortissimi in sulle natiche. Susy sobbalzò e ricadde sul cero, cominciando a fischiare nuovamente come una camera d’aria bucata.
Poi Francesca andò dallo schiavo. Bill aveva una volgare erezione in corso. Forse un riflesso condizionato dal cero nel culo, forse era eccitato davvero. Fatto sta che la Padrona prese dal vassoio una bacchetta piatta ricoperta di cuoio morbido e gli accarezzò il cazzo. Dopo un paio di passaggi, caricò il braccio e diede una orribile frustata sul pene rigonfio di Bill. Il quale cominciò a fischiare all’impazzata.
Sapevo che non era devastante un colpo così. Il cazzo è una grossa vena, con la fragilità della vena, ma così grossa, se colpita di piatto, faceva solo male alla pelle. Poi, dato che i coglioni non erano esposti, non poteva correre il rischio di colpirli.
Prima che smettesse di fischiare, si portò al culo e diede un doppio colpo in parallelo alle chiappe del poverino come aveva fatto con sua moglie. Anche lui sobbalzò e ricadde sul cero conficcato nel culo. I fischi si sprecarono verso il cielo.
- Sono tutti per voi, – disse agli ospiti. – Potete molestarli come volete e frustarli quanto vi pare, a meno che non emettano tre fischi regolari, lunghi e continuati. Niente colpi in faccia, niente sulle braccia e neppure sulle gambe.
- Sulle cosce?
- Sulle cosce sì.
Mentre gli ospiti sceglievano gli strumenti migliori, la Padrona e suo marito vennero verso di me per bere un whisky con noi.
- E’ stato piacevole, – disse a mascelle strette. –I tuoi schiavi sono belli e bravi, ora sono anche addestrati e abituati al peggio.
- Non immaginavo che avrebbero accettato l’impalamento… – Osservai.
- Infatti,- confermò. – Non lo sapevano.
- Come? – esclamai. – E allora perché lo avete fatto?
- Perché certe cose non si chiedono, si fanno e basta.
Guardai i miei ragazzi,sottoposti a mille sevizie dagli anziani ospiti dei padroni di casa. I fischi si libravano nell’aria, ma mai nella sequenza necessaria per smettere.
- Ne approfitti anche lei, – mi disse Francesca. – Non sa se le capiterà ancora.
Andai da loro e li colpii anch’io senza freni, stando attento solo a farli fischiare il più a lungo possibile e a colpirli sul culo per farli sobbalzare sul cero. Ovviamente colpii anche cazzo e tette. Si fa presto a imparare.
Mi venne un’idea.
- Vale, – dissi alla mia compagna. – Frusteresti il culo di Susy mentre le tengo la figa?
- Certo. Però attento a non farti pizzicare le dita col cero quando sobbalza.
- Hai ragione. Glieli infilo in figa.
- Meglio.
Le infilai le dita, ma feci fatica perché la vagina era estremamente stretta, anzi tesa. Vista la posizione, era prevedibile che tirasse.
- Vai! A Dissi a Valentina.
Vale cominciò a colpirla con precisione e Susy, fischiando come un arbitro, mi saltellava sulle dita. E alla fine venne, perché continuò a fischiare e sobbalzare anche quando smettemmo.
Quando tornai dai padroni, la signora stava parlando con un ospite.
- I figli come stanno, commendatore?
- Bene, grazie. Stanno seguendo rispettivamente un dottorato a Londra e a Boston.
- Valentina, - disse una signora.
Valentina si portò a lei col vassoio.
- Me lo faresti un favore, cara?
- Certo signora.
- Vorrei che prendessi questo frustino flessibile - disse indicandolo, - e che dessi quattro scudisciate a lei e sei a lui.
- Certo. Qualche preferenza?
- No, ma vanno bene le natiche, grazie.
Valentina andò a far fischiare i due disgraziati.
Ma una volta solo con Francesca, le chiesi delucidazioni.
- Chi sono gli ospiti?
- Gente per bene, – rispose. – Gente per bene.
- E i loro figli?
- Chissà, magari un giorno vogliono venire da noi… A giocare o a mettersi in gioco.
- Un weekend davvero fantastico, – commentai. – Ne organizzate spesso così?
- All’incirca una volta al mese.
- Wow…! – E dove trovate le vittime?
- In rete, tra gli amici… Abbiamo una lunga lista d’attesa perché siamo molto selettivi. A volte li vinciamo a carte, a volte si offrono in cambio di qualcosa… Ma le coppie che ci piacciono di più sono quelle come la tua, marito e moglie che godono a essere seviziati.
