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Lui & Lei

La donna nel buio


di aspassoconme
07.10.2013    |    4.148    |    5 9.5
"Ora lei si piegò come se stesse seduta su un motore da strada, ed in effetti ci fu una corsa, mamma mia come martellava quel pistone, tuf-tuf-tuf..."
Gli apprezzamenti li aveva fatti sempre in modo spontaneo, del resto non si asteneva nemmeno a criticare, contestare e lamentarsi se qualcosa non gli garbava. Dario lo si doveva prendere così per come era, diretto, a tratti perfino coraggioso nell’ esprimere sempre il proprio pensiero. E’ chiaro che non era uno stinco di santo, tutt’ altro ma questo lo sapeva lui e pochissimi altri.
Ad ogni modo ormai era fidanzato da quasi 2 anni con Teresa, storia nata del tutto convenzionalmente attraverso il solito tran tran di amici che presentano altri amici e Teresa uscita da una storia lunghissima durata otto anni, storia finita in malo modo, con interminabili discussione tra le famiglie dei fidanzati, tutto aveva in mente, tranne che iniziare una nuova storia. Dario era un single , convintamente single, per alcuni antipatico, per altri simpatico, per alcuni un idiota per altri intelligentissimo. Teresa nemmeno per sottolinearlo trovò nel suo modo di fare, il polo positivo. Alla terza uscita l’ aveva baciata, e mentre Teresa stesse a chiedersi come ciò fosse avvenuto, già lui si era intrufolato nelle sue mutandine e aveva percorso più volte la riga di mezzo procurandole un vero piacere tramutato in orgasmo.
Quando Teresa stava interrogandosi sul senso di quello che stava compiendo con questo ragazzo, poco più che estraneo, lui le aveva già rotto, ciò che nelle femmine alla nascita è sano, si era preso la sua verginità tra una chiacchierata e l’ altra, con una semplicità talmente disarmante da sembrare innaturale.
Otto anni passati con un ragazzo a cui non aveva nemmeno fatto una pompa ed in un mese, aveva dato quello che sempre aveva giurato di dare ad una sola persona.
“Che discorsi antichi” diceva Dario. “Ma poi a che serve, magari ti sposi uno stronzo che lasci dopo un poco e nel frattempo ti sei persa questi momenti con me”. “Ma ci pensi se le emozioni che provassi con me facendo sesso fossero irripetibili e tra 10 anni , sposata e con figli ti ponessi questa domanda”. “Se il tuo futuro marito avrà un minimo di testa, non potrà che essere contento di una ragazza che non si tira indietro, perché non è la verginità che fa lo spessore di una persona”. Nelle sue disquisizioni sul tema del sesso, evitava di tirare fuori la sua parte pudica che era quella “molto meglio avere una ragazza vergine accanto che una cagna in calore che non sa prima da chi farsela mettere in figa”, ma questi erano suoi pensieri. Del resto si dovrebbe scrivere un romanzo per spiegare come mai Dario all’ età di 32 anni era singolo e non pensasse nemmeno lontanamente di mettere su famiglia. Bisognerebbe disturbare Freud e tutta una serie di strizza teste, per spiegare questa scelta. Tornando alla discussione principale, si era trombato Teresa e mese dopo mese si era arrivati all’ anno, anche lui senza rendersene conto si era addentrato in questa storia anche impiegando i sentimenti. Parola dolce, parola carina, si era arrivati al "ti amo". Continuando nel rincoglionimento involontario, era passato dal prenderla sotto casa, a salire a casa sua, conoscere i genitori e bla bla.
Cose che lui non solo snobbava ma che pure lo atterrivano, tant’è come lui si era preso quel fiorellino mai intaccato, così Teresa di era preso il cuore di Dario senza nemmeno che lui se ne rendesse conto.
Il punto di cui si potrebbe lungamente discutere e se fosse per i due una perdita o un acquisto, fatto sta che oltre tutti i vari parcheggi, boschetti e strade a vicolo cieco per trombare, avevano anche una discreta vita sociale.
