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Il suo nome è Olivier 4.


di LoScrittore91
21.11.2016    |    10.449    |    2 7.4
"Le mani mi tremano, il cuore batte fortissimo..."
Non so quanto tempo è passato dal momento in cui mi sono alzata per andare in bagno, forse cinque minuti, se non addirittura dieci. Strappo qualche foglio di carta igienica per pulirmi il viso, il collo, consapevole che l’odore di sperma rimarrà ben inciso sulla pelle.
Olivier intanto esce dal bagno avvisandomi che mi aspetterà al tavolo, naturalmente come se nulla fosse. Dovevo aspettarmelo, si è fatto fare un bel pompino e poi via di corsa. Provo a ricompormi passando per il lavandino, cercando di confondere l’odore con il sapone, lavando più volte il viso e rifacendo il trucco nel più breve tempo possibile.
Davanti allo specchio rifletto, esamino affondo dentro di me nel tentativo di trovare la forza per tornare da Riccardo. Sono stata capace di farmi addirittura venire in bocca e, come se non bastasse, ingoiare il tutto. Le cose che ho fatto con Olivier, o meglio quello che mi ha convinto a fare, Riccardo le ha potute soltanto sognare.
Quando faccio ritorno al tavolo Olivier è lì, al suo posto, indaffarato a mangiare l’hamburger come se nulla fosse. Riccardo appena mi vede sfoggia un sorriso che è come una coltellata, rispondo inarcando leggermente le labbra all’insù. Mi siedo accanto ad Olivier mentre il sapore sgradevole del suo sperma è ancora vivo sulla mia lingua.
- Come mai tanto tempo al bagno? -, chiede Riccardo alzando le sopracciglia.
Mi sento gelare il sangue, respiro a malapena.
- C’era molta fila, tutto qui. -, rispondo mangiando una patatina più per nervoso che per fame.
Lancio un’occhiata a Virginia, ormai è mezz’ora che si è assentata per stare dietro a quel telefono. Assurdo, proprio ora che mi serviva il suo appoggio in questa situazione.
Riccardo piega la schiena verso di me, una mossa che fa di solito quando vuole un bacio.
Rimango impassibile, ferma sul mio schienale, come se qualcuno mi tenesse legata con delle catene invisibili. Continuo a mangiare patatine, nella speranza di coprire il sapore.
- Non me lo dai un bacio? -, domanda Riccardo con un’espressione dolce.
- Certo amore -, rispondo schiarendo la gola. Avvicino le labbra alle sue ma, a sorpresa, sento la sua lingua dentro la bocca, l’ultima cosa che volevo. Dura un attimo, poi lascia cadere la sua schiena sullo schienale tornando al suo posto.
Fa un’espressione schifata, come se avesse mangiato un pasto avariato.
- Hai un sapore strano! -, esclama.
Sento il cuore battere fortissimo, sembra quasi voler uscire dal petto e fuggire via lontano. Provo ad assumere un’espressione naturale, incredula, senza voltarmi minimamente verso Olivier.
- È la salsa che hanno messo nel panino, una cosa assurda -, ribatto indicando il vassoio con un cenno del capo.
Mi salva Olivier, il quale riprende un vecchio discorso con Riccardo abbandonato prima della nostra “sosta” al bagno. Sembrano affiatati, come due grandi amici, peccato che uno dei due è stato fatto cornuto dall’altro senza nemmeno saperlo. A me sembra passata un’ora, l’orologio invece mi contraddice segnando appena quindici minuti.
Virginia si inserisce nel loro discorso mentre io, sempre più confusa, rimango nel silenzio assoluto. Appena posso mando un messaggio proprio a Virginia, chiedendole di concludere immediatamente l’incontro. Non do spiegazioni, c’è tempo per quelle. Lei, da vera amica, riesce ad inventarsi una buona scusa. Al momento dei saluti Riccardo chiede ad Olivier di rivedersi, lui risponde che non mancherà occasione, proponendo di scambiarsi i numeri. Vorrei intervenire, interrompere quella follia. Cosa ha in mente Olivier? Riccardo accetta volentieri mentre io e Virginia ci guardiamo terrorizzate.
