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Venerdì


di Vert_
22.03.2017    |    6.046    |    3 9.6
"Lo raggiunsi di scatto, senza che Luana potesse fermarmi, e lo afferrai per il colletto..."
Ero in viaggio verso sud, direzione Roma, e continuavo a pensare ossessivamente a come sarebbe andata la serata con Luana. Pregustavo già ogni dettaglio, provavo ad immaginare come sarebbe venuta vestita all'appuntamento, che intimo avrebbe indossato, se le mie piccole sorprese sarebbero state ad effetto e soprattutto se lei si fosse ricordata quali erano le parole che avrei voluto sentirmi dire non appena i nostri sguardi si sarebbero finalmente incrociati. Le avevamo decise assieme molti mesi prima, ma io non glielo avevo mai più ricordato. Era come un test. Volevo vedere se nella realtà sarebbe stata spregiudicata come in chat, e già da quella piccola prova, forse, avrei potuto intuire se la serata avrebbe preso la piega che desideravo.
Era il nostro primo incontro clandestino. Lo sognavamo ormai da un anno e su di esso avevamo costruito un castello di mille fantasie, le cui guglie ora si stagliavano sempre più contorte, sottili e vertiginose. L’occasione era irripetibile: lei era salita con la scusa di andare ospite qualche giorno da una cugina; di conseguenza, io mi ero inventato un vitale viaggio di lavoro. Era rischioso ma non importava. Avevo stabilito ormai da troppo tempo che, in qualunque caso, ne sarebbe valsa la pena.
Arrivai al luogo concordato poco prima delle venti. Era venerdì. Curioso scherzo del destino – pensai – in quanto il venerdì era da sempre il nostro giorno buio, ed ogni volta era come un piccolo addio perché durante il weekend era più difficile messaggiarsi con i compagni “reali” a fianco. Talvolta era di fatto impossibile, e così arrivavamo al lunedì con una tale voglia di sentirci che dovevamo “prenderci” subito, senza aspettare. Una parola talmente sgradevole – “venerdì” – da essere perfino diventata la nostra safeword immaginaria, ovvero quella parola che nelle pratiche sadomaso ha il potere di interrompere di colpo qualsiasi gioco erotico in corso.
Il sole era ormai del tutto calato e di Luana nessuna traccia. Aspettavo da quasi mezzora. Riceveva i messaggi ma non rispondeva. Ero nervoso, spazientito, preoccupato. Se si fosse tirata indietro all’ultimo momento? Come avrei reagito? Sarei stato più incazzato o deluso? Al tempo stesso ero ben consapevole di quanto lei adorasse giocare con me, portando costantemente ogni mia emozione al limite… Ed infatti cinque minuti dopo eccola arrivare, splendida, in un abito lungo verde con uno spacco di pizzo da urlo, camminando verso di me con movenze da gatta su tacchi altissimi. Sapevo fosse sexy, lo sapevo dal primo giorno, ma così era troppo. Troppo. Un attimo ed era lì, a un passo dal mio viso e dalle mie mani. Nessuna parola, solo occhi negli occhi. Il tempo di porgerle una rosa rossa ed ecco le sue labbra avvicinarsi al mio orecchio. E mentre per la prima volta la nostra pelle si sfiorava, e socchiudendo gli occhi assaporavo il suo delicato profumo, lei lo sussurrò: “La tua troia è arrivata”. Sì, se lo era ricordata... Molto, molto brava. Sorrisi tra me e me e le baciai il collo dolcemente: si preannunciava una serata memorabile.

