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Gay & Bisex

Alla scoperta di Marco - Capitoli 3 e 4


di aramis2
19.04.2020    |    4.304    |    3 9.6
"Lui non poteva contenersi più a lungo e venne quando lo toccai con l’asciugamano..."
Capitolo 3 - La seconda notte.

Dopo che mi fui ripreso dal primo pompino nella sua doccia, ci asciugammo l’un l’altro. Asciugai e pettinai i suoi capelli lunghi quasi sino al culo, ma quando tentai di allacciarli in una treccia feci un lavoro così cattivo che lui mi scansò la mano e se la fece da solo.
Avrebbe voluto farla anche a me ma io obiettai che la gente sarebbe diventata diffidente se tutti e due ci fossimo presentati a colazione con le trecce, così stabilimmo di legarli in una coda di cavallo.
Mentre lo facevamo discutemmo seriamente su come esternare la nostra relazione. La risposta fu che sarebbe stato difficile. Marco pensava che i suoi genitori avessero il sospetto che lui fosse gay, ma io ero sicuro che mio papà non lo sapeva. Dannazione, fino alla notte prima non ne ero sicuro neppure io.
Decidemmo che erano affari nostri ed avremmo proseguito così.
Ormai era tardi per la colazione ed andammo ad un fast food, luogo di ritrovo di tutti i ragazzi. In fila ascoltammo i pettegolezzi, per la maggior parte erano concentrati sulla mia prestazione nella partita, poiché ero un “forestiero” era evidente che la colpa era mia. L’unico obiettivo fu Giorgio Bassi che borbottò forte (molto forte) che era il caso di parlare d’altro e ci invitò a sederci con lui e la sua ragazza. Parlammo per un po’ poi Marco andò via per l’allenamento di nuoto ed io andai a casa per studiare e guardare qualche partita.
Marco aveva promesso di venire dopo le otto quella sera e portare la cena. Io gli avevo detto di portare della birra se voleva qualche cosa da bere dato che papà controllava quello che c’era nel frigo.
Passai il resto del pomeriggio e della sera studiando, guardando calcio e guardando l’orologio. Il libro di biologia ebbe la minima attenzione, la tivù anche, la massima attenzione l’ebbe sempre l’orologio.
Mio papà teneva in grande considerazione la privacy e la nostra casa era la più protetta della città. La parte posteriore che costeggiava il vicolo aveva un’alta recinzione e papà ed io avevamo ricostruito il recinto posteriore per costruirci un’area di parcheggio ben schermata dal vicolo. Avresti dovuto essere davvero curioso per vedere chi arrivava o partiva dalla nostra casa, il che andava alla perfezione per noi due finché non avessimo reso pubblico il nostro rapporto.
Poco dopo le otto bussarono ed io quasi corsi ad aprire. Marco entrò con le mani piene di scatole di cibo cinese. Le depositò sulla tavola e ritornò alla macchina per un secondo carico. Dopo aver scaricato quella massa sulla tavola, mi afferrò per darmi un abbraccio ed un bacio.
Chiacchierammo durante il pasto, era come se ci conoscessimo da anni, ed io ero a mio agio con lui più di quanto fossi mai stato con gli altri amici. È probabile che le birre abbiano aiutato.
Dopo aver pulito la cucina andammo a guardare la partita di calcio.
Era meraviglioso! Marco conosceva lo sport più di quanto mi aspettassi. Mi sedetti in un angolo del divano e lui si accoccolò contro di me mentre guardava. Misi un braccio intorno alle sue spalle e lui passò la maggior parte della partita con la testa sul mio torace. Di quando in quando alzava la testa per darmi un rapido bacio o per accarezzarmi l’interno della coscia e strofinare una mano sul mio inguine. Io gli carezzavo il torace, gli massaggiavo un po’ i pettorali e cercavo il suo inguine durante le pubblicità. Guardavamo appena la partita e godevamo la vicinanza l’uno dell’altro. Ero al massimo della contentezza di stare là seduto lasciando che lui giocherellasse coi miei lunghi capelli e mi lanciasse baci. L’amavo.
Quando la partita finì spensi la tivù e mi girai per spegnere la lampada. Marco in un lampo fu su di me pigiando le labbra sopra le mie e penetrandomi con la lingua. Mi spinse sul divano e si sdraiò su di me, strofinandomi con forza le tette mentre tentava di toccarmi le tonsille con la lingua.