Vorrei parlare con Olivier, chiedergli delle spiegazioni, lui però da furbo quale è mi saluta senza nemmeno avvicinarsi. Si allontana con Virginia, lasciandomi con Riccardo nel McDonald, come un’idiota che è stata appena fregata.
Cos’è questa storia? Perché ha voluto il numero di Riccardo? Vuole avere un’arma per ricattarmi? Non riesco a pensare, a ragionare, a trovare una spiegazione. Spero soltanto che Virginia gli farà queste domande ora che si trova con lui. Una cosa è certa, è uno stronzo senza fine.
Il mattino dopo mi trovo nel condominio di Virginia, di fronte alla porta di casa, puntuale come un orologio svizzero. Apre, accogliendomi con una semplice tuta e i capelli neri raccolti dietro al collo con una coda. Dall’aspetto sembra essersi appena svegliata, la cosa mi sorprende dal momento che sono le undici di mattina.
- Buongiorno cara -, mi saluta con un bacio sulla guancia prima di invitarmi ad entrare nel suo piccolo ma cordiale salotto.
- Buongiorno Vi -, rispondo sorridendole, dopodiché sento la porta chiudersi alle mie spalle.
Al centro della stanza spicca un grande tavolo di legno circolare, con quattro sedie dello stesso materiale piazzate intorno. Le pareti sono bianche, nuove, i soffitti non molto alti. Un divano nero in pelle, a tre posti, è collocato proprio accanto all’entrata, alla mia sinistra. Da l’unica finestra presente nell’ambiente filtra la luce donata dalla bellissima giornata di sole, i rumori delle macchine mi ricordano che siamo soltanto al primo piano.
- Dai siediti, ti faccio un caffè? -, domanda.
Poso la borsa sul tavolo e mi siedo, lo sguardo fisso su di lei.
- Ok grazie. Ma prima dimmi se hai saputo qualcosa su Olivier, è tutta la notte che ci penso -, le dico sospirando. Passo una mano fra i capelli.
- Ho capito, il caffè può aspettare -, ribatte accomodandosi di fronte a me.
- Mi ha detto che era uno scherzo, soltanto per divertirsi. Infondo se ci pensi ha anche il numero mio, gliel’hai dato tu per organizzare l’incontro –, continua.
- Che cazzo di scherzo eh? Ora ha il numero di Riccardo, potrebbe fare qualsiasi cazzata! -, esclamo alzando il tono della voce, la cosa mi manda in bestia.
- Ehi, calmati. Non ha nessun motivo per scrivere a Riccardo. Giusto? -, mi domanda con un’espressione piena di compassione.
Faccio un lungo sospiro, lo sguardo basso sulla superfice scura del tavolo.
- Non lo so Vi, non lo so. Sono stata io una stupida a portarlo a fare questo incontro –, ribatto.
- Hai provato a scrivergli? -, mi domanda.
- No, volevo prima parlare con te –
- Dai vedrai che si sistema tutto. Inizialmente l’avevo presa a ridere, addirittura ti spronavo, solo che adesso sono preoccupata per te -, mi spiega.
È vero, Virginia è sempre stata superficiale riguardo a queste cose, è la prima volta che la vedo così seria, così riflessiva.
- Lo so. Grazie -, rispondo facendole un debole sorriso. – Comunque c’è anche un’altra cosa -, continuo.
- Tipo? -, domanda alzando le sopracciglia, incuriosita più che mai.
- Gli ho fatto una cosa in bagno -, le dico mordendo lievemente il labbro superiore.
- Un pompino? Quando? -, mi chiede sgranando gli occhi sbalordita.
Annuisco con la testa. – Quando entrambi abbiamo lasciato il tavolo. Lui non è andato a prendere il gelato, è venuto al bagno con me. Ci siamo chiusi nel gabinetto e gli ho fatto un lavoretto. Mi sono fatta anche venire in bocca, che stupida che sono -, affermo sbuffando.
Virginia si lascia sprofondare sullo schienale della sedia, entrambe le mani sulla testa, come in segno di resa.