Il ristorante che avevo prenotato, forse, non era esattamente come lei se lo aspettava. Non era un locale particolarmente elegante ed anzi, era un semplice agriturismo sui colli. D’altra parte la scelta spettava a me ed io preferivo un luogo appartato, seppur con una vista incantevole. Oltretutto conoscevo bene il gestore, un tale con il quale avevo avuto diversi rapporti di lavoro in passato. Luana, ad ogni modo, sembrava gradire abbastanza, o forse aveva altri pensieri per la testa: era troppo intenta a provocarmi, facendomi intravedere gli autoreggenti ad ogni occasione, o la schiena completamente nuda dato che il vestito, dietro, era aperto fin quasi al sedere. Durante la cena parlammo e ci provocammo ulteriormente a vicenda. Aveva sfilato quasi subito il piede dalla scarpa col tacco per strusciarmelo sotto il tavolo e farmi avere quanto prima un’erezione. Missione compiuta senza troppe difficoltà, come le confermai senza vergogna. Ad un certo punto mi chiese di indovinare come fosse il suo intimo, ed io risposi che sapevo me lo avrebbe chiesto e che la conoscevo fin troppo bene per poter sbagliare. “Ti sfido”, disse lei con un mezzo sorriso. “Se indovino me lo mostri qui, davanti a tutti”, rilanciai io prontamente. “Vedremo…” fu la sua risposta, ma sapevo che sotto sotto aveva una voglia tremenda di perdere la scommessa. Con un cenno chiamai il cameriere – un tipo abbastanza rozzo in verità, con la testa rasata ed evidenti tatuaggi sulle braccia – e gli feci capire di procedere. In precedenza, senza farmi notare, gli avevo promesso una buona mancia se al mio comando avesse allungato alla mia donna una piccola busta. Lui gliela porse quasi sogghignando, scrutandola da capo a piedi senza troppo ritegno. A dirla tutta le aveva fatto una lastra completa. Luana aprì la busta e, con sorpresa, lesse le due parole che avevo scritto a mano: “pizzo rosso”. Si mise a ridere di gusto. Entrambi amavamo giocare, sempre, sfidandoci a vicenda. Allora si piegò in avanti e si sfilò le mutandine, senza fretta, poi le fece dondolare in bella mostra sul tavolo dicendo “ci sei andato vicino: pizzo nero…” per poi riporle nella borsetta. “Ma mi spiace, caro, non hai vinto”. Sorrise ancora, mi fece l’occhiolino e riprese placidamente a mangiare. Una coppia sui cinquanta vide la scena e fece un teatrale cenno di disapprovazione, il che mi diede ancora più gusto ed eccitazione. Si lamentarono col cameriere, il quale abbozzò delle scuse invitando i due a non abbandonare il locale, quindi si avvicinò nuovamente al nostro tavolo. Mi chiese di “tenere a bada la signorina” e il modo in cui lo disse mi infastidì notevolmente. Per un attimo ebbi l’impressione che non fosse totalmente in sé, che addirittura avesse bevuto qualche bicchiere di troppo di là in cucina. Gli risposi seccamente di farsi gli affari suoi, e che volevo parlare al più presto col mio amico gestore, altrimenti ce ne saremmo andati. Glielo dissi con calma per fargli capire che da parte mia la situazione era totalmente sotto controllo, ma lui si innervosì maggiormente. Borbottò qualcosa di incomprensibile, ed allontanandosi sentimmo distintamente che gli uscì un “puttana” all’indirizzo di Luana.
Lo raggiunsi di scatto, senza che Luana potesse fermarmi, e lo afferrai per il colletto. “Ripeti quello che hai detto, brutto stronzo”, gli ringhiai in faccia. “Mollami e torna dalla tua troia, bamboccio”, fu la sua risposta sprezzante, al che non potei far altro che spintonarlo con tutta la forza che avevo fino a farlo cadere rovinosamente all’indietro. Da lì a un attimo si sarebbe alzato per saltarmi al collo, se non fosse intervenuto il mio amico proprietario con un altro cameriere, bloccandolo. “Vattene fuori, sei licenziato!” gli urlò senza possibilità di appello. Il tempo di sistemarsi un minimo la camicia, poi, nel gelo più totale di tutti i presenti, il cameriere se ne uscì fuori imprecando e schiumando rabbia.
“Mi spiace, non volevo andasse a finire così”, dissi dispiaciuto e ancora un po’ tremante a Luana. Lei mi parve scossa ma allo stesso tempo fiera di me. “Vieni, andiamocene via”, la esortai prendendola sotto braccio, ma a quel punto intervenne il gestore producendosi in una valanga di scuse. Ci disse che quel disgraziato di suo nipote – il cameriere – questa volta non l’avrebbe passata liscia, che era l’ultima opportunità che gli dava, che l’avrebbe sbattuto in mezzo alla strada eccetera eccetera. Ci offrì la cena e pure l’alloggio, tutto a sue spese con l’intento di farsi perdonare. Dopo dieci minuti di suppliche accettammo. In fondo tutto quello che importava a Luana adesso, lo avvertivo, era avere un rifugio dove leccare al suo lupo-guerriero tutte le ferite…

Facemmo una piccola passeggiata all’aria aperta gustandoci dall’alto le luci della città. Parlammo delle infinite ore trascorse in chat, ore passate masturbandoci a distanza, mandandoci foto, video, eccitandoci con ogni genere di fantasia. Nessuno dei due aveva mai avuto limiti: ci piaceva sperimentare, spingerci sempre oltre, senza pudore, anche se soltanto con la mente, senza il contatto fisico. Ma adesso i nostri corpi erano vicini, una stanza vuota ci stava aspettando… e Luana era ancora senza mutandine.