Teresa era amica dai tempi delle superiori con Adele, stessa scuola, stessa classe per 5 anni e in più, non avevano mai smesso di frequentarsi , anche quando Adele aveva litigato con l’ ex di Teresa e i rapporti erano rimasti esacerbati , loro due non avevano smesso di frequentarsi. Non uscivano più in coppie, loro due magari si vedevano soltanto nel pomeriggio ma il loro rapporto non si era mai interrotto. Una amicizia, sincera, vera e salda. Adele era sposata da un anno, quando Teresa presentò Dario a lei e a suo marito Roberto.
Le due ragazze conoscevano tutto…o quasi, l’ una dell’ altra. Il pungiglione nel fiore di Adele era entrato quando lei era appena diciassettenne, dopo dodici interminabili anni di fidanzamento, finalmente si decisero a sposarsi ed essere una delle tante coppie tranquille e normali che abitano il mondo.
L’ irruenza di Dario, alla prima cena in cui si conobbero, altrimenti definibile come allegria, una allegria non euforica, nemmeno divertente, una allegria di una persona che tra sorrisi e fiumi di parole riempie una serata. Se la coppia Adele e Roberto avevano confidenza col garbo, con la parola mai fuori posto, al turpiloquio inesistente, si dovettero abituare molto rapidamente ad espressioni, come "minchia quel coglione, quella gran zoccola e puttana di…, ragazzi porto la minchia in bagno che scarico la birra, vado a spaccare il cesso in due che ho una cagata pazzesca da fare" . Queste oscenità erano compensate da una buona cultura e da una educazione famigliare rigida che solo un occhio attento poteva notare, dal come teneva le posate a tavola, dalla masticazione con la bocca chiusa, dal garbo nonché eleganza che aveva in tante piccole sottigliezze.
“C’è modo e modo di dire minchia o figa, il mio è un bel modo, del resto ci sono tante persone che senza pronunciare una sola parolaccia, sono volgari, io mi rendo conto di non fare parte di loro”.
Che dire all’ architetto Roberto e alla biologa Adele quel modo di fare inconsueto fece simpatia, una certa influenza l’ avevano potuta avere gli occhi di Teresa quando lo guardava ma diciamo che gran parte del merito fosse proprio del carattere di Dario.
Per inciso c’ era stata qualche coppia che era rimasta letteralmente esterrefatta del comportamento di Dario, talmente tanto da dire francamente a Teresa “ci dispiace, noi con te rimarremo amici ma non abbiamo più intenzione di uscire con voi”.
Gente che col tempo si era rivelata più inutile di una bottiglia di plastica rotta dal fondo.
Sia come sia, la frequentazione delle due coppie fu assidua, altre coppia roteavano intorno ai quattro, senza che si creasse quella intimità che si era creata tra loro.
Dario continuava a dare nomignoli a tutti, metteva risate su risate e parolacce sempre più irripetibili e Adele rideva ormai senza la minima inibizione alle sue frasi e Roberto aveva un senso profondo di rispetto e stima verso di lui e Teresa era sempre più innamorata. Mentre succedeva tutto questo, Dario si trovò tra gli occhi una e-mail che non riusciva a decodificare.
“A chi posso raccontare che mi piaci, a chi dirlo senza che mi sputerebbe in faccia per quello che mi susciti, so soltanto che il vederti per me è diventata una droga”
Dario formulò una serie di ipotesi: la sorella ventiduenne di Teresa volesse fare la porca con lui? Pensò al loro rapporto, cercando di cogliere delle sfumature magari finite in cascina che potessero essere determinanti. Pensò anche ad uno scherzo degli amici, si immaginò le loro frasi di scherno , le loro risate, il suo sentirsi un fesso, come in effetti si sentì quando vi pensò.
Nella sua confabulazione si interrogava sui sorrisi delle sue due colleghe di lavoro. Vi era della malizia?