- Mi hai battuto, nemmeno io ho raggiunto questi livelli -, mi dice scoppiando a ridere.
Faccio una piccola risatina, infondo non ci resta che sdrammatizzare.
- Olivier mi fa uno strano effetto, rimango sorpresa anche io di quello che arrivo a fare quando sono lui -, le spiego sospirando e, soprattutto, tornando seria.
- Ohi, te lo chiedo da amica. Lasceresti Riccardo per lui? –
- Non lo so. Amo Riccardo, ma con Olivier è un’altra cosa. C’è passione, voglia di sperimentare, ma cosa più importante ci sa fare di più -, mi sfogo.
- Stamattina presto ha fatto il provino. Chiamalo, parlaci, se serve vedilo. Magari capirai qualcosa in più –, mi dice.
- È uno stronzo e questa cosa lo rende affascinante. Comunque si, dopo provo a sentirlo, magari hai ragione -, ribatto guardando fuori dalla finestra.
- Chiamalo adesso, io intanto ti faccio il caffè -, propone alzandosi.
- Proviamo -, replico prendendo il telefono dalla borsa. Scorro l’elenco contatti, fermandomi al nome di Olivier. Lancio la chiamata rialzando lo sguardo, Virginia è già andata via dal salotto.
Dopo qualche squillo risponde. – Elena, buongiorno –, ha un tono sereno, quasi euforico.
- Buongiorno a te, com’è andata? -, domando fissando il pavimento.
- Alla grande, mi hanno preso. Comincerò il mese prossimo, quando scadrà il contratto con la mia società attuale -, mi spiega.
- Sono molto contenta per te -, gli dico facendo un mezzo sorriso. Si trasferirà a Roma in pianta stabile, immagino. Mi ci vorrà un’oretta per metabolizzare la notizia.
- Perché non ci vediamo stasera? Domani prendo l’aereo per tornare a Parigi e, dato che non abbiamo avuto occasione per parlarci, potremmo approfittare di queste ultime mie ore in Italia –
Faccio un lungo sospiro. – Stasera non posso. Oggi io e Riccardo facciamo 6 anni di fidanzamento e sicuramente andremo a cena fuori. Che ne dici del pomeriggio? –
- Non posso muovermi dalla sede, devo definire i termini del contratto e più tardi mi presenteranno i nuovi compagni -, afferma con un tono che cela delusione.
- Mi dispiace, ma proprio non posso annullare –
- Tranquilla, ti capisco. Ora però devo scappare mi stanno chiamando, ti chiamo domani prima di partire, così parliamo meglio di quello che è successo. Un bacio –
- Va bene, a domani. Un bacio -, chiudo la telefonata e lascio cadere prudentemente il telefono sul tavolo di legno. Non lo rivedrò, almeno per un mese. La cosa mi distrugge. Volevo vederlo, parlagli, cercare di capire cosa pensa della nostra “storia segreta”. Ma soprattutto del numero di telefono di Riccardo, la cosa che mi preoccupa di più in assoluto. Dai fatti accaduti nel bagno del McDonald non abbiamo più parlato, non so nemmeno come comportarmi con lui. Come lo devo considerare? Un amico, un amante o peggio ancora un’avventura giunta al termine? Non posso rinunciare alla cena con Riccardo, è una cosa troppo importante per entrambi. Virginia torna con i caffè e, prima di poggiare le tazzine sul tavolo, la informo della conversazione telefonica. Le racconto di Olivier, del provino positivo, ma soprattutto del fatto che non riuscirò a salutarlo. Lei è d’accordo con la mia scelta, specificando che devo salvaguardare per prima cosa la mia relazione. Mentre chiacchieriamo davanti ai caffè, ormai convinte di aver fatto la cosa giusta, arriva l’ultimo messaggio che mi sarei sognata di ricevere. È Riccardo, il quale ha avuto la brillante idea di annullare la cena. La stupida motivazione è il torneo di calcetto, per la precisione la partita che in programma per domani anticipata a stasera. Non so se arrabbiarmi o essere felice. Da una parte ho la possibilità di vedere Olivier, dall’altra sono rimasta enormemente delusa dall’atteggiamento del mio fidanzato. Chi sono io infondo per parlare? L’ho tradito più di una volta, in parte me lo merito.