Andammo su quasi di corsa, non resistevamo veramente più. Chiusi la porta alle nostre spalle e mi gettai su di lei, spingendola al muro, baciandola e leccandola sul collo. Infilai una mano all’interno dello spacco del vestito e cominciai a palparla avidamente. Lei, senza smettere a sua volta di leccarmi con quel delizioso piercing al centro della lingua, mi slacciò i pantaloni e me li abbassò senza perdere tempo. Toccandola da sotto il vestito constatai che era già abbondantemente bagnata. “Bene…” pensai. Le mie dita stavano già per farsi posto all’interno della sua vagina liscia e carnosa, ma fui costretto a fermarmi…
Nella stanza a fianco c’era qualcuno. Tutto avvenne in maniera troppo rapida: la luce che si spegne lasciandoci al buio pesto, delle voci, alcune risate di scherno, l’ombra di un uomo a bloccare l’uscita, e poi dei colpi, Luana che grida, io che volo sul pavimento… Attimi quasi surreali. Poi di nuovo la luce.
Tre individui mi tengono fermo ed ogni mia resistenza è vana. Uno mi minaccia con un bastone. Ho i pantaloni calati e la camicia slacciata. Mi deridono e mi legano ad una sedia. Mi abbassano le mutande. “Faglielo vedere ‘sto cazzetto alla tua troia, dai!”. Non posso muovermi ed ora nemmeno parlare. Mi hanno imbavagliato. “No, niente benda sugli occhi! Deve vedere tutto il bastardo!”, fa uno che evidentemente è il capo. Sono una dozzina, e tutti a viso coperto. Hanno maschere grottesche, tipo da carnevale, o forse da Halloween. Sono come mostri materializzati dal nulla. Gli altri sono già su Luana che ora sta gridando disperata sul pavimento. “Zitta puttana, tanto nessuno ti sente”, e così dicendo provano a tapparle la bocca. Lei si dimena. Si accorge dei tatuaggi sulle braccia del capetto e urla più che può al mio indirizzo: “E’ il cameriere, è il cameriereee!!!”. Ma io non posso fare nulla se non guardare con i pantaloni calati e una leggera eccitazione che, nonostante tutto, inizia a pomparmi più sangue del dovuto al pene. Quasi me ne vergogno. Gli uomini le sono addosso. Le stanno strappando i vestiti. Dell’elegante abito verde ora ci sono solo brandelli qua e là sparsi per il suo corpo da dea. La tengono in quattro, mentre un quinto continua a tenerle chiusa la bocca. Mani ovunque la stringono violentemente. Le palpano oscenamente il seno stringendo con davvero troppa forza. Luana ha il reggiseno abbassato sulla pancia, non gliel’hanno nemmeno tolto del tutto, dalla foga. Il cameriere, ormai riconosciuto, solleva la maschera di Scream e inizia a succhiarle un capezzolo facendole male. Luana urla di dolore. Lui la morde, e ride. “Facciamo vedere a questo fighetto come si fa a far godere una puttana”, incita di nuovo i suoi. “Così impara a fare il fenomeno”. E tutti a ridere, iniziando chi più chi meno a menarsi il cazzo per renderlo pronto per la ragazza.
“Chi vuole iniziare?”, chiede il cameriere al suo piccolo esercito. Un uomo si fa avanti, ha già il cazzo bello duro e deve solo infilarlo tra le gambe di Luana, tenute spalancate dai compari. “Mettetela sul tavolo, così è troppo scomodo”, si lamenta. E viene subito accontentato. Inizia a pomparla muovendo ritmicamente il bacino mentre il groviglio di mani non smette di palparla un secondo. Da dietro le tengono i capelli. Altri due si avvicinano e iniziano a schiaffeggiarla col cazzo, da destra e da sinistra, sulle guance. Quello che era dentro è già venuto, ha fatto in fretta, le ha schizzato tutta la pancia tra gli applausi e il boato di eccitazione della gang. Il mio cazzo ora è completamente eretto e Luana, cercandomi con lo sguardo in cerca di aiuto, credo se ne accorga. Continua ad agitarsi come una tigre in gabbia, ma ha smesso di urlare. “Guarda ‘sta troietta… Inizia a piacerle…” fa uno degli uomini. Una seconda schizzata le inonda il seno, mentre in due si organizzano per una doppia penetrazione. Parlottano un po’ per decidere chi deve prendersi il culo, infine si accordano amichevolmente. “Tanto dopo casomai facciamo cambio”, concludono. Vedo la mia dea contorcersi di dolore cercando con tutte le forze di non farsi violare da quei due pezzi di carne, ma è tutto inutile: pochi secondi dopo la sua fica e il suo culetto sono invasi senza pietà, ed io la sento mugolare in un misto di piacere e di dolore… Ancora una sborrata, poi un’altra. Il suo corpo è già fradicio. Il tizio col bastone che stava lì a controllarmi le si avvicina: ha sempre le gambe spalancate a forza, ma siccome si dimenava troppo ora gliele hanno legate belle aperte con una grossa corda. “Guarda cosa ti infilo ora nella fighetta…” dice sadicamente l’uomo col bastone. Glielo passa tra le grandi labbra per un minuto buono, infine si decide al infilarlo. E’ grosso e va troppo in profondità. Lui lo muove senza nessuna cura. Uno degli uomini mascherati le piscia addosso, innaffiandole le tette e la pancia. Poi un altro fiotto di sperma, questa volta sul viso. A quel punto mi libero dai legacci, tolgo il bavaglio, mi alzo e mi incazzo sul serio.