- Cambiate ogni volta?
- Sì, ma di massima è così.
- E a volte li impalate con il mazzuolo?
- Lo abbiamo fatto il mese scorso. Gli schiavi vengono messi sulla cavallina e legati con le mani sotto la pancia della cavallina.
- Fantastico…
- Se vuoi, quando lo ripetiamo ti invitiamo.
- Grazie!
Quella gente per bene alternò il piacere dei superalcolici di lusso alle molestie dei due infelici. I maschi preferivano mettere le mani al culo di Susy e all’uccello di Bill, le donne preferivano stranamente prendere in mano la vulva della schiava e i testicoli di suo marito. Quanto alle frustate, non erano precisi come voleva la Padrona di casa. Frustavano tanto per sentirli fischiare, per loro era un gioco, un sottile gioco di potere. E se colpivano fuori dal bersaglio, ottenevano reazioni maggiori.
Io di tanto in tanto andavo a palpare le cosce e le intimità di Susy, in modo che si sentisse confortata dalla mia presenza. Ho accarezzato perfino il cazzo di Bill, tanto per fargli sentire che ero delicato.
Verso mezzanotte, decisero di salutare e andarsene.
Appena soli, però, padrona Francesca ci fece notare che Susy aveva pisciato. Sotto la sua cavallina, infatti, c’era una pozza di urina.
- Quante volte ti ho detto di farli evacuare prima? Sei punita con un’ora di gabbia.
- Ma signora, aveva fatto la pipì poco prima di…
- Allora ti fai due ore di gabbia. E ci metto l’aggravante del calzino se rispondi ancora. Va bene?
- Sì, Padrona.
- Quando noi ci siamo ritirati in camera – disse la Padrona indicando i due disgraziati sulle cavalline – piegateli in avanti appoggiandoli con la pancia e date loro sei frustate a testa.
- Sei a testa per ognuno di noi?
- Sì, in tutto 24.
- Sì, Padrona.
- Poi tirateli giù, portateli con voi, liberateli e fateli dormire. Domattina alle nove, Valentina, portali in camera nostra.
Si girò e salì in camera insieme suo marito.
- E perché questa sceneggiata? – Domandai sottovoce a Valentina, quando i due scomparvero al piano superiore. – Perché ci chiedono di frustarli se loro non ci sono?
- La giornata li ha eccitati da morire – rispose Vale piano, – E, come ieri sera, scoperanno tutta la notte. Se poi li sentono fischiare ancora…
- È così che vivono il loro sadomaso?
- Già. Adesso dobbiamo frustare i tuoi amici.
- E dopo devo metterti in gabbia… Ha ha! Sei pronta?
- Vieni dai, cominciamo.
Cominciammo da Susy. La prendemmo per le caviglie e la piegammo in avanti. Quando la sottoposta appoggiò la pancia alla cavallina, con le gambe sempre divaricate, le slegò le mani da dietro la schiena e andò a legargliele sotto la pancia dell’attrezzo, senza darle il tempo di sgranchirsi le braccia. Però, conoscendo quello che provava, aveva fatto tutti i movimenti con la dovuta calma e attenzione.
Ci portammo subito al culo per vedere come era messa. Il cero era intatto, ma fuorusciva solo di qualche centimetro. Una visione fantastica. Sdraiata sulla cavallina, con le gambe forzosamente tenute larghe, il cero conficcato, la figa depilata e gonfia come un fico con la goccia, le mani legate sotto la cavallina, il bavaglio a morso di cavallo con fischietto incorporato… Era un invito a frustarla e ad abusare di lei.
Prima però andammo a sistemare anche Bill. Quando fu sdraiato anche lui, andammo a guardargli il cero che fuorusciva di qualche centimetro appena sopra i coglioni turgidi.
Non sarebbe stata cattiva l’idea di coprirli con il lenzuolo e lasciarli così per tutta la notte…
- Come la frustiamo? – Chiesi a Vale guardando di nuovo il culo di Susy.
Susy ci aveva sentito ed ebbe un piccolo movimento nella sua nuova posizione.
- Beh, niente frustate sincronizzate come quelle che sanno dare i Padroni. Ci vogliono tanta esperienza e pratica.
- Quindi?
- Quindi diamo un colpo a testa a piene mani. Uno alla volta, per sei volte, 12 a testa.
Mi mise in mano lo stesso scudiscio usato dai padroni. Diede ancora un’ultima controllata ai culi dei due impalati, li palpò e poi si mise in posizione.
