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la prima volta del caporale


di joyxxx
07.02.2017    |    11.070    |    9 9.3
"Nel caso fosse successa un'emergenza ci attivavamo con l'ambulanza ed avvisavamo l'ufficiale medico di turno..."
(storia vera)

Molti hanno ricordi brutti del periodo trascorso sotto le armi: la famigerata Naja. Ovviamente i più giovani non sanno nemmeno di cosa sto parlando, ma chi ha qualche anno sulle spalle la può annoverare come un'esperienza contraddittoria, e magari come dicevo brutta, per via delle marce, delle guardie, del pessimo cibo, dei lunghi periodi lontani da casa, immersi nella noia, o per le angherie subite dai "nonni" (i militari con maggiore anzianità) e via dicendo.
Per me invece è stato un periodo di scoperte ed esperienze anche dal punto di vista sessuale.
Una delle più "intense" ed emotivamente coinvolgenti, mi è capitata una sera mentre ero di turno in Infermeria.
All'epoca era l'unico militare col grado di caporale assegnato al servizio ASA (Aiutanti di Sanità), e mi capitava spesso di essere di turno come responsabile del servizio notturno: in poche parole non facevo un cazzo e potevo restare sveglio tutta la notte a guardare la tv e a giocare a carte con gli altri militari in servizio. Una vera pacchia e per questo ero molto invidiato in caserma. Nel caso fosse successa un'emergenza ci attivavamo con l'ambulanza ed avvisavamo l'ufficiale medico di turno. Ma tanté non succedeva mai niente, o meglio quasi mai…
Quindi molto spesso mettevamo su un film porno in tv (c'era ancora il VHS!) e in tre quattro sdraiati sui letti ci sparavamo delle seghe galattiche, spesso aiutandoci a vicenda. Ricordo quando qualcuno mi aiutava a segarmi, chiudevo gli occhi e immaginavo che le labbra dell'attrice fossero sul mio cazzo... Si sborrava molto in quelle occasioni. Non vedevamo una vera figa da mesi, e mi ricordo che l'uccello mi tirava così tanto che si piegava perfino a sinistra, completamente scappellato.
Mi tenevo un asciugamano vicino, e ci sborravo sopra quando non ne potevo più, poi restavo alcuni minuti in semi estasi, con le gambe molli poi guardando i cazzi degli altri, o aiutandoli a segarsi, o per via di una scena particolarmente spinta del "pornazzo" in tv sentivo di nuovo il fuoco in mezzo alle gambe e dovevo menarmelo ancora e ancora.
Purtroppo all'epoca, giovani e inesperti, eravamo imbevuti dal fuoco del "machismo" camerata, quindi pensavamo che fosse da "froci" succhiarselo tra di noi o peggio metterselo a vicenda. Anzi deridevamo i bisex, le checche e i gay, togliendoci così una gran parte del divertimento. Ma di li a pochi mesi avrei presto aperto gli occhi, per non chiuderli mai più...
Il fatto avvenne una sera d'estate. Ricordo che c'era un gran caldo, ci eravamo fatti un seratone con pizza e birra guardando un film normale e cazzuto che ci era piaciuto un sacco "Conair" col mitico Nicolas Cage.
Erano le due di notte quando suona il telefono. Io ero il più alto in grado e risposi io.
Era l'ufficiale di picchetto, ovvero il responsabile della porta carraia, la porta della caserma che mi disse letteralmente: “E’ arrivato un tizio da Bari (risatina) forse è meglio metterlo da voi (risatina)”.
E io: “Tenente sono le due di notte, non può venire domani dopo la “matricola” ?(ovvero le procedure di registrazione della caserma”).
“Non credo che questo la farà mai la matricola (risatina) venga caporale, venga (risatina)”.
Scazzato come pochi, lascio gli altri a dormire e mi avvio verso la carraia in maglietta, tirando giù tutti i santi del calendario, pregustando già la rottura di coglioni. Anche se il mio cervello assonato aveva registrato alcune sensazioni strane, condite dalle risatine del Tenente. Cosa aveva di così strano questo tizio da suscitare la sua ilarità ?
La spiegazione la intuii appena vidi il nuovo arrivato.
Nella fioca luce della saletta vicino alla Carraia, vedevo il tenente di turno (quello delle risatine), tutto bardato e il militare di guardia col fucile a mitraglietta di traverso, e in mezzo a loro quello che scambiai per un’avvenente signorina. Capelli a caschetto rossicci, vestitino smanicato chiaro a tre quarti, e un paio di gambe da urlo velate da leggerissimi fouseaux (i leggins di adesso come li chiamavamo all’epoca).
“Cazzo” mi uscì detto a mezza bocca.
Il tenente con un’altra risatina: “caporale capisce adesso perché è meglio che lo portiamo da voi? Si pensa a metterlo in Compagnia con gli altri?”
