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Una notte d'estate


di angietrav
17.01.2015    |    10.257    |    11 9.3
"Era ormai molto tardi, circa le 3 della notte..."
Il mio appartamentino era al terzo di un condominio di cinque piani, in un quartiere residenziale ed elegante della città. Ad ogni piano c’erano tre appartamenti, quindi ho sempre avuto problemi ad uscire “en femme” però, quella notte di fine estate, con Jean fu diverso.
Avevo contattato Jean in un sito di incontri, era arrivato a casa verso le 10 di sera, un venerdì. Un bell’uomo sui 40 anni, alto e snello. Capii subito che non era interessato ad una scopatina e via.
Io ero vestita con un tubino nero, autoreggenti nere, piattaforme tacco 14 cm nere (come nella foto della gallery). Appena entrato mi analizzò per bene, mi tolse il perizoma, assaggiò con le dita la figa-anale umida ed aperta, mentre io lo spompinavo.
Ma Jean mi fece smettere quasi subito, voleva portarmi fuori, in un parking sull’autostrada. Dissi di sì, senza pensarci molto, vincendo i miei timori. Solo misi sopra il tubino un copri spalle di cotone leggero nero, presi la borsetta con lo stretto necessario: rossetto, spazzola per capelli, preservativi, gel lubrificante, popper, sigarette e documenti. Uscimmo sul pianerottolo, prendemmo l’ascensore e fummo in strada che già erano le 11 della notte. Per strada mi accorsi che camminare con le piattaforme da 14 cm sui marciapiedi sconnessi non è facile come sul pavimento di casa. Jean dovette sorreggermi fino alla sua auto assumendo, fin da quel momento, un atteggiamento da "Master", trattandomi con fermezza: mi sentivo la sua puttana da portare al lavoro.
Facemmo una corsa velocissimi sull’autostrada, circa 50 km, ed arrivammo in un parcheggio affollatissimo di grandi trailers. Parcheggiò, abbassai il finestrino ed aprii la portiera cosicché si intravedevano le mie gambe. Cominciarono ad avvicinarsi camionisti curiosi, guardavano senza parlare; Jean li incalzava dicendo: “e allora cosa guardate, cosa volete, la volete scopare? Decidetevi”. Io, emozionatissima e confusa, fumavo una sigaretta dietro l’altra, incrociavo i miei occhi con quelli dei maschi curiosi, toglievo le loro mani quando cercavano - insinuandole tra le mie gambe- di capire. Alla fine quattro omacci si decisero, chiesero a Jean di farmi scendere. Jean mi prese per il braccio sorreggendoni, io mi sentivo confusa come ubriaca per l'emozione, e insicura per i tacchi alti e per il popper inalato: eccitatissima! Una sensazione bellissima mai provata prima. Mi accompagnò dietro alcuni cespugli con gli altri quattro tipi che mi si misero in fila davanti. Tirarono fuori i loro cazzi, nemmeno ricordo i loro visi, solo avevo occhi per i cazzi (niente di eccezionale, nella norma, circa 4 cm di diametro per 10-12) che venivano maneggiati in attesa della mia bocca. Mi piegai a pecorina e, mentre Jean con due dita nella figa-anale mi dirigeva, cominciai a spompinare. Il primo venne quasi subito, mi bevvi tutto. Passai al secondo, sempre più eccitata ed avida di sborra: mi bevvi anche tutto il seme del secondo cazzo e passai al terzo. Mentre lo spompinavo sentii che Jean aveva tolto le dita e qualcuno mi stava prendendo, non ho mai saputo chi fosse. Intanto ero passata al quarto, lo spompinavo con l’altro dietro che, scopandomi, mi dava il ritmo. Mi vennero tutti e due dentro: uno in bocca e l’altro dietro. Un bel rischio, ma ormai ero fuori di testa per l'eccitazione. Se ne andarono tutti e cinque senza dire parola. Jean, sorreggendomi con fare autoritario, ed anche lui senza parlarmi, mi riaccompagnò all'auto. Mi pulii la figa, rassettai i capelli, il trucco ed il rossetto. Ero pronta di nuovo. Fumando una sigaretta chiesi a Jean se ero andata bene, senza darmi soddisfazione disse: “non male". Volle andar via, altra corsa nella notte, e tornammo in cittá. Erano ormai le una, arrivammo in centro, vicino casa mia, gli chiesi di lasciarmi ma non volle. Dovevo orinare e mi fece accucciare a lato della sua auto in un viale transitato. Ero confusa, eccitata, impaurita, persa nelle mani del Master. Andammo in un bar gay nel centro. Trovò parcheggio non vicinissimo al bar: non vi dico il martirio di camminare con i tacchi alti sul pavé sconnesso. Jean mi sorreggeva tirandomi per un braccio, camminando il tubino elasticizzato mi saliva. Passammo davanti ad un ufficio della polizia, davanti a bar con giovani magrebini arrapati, mi sembrava che tutti mi spogliassero con gli occhi. Però, arrivati al bar mi tranquillizzai, i clienti mi guardavano piacevolmente incuriositi, mi sentivo femmina ed apparivo come tale. Sedetti bevendo una birra offerta dal Master, mentre lui parlava con altri, anche io parlavo con un giovane e due sue amiche che mi chiedavano della mia femminilità. Dovetti scendere alla toilette. Mi sedetti sulla tazza per orinare, un giovane entrò con un bel cazzone già duro e me lo sbatté in bocca, lo spompinai ben bene e bevvi il suo seme. Mi rassettai il rossetto e salii al bar, con l’altro dietro: Jean gli fece una gran scenata davanti a tutti, dicendo che ero sua ed avrebbe dovuto chiedergli il permesso. Io, eccitatissima, gioivo dentro. Era ormai molto tardi, circa le 3 della notte. Dissi a Jean che me ne andavo, non fece obiezioni -ma nemmeno si offrì di accompagnarmi, l'egoista-, camminai lentamente nelle strade già poco affollate, nella notte d’estate, fino ad un taxi. Arrivata al condominio c’era l’ultimo rischio da prendere: scendere dal taxi, salire quattro gradini, prendere l’ascensore ed entrare in casa. Ce la feci senza incontrare nessuno (be' erano quasi le 4). Arrivata in casa, sempre eccitatissima, mi rilassai masturbandomi, pensando "brava Angie sei stata proprio una bella puttanella", era andato tutto bene non ostante i rischi. Buona notte cara.

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