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Missioni... Africane - Seconda parte


di Honeymark
07.02.2018    |    12.716    |    3 9.8
"- Vengo volentieri! – risposi..."
Missioni africane – 2


Roxy aveva accolto la notizia con sommo piacere. Mi abbracciò.
- Sapevo che ce l’avresti fatta! – Mi disse.
- Io non ci avrei scommesso un centesimo. – Risposi.
- Ti sottovaluti. – Commentò.
- Posso mettere un cero anche nel tuo culo? – Sorrisi.
- Scordatelo!
- Ecco, visto?

Una sera alle 21 portai Mercier nell’atelier di Roxy e le due donne, una volta presentate, si abbracciarono a lungo. Volevano socializzare per facilitare il servizio che stavamo per fare.
Avevamo preparato tutto. La pittrice-fotografa aveva allestito la scena con dei tappetini e dei cuscini, io avevo comperato il cero bianco e il necessario lubrificante. Mercier si era truccata magnificamente.
- Sei bellissima, – le dissi, ma il tuo viso resterà rigorosamente nascosto.
- Io sono sempre io – rispose fiera, – anche quando non mi vede nessuno.
- Impara da lei! – Intervenne Roxy, cominciando a preparare lo stativo sul quale mettere la macchina fotografica.
- Vieni che ti accompagno, – le dissi facendole strada verso la camera da letto dietro la tenda.
Mi seguì.
- Lì c’è l’accappatoio, – glielo indicai. – Puoi spogliarti, sistemarti, indossarlo e uscire. Ti aspetto qui fuori.
Stavo dando un’occhiata agli sfondi neutri e le luci disposte dalla pittrice, quando Vidi Mercier uscire, completamente nuda. Indossava, si fa per dire, solo i sandali col tacco alto.
- Sei bellissima, – le dissi baciandole la mano.
- Davvero strepitosa. – Commentò Roxy venendo verso di noi felice. – Un peccato fotografarti solo una parte del corpo.
- Fate le foto che volete, tanto approverò io quelle utilizzabili.
- D’accordo.
- Ditemi cosa devo fare.
- Ti metterai lì in ginocchio, con la testa in basso e il culo in su. Allarghi un po’ le gambe e mi lasci fare.
- Mi farai male?
- No, sono bravo.
- Mi fai vedere il cero?
Le mostrai il cero che avevo acquistato apposta.
- È troppo grosso! – Protestò, ma con un sorriso dubbioso.
- Non è più grosso di un cazzo normale, – commentai sorridendo anch’io. – Ha un diametro di tre centimetri.
- Un… cazzo è diverso… – Protestò.
- Sono bravo, – ripetei. – Fidati.
- Non ho alternative, – rispose cominciando di mettersi in posa.
- Ora lubrifico il dito e ti visito, – cominciai.
Non disse niente. Sperai che avesse apprezzato la mia precauzione medica.
Le guardai il culo, che non avevo mai valutato in pieno. Era davvero stupendo, soprattutto per la pelle liscia che solo le donne nere possono avere.
Lei aveva appoggiato la guancia sul tappetino che le avevo preparato e attese disposizioni.
- Allarga un po’ di più…
Obbedì.
- La gamba sinistra in po’ più avanti.
La aiutai a spostare il ginocchio.
- Sei bellissima, – ripetei.
- Grazie.
Unsi il medio con la crema lubrificante, mi tenni per la natica sinistra e appoggiai il medio all’ano. Feci un minimo di pressione e lei lasciò fare, rilassando l’orifizio. Spinsi il dito che entrò molto facilmente. Sentii il vuoto oltre l’ano e capii che era sanissima. La situazione mi stava eccitando da morire e purtroppo non l’avrei sodomizzata. Però l’idea di profanarla col cero mi turbava…
- Non ti farò male, – confermai sfilando il dito. – Ma devi collaborare come se stessi per sodomizzarti. Pronta?
- Vai. – Disse socchiudendo gli occhi.
Iniziai ad accarezzarle l’interno delle cosce, risalendo fino agli inguini e alla figa, che presi in mano dolcemente per palesare la mia presenza. Poi le accarezzai a lungo le natiche e la fessura del culo, il tutto per renderla ricettiva. È una cosa che faccio anche quando lo metto in culo, aiuta molto e rende il tutto più piacevole. Dopo una preparazione così, implorano mentalmente che le inculi.
Infine toccai il buco del culo, quasi per bussare alla porta sublime. Era pronta.
Presi il cero e guardai la base, che avevo arrotondato con la fiamma per facilitarne l’introduzione, perché doveva restare fuori la punta con lo stoppino.
Appoggiai il cero al buco del culo e cominciai a fare quello che mi piace di più: allargare il buco del culo, introdurvi qualcosa e vederlo scivolare dentro.
Ovviamente la cosa andata fatta con pazienza e attenzione. Non solo non devi far male, ma devi generare piacere nei liniti del possibile. Mercier, da quello che avevo capito, lo aveva già preso nel culo e la cosa non le era dispiaciuta. Ovviamente non potevo pensare di sostituirmi a un cazzo, ma ero certo che l’avrei fatta godere.
Spinsi la prima parte, che entrò con una certa facilità. Attesi che l’ano si abituasse all’ingombro e, quando mi parve il momento giusto, lo spinsi dentro con determinazione sino a fine corsa.
Mercier aveva reagito bene, una via di mezzo tra lo stupore e il piacere. Il che significava che collaborava. Qualche doveroso gemito, a significare che lo faceva per me e non per il suo piacere.