- Riccardo mi ha dato buca per calcetto, non ho parole, che idiota -, dico a Virginia tenendo lo sguardo inchiodato sul display del telefono.
- Guarda il lato positivo, ora puoi andare da Olivier. Sempre se ne sei convinta -, afferma.
- Si mi vedrò con Olivier, al diavolo Riccardo e il suo stupido calcetto. Almeno provo a chiarire, sperando di non fare altre cazzate -, replico sospirando, lo sguardo torna su Virginia. Beve un sorso di caffè, ha un’espressione pensierosa.
- Anzi, gli scrivo subito -, affermo con un tono isterico. Sono nervosa, infastidita dall’atteggiamento di Riccardo. Afferro il cellulare e mando un messaggio ad Olivier.
- Sta sera sono libera. Come ci organizziamo? -, invio.
Dopo pochi secondi arriva la risposta. – Ho appena preso impegni per una festa a casa di un compagno di squadra. Ci sarà molta gente ma avremo comunque l’occasione di parlare in disparte. È un problema per te? –
Esito qualche istante, giusto il tempo di pensare. – No, assolutamente. Mandami l’indirizzo ti raggiungo io –
- Perfetto. Mi faccio dare l’indirizzo e te lo mando su WhatsApp. A stasera –
Non mi interessa della festa, delle altre persone, voglio soltanto parlare con lui.
Andrò con la mia macchina per evitare situazioni scomode, pericolose, come quella accaduta due mesi fa nel vicolo di Parigi.

La sera mi ritrovo in auto, sola, in una strada di campagna senza alcuna illuminazione. Marcio piano mentre il bagliore degli abbaglianti mi preavvisa delle continue curve che mi trovo costretta affrontare. Squilla il telefono e, mantenendo l’attenzione sulla guida, rispondo alla chiamata utilizzando il vivavoce dell’auto.
- Si, pronto -
- Ciao Ele, sono io -, riconosco immediatamente la voce di Virginia che risuona nell’abitacolo.
- Ohi, Vi -, rispondo salutandola.
- Com’è andata con Riccardo? –
- Male, abbiamo discusso, non lo sento da due ore -, le spiego.
- Andiamo bene. Mi raccomando stai tranquilla e non fare cazzate –
Sospiro, affrontando un’altra curva insidiosa.
- Tranquilla. È solo una festa. Parlerò con Olivier e poi via a dormire -
- Già. Come ti sei vestita? –, mi domanda.
- Un vestito rosso con le spalline e un paio di scarpe con il tacco, sempre rosse -, le ribatto rallentando per imboccare la via segnalata dal navigatore.
- Quello cortissimo? -
- Già -, confermo procedendo in una via buia ed alberata.
- Olivier ti salterà addosso vedendomi con quel vestito, sicuro –
- Avevo programmato di metterlo stasera con Riccardo ma dato che ha fatto lo stronzo -, replico con un sorriso malizioso.
Arrivo in un parcheggio ampio, composto per lo più da brecciolino, illuminato dalla forte luce dei svariati lampioni disposti intorno. Ci sono numerose auto parcheggiate, ne conto come minimo una decina. Saluto Virginia e, dopo aver spento la macchina, prendo la borsa e mi dirigo lentamente all’entrata dell’abitazione. Nonostante il buio riesco a distinguere la facciata gialla, dalla disposizione delle finestre mi rendo subito conto che si tratta di una casa a due piani, uno di quei tipici casolari di campagna. Accanto all’entrata, formata da una classica porta in legno, noto un gruppo di ragazzi e ragazze che potrebbero avere la mia età. Chiacchierano, scherzano, ma soprattutto bevono dei drink. Intanto, dall’interno della casa, proviene della musica il cui volume aumenta man mano che mi avvicino.
- Elena, buonasera -, sento la voce di Olivier provenire alla mia destra.
Mi volto e lo vedo, bello come al solito. Ha un maglioncino nero che, come al solito, sottolinea quella muscolatura al dir poco eccezionale. Per finire jeans stretti e scarpe bianche. In mano ha un drink semi vuoto, sicuramente è già qui da un po'.