“Ma si può sapere che cazzo stai facendo?? Ero stato chiaro! Vi avevo detto che solo io potevo sborrarle in faccia!”, grido all’indirizzo di quel ragazzo, che ancora sgocciola finendo di godere. “Scusa non avevo capito!” mi fa indietreggiando, mentre il cameriere mi si avvicina e mi batte un cinque. “Dai stai calmo, sta andando tutto alla grande…” mi rassicura. Vedo Luana spalancare gli occhi. Non capisce. Mi avvicino a lei da dietro la testa prendendole i capelli e tirando. “Stai tranquilla, mia piccola troietta, va tutto bene. Ci sono qua io. Era solo una piccola sorpresa che ho organizzato per te. Non negarlo, so che lo desideravi… Ci è voluto del tempo e, beh, un certo impegno, ma a quanto pare ci sono riuscito…”. Luana non riesce a trovare le parole questa volta, è troppo spaesata. “Sei un gran porco bastardo” riesce solo a dirmi, e mi sputa in faccia mentre il tizio col bastone non sa se deve continuare. “Che faccio capo, glielo metto nel culo o no?”. “Aspetta”, gli rispondo. Mi avvicino ancora di più all’orecchio di Luana e, senza che nessuno possa sentire, le sussurro: “Dipende da te tesoro. Puoi andartene ora e non vedermi mai più. Basta solo che mi dici che giorno è oggi, e tutto questo finirà…”. Luana deglutisce e non risponde. Le batte forte il cuore nel petto. Si prende qualche istante per pensare. Sta soffrendo e sta godendo, si vede, anche se non vorrebbe ammetterlo ad anima viva e probabilmente nemmeno a sé stessa. “Che giorno è oggi? Dimmelo e sei libera”, la incalzo. Lei mi guarda dritto negli occhi e finalmente si decide: “E’ già sabato…”, risponde con voce spezzata. La bacio in fronte e ordino all’uomo col bastone di infilarglielo più che può dentro al culo. “Brava la mia bambina. Il divertimento inizia adesso, vedrai…”.
Lascio che il ragazzo col bastone continui il suo lavoro, godendomi ogni spasmo di Luana. Sono sempre dietro di lei e le parlo, le dico di lasciarsi andare, di godersi tutti quei cazzi, che sono tutti per lei, e che deve essere una brava troietta se vuole farli godere tutti, e che alla fine dovrà fare godere me. Con un fazzoletto le pulisco il viso dallo sperma. Lei inizia ad ansimare, ora sta godendo sul serio. “Dimmi chi sei”, le domando. “Sono la tua piccola troia”. “Sì così, brava la mia puttanella”. Sta per godere ma glielo proibisco. Fermo il bastone e le mani che la stanno toccando incessantemente. Noto distintamente che le gambe le tremano e non riesce più a controllarle. "Non così presto tesoro…”. Prima facciamo un gioco. Lei mi prega di poter godere, adesso, ma io non cedo. Se lo deve guadagnare. La libero dal tavolo e le lego una corda al collo a mo’ di guinzaglio. Ora sto improvvisando. Sento di avere il pieno controllo e ne approfitto. Mi prendo pure la libertà di infrangere la regola che io stesso avevo imposto, quella di non farle sporcare il viso. Ora ho cambiato idea. Faccio mettere in fila gli ultimi cinque ragazzi che ancora non sono venuti e trascino Luana verso di loro con la corda. Lei mi segue a quattro zampe con quel poco di vestiti strappati che le restano addosso. E’ la mia cagnetta obbediente. I cinque si stanno segando in attesa di istruzioni. Non è stato facile reclutarli tutti via chat e tramite il mio amico gestore e suo nipote, mi è costato tanto tempo e mille verifiche di ogni tipo, ma ora posso davvero dire di aver fatto un buon lavoro. Attivo il cronometro sul telefono e glielo mostro. “Hai due minuti per far venire con la bocca ciascuno di loro, decidi tu da chi partire. Due minuti a testa. Solo bocca, e nel frattempo devi masturbarti senza venire. Se sbagli qualcosa, beh…”. Allungo la mano e afferro il battipanni che il cameriere mi porge prontamente. “Grazie