Quando il cero arrestò la sua corsa, la sodomizzata si rilassò e attese che finissi il mio lavoro. Infatti cercai di togliere possibili attriti dell’ano sul cero e mi aiutai con le dita per tirare in fuori la pelle e sistemare il cero nel suo alloggiamento. Un lavoro che, oltre a piacermi, rendeva più piacevole il cero nel culo della sottoposta. Presi il cero con due mani e ne verificai la tenuta. Era perfetta, la stavo letteralmente tenendo per il culo. Le accarezzai nuovamente le fessure e le asciugai la figa con una salvietta di carta.
- Tutto bene? – Domandai a Mercier.
Annuì.
Presi lo spray che si spruzza sulla pelle quando si fanno foto di nudo e la avvisai.
- Serve per rendere la pelle più viva, – le spiegai. – Forse con te non ce ne sarebbe bisogno, ma preferisco farlo.
A sentire il liquido nebulizzato le venne la pelle d’oca e parve che il buco del culo volesse strozzare il cero. Sapevo che alla fine il cero sarebbe stato deformato, ma era per questo che la cera andava benissimo per questi giochi. Le passai la pelle con un panno come se avessi voluto lucidarla e in effetti il risultato era quello.
- Sei uno spettacolo! – Esclamai.
Continuò a tenere gli occhi chiusi ma espresso un piccolo sorriso.
- Siamo pronti, – dissi a Roxy. – Dimmi cosa dobbiamo fare.
- Intanto spostati che faccio le foto che mi ero riproposta di fare.
Lasciò la macchina sullo stativo e scattò una decina di foto spostando il carrello sulle rotelle, avvinandosi sempre più al culo candelato. Poi staccò la macchina e cominciò a fare dei primi piani. Presi anch’io la mia macchina fotografica e iniziai a fare foto di scena. Sarebbero servite per ricostruire come le aveva fatte, ma ci sarebbe anche piaciuto guardarle.
- Prima hai preso il cero con due mani, – Mi disse. – Fallo di nuovo, prendila per il culo così.
Obbedii e lei scattò foto.
-Ora accendo lo stoppino. – Ordinò, guardando sul display gli scatti fatti fin lì.
Riprese a fare foto quando la fiammella era piena e la cera cominciava a scendere lungo il gambo. Da quante le faceva, sembrava che volesse documentare la cera sciolta che scendeva.
- Tra un po’ la cera raggiungerà la fessura del culo, – avvisai Mercier. – Dapprincipio ti sembrerà che scotti, ma poi il calore si placa e la cera si indurisce.
- Voglio che la cera ti ricopra la vulva, – precisò Roxy. – Resisti. È una foto essenziale, nel caso io non volessi far vedere la figa.
Mercier sembrava agitata e allora le accarezzai le natiche e le passai la salvietta sulla figa, indugiando proprio per metterla a suo agio. Si rilassò.
Dopo un po’ la vulva era ricoperta di cera e Roxy aveva continuato a scattare fotografie.
- Modella un po’ la cera con la mano, – mi disse poi.
Sperando di aver capito cosa intendesse, cercai di schiacciare la cera sulla figa.
- Bene, – disse a un certo punto. – Adesso facciamo qualche foto particolare.
- Cioè?
- Ammanettale i polsi sotto il culo.
Mi passò delle manette di acciaio.
- Hai le chiavi, vero?
- Sì, sono qua. – Me le fece vedere.
Allora presi le mani di lei e le bloccai dietro le gambe. Stando così poggiava il corpo sul viso, che teneva piegato sulla sinistra.
- Toglile le manette e usa queste pastoie.
Erano delle strane manette, fatte per tenere i polsi bloccati alle caviglie.
- Metti anche la barra trasversale, – continuò Roxy. – Serve per tenere distanziate le gambe in modo che si veda meglio il cero che esce dal culo.
Impiegai un po’ a metterla in posizione così bloccata, ma alla fine la scena era stupenda. E difatti Roxy scattò una miriade di foto.
Poi mi mise in mano un gatto a nove code, la frusta che si usa nell’Estremo Oriente.
- Non fa male, se la usi piano. – Disse Roxy. – Frustale il culo come per spegnere il cero.
- Posso? – Domandai a Mercier.
Lei annuì facendo una smorfia per la posizione in cui si treovava. E io colpii il suo culo, cercando di spegnere la fiammella del cero che usciva superbamente dall’ano. Lo feci più volte, provando un insano senso di gioia malvagia.
- Ahi! – Gridò Mercier a un colpo troppo forte.
- Scusami, – le dissi.
- Non preoccuparti, – aggiunse. – Colpiscimi ancora senza preoccuparti delle mie reazioni. Usa pure la forza.
Le diedi quattro scudisciate pesanti e lei urlò tutte le volte, mentre la fotografa scattava le foto con avidità.
- OK, – intervenne Roxy d’un tratto posando la fotocamera. – Per me basta.
- Ottimo Mecier, – dissi sollevato. – Adesso ti libero.
Con calma la liberai da tutto e la aiutai a mettersi in piedi, ma sempre con il cero nel culo. Ci impiegammo un bel po’, ma poi la accompagnai al letto dietro la tenda.
- Ora ti tolgo il cero, – le dissi.
- No, ti prego, – mi fermò. – Lascia che lo faccia da sola.
- D’accordo, – risposi. – Il bagno è là.
Alla fine salutammo Roxy che stava scaricando il tutto nei suoi PC, poi la riaccompagnai a casa cercando di mantenere un rapporto amichevole con lei. Ma non parlammo e io mi ripromisi di parlarne con lei, come si dice, a bocce ferme.