- Ehi -, mi limito a dire con un mezzo sorriso. Ogni volta che lo incontro ho come un nodo alla gola, un colpo al cuore che mi toglie le parole di bocca.
Si avvicina e nel frattempo mi squadra, partendo dalla testa e soffermandosi all’altezza dei fianchi. – Wow, sei uno schianto -, si complimenta mostrandomi un sorriso fantastico.
- Grazie -, replico sorridendo, sono molto imbarazzata nonostante quello che abbiamo combinato insieme ultimamente. Quindi passo concitatamente una mano fra i capelli, portando delle ciocche dietro l’orecchio.
Ci salutiamo con un innocente bacio sulla guancia, la cosa fa quasi ridere.
- Quindi ti hanno preso -, gli dico.
Lui annuisce, ha un’espressione compiaciuta. – Già, il provino è andato alla grande. Il mese prossimo prenderò casa a Roma. In questa festa c’è praticamente tutta la squadra e non so quanti imbucati -, afferma bevendo un sorso di drink.
A Roma? Vicino a me? Wow, e pensare che una volta finita la vacanza a Parigi credevo di vederlo mai più. Da una parte sono contenta. Vuol dire che, questa specie di relazione segreta, volendo, con il tempo, potrebbe diventare qualcosa di più.
Lui o Riccardo, il dilemma che mi sta letteralmente mandando in confusione sempre di più. Olivier intanto mi racconta brevemente la giornata, i dettagli contrattuali ed altri termini che dimentico nel giro di pochi istanti. È tutto così complicato, strano, mi basta sapere soltanto che fra un mese sarà qui a Roma, tutto il resto ha poca importanza.
- Come mai hai chiesto il numero a Riccardo? -, chiedo con un tono serio.
- Era uno scherzo, volevo farti preoccupare un po' -, risponde ridacchiando.
- Voglio che lo cancelli –
- Già l’ho fatto, dopo che ho parlato con Virginia –, risponde con un’espressione che sembra non nascondere una dichiarazione falsa.
- Ti credo -, affermo sospirando. – La tua ragazza come l’ha presa del tuo trasferimento? -, domando inarcando le sopracciglia.
- Ne discuteremo appena tornerò a Parigi –
- La porterai con te? -, domando.
- Molto probabile -, risponde finendo il drink.
La cosa mi angoscia, una sorta di improvvisa gelosia mi pervade. Perché non la lascia? Se lo segue sarò sempre la sua amante, la puttanella da scopare nei momenti di buco, nulla di più. Inaspettatamente si avvicina a noi un ragazzo nero, molto carino, probabilmente un nuovo compagno di squadra di Olivier. È molto alto, con un fisico più slanciato che robusto, tipico dei corridori. Ha i capelli rasati a zero ed un volto fresco, giovane, il che mi fa pensare ad un ragazzo che può arrivare a malapena a vent’anni. Indossa una camicia bianca abbinata ad un paio di jeans neri, i capi gli stanno così bene addosso che sembra un modello.
- Buonasera ragazzi. È la tua ragazza? -, domanda ad Olivier affiancandosi a noi.
- Ciao. No sono una sua amica -, rispondo al posto suo, accennando un debole sorriso.
- Ciao Kevin, lei è Elena. Elena, lui è Kevin -, ci presenta.
Ci stringiamo la mano presentandoci.
- Non mi avevi detto che avevi un’amica così bella -, commenta Kevin sorridendo.
- È fidanzata -, risponde Olivier.
Sono una calamita per i ragazzi neri? Devo ammettere però che questo Kevin sembra proprio un bel ragazzo, anche se preferisco di gran lunga Olivier.
Kevin si trattiene con noi, togliendomi la possibilità di parlare con Olivier della nostra relazione. Mi fa molte domande, probabilmente incuriosito della mia presenza lì, in quell’ambiente prettamente legato al mondo del calcio. Gli dico che sono di Roma e, quando ci chiede come ci siamo conosciuti, io e Olivier diciamo la verità omettendo però la nostra relazione segreta. Kevin è simpatico, spigliato, riesce a mettermi subito a mio agio. Comincio a fargli qualche domanda, scoprendo che lui e Olivier hanno giocato insieme in Francia, addirittura due anni fa. Da come scherzano, e dalle battute complici, capisco che sono molto amici, quasi fratelli, un po' come me e Virginia.