Cominciò a strisciare il suo inguine sul mio. Rotolai su di lui e cominciai a mordicchiargli un orecchio. Mi fermai solo per togliergli l’orecchino che quasi mi aveva rotto un dente e poi ripresi a mordicchiare e carezzargli il collo.
Lui si lamentò piano quando presi la sua maglietta e gliela alzai il più possibile in modo da potergli leccare il torace e succhiare i capezzoli.
Mentre scendevo sul torace con la lingua, gli slacciavo la cintura ed i pantaloni.
Quando ebbi abbastanza spazio per mettere dentro una mano, la feci scivolare sul suo inguine, gli strinsi il cazzo raso e cominciai a menarlo con un movimento circolare.
La sua respirazione diventò un po’ più ansante e cominciò a spingere le anche contro di me.
Mossi più rapidamente la mano e sentii le sue palle contrarsi, il suo uccello cominciare a gonfiarsi mentre lui spingeva verso l’alto con abbandono.
Mi afferrò i capelli e mi tirò su per baciarmi profondamente mentre sprizzava il suo sperma tra di noi.
Rotolò su di me e si alzò per aprirmi i pantaloni. Tirò fuori il mio cazzo gonfio dalle mutande, si sedette di nuovo sulle mie cosce e sorrise diabolicamente. Prese la sua lunga treccia, l’avvolse due volte intorno al mio uccello diritto e la fece scivolare intorno alla mia pulsante durezza. La sensazione era indescrivibile, quando la treccia veniva stretta e poi trascinata intorno a me quando la tirava. Abbassai una mano per carezzarmi e lui la schiaffeggiò via.
“Stai sdraiato!” Comandò.
Afferrò la treccia ad una spanna sull’altro lato del mio inguine e mi fece una sega. Tirò indietro ed avanti la treccia, indietro ed avanti. Ogni volta che allungavo una mano me la spingeva via e continuava.
Sentii l’orgasmo arrivare dal profondo della mia anima. Lo sentivo aumentare di momento in momento mentre lui continuava. Abbassò la testa per aver più treccia con cui lavorare e fare lenti e lunghi strappi che mi facevamo impazzire. La mia liberazione corse alla testa del mio uccello ed eruttò in una fontana di sperma.
“Cazzo, vengo!” Ansimai.
Il primo sprizzo prese Marco sulla fronte e lui sembrò scioccato quando il secondo lo colpì in bocca. Il terzo colpo fu sul collo e poi ne persi il conto mentre contrazione dopo che contrazione pompavo il mio carico sopra di lui.
Marco si chinò in avanti a strofinare la faccia sulla mia t-shirt mentre saliva per poter essere baciato. Afferrai la sua testa e lo baciai con forza.
“Grazie, grazie” borbottai tirandolo contro di me.
Rimanemmo sdraiati nel buio godendo uno dell’altro, stringendoci con forza uno all’altro e senza dire una parola.
Dopo alcuni minuti lui alzò la testa dal mio torace per guardarmi negli occhi.
“Credo di volere che tu mi scopi.” Bisbigliò.
“Qui? Ora?”
“No, cervello di pisello. Nella piazza della città a mezzogiorno. Evidentemente qui ed ora.”
“Come? Dove? Io non ho mai scopato nemmeno una ragazza, men che meno un uomo.”
“Lentamente, nel culo, idiota. Ed io non l’ho mai fatto prima.”
Marco si alzo e mi tirò accanto a se. Io ero ancora stordito.
“Dov’è la tua stanza?”
“Là a destra. Perché?”
Capivo di sembrare stupido ma stavo tentando di capire. Marco mormorò qualche cosa a proposito di idiota e poi mi rimorchiò nella mia camera.
Mi lasciò stupito di fronte al mio letto e poi scomparve nel bagno.
Io ero ancora dove mi aveva lasciato quando ritornò e strappò le coperte dal letto. Allargò un grande asciugamano da spiaggia sulle lenzuola e mi sorrise.
“Non voglio dormire sulle macchie di bagnato.”
Rivolse di nuovo a me la sua attenzione e mi tirò a se lentamente, poi mi spinse delicatamente indietro sul letto e si spogliò.
Sciolse la treccia, spense la luce e scivolò sul letto accanto a me.
Mi diede un tubo di lubrificante e mi disse di ungergli il culo.
“Quanto?”
