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Il trucco.


di Honeymark
18.01.2016    |    28.470    |    6 8.8
"Ovviamente la gente prendeva la cassa con la fila più corta, noi invece prendevo solo quella dove c’era Sonia..."
Il trucco.
Prima parte.

Io e mia moglie andiamo quasi sempre in un supermercato del centro non molto lontano da casa nostra, non perché sia vicino ma perché i titolari sono quelli di vecchio stampo, che discendono direttamente dai piccoli negozi alimentari di una volta, poi cresciuti e divenuti, appunto, supermarket.
Non è un grande centro, sia ben chiaro, ma ha mille piccoli vantaggi, come la macelleria tagliata al momento, la salumeria artigianale, la consegna a casa della spesa.
E Sonia.
Sonia è figlia del padrone, quindi padrona anche lei insieme a papà e fratello. Come si usava nelle famiglie di un tempo, Sonia stava a una delle casse del supermercato. Ovviamente la gente prendeva la cassa con la fila più corta, noi invece prendevo solo quella dove c’era Sonia.
Mi piaceva scherzare con lei, corteggiandola apertamente in maniera plateale, anche se c’era mia moglie. Le mie sceneggiate erano pagine di costume e di galanteria alle quali valeva la pena assistere.
- Lavori domenica? – Le chiesi una volta.
- No, Marco. Lo sai che la domenica teniamo chiuso.
- Ma allora sei libera! Dai che passo a prenderti!
Ovviamente era una battuta come altre. Lei si divertiva e non le spiaceva essere corteggiata. Viveva da sola e non aveva un moroso. O almeno non lo sapevo. Ma io, come le avevo detto più di una volta, non ero geloso… Altra battuta.

Finché non feci un tentativo.
- Ora non sto scherzando. – Le dissi approfittando che eravamo soli. – Se ti vengo a prendere venerdì sera, vieni a cena con me?
- Come?
- Hai capito. Ti ho invitato a cena. Sei libera di accettare o di rifiutare. Nulla cambia se dici di no, ma se dici di sì ci divertiamo per una sera.
- Oddio, e tua moglie cosa dice?
- Nulla, non glielo diciamo.
- Io non voglio tradirla.
- Infatti, semmai sono io che la tradisco. Ma lo dici perché pensavi di venire a letto con me?
- Dai, non voglio. Lo sai che…
- Devi solo dire di sì o di no.
- Senti, oggi non posso, mi serve sempre saperlo qualche giorno prima.
- Va bene, – sorrisi. – Non importa.
Mi avrebbe meravigliato se avesse detto sì. Ma si era sbilanciata per la volta successiva.