- Dai tu la prima? – Chiesi, pensando che sarebbe stato più facile poi imitarla soprattutto nella forza.
- Va bene. – Rispose. – Devi tenere la frusta con due mani, la cinghia deve colpire di piatto il culo di traverso. Guarda.
Aveva appoggiato la cinghia della frusta sulle natiche di Susy per farmi vedere dove avremmo dovuto colpirla. Susy aveva avuto un sobbalzo spontaneo.
-Ssst, calma. – Le sussurrò nell’orecchio Vale. – Andrà tutto bene.
- Sì, – aggiunsi, – “Come disse il boia al condannato”.
- Ha ha! Dai cominciamo.
Caricò le braccia e scaricò un fendentone.
Sciaaaaaaaaaaaaaack!
Frrrrrrrriiiiiiiiiuuuuuuuuuuuuuiiiiiiiitttttttt!
-Bravissima! – Dissi ammirato, mentre Susy sobbalzava sulla pancia tirando indietro la testa. – Ora provo io.
Accarezzai il culo di Susy per godermi il calore rilasciato dalla frustata. Lei ebbe un altro sussulto.
Caricai le braccia, mi concentrai sul culo e scaricai anch’io un fendentone.
SciaCiaCia-Ciaaaaaaaaaaaaaack!
Frrrrrrrriiiiiiiiiuuuuuuuuuuuuuiiiiiiiitttttttt! Friuuuiit.
- Boia se sei andato giù duro…! – Commentò valentina.
- Beh, è così che io scarico il mio sadomaso.
- Certo…
Toccò anche lei il culo di Susy e si rimise in posa.
- Sciaciaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaackkkk!
- Frrrrrrrrfffrrrrrrrrrrrrfritfritfritfriiiiiiiiiiiiiiiittttt! Frrr… Frrr…
- Sentirla fischiare è un toccasana, – osservai. – Hai avuto in’idea splendida.
- L’idea è dei Padroni. – Rispose con modestia. – Avanti, tocca a te. I Padroni aspettano i fischi.
E giù staffilate, chissà se più perché piaceva a lei frustarla o perché piaceva ai suoi Padroni sentire i fischi.
Alternammo i colpi a Susy con quelli a Bill. Bill, quando sobbalzava, mostrava un cazzo in erezione che dimostrava quanto gradisse il trattamento nonostante le urla emesse sotto forma di fischi.
Proseguimmo con le nostre frustate e io, quando toccava alla collega, mi mettevo in posizione strategica per vedere come reagivano. Da dietro vedevi sobbalzare il culo, sospinto dalle cosce che provavano a chiudersi. Da davanti, mi divertii a guardarli in faccia e dire “Vai!” per godermi le espressioni dello stupore e della sofferenza generate dal mio ordine.
Dopo però, al termine delle 24 frustate, volle fare qualcosa che non avrei proprio immaginato.
- Vieni qui e guarda i loro culi. – Disse ad alta voce in modo che i sottoposti la sentissero. – Lei è fradicia e lui ha i coglioni turgidi. Insomma, sono eccitati da morire. Un delitto non farli venire, non credi?
- Ha ha! E come pensi di masturbarli?
- Ora ti mostro. – Disse.
Andò in sala biliardo e tornò con due stecche da carambola. Me ne mise in mano una e mi mostrò cosa dovevo fare. Appoggiò la mano sinistra sulla cavallina, appena dietro il culo di Bill, vi appoggiò la stecca rovesciata…
- Guarda che quello è il fondo della stecca, – La avvisai.
- Lo so, volpe. Guarda e impara.
Fece scivolare la stecca in dietro, per poi spingerla avanti in modo che il fondo gommoso andasse sbattere sul cero conficcato nel culo. Il colpo non era forte, ma Bill ebbe un sussulto.
- Vedi? – Disse. – Una decina di colpi così delicati sul cero gli fanno sollecitare tutto il colon. Scommettiamo a quale dei due viene prima?
- Perché no? – Dissi, prendendo in mano l’altra stecca. – Tu un colpo l’hai già dato. Ora tocca a me.
Andai al culo di Susy, poggiai la mano sinistra, presi la mira e poi col fondo della stecca colpii piano il mozzicone di cero. Susy sobbalzò come colpita da una scossa.
La cosa era davvero conturbante. Stare dietro il culo forzatamente divaricato di Susy per colpire il cero conficcato nel retto era una cosa che mi faceva impazzire.