amico, sempre preziosissimo”, gli faccio strizzandogli l’occhio. Luana mi fa cenno di aver capito e inizia a succhiare il primo cazzo. E’ quello più duro dei cinque, ha scelto saggiamente. Avvio il cronometro. Sta lavorando bene, ma ad un certo punto smette di masturbarsi, evidentemente perché sente sopraggiungere l’orgasmo. Le do un primo colpo col battipanni sulle natiche. Ci vado subito pesante perché voglio capisca che non scherzo, ed ora ha un brutto segno rosso sul culo. Luana si ferma e passano i due minuti… E’ costretta a cambiare cazzo. So che questo gioco la sta eccitando moltissimo e che, se volesse, potrebbe farli sborrare tutti in pochi secondi, ma la difficoltà per lei, adesso, è quella di non venire. Lo sta trattenendo da troppo. Prima schizzata, un minuto e mezzo, OK. Brava la mia puttana. Mi guarda in segno di sfida e succhia più forte il secondo, che capitola in neanche trenta secondi. “Non smettere di toccarti e non godere!”. Altro colpo di battipanni. Luana non capisce più nulla, ma non mollerebbe mai, per come la conosco. Riesce a far sborrare anche gli altri due nonostante qualche altra dolorosa sculacciata. Lo sperma le cola dalla bocca e dal mento, ma la vedo soddisfatta perché ora gliene manca solo uno, quello che non era riuscita a far venire al primo giro. Decido di essere clemente e di aiutarla accompagnandole la testa con la mano dietro la nuca. “Così, brava, succhieglielo così”. Lei apprezza e aumenta il ritmo senza smettere di masturbarsi, anche se la figa ormai è letteralmente un lago. L’ultimo ragazzo finalmente le riempie la bocca mugugnando. La mia troia è stata brava e adesso merita un premio. La tiro dal guinzaglio portandola ancora in giro per la stanza e facendole leccare le gocce di sperma più evidenti, sul pavimento e sul tavolo. Lei lecca tutto guardandomi. Mi sta sfidando ancora…
Ringrazio i ragazzi e li congedo. E’ tempo di premiare la mia puttanella. La libero dal guinzaglio e le dico di stare in ginocchio, di succhiarmi e di non venire ancora, perché altrimenti avrei ripreso il battipanni e l’avrei battuta più duramente. Finalmente ho la sua bocca solo per me… Il suo piercing mi percorre l’asta da cima a fondo, è bravissima. Ha il viso sporco, il trucco completamente sbavato, il mascara nero è colato sulle sue guance rendendole ancora più sexy. Le tengo premuto il cazzo in gola soffocandola. So che le piace… La saliva le cola sul pavimento. Le scopo la gola un altro po’ e poi la sollevo di peso e la metto sul letto, a quattro zampe. Mi prendo il suo culo subito, non posso più aspettare. Lei mi supplica di continuare – "Inculami, fammi godere! – ma mi fermo ancora un attimo prima che possa venire. La giro e le tengo le gambe sollevate, forse la sua posizione preferita. In questo modo possiamo mantenere il contatto visivo mentre la faccio esplodere di piacere. “Ora puoi godere, mia piccola troia”, le dico senza smettere di guardarla negli occhi, e lei si lascia andare in un orgasmo senza fine che le invade ogni singolo muscolo del corpo, mentre anche io sento inarrestabile la sensazione salire… “Sborrami in faccia” mi ordina, ed ora sono io che non posso far altro che eseguire… Sego forte e raggiungo l’orgasmo più intenso della mia vita, godendomi lo spettacolo del suo viso da bambina ricoperto dagli schizzi del mio sperma.
“Grazie mio lupo…”, sussurra Luana appoggiandosi al mio petto, esausta.
“Sei stata bravissima, mia piccola troietta”, le rispondo dolcemente.
Lei si addormenta quasi subito, ancora fradicia di tutti quegli umori.
Io la stringo forte a me, le bacio la fronte e passo il resto della notte sveglio, accarezzandole i capelli
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