Magari quella barista dove ogni mattina consumava cornetto e caffè ma come poteva conoscere la sua e-mail ? Poteva essere anche la segretaria del commercialista, quella aveva tutti i suoi dati ma mai gli aveva dato l’ idea di un qualche interesse che non riguardasse il lavoro.
Due giorni passati a pensare, altrettanti senza venire a capo di una soluzione. Una risposta a quella mail chiaramente inventata baciamitutta@ecc., quanto meno per avere possibili indizi sull’ autore.
Quello che più lo infastidiva era l idea di essere preso per fesso dai suoi amici…e se fosse stata Teresa che lo voleva mettere alla prova? In fondo lei sapeva quanto era stato “gira fighe” , così lo chiamava, quella era una possibilità da tenere in seria considerazione.
“Chi sei? Veramente non dovrei nemmeno risponderti dato che non hai avuto le palle di farti riconoscere. Cmq se è uno scherzo, io non mi sto divertendo per niente, quindi faresti bene a chiudere qui, con queste cazzate”
Risposta. “ Non è uno scherzo e sono mesi che va avanti questa cosa, sei diventato come un tarlo per me, chissà forse dovrei scoparti per levarmi questa ossessione. Non posso dirti chi sono, devo salvaguardare me stessa e anche te” .
Accidenti, non aveva l’ aria di uno scherzo, anzi sembravano parole preoccupate, sinceramente preoccupate, terribilmente seriose. In tutto questo emergeva, riaffiorava come un impulso mai assopito, il suo essere maschio, due anni che non si sentiva così, quella strana brezza che da un flirt di contrabbando. Ne aveva avute tante di storie così, un gusto particolare nello scoparsi una fidanzata di qualche altro, anche qui dovremmo scomodare qualcuno dedito alla psicanalisi per capire che meccanismi si attuavano ma il discorso diverebbe troppo lungo. Limitiamoci a dire che si sentiva rinato, preoccupato ma rinato.
La replica di Dario non si fece attendere “ Di me non hai cosa salvaguardare, dato che alle mie cose ci penso io e io soltanto e tu per me non sei nessuno/a , nel senso letterale del temine, se proprio vuoi scoparmi tirami la figa che gli do una spruzzatina” gli incollò delle faccine che ridevano e inviò.
Proseguì cosi per altri due mesi, ogni lunedì puntualmente appena tornava in ufficio apriva la e-mail e trovava questa misteriosa persona ad avergli scritto.
Un lunedì gli indugi furono rotti nel seguente modo:
“Mi hai detto tempo fa di tirartela, credo sia giunto il momento. Vienitela a prendere, sarà una volta e mai dico mai più ci rivedremo, se accetti ti dirò come fare, se non mi risponderai, questa è l’ ultima volta che ti scrivo. Ciao tarlo del mio cervello”.
Quella e-mail fu letta almeno una decina di volte “tarlo del mio cervello” lo gratificava moltissimo, “vienitela a prendere” lo tentava indiscutibilmente. Gli suonava male “mai più ci rivedremo”, aveva la sensazione di essere usato per desideri che poi lui non conoscendo la persona, nemmeno poteva avere. Mentalmente lo intrigava moltissimo questa situazione ma se lei fosse stata un cesso, quanta fatica e tempo sprecati per nulla.
Ad ogni modo : “ d’ accordo dimmi cosa devo fare, basta che non sia buttarmi da un elicottero senza paracadute magari inventando che mi aspetti con la figa aperta in modo tale da ammortizzare l impatto (e rise)” . In realtà non si sentiva per nulla allegro, temeva di fare un’ orrenda irrimediabile azione che avrebbe per sempre compromesso il rapporto con Teresa.
La nuova risposta, non si fece aspettare : “ Venerdì alle 21:30 nel parcheggio sterrato sul lungo mare, troverai un bidone bianco , guarda dentro e saprai cosa fare”

Lui replicò il giorno stesso con un’ altra e-mail di contestazione ma dall’ altra parte nessuno commentò.