- Partiamo? – Dissi. – Via!
Cominciammo a s candire i numeri dei colpi per darci un certo ritmo, ma già al quarto i due cominciarono a soffiare nuovamente nei fischietti.
- Adesso gira la stecca e colpisci con la punta. Attento però, colpisci solo il cero. Prima strofina il puntale col gesso blu. Così non scivola.
Diedi un colpo di punta e la mia Susy sobbalzò come se l’avessi frustata.
- Dai dai che viene! – Mi disse Valentina.
- E il tuo?
- Tra un attimo vedrai che sborrata a ruota libera!
Io continuai a dare colpetti eccitandomi, perché ogni volta che colpivo il cero Susy cercava di stringere le cosce, con il risultato che riusciva solo a sollevarsi un po’. La visione potete immaginare quanto fosse arrapante… Avrei continuato a lungo, se ad un certo punto lei continuò a sobbalzare da sola, anche senza i miei colpetti. Stava venendo con un orgasmo incredibile, doppio, sia anale che vaginale. Prese a sbattere il bacino come un cane in calore e allora restai lì a guardarla come ipnotizzato. Le poggiai una mano sulle natiche per godermi i riflessi condizionati dell’orgasmo. Non so se mi si sarebbe più presentata un’occasione simile.
- Ecco, – gridò Vale dall’altra. – Adesso viene anche lui.
Mi girai a guardarlo, mentre Susy continuava a scaricare le forze misteriose del piacere. Bill ebbe degli scossoni, poi delle contrazioni, poi le pulsazioni e infine cominciò a pompare fuori a fiotti a ritmo elevato lo sperma che si insinuava tra il ventre e la cavallina. Venendo, fischiava come una camera d’aria bucata.
- Finito, – disse Valentina. – I due sono venuti alla grande. Tra un minuto li facciamo scendere, poi tu li porti in camera mentre io pulisco qui. Se lascio la scena così, i Padroni mi impalano…

10.



Non fu facile farli scendere dalla cavallina, col cero nel culo. Però, dovemmo legare loro la mani dietro la schiena e portarli in camera col guinzaglio. Quelle erano le regole.
Così impalati, poi, camminavano molto goffamente. Ma infine arrivammo nel giardino d’inverno. Gli slegai le mani e sfilai il bavaglio con fischio. Poi li misi in posizione comoda per togliere i ceri.
Fu una cosa molto laboriosa, riuscita grazie allo stoppino che riuscii a liberare, dove tirai con una tenaglia, riuscendo a sfilare i ceri anche se a pezzi. Li portai ognuno nel proprio bagno a liberarsi del tutto e a fare una doccia. Infine mi dedicai alla punizione di Valentina che era appena arivata.
Senza che chiedessi nulla, mentre i due erano in bagno, si era subito spogliata nuda ed era entrata nella gabbia, mettendosi in posizione fetale. Aveva paura che non la volessi punire, perché la Padrona giocava su di lei un potere assoluto. Ogni ordine era da eseguire. Ciononostante il suo sguardo era segnato dalla sofferenza.
- Cosa sarebbe stata l’aggravante del calzino di cui parlava Francesca? – Le domandai.
Attese un attimo prima di rispondere.
- Si tratta di mettere un calzino in bocca alla vittima prima di mettergli l’adesivo sulla bocca…
- Che cosa? – Commentai accigliato. – E quale calzino?
- Il tuo… Qui non ce ne sono altri.
- Miodio…
- Metti la sveglia tra due ore, – aggiunse accovacciandosi nella gabbia. – Non vorrei che ti addormentassi lasciandomi qui tutta la notte.
Le applicai l’adesivo sulla bocca pensando al calzino, le legai le mani dietro la schiena e la misi in tensione bloccandogliele al coperchio, fissai le caviglie ai lati per tenerle le gambe aperte e infine presi il pesante tondino di acciaio e, con attenzione, glielo infilai lentamente nel culo. Giunto a fine corsa lo bloccai.
Quando i ragazzi uscirono dal bagno e la videro in gabbia, esclamarono la loro soddisfazione.
- Ehi, non vale! -Esclamò Susy. – Non le hai messo gli elastici.
- Ah sì, hai ragione. – Ammisi. – Però puoi farle quello che vuoi.
Prese due bastoncini che forse erano dei profumi orientali da bruciare, ne diede uno ad Bill e insieme cominciarono a farle il solletico ai piedi. La poverina cominciò a reagire senza riuscire a muoversi, salvo il buco del culo che continuava a stringersi attorno al tondino di acciaio, unico muscolo che poteva muovere.