Non vidi né Mercier né Roxy per due mesi, finché questa non mi telefonò per invitarmi all’inaugurazione dalla mostra che sarebbe avvenuta un mese dopo.
- Vengo volentieri! – risposi. – Come sono venuti i quadri?
- Li vedrai tu stesso.
- Hai invitato anche Mercier?
- Ovvio! – Rispose.
- Ostia… – commentai. – La gente capirà che la modella è lei…!
- No – rispose sicura, – perché tra gli invitati ci saranno altri 7-8 neri, tra uomini e donne. Vengono da vari consolati africani in Italia. Sta diventando una mostra molto importante.
- OK, – risposi allora. – L’accompagnerò io.

Il giorno dell’inaugurazione, come Roxy aveva previsto, la mostra era piena zeppa di persone di alto livello. Ci saranno state almeno un centinaio di persone. Aveva sparso abilmente la voce che si sarebbe trattato di qualcosa di molto dissacrante per condannare il passato di schiavismo praticato da europei e americani sull’Africa.
I quadri appesi alle pareti saranno stati una ventina ed erano tutti coperti da teli. Io e Mercier non avevamo visto le opere d’arte ma solo approvato le foto scelte. Eravamo giustamente in ansia.
La presentatrice dell’esposizione aveva spiegato come le tele di Roxy dovevano essere non solo una condanna al razzismo ma anche al pietismo peloso e al finto scopo religioso che spesso coprono ulteriori sfruttamenti da parte di abili multinazionali.
L’autrice, prendendo la parola, aggiunse che già il titolo dell’esposizione sarebbe stato dissacrante, precisando che lo avrebbe rivelato solo un attimo dopo che venissero fatti cadere i teli e scoperte le opere.
I teli vennero fatti cadere con una cerimonia in pompa magna, mentre Roxy pronunciava il titolo:
- Signore e signori – annunciò con tono enfatico, – ecco a voi l’esposizione intitolata… «Missioni africane»!
In tutte le tele c’era la foto del culo di Mercier con il cero acceso conficcato come un candelabro. Un candelabro umano. Una fila interminabile di candelabri umani, a significare la presa per il culo del falso pietismo nei confronti del Terzo Mondo.
La gente era rimasta sbalordita dall’eleganza delle opere, perché Roxy era riuscita con il suo pennello ambientazioni tali da rendere guardabili anche le parti più scabrose. Non solo era brava a dipingere, ma anche nella costruzione di significati allegorici.
Mentre tutti assatanati guardavano i quadri esprimendo commenti elegiaci, domandai a Mercier come avesse vissuto l’esperienza adesso che vedeva i quadri.
- Non te ne ha parlato Roxy? – Mi domandò.
- No. Di cosa doveva parlarmi?
- Se tu sei d’accordo, vorremmo farlo di nuovo.
- Di nuovo? – Esclamai. – Non chiedo di meglio, ma perché rifare il servizio?
- E chi ha parlato di rifare il servizio? – Protestò sorniona. – Vogliamo rifare il gioco del cero senza macchina fotografica. Solo per divertirci.
- Ma è fantastico!
- Puoi dirlo forte. – Sorrise soddisfatta. – Con un particolare in più.
- E quale?
- Dovrai «indossare» un cero anche tu…
- Come hai detto?
- Tu infili un cero a me e io infilo un cero a te.
- Sei fuori di testa?
- E, una volta candelati, come dici tu, facciamo sesso.
- E Roxy, che parte vorrebbe fare?
- Vorrebbe essere leccata da me e da te, dai piedi alle ascelle.
- Ehi, ci vuole trattare come… schiavi?
- Sì, ma è democratica: non fa distinzione di sesso, né di razza…

Fine
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