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ENTRO TRE MINUTI: Reboot, Capitolo 2


di Membro VIP di Annunci69.it 5Five5
23.09.2023    |    1.643    |    3 6.7
"“Ciao! finalmente ce l’ho fatta, sono qui” sono le uniche sette parole che le concedo di pronunciare sorridendo timidamente, prima di infilarle la lingua tra..."
TRECENTOCINQUANTA GIRI DI LANCETTE DOPO…
Il trillo dell’avviso uatsappp mette i titoli di coda all’agonia dell’attesa e ufficializza il countdown dell’operazione Margherita.
Un sospetto di brivido mi accarezza la parte bassa della schiena, avvolgendomi languidamente fino alla sala giochi.
Il Lupo, che per tutto il pomeriggio ha sonnecchiato, ora inizia a manifestare inequivocabili segni di risveglio e avverto un suo lieve accenno di movimento all’interno dei boxers, rigorosamente neri di maglia sottile.
“Sto parcheggiando, credo di essere abbastanza vicina al tuo ufficio, sei solo ora?”
Lascio che la tentazione di rispondere al volo si suicidi lentamente per almeno tre giri di lancette prima di risponderle; non voglio darle la conferma di essere fottutamente ansioso di vederla varcare la soglia della porta d’ingresso della mia tana, tramutandosi da fantasia progettuale a realtà tridimensionale concretamente penetrabile.
179 secondi dopo digito:
“Sono solo come Robinson Crusoe prima del pappagallo; stai tranquilla, puoi salire, sbrigati e ricordati del compito: guarda che te lo correggo prima di farti entrare e se non prendi la sufficienza te ne torni a casa…”
“Lo so, stai tranquillo tu che i compiti li ho fatti tutti, tra poco verifichi, sono davanti al tuo portone, salgo.”
I compiti che ho affidato a Margherita non sono certamente roba da Dottorato di ricerca in Maialosità Quantistica, ma più che altro una piccola prova di ingresso per verificare il potenziale mentale VM18 della nuova protagonista del prossimo episodio della serie “Sottoscritto e le Predatrici del Cazzo Perduto”: Per farvela breve le ho chiesto, qualora avesse deciso di venire a trovarmi, di presentarsi davanti alla soglia del mio ufficio indossando complessivamente solo TRE indumenti in tutto, a sua scelta (“ma se mi metto le scarpe sono già due e poi come faccio?” – “no Marghe, gli indumenti che si indossano in coppia, come scarpe e calze o guanti valgono per uno, ma tra i tre indumenti che potrai scegliere di indossare solamente uno potrà essere di biancheria intima, quindi a te la scelta se stare con la micia al vento o le tette in modalità libera uscita”).
Mi alzo e faccio un rapido giro di ispezione nelle altre stanze dell’ufficio che so essere completamente deserto ma non si sa mai, dato che Sorella Santafiguraemmerda ama tantissimo le sorpresone e, visto il genere di programma che sta per andare in onda, non è proprio il caso di avere del pubblico non pagante a disposizione.
La sala riunioni e l’ingresso sono deserti come un Gay Pride organizzato alla Mecca, apro il portone che dà sulle scale e verifico che nessuno sia sul ballatoio.
Marghe sta salendo; avverto il rumore dei suoi passi sugli scalini nel piano di sotto.
La sua figura snella appare sull’ultima rampa che precede l’atterraggio a Sottoscrittoland.
Lei mi scorge sull’entrata e mi spedisce un sorriso fotonico che è una vera e propria fatality di pornomortalkombat.
È piu carina di come appare nelle foto, che di per sè gia avevano fatto una ottima campagna elettorale: un viso semplice, fresco, da perfetta next-door-girl, sul quale si riflette per un istante una ghost note di imbarazzo che la rende ancora più attraente.
Giunge sul ballatoio a due metri scarsi da me e noto che il suo respiro è impostato su un BPM lievemente superiore al consueto: colpa delle scale, della comprensibile tensione nella quale ci sta immergendo questa situa piuttosto borderline e, last-BAT-not-list, dalla probabile voglia di cazzo che la sta assediando, che eviterei di escludere a priori dai fattori dell’equazione.
Ammetto che, vedendola, anche la mia di grancassa toracica si imposta automaticamente su un UNZ-UNZ in 4/4 che farebbe invidia a David Guetta in un Ferragosto di Ibiza, ma prima di lasciarmi disassemblare la motherboard cerebrale abdicando il comando delle operazioni a Sua Maestà Il Lupo, Gran Testa di Cazzo Imperatore del Piano di Sotto, mentalmente lascio partire il mio cronometro interiore.