Non molto tempo dopo, infatti, si presentò l’occasione. Avrebbero aperto il «Bollicine», un locale dove lo spumante sarebbe scorso a fiumi.
Ora che veniva aperto mi invitarono all’inaugurazione. Mia moglie non volle venire e allora lo chiesi a Sonia, mia moglie presente.
- Dai, Sonia. – Le dissi quando fece cenno di no. – Una bella bevuta di spumante non fa male a nessuno.
- Dai, vai! – Le suggerì il fratello. – E’ giusto che ogni tanto ti svaghi.
- E se vuoi un consiglio – aggiunse il padre spilorcio – bevi più che puoi, dato che è gratis.
- Vai, – le disse anche mia moglie, che mi conosceva. – Non farti problemi per me. Io sto benissimo a casa senza di lui.
Io esco spesso a cena con delle donne. Non per scopare, ben inteso, altrimenti mia moglie non mi lascerebbe affatto. Ma dialogare con una donna diversa ogni tanto arricchisce l’anima. Davvero, lo consiglio a tutti.
Sonia non aveva più scuse e così passai a prenderla quel mercoledì sera. A piedi, perché nel centro storico non ci si muove in macchina.
Passammo la sera a bere spumante brut di tutti i tipi e a goderci bocconcini sfiziosi. Io a dir la verità non ho bevuto molto spumante perché le bollicine mi piacciono ma mi infastidiscono un po’. Però il caviale me lo sono goduto e anche le ostriche. Verso le 23 hanno preparato gli spaghetti alla bottarga, ma a mezzanotte eravamo più che sazi di tutto e decidemmo di tornare a casa.
- Che ne dici di farci un caffè? – Le chiesi, sulla strada del ritorno.
- Direi che ci vorrebbe proprio, – rispose lei che invece aveva bevuto flute di varie cantine a volontà. – Hai idea di dove andare a trovarlo a quest’ora?
- Sì, a casa tua.
- Dai, lo sai che non voglio fare sesso…
- E se ti prometto di non provare a scoparti?
Sonia aveva una grande considerazione di me. Conosceva le mie avventure di giornalista in giro per il mondo e subiva il fascino. Non si sarebbe negata se avessi insistito, ma sapeva anche che non glielo avrei chiesto dopo averglielo promesso. Le piaceva piacermi, anche perché sapeva che ero di gusti difficili con le donne.
Quindi mi fece salire in casa sua senza problemi. Cioè qualche timore ce l’aveva, dato che l’alcol riduce un po’ i freni inibitori.
- Però ti accarezzerò. – Aggiunsi infatti.
Lei mi aveva guardato interrogativa. I maschi di solito cercano di chiavarla, non di accarezzarla. Io però non sono giovane e mi rendo conto di essere fuori di ogni tentazione. Non mi va di spogliarmi perché non sono più un giovanotto. Ma soprattutto non mi va di sembrare patetico alle ragazze provandoci alla mia età. Che non dicano «poverino, ci prova ancora…». E magari, alla prova del fuoco, “lui” non funzionava più come una volta.
Preparò il caffè continuando i discorsi che avevamo intavolato tutta la sera. Le piaceva anche la mia figura di scrittore. Voleva sapere tutto e a me non dispiace raccontare qualche aneddoto istruttivo o semplicemente curioso del mio lavoro.
- Siediti vicino a me, - le dissi. – Adesso ci facciamo l’ammazza caffè.
- No, - rispose. – Non bevo altro.
- Non intendevo quello. Mettiti vicino a me che ti accarezzo un po’.
Venne a sedersi al mio fianco, domandandosi cosa volessi fare. Lei, contrariamente al solito, portava la gonna invece che i blue jeans.
- Non sederti così. – le dissi.
La feci alzare per farla inginocchiare sul divano al mio fianco destro, in modo che io potessi vederla di fronte. L’abbracciai e lei mi lasciò fare, interrogativa. Poi le infilai la mano sotto la gonna e cominciai ad accarezzarla risalendo la coscia. Lei si irrigidì.
- Sssst – feci. – Lasciati andare. Le coccole non hanno mai messo incinta nessuna.
Lei si rilassò. Non credo di averla convinta con le parole, quanto piuttosto dal calore della mano che le accarezzava la sua pelle liscia.
- Che bella pelle che hai, - commentai, come il Lupo con Cappuccetto rosso.
Le piaceva, forse era a un po’ che non veniva coccolata. Continuai così, secondo una mia tecnica finalizzata a sfilare le mutandine alle ragazze. Lei, sempre più attaccata a me, si lasciò guidare. La misi orizzontale sulle mie ginocchia in modo che potessi accarezzarla in tutta libertà e presto cominciai a sfilarle le mutandine, con lei che virtualmente provava a impedirmelo e realmente mi lasciava fare. Una volta portate all’altezza delle ginocchia, se le sfilò lei del tutto e si rimise come un gatto a farmi le fusa.
Era bagnata come piace a me e proseguii la mia opera con attenzione ai particolari. Da come ebbe l’orgasmo, pensai davvero che era da tempo che qualcuno non la accarezzava. D’altronde, come ho detto, di solito i maschi cercano subito di scopare, possibilmente senza quei preliminari che invece piacciono alle ragazze. E a me, alla mia età.
Dopo il suo orgasmo continuai ad accarezzarla perché piaceva a entrambi. Era stato un modo soft per socializzare, per avere una profonda intimità senza consumare.
Poi la feci salire e mettersi a cavalcioni su di me, un ginocchio a destra e uno a sinistra. Lei mi abbracciò stringendosi al collo e lasciandosi toccare ancora. Io la tenevo per il culo e passavo le dita tra le natiche e le sfiorandole il buco del culo. Lei lo gradiva e continuò a lasciarsi andare.
- Ti piace il culo, eh?
- Ha ha! Credo che non sia un mistero!
- Non ricordo chi me l’aveva detto, ma so che tu sei esperto nella penetrazione anale.
- Sono bravo sì. Ma a te chi l’ha detto?
- Vuoi mettermelo nel culo? – Disse, stringendomi a sé, mentre le tenevo le natiche.
- No, – le dissi. – Ti ho promesso di no e non lo farò. Però mi è venuta un’idea. Ti andrebbe una masturbazione anale?
Avevo trovato il modo per non mettermi all’opera con un uccello che non era più come una volta. Le paure dei maschi…
Si staccò un attimo per guardarmi in faccia.
- E in cosa consiste?
Poi tornò a stringermi per ascoltarmi mentre la tenevo per le natiche.
- Ce l’hai una candela?
Corse a prenderla, me la diede e si rimise come prima.
Ve la immaginate la stessa scena di lei che mi abbraccia mentre la tengo per le chiappe ignude, con una candela nel culo che io continuo a spingere dentro piano con l’indice man mano che tenta di uscire?
Quando la spingevo dentro del tutto si inarcava tirando le testa indietro con la bocca aperta, quando la lasciavo uscire un po’ si piegava si di me. Sapevo come fare. Continuai così molto lentamente, aumentando piano la pressione man mano che la sentivo ansimare di più.
Alla fine ebbe un orgasmo anale che mi riempì di soddisfazione e con lei che non mi avrebbe più lasciato andar via.
Ma preferii sganciarmi e tornare a casa.

(Continua)
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