Ma i due erano stanchi e lasciarono presto la presa. Li medicai iniettando una peretta di unguento anale e mettendo della crema di zinco-ossido sull’ano, poi ci mettemmo a letto, con Valentina in Gabbia che ci guardava.
Mi misi pancia in su e loro due si sdraiarono ai miei lati appoggiandosi al mio corpo. Avevano bisogno di contatto umano affettuoso. Mi leccarono un po’ le ascelle e poi Bill si portò al mio cazzo e cominciò a succhiarlo. Susy continuò a baciarmi mentre venivo serenamente nelle fauci di suo marito.
Li lasciai addormentare così e dormii anch’io finché la sveglia non mi avvisò che dovevo liberare Valentina. Mi portai a lei, sfilai piano il tondino di acciaio, le liberai polsi e caviglie, aprii la gabbia e lei finalmente poté uscire e sgranchirsi dolorante. Andammo nel nostro letto e anche lei si addormentò sul mio fianco, nuda. Non la chiavai perché mio sembrava poco opportuno in quel momento.


11.



Verso le 9.30 di mattina, Valentina mi svegliò. Aveva già portato i due schiavi dai padroni, i quali mi invitavano, tramite lei, a salire nella loro camera da letto.
Misi maglietta e jeans e seguii Valentina incuriosito. Era l’ultimo contatto.
Entrato in camera, visi Bill sdraiato pancia in su sul letto centrale, con sopra Susy accovacciata che si era infilata il suo cazzo.
- Devi incularla, – mi disse Valentina.
Devo? Mi domandai. E Da quando in qua potevano darmi ordini?
Comunque, obbedii immediatamente. Mi spogliai, salii sul letto mi portai dietro Susy, la piegai in avanti e guardai il cazzo di Bill che la penetrava. Sapevo che era lubrificata e portai il mio uccello, già in piena erezione, al suo buco del culo. Susy, sentendomi, si mosse per facilitarmi. Io spinsi e, ovviamente dato quello che aveva passato, scivolai dentro come coltello caldo nel burro. Il mio cazzo si fermò con le palle vicine a quelle di suo marito. Era talmente morbida che sembrava mi stesse facendo un pompino col retto.
Stavo per pomparla, quando Valentina mi fermò.
- Aspetta il Padrone Paolo, – mi disse.
Il quale si era spogliato – era la prima volta da quando eravamo arrivati – e si stava portando sul letto. Era asciutto e nerboruto. Una volta salito, andò a sedersi sulla faccia di Bill e prese Susy per la nuca e le infilò il cazzo in bocca di brutto.
- Ecco, – disse Valentina. – Adesso puoi sbatterla.
Capii che ero io il maestro di monta perché stavo sopra e la prendevo per il culo, per cui cercai di incularla in modo da sollecitare suo marito sotto e il suo Padrone in bocca. E, mentre lavoravo così, le due donne si spogliarono e si misero di fianco in modo che Susy potesse accarezzare le loro fighe. Era la prima volta che vedevo spogliata Francesca. Era asciutta e tonica.
Una figura mitica, quella di due uomini con una donna. Leggendaria quella di una donna presa da tre uomini e che con le due mani libere manipola la figa di altre due donne.
Non dovetti pompare molto prima che tutti venissimo all’unisono. Un’orchestra di piacere che si librava nell’aria ruffiana e leggera della Riviera Ligure di Levante.



12.



Partimmo per Verona verso mezzogiorno. Avevamo salutato in maniera deferente i Padroni di casa, come se tra noi non ci fosse stato nulla. Tra me e Valentina invece c’era molto, solo che non potevamo né esprimerlo né salutarci in maniera calorosa. Un peccato, era la cosa più bella di quel lungo week-end di paura…
Susy stava seduta dietro, Bill davanti. Nessuno parlò.
Ci fermammo in un grill della Val Padana a prendere un caffè e quando salimmo in macchina stavolta Susy salì davanti e Bill si mise nei sedili posteriori.
Pensavo che volesse dirmi qualcosa, ma si limitò a tenermi la mano per alcuni tratti di strada.
Quando arrivammo a casa loro, li aiutai a entrare in casa e a sistemarsi. Erano tornati gioviali, ma era chiaro che non volevano parlare dell’esperienza. Ci abbracciamo serenamente ma senza dire altro.