- Ti va di spostarci dentro, così ti offro qualcosa da bere -, mi dice Kevin.
Ormai ci sta provando, è palese. Olivier in tutto ciò non sembra geloso, anzi, dall’espressione pare addirittura compiaciuto. La cosa mi infastidisce, è come se non fosse interessato a me.
- Va bene-, rispondo a Kevin avviandomi verso la porta di legno semi aperta.
Loro mi seguono, rimanendo qualche passo indietro a me.
- Guarda che culo che c’ha, me la farei proprio -, sento Kevin che parla a bassa voce con Olivier, per sua sfortuna ho un ottimo udito. Sorrido tra me e me, soddisfatta del complimento ricevuto, merito soprattutto del vestito decisamente attillato.
Finalmente entriamo dentro casa, ritrovandoci in una stanza illuminata, ampia ma soprattutto colma di persone. La musica è forte ma allo stesso tempo piacevole, voltandomi noto la postazione dj collocata in un angolo della sala. Kevin e Olivier mi fanno strada fino ad un lungo bancone di legno, sistemato in fondo all’ambiente. Sopra ci sono tutti gli alcolici che una persona può desiderare, almeno una trentina di bottiglie tra whisky, amari ed altro. Dopo qualche secondo mi accorgo che a servirli è un ragazzo impiegato dietro al bancone, una sorta di barman improvvisato. Un cartello ci avverte che ogni cocktail costa 5 euro, una cosa un po' anomala per una festa privata.
Dovrei guidare per tornare a casa ma Kevin è molto insistente, vuole offrirmi a tutti i costi un cocktail. Alla fine prendo un Margarita che, a mia sorpresa, si rivela più forte del previsto. Scambio qualche parola con Olivier mentre Kevin è impegnato a salutare un suo amico, purtroppo non ho occasione di affrontare i discorsi che avevo in programma. Scherziamo, ridiamo, alla fine Olivier mi convince a bere un secondo cocktail offerto sta volta da lui. Un altro Margarita, nonostante la forte musica mi sembra di sentire Olivier che chiede al barman di farlo “molto alcolico”. Ma è pazzo? Come ci torno io a casa? Kevin si riunisce a noi ma, tra i tre, solo io sembro quella che comincia ad avvertire i primi sintomi dell’alcool. Rido senza senso, faccio battute stupide e come se non bastasse la testa inizia a girarmi come se fossi in una lavatrice.
- Hai mai fatto una cosa a 3? -, mi domanda Kevin sorridendo, mentre la musica ci avvolge come un uragano.
- Cosa? -, domando scoppiando a ridere.
- Sei mai andata a letto con due ragazzi? -, mi riformula la frase.
Passo una mano fra i capelli, rimanendo con un sorriso da stupida.
- No, mai, perché me lo chiedi? –, mi informo.
I due ragazzi si lanciano un’occhiata e subito dopo scambiano un paio di parole in una lingua incomprensibile, potrebbe essere francese ma la musica mi impedisce di capire.
Olivier mi guarda, riconosco quel sorriso malizioso.
- Avevamo una mezza idea -, mi dice.
Ho bevuto, ma ancora ragiono perfettamente. Probabilmente, se non avessi bevuto quei due Margarita, adesso avrei dato uno schiaffo ad Olivier e sarei andata via seduta stante. L’avrei presa come un’offesa. Non so se dare la colpa all’alcool o alla litigata con Riccardo, fatto sta che la proposta mi stuzzica inaspettatamente. Sono pazza di Olivier, Kevin è un bel ragazzo ma soprattutto sarebbe la mia prima esperienza a tre.
Sono combattuta, però intanto che ci penso stuzzicarli non mi costa niente.
- Che idea? -, domando ai ragazzi sorridendo maliziosa.