La mia erezione in mezzo alle gambe lo capiva bene. Mi sembrava di avere un Calippo al posto del cazzo.
Mi spiegarono che il tizio, tal Roberto da Bari, era arrivato in ritardo per via di un problema di treni e ritardi vari, pertanto invece di arrivare entro mezzanotte era arrivato verso le due. Di solito quando capitava lo portavano direttamente in camerata, ma vista la particolare condizione del tipo era meglio portarlo in Infermeria dove avrebbe dato meno nell’occhio. Concordai, firmai il registro, e mi avviai con Roberto sotto il braccio verso il non breve tragitto verso l’Infermeria
“Così ci stai a provare Roberto, vuoi farti riformare con la storia che sei una checca?” gli dissi senza tanti convenevoli.
“Non ci sto a provà. E’ la mia natura questa, ho provato a fare rinvii e a farmi riformare direttamente a Bari, ma hanno voluto farmi partire a tutti i costi queste teste di cazzo. Ma io non ci sto qui. Io sono femmina non c’entro un cazzo qui…”
Sentivo il suo corpo aderente al mio, l’eccitazione spinta anche da un gran caldo era al massimo.
“Ah e così sei femmina, vorrà dire che ti chiamerò Roberta”
“Si chi mi conosce mi chiama proprio Roberta”
La sua voce era molto effeminata, probabilmente prendeva già degli ormoni…
“ma sei femmina… proprio in tutto” non trovavo le parole, la mia testa ragionava ormai col cazzo che mi tirava quasi da fare male.
“Certo sono femmina in tutto, e mi piace molto il cazzo, se è questo che vuoi dire, ho visto che il tuo non sta più nei pantaloni.”
Mi arrestai di botto. Infoiato come un cane. Nessuna figa mi aveva mai fatto un effetto così dirompente. Mi vennero in mente i cazzi duri dei miei commilitoni mentre si segavano sui pornazzi.
“Non scopo da quattro mesi” biascicai e le infilai la lingua in bocca spingendola contro il muro di un magazzino. Lei emise un gridolino e rispose al mio bacio appassionato.
Le mie mani bramose iniziarono una lenta esplorazione sotto il vestito, lungo la sua pelle morbida, totalmente depilata, arrivai ai seni e con mia sorpresa sentii due piccole tettine coi capezzolini turgidi. Le alzaii il vestito e cominciai a leccargliele.
Lei, lui cominciava a mugolare, le piaceva e stava al gioco, mentre io non capivo più un cazzo, in testa coniugavo solo la parola: godere.
Scesi fino alle sue mutandine di pizzo bianco, mutandine da troia, col filetto dietro il culetto, proprio quelle che segavo spesso sulle foto di fighe appese agli armadietti.
Gliele scesi, aveva un cazzetto da 7 8 cm che gli presi in mano e non so perché iniziai a succhiare voracemente.
Dopo varie pompate ci scambiammo il favore. Roberta ci sapeva fare, si vedeva che era abituata a prenderlo in bocca. Ma la mia voglia era troppa, dopo neanche cinque minuti le afferrai la testa e sborrai tutto il mio liquido seme nella sua bocca. Avevo troppa voglia cazzo.
Lei da vera troia ingoiò tutto, e mi si adagiò addosso.
“Avevi proprio voglia eh?” mi disse effeminata.
Rimasi alcuni minuti sul muro a riprendermi. Non avevo mai goduto così, e non avevo intenzione di perdere questa straordinaria occasione.
“Vieni con me” le dissi prendendola per mano.
Più piano che potemmo entrammo di soppiatto in infermeria, e portai Roberta in una stanzetta dove tenevamo i malati infettivi. In realtà da almeno dieci anni era vuota perché casi non ce ne erano mai stato.
Li la spogliai interamente, e la guardai alla luce artificiale.
Cazzo fosse stata davvero donna sarebbe stata una gran figa.
“Cosa vuoi farmi adesso?” mi disse lei molto divertita.
“Secondo te?” risposi io contraccambiando il sorriso e mettendola a pecorina.
Aveva un culetto a mandolino stupendo. Lo leccai e con la saliva allargai il buchetto.
“Sei proprio un porco” mi disse lei, ma la mia testa capiva solo “dai caporale mettimelo in culo, cosa aspetti?” E così feci più e più volte. Il ricordo si fa confuso. So che i nostri rumori svegliarono gli altri militari di turno. Ricordo la loro bocca aperta mentre ci davo su Roberta.
Prima titubanti, facendosi le seghe, poi sempre più coraggiosi si unirono a noi.
Io ero preso da un fuoco e da una passione che forse non ho più raggiunto nella mia vita. Per la prima volta mi sentivo completo, capivo che il sesso andava vissuto a 360 gradi, senza limiti e inibizioni.
E’ stata una delle scopate più memorabili della mia vita…
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