Venerdì alle 21.30 l’ auto di Dario percorse il tragitto fatto di terra, sassi e buche, era il posto più conosciuto dove le coppie si scambiavano i propri impulsi carnali, cercò un bidone bianco, aspettandosi qualcosa di grandi dimensioni , in realtà vide un recipiente che avrebbe dovuto contenere della vernice, poco più avanti di dove fosse lui in quel momento.
Il problema stava nel fatto che si trovasse a poche decine di centimetri da un’ auto in sosta.
Già si immaginava la scena con l’ automobilista che balzava fuori dall’ auto a dargli del guardone, sarebbe stato difficile giustificare in poche parole quanto stesse facendo.
Di fatto, quando scese dall’ auto, il motore della macchina rimase acceso, uscì dall’ abitacolo con lo sportello lasciato aperto, prese l’ intero bidone con sé e si mise alla ricerca di un posto non occupato da altri veicoli.
Mise la mani dentro il bidone, c era un cappello di lana nero e poi una fascia elastica anch’ essa nera, ed un foglio con scritto: “Mettiti il cappello, tutto steso dovrebbe arrivarti poco sotto il naso, se scende più giù , arrotolalo finchè non ti lascia scoperte le labbra per respirare, non dovresti vedere nulla perché già l’ ho provato io, per sicurezza metti la fascia ad altezza degli occhi, quando hai finito premi le 4 frecce , a memoria dovresti sapere dove sono,lascia le portiere aperte e dopo poco io verrò”.
Quello che fece fu guardarsi tutto intorno, vi erano una decina di macchina in quel momento, dato che non era l’ ora di maggior afflusso per quel posto. Nel buio si vedevano solo le sagome ma nulla che potesse consentire una distinzione sul tipo di auto, a meno che non accendesse le luci e le puntasse verso ognuna. Poi pensò che a quelle condizioni, era diventato la preda in catena, in attesa che il lupo arrivasse ma l’ idea di scoprire e di mettere fine a questo mistero, era così tanta che in un minuto fece quanto gli era stato richiesto.
Spense la radio per sentire ogni minimo rumore, in mente gli balenò l’ idea di tutti i suoi amici riuniti che gli aprivano la portiera e lo prendevano per scemo. Tic-tic, tic-tic, facevano le quattro frecce, il cuore batteva già da alcuni minuti con una frequenza accelerata . Tic-tic, uno scatto, la portiera, una folata di vento, gli ammortizzatori della macchina che si abbassano ad accogliere un nuovo passeggero, la portiera si chiude e quasi contemporaneamente le quattro frecce si spengono, e poi silenzio.
“Ehi “disse Dario “Finalmente ci vediamo o meglio tu mi vedi, quando posso togliere queste cose”.
Sentì una mano gentile dietro, tra lo schienale e le sue spalle che si era frapposta , poi dei capelli gli sfiorarono il mento, lo schienale scese tutto in orizzontale , adesso la mano dolcemente da dietro , passò nel petto e con una leggera pressione gli indicò di distendersi. “Allora togliamo tutte queste cose dalla mia testa?”