Passò un mese senza che accadesse nulla, ma, come ho detto all’inizio, loro mi chiamano solo quando hanno nuovamente bisogno di me, cioè o di un bull da cuck o di un padrone per gli schiavi. Io non posso chiamarli, mai. Fa parte delle regole del nostro gioco. Certo sono molto più di un oggetto per loro, di un dildo umano, ma la relazione mi intrigava da morire e non volevo metterla a rischio violando le regole.
Comunque, cominciavano a mancarmi, quando accadde qualcosa di inaspettato.
- Dottore, c’è una signorina che dice di chiamarsi Valentina. Non mi ha detto il cognome. Vorrebbe vederla.
Era stata la mia segretaria ad annunciarla. Non sapevo se si trattasse di quella Valentina, ma il cuore tradiva l’emozione della speranza.
- E’ bella?
- Sì, molto.
La feci entrare. Era lei.
- Vale! – Esclamai. – Che bello vederti!
- Lo è anche per me, – rispose stringendomi.
- Accomodati, – le dissi indicando il salotto. – Qual buon vento ti porta?
- Prima non mi chiedi se porto le mutandine?
In ufficio è difficile uscire dagli schemi, ma mi inginocchiai e infilai le mani sotto la gonna.
- Ehi, ma le porti!
- Non ti ho detto che non le portavo, ti ho solo chiesto se volevi controllare… Ha ha!
Che forte…
Si sedette e mi spiegò la ragione della sua visita.
- Spero di non essere stata inopportuna, ma dovevo venire a Verona per seguire un dottorato e ho pensato di passare a trovarti.
- Ne sono molto contento, ma come hai trovato il mio indirizzo?
- Facebook dice che lavoro fai.
- Già…
- E allora pensavo che magari… Cosa fai nel week-end?
- Qualsiasi cosa abbia in agenda, è cancellata.
- Che dici, stiamo insieme un po’?
- Non chiederei di meglio!
- I tuoi amici come stanno? Hanno superato il trauma?
- Non li ho più sentiti, ma è nella normalità delle cose che dopo una performance importante non si facciano vivi anche per due mesi.
- Vuoi chiamarli?
- No, nei nostri accordi possono essere solo loro a chiamare me.
- E tu mantieni sempre la parola?
- Sempre.
Quella sera rimasi a cena con Valentina e dopo la portai a casa mia.
- Dove dormi qui a Verona? – Le chiesi entrando in casa, per organizzarmi.
- Non ho ancora un albergo.
- Fantastico, perché allora dormi qui.
- Non ti sarò di peso?
Sorrisi.

Ci mettemmo insieme senza pensare troppo ai se e ai ma. Ci piacevamo e basta.
Una sera mi disse che Paolo e Francesca l’avevano chiamata al telefono.
- Ahia… Devo preoccuparmi?
- No. – Sorrise. – Ho chiuso con loro.
- Ah… e perché?
- Perché sto con te. Ora appartengo a te, non a loro.
- Tu sei tu, – le dissi felice della notizia. – Non appartieni a nessuno.
- Grazie. – Mi abbracciò – Ma mi piace appartenere a te. Se la cosa non ti dà fastidio…
- No, anzi, – Risposi. – Ma voglio che tu sia sempre padrona di te stessa sempre, in ogni momento.
- Lo sono sempre stata… – Aggiunse timidaente. – Quello che ho fatto lo volevo io.
- È così che io intendo il rapporto. Una cosa è dominare a letto e un’altra è la vita di coppia.
- Mi hanno detto di dirti una cosa.
- Chi?
- Paolo e Francesca.
- Dimmi.
- Anzi due cose. La prima è che ti invitano ad una delle prossime sedute con una coppia di schiavi. Come ospite. Magari insieme a me. Che ne dici?
- Abbiamo fatto buona impressione? Ha ha…
- L’altra riguarda me.
- Ahia…
- No, non preoccuparti. Io non appartengo più a loro, non sono più la loro schiava.
Fui felice a sentirlo dire, anche se non mi dispiaceva sapere che era stata la loro schiava.
- Solo che devono selezionare la mia sostituta.
- Ha ha! Questa è forte…! Hanno così tante candidate, sì?
- Più di una di sicuro, ma la scelta è sempre difficile. Entrerà nella loro vita per un po’ di tempo, non solo nella loro casa…
- Capisco.
- Beh, mi hanno chiesto se posso aiutarli nella selezione. Volevo dire di no, poi ho pensato a te. Ti andrebbe di venire con me a seviziare un certo numero di candidate? Sono singole, non in coppia come gli schiavi che prendono come Susy e Bill.
