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L’Amico che mi ha cambiato, parte 6- regalo di Natale


di only_a_boy
27.12.2022    |    3.169    |    9 9.4
"Mi strappò alle mie riflessioni lui, che col tono irritato e lo sguardo divertito mi disse “stavolta ti insegno io a comportarti bene”, strattonandomi poi..."
L’estate aveva ceduto il passo ai primi freddi e questi ultimi all’inverno vero e proprio. Le giornate si accorciavano, gli indumenti si appesantivano e ci si avviava a grandi passi al Natale.
In tutti questi mesi io non avevo fatto altro che ingoiare la sborra del mio amico Mario ed essere sempre a disposizione in qualità di suo "svuota palle". Neanche la ripresa della scuola aveva fermato i suoi desideri, anzi: ci si vedeva più spesso, in classe e a casa, con la scusa di studiare.
A scuola dava il meglio di sé: lo divertiva il potermi dare ordini ed essere sempre sicuro che non mi sarei mai ribellato. Così, era inevitabile che ogni volta che si alzava dovessi escogitare uno stratagemma per lasciare anche io la classe e raggiungerlo in bagno, farmi sfondare la gola, svuotargli i coglioni e tornare in classe, col suo sapore ancora in bocca.
Altre volte, invece, rinunciava al piacere di venirmi in bocca per farmi girare bruscamente ed eiacularmi sul culo (da quando mi ero depilato non potevo avvicinarmi al suo cazzone senza prima mettere bene in vista il sederino: beninteso, dovevo abbassarmi mutande e pantaloni, ma solo dietro perché non voleva vedere il mio pisello, dato che come mi ripeteva sempre: “sono un maschio vero io, non voglio vedere il cazzo inutile di un frocio”).
Quando nei bagni della scuola mi veniva sul culo, lo sperma colava ben presto nello spacco tra i glutei e mi bagnava il buchino: non avevo il permesso di pulirmi ma dovevo limitarmi alzare le mutande e pantaloni e stare così in classe, sentendomi sempre bagnato e temendo che qualcuno se ne accorgesse.
Ripensandoci ora, il comun denominatore delle sue richieste durante la scuola era l'impartire ordini che dovevo eseguire segretamente, sotto gli occhi di tutti. Forse la cosa che lo divertì maggiormente avvenne una mattina, mentre eravamo seduti, per fortuna all’ultimo banco, quando mi diede un evidenziatore dicendomi, con un tono di voce che non ammetteva repliche: "ficcatelo nel culo".
Tempo prima, prima di quella mattinata in cui iniziammo i nostri giochi, non l'avrei preso minimamente sul serio e ad una simile richiesta sarei scoppiato a ridere.. oggi, invece, in analoghe circostanze imbarazzanti, tenderei ad ignorare, ma all'epoca, preso com'ero da lui e dalla sua autorità, non potevo far altro che obbedire: fu così che in un momento in cui nessuno guardava nella mia direzione, inserii l'evidenziatore nel culo. Mi misi seduto sulla punta della sedia temendo che quel corpo estraneo entrasse interamente e poi fosse un problema toglierlo: sfortunatamente appena eseguito l'ordine venni chiamato alla lavagna per una dimostrazione e fu tremendo avanzare tra i banchi e stare in piedi sotto gli occhi di tutti, con quel corpo estraneo che minacciava di uscire o – peggio - di entrare totalmente. In quel frangente l’unica cosa che mi dava gioia era vedere il volto del mio Mario ridere divertito guardandomi. Lui sapeva in che stato ero, perché me l’aveva ordinato lui, avevamo questo segreto che univa solo noi in mezzo a tante persone.

Se la quotidianità a scuola era inframmezzata da questi bizzarri giochi, il discorso era diverso quando ogni pomeriggio mi recavo docilmente a casa sua: in quel caso sapevo che mi toccava dargli piacere con la mia bocca e subire spinte talmente forti che mi doleva poi la mascella. L'Happy end (il suo happy end, io non venivo mai, il mio piacere non era contemplato) terminava il tutto, con tante scariche. Ripensandoci oggi, era impressionante la quantità di sperma che era in grado di eruttare – anche dopo che magari la mattina si era già svuotato nella mia gola- ma, dopotutto, eravamo nell’età degli ormoni a mille.