Uno, due, tre quattro, cinque, sei, sette….
Le spalanco la porta e, dopo averle fatto un cenno di saluto con la mano, sorridendole, arretro di un passo per consentirle di accomodarsi all’interno.
Indossa un vestito leggero nero con piccole fantasie probabilmente floreali su scarpe nere décolleté, accessoriato di tacco infilza-coronarie.
Prendo mentalmente nota che siamo a due indumenti, ed escludo dal conteggio il reggiseno, la cui assenza si nota sia dalla scollatura, non eccessiva ma comunque degna di verbalizzazione, sia dall’assenza di spalline sotto il vestito che le accarezza la pelle in modo interessante.
Mi si avvicina per il consueto triplo bacio di benvenuto sulle guance, concedendomi cosi l’occasione di apprezzare finalmente la squisita fragranza della sua pelle, che sa di buono, di bagnoschiuma e di accenni soffusi di lontane spezie orientali.
“Ciao! finalmente ce l’ho fatta, sono qui” sono le uniche sette parole che le concedo di pronunciare sorridendo timidamente, prima di infilarle la lingua tra le labbra.
Trentaquattro, trentacinque, trentasei, trentasette, trentotto, trentanove, quaranta….
Margherita lascia cadere a terra la borsetta che teneva con la mano sinistra per circondarmi il collo con le braccia e aderire meglio al mio corpo, mentre le nostre lingue si scoprono reciprocamente allacciandosi in un tango che a Buenos Aires farebbe intervenire le squadre antisommossa.
Bacia da Dio.
No… siamo onesti…. bacia che Dio a paragone è un dilettante.
Sento la sua passione e la sua intensità languida sui miei denti e sul mio palato, sento la sua lingua avere voglia di scoprirmi e di parlarmi di lei in puro dialetto salivese.
La sua bocca è uno scrigno morbido impaziente di lasciarsi aprire e che sa di fresco e di voglia di brividi.
La spingo contro la parete a fianco dello stipite della porta di ingresso, che resta spalancata.
Lei si appoggia con le spalle inarcando la schiena per consentire alla sua coscia di allacciarmi la vita.
Abbiamo una fame vorace l’uno dell’altra.
La sua micia aderisce perfettamente al mio pacco; vogliono conoscersi, li abbiamo citati troppe volte quei due li negli ultimi giorni e sanno che adesso tocca a loro salire sul palco, ma sono ancora entrambi imprigionati da troppa stoffa.
La mia mano sinistra contro il muro consente a Margherita di appoggiarsi per evitare che la forza di gravità abbia la meglio sulla sua posizione sinceramente un pelo porno-Carla Fracci-style, ma mentre continuiamo a limonare come due quindicenni al parchetto con la mano libera le passo dietro la schiena raggiungendole il culo, la cui levigosità diventa una piacevole conferma dei precedenti sospetti a seguito di adeguata perizia tattile; le sollevo il vestito e le sposto di lato il perizoma leggero che percepisco sui polpastrelli (e tre, prova indumenti superata).
Dopo averle leggermente sfiorato con la punta delle dita il più sacro dei suoi buchi, che, vista la posizione un tot Tantra mood si è naturalmente reso più accessibile, proseguo per raggiungerle la micia decisamente in modalità anfibia che mi si schiude tra le dita, inghiottendole avidamente.
Novantotto, novantanove, cento, centouno, centodue, centotre, centoquattro…
Mi stacco da quella bocca che è un progetto porno disegnato da Leo da Vinci dopo un rave party a base di secchiate di Brunello di Montalcino tagliato con il Viagra e lascio che le mie labbra proseguano a sud sul sentiero del suo collo, senza che si stacchino per un solo millimetro dal quella pelle che mi sta facendo letteralmente impazzire il cazzo.
Raggiungo un capezzolo, spiacevolmente separato dalla mia lingua da quel sottile velo di stoffa del vestito che non mi impedisce di circondarlo comunque con le labbra e di sentirlo premere in modo irriverente contro i miei denti socchiusi, con il sottofondo dei respiri sempre più pesanti di Margherita, che ormai risulta irreperibile sul display GPS della razionalità, dispersa da qualche parte a Vogliadicazzoland.