Mi sentii eccitare.
- Cioè io e te dovremmo…
- Sì, puoi far loro quello che vuoi. Hai qualche… fantasia?
- A montagne… Ha ha!


13.



Il venerdì successivo Valentina venne a prendermi in ufficio verso l’ora di chiusura. Stavamo parlando di come passare il fine settimana, quando la segretaria mi annunciò che la signora Susanna Marchetti, la mia amica Susy, desiderava incontrarmi.
- Susy è qui? – Dissi meravigliato. – Falla entrare.
Andai ad aprire la porta e la mia amica entrò abbracciandomi.
- Il mondo è piccolo, – dissi, indicando Valentina. – E i letti vanno stretti.
- Valentina! Che bella sorpresa!
- Sono felice di vederti.
- Prima di continuare – dissi a Susy, rifacendomi a un’antica tradizione – posso controllare se porti le mutandine?
- Sì, certo. – Disse, allargando un po’ le gambe per facilitarmi, ma continuando a parlare con Valentina.
In ufficio è difficile uscire dagli schemi, ma mi inginocchiai anche con lei e infilai le mani sotto la gonna. Era una vecchia abitudine, nata agli inizi della nostra relazione a tre, quando mi aveva autorizzato a controllare se portava le mutandine ogni volta che veniva a trovarmi con le gonne.
Controllai, non le portava.
- Ero venuta a invitarti a cena domani sera, – disse Susy rivolgendosi a me. – Ma la sua presenza cambia tutto. Venite tutti due, d’accordo?
Accettammo, ci abbracciò e se ne andò.

L’indomani sera eravamo puntuali alle 20 dagli amici Susy e Bill. Noi avevamo portato il dolce, il porto e le rose. A me piacciono i garofani, ma a Bill le rose.
A tavola si parlò di vari argomenti allegri, finché io non ruppi gli indugi.
- Allora ragazzi, ve la sentite di parlare di quanto accaduto un mese fa in Liguria?
- Sì, certo. Cosa vuoi sapere?
- Una valutazione nel suo insieme, quali performance avete gradito ti più e quali meno?
- È stato un week-end fantastico, – cominciò Bill. – Credo di non aver mai provato tanta paura, tanta umiliazione e tanto dolore…! Davvero straordinario.
Se qualcuno ci avesse ascoltato in quel momento, si sarebbe domandato se avevano tutte le fascine al coperto.
- Di massima non vorremmo tornare più. – Continuò Susy. Poi sorrise. – Ma siamo certi che hai imparato tutto…
- E cosa vi ha eccitato di più? – Chiese Valentina.
- A monte di tutto… - rispose Bill – il crescendo delle performance. Ogni volta credevamo di aver toccato il fondo, e invece eravamo ben lontani.
- Le lenzuola con cui siamo stati coperti. - Disse Susy da parte sua. - Quando ce le avete sfilate, ci è sembrato di morire… Il non poter impedire di essere esposti al pubblico lubidrio, è stata una esplosione di vergogna impagabile. A ricordarlo ci eccitiamo ancora.
- Tra le cose leggere ma immorali - aggiunse Bill, - i ragazzi che giocavano col culetto di Susy mentre i Padroni prendevano l’aperitivo al bar… E questo non era neanche stato concordato.
- Anche per me, – continuò Susy. – Sublime. Ma la Gabbia…
- Sì sì, anche la gabbia! – convenne Bill. – Era come la performance con i ragazzi ma all’ennesima potenza, e stavolta coinvolgeva anche me. Tenuti fermi impalati da un tondino di ferro nel culo mentre ti seviziano è stata un’esperienza folle e stupefacente.
- Stare in gabbia e l’essere palpata e masturbata - continuò Susy visibilmente eccitata mentre parlava – e nell’impossibilità di impedirlo, è stata un’esperienza che neppure sognavo.
- E a te? – Mi chiese Valentina.
- Quando mi leccavano le scarpe…
- E la frustata finale? – Chiese ai due.
- Terribile… – Disse Susy. – Quanto sublime.
- Cioè?
- Bah, siamo stati impalati – Intervenne Bill. – Credevamo di morire… Sai, il nostro sogno ludico è quello di venire impalati… Lì ci siamo andati vicino
- Ma la cosa più bella della cavallina – proseguì Susy, – era il fatto che degli sconosciuti ci hanno seviziato senza una precisa ragione e all’apparenza addirittura annoiati…
- Eravamo lì solo come dei soprammobili, – continuò Bill, condividendo l’emozione di sua moglie. – Forse ci seviziavano solo per far piacere ai padroni di casa, o solo per infastidire noi… Delle nostre sofferenze non gliene fregava un cazzo. Ma questo lo rendeva ancora più fantastico.