Date queste premesse, quando un giorno durante le vacanze natalizie mi recai da lui, fui sorpreso di non trovarlo pronto a mettermi in ginocchio per penetrarmi la bocca, ma ben presto mi resi conto che aveva altri programmi.
Che ci fosse qualcosa di strano lo notai subito dal suo abbigliamento insolitamente pesante per stare in casa– era vestito con maglione, sciarpa e berretto – e dalla temperatura che avevo trovato entrando, quasi più fredda di quella che avevo lasciato in strada.
Aveva il suo solito tono amichevole quando mi chiese di dargli il cappotto, ma il suo sguardo tradiva quella luce un po' cattiva che negli ultimi mesi avevo imparato a conoscere e che faceva capolino tutte le volte che aveva voglia di divertirsi su di me.
Avevo lasciato nelle sue mani il mio cappotto piuttosto a malincuore, perché faceva davvero freddo: tutte le finestre della casa erano spalancate e i riscaldamenti erano spenti. Al mio sguardo interrogativo Mario rispose nella maniera più naturale del mondo che i suoi erano via e non aveva voglia di sprecare i riscaldamenti perché lui stava bene così. Detto questo, mi chiese di spogliarmi integralmente perché “voglio controllare se ti sei depilata pure oggi”.
Queste ispezioni capitavano spesso da quando avevo accettato di rasarmi integralmente e lui aveva iniziato a trovare carino il mio culetto sodo. Lo spogliarmi davanti a lui mi mandava in estasi: adoravo sentirmi vulnerabile e sotto la sua lente d'osservazione, oggetto del suo giudizio finalmente e non più un essere sbagliato che doveva nascondersi ed esistere solo per svuotargli i coglioni.
Quella volta, però, tentai di obiettare che faceva freddo e gli chiesi, il più educatamente possibile, se almeno potesse chiudere le finestre. Mi guardò duramente mentre rispose: “spogliati o vattene”. Era il solito suo ultimatum grazie al quale esaudiva ogni sua richiesta: non avrei mai avuto la forza di rinunciare a lui. Così anche quella volta, cedetti senza esitare. Faceva davvero freddo ed io ero nudo, con il mio amico che, vestito di tutto punto e ben coperto, mi squadrava girandomi attorno.
Malgrado la temperatura polare situazione mi eccitava come d'ordinario e il mio pisellino, dimentico del freddo, si mise sull'attenti. Lui lo notò con disappunto: “sei bella così liscia, hai un culo sodo.. pazienza se sei piatta ma quello che non sopporto è questa cosa che hai tra le gambe, che non manca mai di diventare dura. Ogni volta che penso che sei una femmina ci pensa questo cazzetto a ricordarmi che sei un frocio pervertito”.
Ero a capo chino, mortificato perché non sapevo che dire: ogni volta che si lamentava delle mie erezioni, che non riuscivo proprio a bloccare, pensavo a tutti quei racconti erotici che parlavano di impotenti. "A chi tanto e a chi niente" pensavo, perché in quei momenti, pur di accontentarlo e di sentirmi accettato, avrei dato di tutto per essere impotente e col cazzo finalmente moscio, come lui voleva. E, invece, i miei ormoni resistevano al freddo e la mia erezione si erigeva con insolenza.