Qualcuno percorre il ballatoio ormai buio delle scale, sfilando davanti alla porta spalancata del mio studio.
Prosegue scendendo senza accorgersi di essere passato a due metri scarsi da noi in modalità nove-settimane-e-mezzo-ma-anche-tre-quarti.
Una falena che non è rimasta catturata dalle luci di Pornolandia.
Meglio per noi.
Che comunque non ce ne sarebbe fregato un cazzo.
Centotrentasei, centotrentasette, centotrentotto, centotrentanove, centoquaranta, centoquarantuno, centoquarantadue….
Non ne posso più.
Faccio riatterrare la gamba ballerina di Margherita, mi stacco lievemente da lei guardandola dritto negli occhi.
Sto fissando le pupille di una dolcissima pantera nera.
Siamo talmente vicini che i nostri respiri sono terra di nessuno.
Le alzo il vestito senza distogliere lo sguardo da quegli occhi con i quali vi è interconnessione totale.
Le sfilo lentamente il perizoma, mi chino a raccoglierlo da terra e lo butto sul pavimento illuminato davanti alla porta spalancata dello studio.
“Ho fatto i compiti, te l’avevo detto” mi sussurra lei sorridendomi.
È sudata, rossa in viso, spettinata e scommetterei il mio ultimo dollaro che non è mai stata più desiderabile di così.
La sollevo facilmente lasciando che le sue belle gambe magre e toniche mi circondino i fianchi, e girandola la porto con me fino a farla sedere a gambe bene aperte su un mobile basso che si trova di fianco alla porta di ingresso.
Se prima qualcuno passando poteva non notarci senza entrare in ufficio, ora chiunque si trovi a transitare su quelle scale non potrebbe in alcun modo evitare di vederci perfettamente.
Siamo al centro di un palco di luce, alla mercè casuale di un pubblico troppo distratto dalle possibili trasgressioni di un imminente venerdi sera emiliana rock-magnola e che pertanto non ha la minima idea del cazzo di spettacolo che si sta perdendo.
Lei mi slaccia cintura e bottoni dei pantaloni con la rapidità e la precisione manuale tipica della sua professione, affondando le mani nei miei boxers per sentire finalmente dal vivo quanto cazzo mi eccita.
I suoi occhi sorridono quando le sue dita entrano in possesso del Lupo, che per la verità non vedeva l’ora da un pezzo di farsi catturare.
Non abbiamo bisogno di comunicare verbalmente, i nostri respiri stanno già dicendo tutto.
Me lo tira fuori con delicatezza.
Gli butta un’occhiata mentre le sue dita non smettono di accarezzarlo per sincerarsi della consistenza decisamente densa.
Inarca un sopracciglio, e ho come la sensazione di avere appena passato un esame alla cui sessione non avevo ben chiaro di essere iscritto.
Mi sorride
“Finalmente”.
Allarga bene le gambe sistemandosi su quel mobile il meglio possibile, spostando un lembo del vestito che non è proprio il caso che si metta in mezzo che sennò rovina la foto.
Ha una micia pazzesca, splendida, completamente nuda, liscia, pura perfezione pornoanatomica;
A quattro dita in altro sulla sua destra intravedo il lembo di uno dei suoi tatuaggi.
Mi appunto mentalmente che dovrò fare l’inventario delle sue firme epidermiche.
Estraggo il profilattico dalla tasca posteriore dei pantaloni e incappuccio il Lupo.
La bacio intensamente; le sue labbra e la sua lingua rispondono in modo quasi telepatico.
Margherita mi piazza dieci dita sul culo, equamente ripartite.
Mi sorride con quella espressione solare e vagamente adolescenziale che avevo scorto su diverse sue pics pubblicate su faccialibro.
La punta della sua lingua irriverente sbuca tra le fila di quei suoi denti perfetti da pubblicità da colluttorio, e Margherita innalza le sopracciglia calamitando il mio sguardo.
Vuole che i nostri occhi siano uno scambio prigionieri al primo minuto di quella che promette di essere una gran bella guerra.
Centosettantaquattro, centosettantacinque, centosettantasei, centosettantasette, centosettantotto, centosettantanove…
La penetro.
Il Lupo le scivola dentro fino alle palle senza incontrare nessuna resistenza, nuotando letteralmente in un paradiso sensoriale.
Due bocche socchiuse si allargano lentamente.
Entro tre minuti…
FINE
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