Una bocca si avvicinò alla sua, la lingua, la punta della lingua gli bagnò le sue labbra, sentì un alito caldo soffiargli sulla bocca, respirare vicino a lui, a pochissimi centimetri, la lingua accarezzò la sua, baci lenti e carnosi, oltre che carnali, che buon sapore, pensò Dario. Altri baci andarono sulle sue guancie, sentiva le labbra comprimersi leggermente sulla sue gote e poi un impellente desiderio di riceverne un altro, poi una mano, cosi talmente leggera da essere irreale, guidò la sua, si trovò un seno tra le mani, sapeva come maneggiarlo, si avvicinò verso il capezzolo, una pelle liscissima, setosa, apparteneva a quel seno, la sua cintura stava per essere slacciata, , i suoi pantaloni si aprirono appena la cerniera fu abbassata ed un succhiare così lento, cosi profondo, cosi calmo e sensuale che mai aveva provato, non c erano mani nella colonna di carne , c era solo una bocca che magistralmente succhiava la punta e poi la rilasciava e poi la risucchiava. Dario non pensò più di guardare ma solo di sentire, spostò la mano verso il lato passeggero, trovò un culetto piccolo e ben rotondo, la ragazza non era robusta, poi entrando da dietro, dentro le mutandine, senti che queste erano di merletto, leggerissime “di che colore sono queste mutandine?” chiese sperando di sentire una voce, nulla. La conchiglietta era totalmente bagnata, si sentiva ancor prima di giungervi. Tutto intorno umido. Mise il dito indice, no troppa passione c’ era in quella figa, ce ne volevano due, mentre stava godendo come un dannato con quella bocca che invogliava all’eruzione, godeva anche nel sentire quanto quella ragazza lo desiderasse .
Ella emise un gridolino di irresistibile piacere, quando con due dita Dario iniziò ad accarezzare la parete alta interna, che con quel massaggio al tatto diventò rugosa. “Minchia quanto sei porca cosi mi fai venire subito”, lei si bloccò, chissà per quale motivo, lui non aveva difficoltà a fare una "doppietta" ma questo lei forse non lo sapeva, lui imperterrito continuò e lei da lì a poco riprese e quando ciò avvenne era pronto alla eiaculazione “ti prego, non fermarti, ti prego fammi venire ora, liberami” succhiò più forte la cima, leccò tutto il cilindro, poi ancora il glande e nell’ altro corpo le dita ormai erano diventate tre e navigavano in un mare di desiderio. “Fammi spruzzare le tue tette mentre sento la tua figa bramosa che viene con me”. “Oh-oh” disse la voce femminile, lui “ci sono metti il cazzo sulle tette che ti sto inondando” cosi fece. Magistralmente il membro fu impugnato e diretto verso il seno, colpi secchi e decisi di quella mano femminile sostituirono le labbra, mentre la mano di Dario era bagnata fino al polso, vennero contemporaneamente, lui sentì l alito della ragazza sulla propria bocca mentre gemeva all’ arrivo dell’ orgasmo.
Il pene non ebbe neanche una minima oscillazione verso il basso, sentì i fazzolettini spacchettati, lui disse “adesso basta, voglio vederti, devo” ma sentì il suo polso bloccare il movimento della mano con una presa, piccola ma decisa di un’ altra mano. I fazzolettini sulla pelle, riconobbe quel suono familiare, poi il finestrino aprirsi e richiudersi, tutti movimenti che lui riconosceva perché ripetuti nella sua vita tante volte. Quell’ odore, mentre lei si ripuliva. Era inebriato da quell’ odore che emanava la pelle della ragazza, caspita che buono, l’ aveva già sentito, no non l aveva sentito era la sua immaginazione, si disse. Interruppe il pensiero quando lei richiuse il vetro. Quel martello era sempre che indicava le h12, la ragazza lo riprese in mano, poi senti il suo fiato, un odore dolciastro mentre riprendeva ad avvicinarsi al suo viso. Era alla frutta questo profumo, no non era alla frutta , era come frizzante, corrispondeva all’ energia di questa ragazza, lo respirò, senti i suoi pantaloni cedere verso le ginocchia, aiutò a favorirne la discesa , le cosce della ragazza tra le sue, la punta strusciare lungo tutta la riga, il peso della ragazza pressare sul suo cazzo lasciato all’ esterno, il prepuzio muoversi, lei comprimere il suo clitoride nuovamente gonfio sull’ asta, finalmente la mano lo prese e lo mise dentro, in quel calduccio materno che solo la figa sa avere.