- Che ne dici di fare una scommessa? -, domanda Olivier.
- Del tipo? –
Interviene Kevin, il quale è al terzo cocktail. – Sta giocando Italia – Francia. L’Italia avanti 1-0 alla fine del primo tempo. Se vince la Francia vieni a letto con noi -, mi spiega il ragazzo sorridendo.
Non capisco molto di calcio. So tuttavia che un tempo dura 45 minuti, che l’Italia è abbastanza forte e più di ogni altra cosa che la Francia ha pochissime possibilità di ribaltare il risultato. Mi sembra una scommessa stupida, vinta in partenza.
L’idea di avere una minima possibilità di finire a letto con i due mi eccita, comunque sia so che accettando sarò in una botte di ferro.
- Va bene, tanto la Francia non vincerà -, rispondo scoppiando a ridere.
Lasciamo la scommessa lì, sospesa, affrontando discorsi decisamente più leggeri. Kevin di tanto in tanto controlla il telefono, ansioso di vedere il risultato. Io prontamente chiedo ricevendo sempre la solita risposta, “ancora 1-0”. Passa mezz’ora e, durante una delle tante occhiate al telefono, Kevin fa un sorriso a trentadue denti.
- Ha pareggiato la Francia, gol di Benzema -, ci informa sorridendo. Non so chi sia questo Benzema, so solo che mi ha appena procurato un colpo al cuore.
- Vabbè quanto manca alla fine? -, chiedo diventando improvvisamente seria, la paura comincia a farsi sentire ora che la botte di ferro è scomparsa.
- Un quarto d’ora, più il recupero -, risponde Kevin.
- Vado a fare una telefonata, torno subito -, dico ai ragazzi cercando uno dei bagni della casa. Prendo il telefono dalla borsetta e chiamo Riccardo, mi sudano le mani dall’ansia.
- Amore, ho appena finito di giocare. Scusa per oggi sono stato uno stronzo -, mi dice immediatamente.
- Ci tenevo al nostro anniversario -, gli rispondo secca.
Discutiamo per una decina di minuti, forse un quarto d’ora, alla fine però ci chiariamo dopo i suoi mille tentativi di far pace. Quando mi chiede dove sono mento, usando la scusa “a casa di Virginia”. Per fortuna la musica non è così forte da passare le pareti del bagno. Non si accorge che ho bevuto, probabilmente la paura mi ha aiutato ad essere seria. Ci diamo la buonanotte, prima di posare il telefono voglio controllare io stessa il risultato. Dovrebbe essere finita a quest’ora. Le mani mi tremano, il cuore batte fortissimo. Ho fatto una cazzata, lo so, sono un’idiota. Italia, dimmi che non hai perso.
Vado su Google e digito -Italia – Francia -. Compaiono notizie sparse, vecchi risultati che non fanno altro che aumentare il mio terrore. Alla fine apro un sito con il risultato della gara di oggi. Qualche istante di caricamento che dura un’eternità. Sbarro gli occhi, la testa mi gira come una trottola. 2-1 per la Francia, ancora Benzema. Non ci credo.
Il gol è arrivato al 93’, una cosa da pazzi. Immagino Oliver e Kevin di là, nel bel mezzo dei festeggiamenti. Scappo? Cosa faccio? E se Olivier non ha veramente cancellato il numero di Riccardo? Potrebbe farmi una ripicca. Mi appoggio al muro del bagno, lo sguardo assente sul pavimento. Maledetta scommessa.


Note: Prendete questo capitolo per quello che è, ovvero il prequel del quinto. Le scene eccitanti, quelle di sesso e il tema gravidanza sono tutte cose che troverete nel capitolo successivo. Ho preferito dividerli per non fare un racconto eccessivamente lungo e soprattutto per darvi la possibilità di gustarvi bene il tutto. Non ho un stile frettoloso, mi piace lavorare sia sulla parte psicologica che quella fisica. Come al solito spero di non aver sbagliato. Scusate per la lunga attesa di oltre 10 giorni, per il prossimo racconto i tempi saranno molto più brevi. Un po' di pazienza, grazie per la lettura e per i futuri commenti!
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