- Pensa a cosa provavamo, – aggiunse Annie. – Eravamo impalati con un grosso cero ed eravamo immobilizzati da un legaccio che ci univa le mani dietro la schiena al collare, con in bocca un bavaglio ingombrante che trasformava le nostre urla in suoni. I presenti, con il doppio della mia età, parlavano tra loro di amenità varie e poi d’improvviso venivano a darci scudisciate da urlo…
- Da fischio – precisai ironicamente.
- Ogni volta erano dolori stratosferici – continuò – e sobbalzavamo sui nostri ceri nel culo. E loro si annoiavano… Ha ha!
- Ho visto una signora che frustava le tette di Susy a due mani…. – Osservai.
- Ed è stato terribile. Dolorosissimo. Quanto inebriante… Dovrai farlo anche tu, ma non spesso.
- Le donne preferivano frustare le tette a te e il culo ad Bill.
- Sì sì, è vero.
- E il sesso?
- Le donne preferivano molestare i sessi, gli uomini preferivano i culi.
- E delle frustate che vi abbiamo dato alla fine, di pancia sulla cavallina, prima i Padroni e poi noi? – Domandai con sincera curiosità.
- Un must, – rispose Bill.
- Senza quelle ultime frustate sarebbe mancato qualcosa. – Continuò Susy, con gli occhietti socchiusi, gustandosi ancora la scena. – Sarebbe stata sprecata la cavallina senza quelle frustate finali.
- Tutto ciò che era accaduto prima era solo propedeutico per quelle 36 spaventose frustate finali. – Aggiunse Bill. – Ce le ricordiamo ancora.
- Abbiamo acquistato una cavallina tutta per noi, – Disse soddisfatta Susy alzandoci per mostrarcela. – È lunga il doppio per consentirci di stare su insieme, uno di fronte all’altra.
Restammo in silenzio a ponderare un po’ le cose.
- Beh, Marco, – disse Susy. – Adesso che hai «tre» schiavi e una… cavallina, cosa pensi di fare?
- Valentina è switch, – precisai. – Cioè le piace sia essere sottomessa che sottomettere. Quello che non sapete, – aggiunsi – è che in questi giorni ci siamo messi insieme.
- Vi siete fidanzati? Wow! Due padroni affiatati? Allora vi chiediamo doppiamente cosa volete farci…
Rispose Valentina.
- A cosa avete pensato appena vi abbiamo detto che siamo insieme?
- A noi due in ginocchio nudi - rispose subito Susy, - piegàti in avanti con le mani legate alle caviglie ben allargate, con lui che ci mette qualcosa nel culo e tu che ci frusti.
- Wow… - Esclamò Valentina. – E tu Bill?
- Stessa cosa, ma con Marco che si porta davanti a noi per farsi leccare le scarpe.
- Fantastico… Credo che andremo d’amore e d’accordo.
- Bene allora, – dissero eccitati alzandosi, – basta con le parole. Cosa volete farci fare stasera?
- Le lucciole. – Disse Valentina.
- Cioè?
- Le braccia legate con l’adesivo ai bastoni della ginnastica da corpo libero, così tenete le braccia allargate come se foste in croce. Poi una candela nel culo accesa e voi che vi muovete fingendo di volare, cantando “Noi siam come le lucciole!” E noi proviamo a spegnere le candele a cinghiate.
- Fantastico! – Ed entrambi iniziarono a spogliarsi. – Ma come ti è venuta in mente?
– E’ una delle cose che più amano fare gli universitari di Pavia il giorno della laurea.

Ce ne andammo casa molto tardi, stanchi ma felici.
- Hai pensato a cosa farmi? – Mi chiese Valentina sulla via di casa.
- Sì, - risposi.
Valentina era switch, cioè le piaceva anche, e forse di più, essere sottomessa. Per quella sera ne avevo abbastanza di sadomaso e avevo piuttosto voglia di venire. Ma avevo trovato la soluzione.
- Ti inculo, - le dissi.
- Davvero? – mi sussurrò avvicinandosi a te.
- Sì. E’ il miglior modo di esprimere la propria supremazia tra coppie assolutamente alla pari.



FINE
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