Dario stringeva quelle chiappe, liscissime e tonde, la ragazza era magra. Dalle ciocche che sbattevano sulle sue labbra, doveva avere i capelli lunghi . Inarcava la schiena e assestava un gran colpo , aprendo a forbice le cosce per accogliere quel pistone rovente, risaliva adagio e poi zac, un altro colpo che “mi stai scappellando alla grande con questa figa, fammi venire sul tuo clitoride e un secondo dopo, vieni tu toccandotelo col mio sperma” “oh-oh-oh” sentì come risposta. Ora lei si piegò come se stesse seduta su un motore da strada, ed in effetti ci fu una corsa, mamma mia come martellava quel pistone, tuf-tuf-tuf velocissimo, e lui “sei una maga, io ti voglio a vita continua cosi velocissima, non ti fermare che ti spruzzo a mille a l’ ora “ apnea totale, profonda che lei riconobbe, lo uscì fuori e allo stesso ritmo lo segò per alcuni secondi e puntando “metti la cappella sul clitoride che ci sono oooooooh, uuuuuuuuh” lei con l altra mano si toccò quel pochissimo che occorreva per venire anche lei.
Lunga attesa, sembrava che questa volta impiegasse più tempo, sentì un foglio di carta. Un pezzo di nastro adesivo staccarsi, la portiera aprirsi, rimanere aperta, ancora aperta .” Ma che fa non chiude?” Pensò Dario.
In fretta e furia, alzò la fascia elastica, tirò su il cappello stava per girarsi di lato verso il passeggero e vide due cose, lo sportello accostato e poi sul volante un foglio.
Scritto al computer :“aspetta un paio di minuti, non distruggere tutto, cercando di seguirmi, non converrebbe a nessuno dei due, fidati”.
Una nuova mail giunse la stessa sera: “E’ stato bellissimo, meraviglioso come mi aspettavo e per come fantasticavo” .
Dario già da un po’ si distanziato da Teresa ma in quella settimana successiva all’ incontro era diventato proprio apatico.
Non gli poteva pace l’ avere scopato, aver avuto un momento talmente intenso, talmente irripetibile, talmente forte e non sapere in tutto quel tempo con chi l’ avesse fatto.
Certo quel corpo l’ avrebbe riconosciuto, ma solo riavendolo sopra, quella figa pure ma solo potendola ritoccare, possibile che aveva tanti indizi ma nessuno concreto che potesse fargli capire con quale ragazza avesse fatto sesso.
Senza dire molto, con l’ apatia alternata al nervosismo e le liti fatte per nulla, disse a Teresa di aver bisogno di stare da solo. Si videro alcune volte durante la prima settimana e meno la seconda, nella terza si baciarono e piano piano ripresero a vedersi.
Solo loro due, nessuno intorno o tra loro , dopo tre mesi ripresero a frequentare i vecchi amici, prima una coppia, poi fu il turno della coppia storica. Una cena a casa. I due si presentarono con i dolcini, Dario suonò il campanello, Teresa con il vassoio tra le mani, la porta si aprì, Dario cedette il passo a Teresa che baciò la sua amica, poi lui sorrise ed Adele ricambiando gli disse “ciao, quanto tempo”, le guancie si incontrarono, le narici si dilatarono e la memoria restituì quanto immagazzinato, Dario rimase impietrito, le ragazze erano già sul corridoio e la voce di Roberto salutava Teresa. Scosse la testa, riscosse la testa. Il padrone di casa era là, doveva riprendersi ma incredibile, non poteva essere. Raccolse le forze,intontito dallo stupore, con voce tremante come se fosse giunto da un altro pianeta ed avesse visto cose umanamente impossibili, riuscì a dire “Ciao Roberto”.

P.S. A chi avesse avuto la pazienza di leggerlo tutto e a chi lo avesse apprezzato, vorrei che mettesse una b di buono, che scrivesse nei commenti un bene,un' ok e cosi via. Nel primo racconto sono a 2.300 lettori e soli due commenti, non siate avari e fatemi capire quanti pareri positivi ci siano.
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