Mi strappò alle mie riflessioni lui, che col tono irritato e lo sguardo divertito mi disse “stavolta ti insegno io a comportarti bene”, strattonandomi poi per il collo e portandomi quasi di peso in una stanza che riconobbi essere il bagno: mentre ero in procinto di notare che anche in quel luogo l'aria era pungente (non avrebbe potuto essere diversamente dato che la finestra era aperta) non mi accorsi di essere stato collocato all'interno della grande doccia. Fu un attimo, lo stavo guardando in volto, cercando di capire, quando Mario velocemente aprì il getto di acqua gelata che, dall’alto del doccione, mi si riversò in testa e sul corpo. Istintivamente, cercai di catapultarmi fuori dalla doccia, mossa che Mario si aspettava senz’altro: infatti era rimasto davanti a me, pronto, come effettivamente fece, a spingermi senza sforzo indietro, sotto il getto gelato.
Mi ordinò di stare lì e con la mano azionò anche il doccino, attraverso il quale diresse ovunque l’acqua gelata sul mio povero corpo: subire questo getto freddo non era facile, mi sentivo come se la pelle fosse punta da mille spilli in contemporanea, tremavo e avevo i brividi mentre lui continuava senza pietà a passare la sua arma fredda dal volto al petto ai piedi, indugiando sadicamente sul mio pisello, che oramai era ridotto ai minimi termini.
Non so quanto durò il tutto, ero talmente succube di questa scarica di freddo che continuai ad avere i brividi e non prestai attenzione quando improvvisamente cessò. Avevo il capo chino e mi fissavo i piedi quando improvvisamente la luce di un flash catturò la mia attenzione:
Fu così che mi ritrovai davanti agli occhi il mio amico, con un sorriso sardonico sul volto e in mano una macchina fotografica: “ecco, così ti volevo, guarda il tuo clitoride quanto è piccolino. Stai proprio bene, voglio ricordarti sempre così”, mi disse mentre continuava a scattare altre foto.
Senza troppo riflettere che mi aveva fotografato integralmente nudo, avevo portato lo sguardo tra le mie gambe, dove il mio pisello, moscio, sembrava fosse scomparso: era diventato talmente piccolo che era delle dimensioni dei due coglioni (o anche meno), i quali a loro volta si erano saldati al mio corpo. Non fossi stato depilato sicuramente tutti e tre sarebbero spariti tra i peli pubici.
Ero ancora stordito da tutto il freddo che avevo preso ma mi chinavo docilmente sotto la pressione della mano che mi premeva sulle spalle mentre alle orecchie mi arrivava la sua voce “sei stata brava, ora sei finalmente come ti voglio. Adesso ti riscalderò io, te lo meriti”.
Mi ero ritrovato in ginocchio nella doccia e lo osservavo in alto, tutto vestito, mentre tirava fuori il suo uccello moscio. Stavo istintivamente socchiudendo le labbra per accoglierlo ma Mario non si avvicinava come al solito, restando distante una trentina di centimetri. Lo guardai in viso con fare interrogativo quando rividi nei suoi occhi il suo sguardo un po' cattivo:
fu allora che sentii un getto colpirmi il petto e scendere fino al pisello. Non era tanto forte come l’acqua della doccia ma era deliziosamente caldo: guardai in basso e mi accorsi che il mio amico mi stava pisciando addosso. Mario doveva aver bevuto molto perché non accennava a smettere: ben presto portò il getto in su, fino al mio volto. Fu solo istinto quello che mi portò a chiudere gli occhi e aprire la bocca.
Mentre ero impegnato ad ingoiare e ad assaporare quel gusto un po' salato, non prestai attenzione al flash che mi illuminava ancora. Ingoiai fino all’ultima goccia che mi era entrata in bocca e rimasi così, inebetito, ad occhi chiusi.
Quando li riaprii mi ritrovai davanti a me il retro dello schermo della macchina fotografica digitale a ripropormi le foto che erano state scattate, ritraenti me stesso nudo, col cazzo minuscolo, mentre si capiva che qualcuno mi stava pisciando addosso. Mario rideva soddisfatto: “queste immagini le considero come un tuo regalo di Natale, piccola mia.”.
Finalmente, mi avvicinò il pisello al volto dicendomi “E ora vieni a prenderti il mio regalo”.
Un invito irresistibile al quale, come sempre, non pensai neanche fosse possibile dire di no.
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