“Tanto, non voglio che mi faccia troppo male.” Disse mentre rotolava sulla pancia accanto a me.
Ne presi una buona quantità con la mano e la spalmai intorno al suo ano.
Spinsi leggermente ed il mio dito scivolò nel culo, lui grugnì. Il suo culo era stretto intorno al mio dito e lo sentii tendersi e rilassarsi mentre lo muovevo.
Pensai che non ci fosse alcuna possibilità che il mio cazzo entrasse a meno che Marco fosse rilassato molto di più.
Ci volle qualche secondo ma poi spinsi un secondo dito accanto al primo. Cominciai a muoverli nel tentativo di stirargli il buco facendolo rilassare. Ero assorbito da quello che stavo facendo ed abbassai una mano per carezzarmi l’uccello mentre esploravo il suo culo con un altro dito.
“Ahem!”
Guardai Marco.
“Cosa?”
“Quando smetti di giocare, io sono pronto” Qualche secondo di esitazione e poi più piano: “Penso.”
Tolsi le dita dal culo, le annusai e mi pulii la mia mano sul suo pene.
Presi un preservativo (A scuola giravano come caramelle ed era considerato figo farsene dare una manciata, specialmente quando le ragazze stavano guardando). Marco si girò e mi tirò giù alla sua faccia.
“Sei vergine, vero?” bisbigliò. “Anch’io. Voglio sentirti dentro di me, non una verga coperta di gomma. Se volessi della gomma, avrei potuto comprare un dildo. Per favore. Penso di cominciare ad innamorarmi di te.”
Il suo modo di dire “innamorarmi di te” mi spedì un brivido. Sentii un inizio di calore nelle dita dei piedi che saliva a colpirmi in pieno nel cuore.
Lo tirai con forza nelle mie braccia e lo baciai. Questo bacio non era più desiderio ed attesa di trovare qualcuno pronto a fare sesso. Era diverso, più offerta in pagamento d’un debito, più... beh, amore.
Quella volta baciai Marco dominato dal cuore e non dai miei lombi. Dopo qualche momento lui si staccò dalle mie labbra, spalancò gli occhi confuso. Si guardò intorno come per dire qualche cosa, ma io gli misi un dito sulle labbra per farlo tacere. Quel momento era troppo prezioso per me. Vidi la comprensione nei suoi occhi ed arrossì. Sentii il calore aumentare nel suo corpo mentre il rossore si espandeva, mi tirò vicino a sé, avvolgendomi con le sue gambe e mi baciò con la stessa tenerezza che io avevo tentato di mettere nel mio bacio.
Lo strinsi in un abbraccio e ci perdemmo uno nelle braccia dell’altro.
Alla fine mi slacciai dall’abbraccio, i nostri corpi erano appiccicosi della pre eiaculazione che i nostri movimenti lenti avevano spalmato sulle nostre pance.
Marco aprì gli occhi ed implorò: “Ora!”
Mi lasciò e rotolò sopra lo stomaco. L’ultima cosa che volevo era fargli male, così misi molto lubrificante sul mio cazzo, gli aprii di nuovo delicatamente le natiche e gli lubrificai l’ano, poi lo stirai delicatamente con le dita.
Marco gemette e roteò le anche.
Mi misi a gambe divaricate sulle le sue e studiai il suo culo senza peli. Modellai le sue natiche e progettai il mio ingresso.
La posizione non mi sembrava corretta così gli misi sotto un paio di cuscini in modo che il culo puntasse verso l’alto.
Gli allargai un po’ di più le gambe e mi inginocchiai in mezzo. Lui mise le mani sul materasso e spinse indietro il culo contro il mio inguine. Lo circondai con un braccio, aveva un’enorme erezione ed io feci correre le mani agevolmente sull’uccello rasato e sulle palle mentre mi abbassavo a baciargli il culo senza peli. I suoi capelli rossi erano sciolti sulle spalle e sul materasso accanto a lui.
Appoggiai delicatamente il cazzo al suo buco. Marco si contorse un po’ e lo sentii stringere e rilassare il culo.
Con la mano libera carezzai la sua carne e le sue palle ed aspettai finché non lo sentii rilassarsi. Poi io cominciai a spingere.
Avevo spinto dentro metà della cappella quando lui mi fermò.
“Fa male?”
“Un po’, ma non è poi insopportabile. Continua”
Spinsi più forte e Marco cominciò a spingere indietro, improvvisamente fui dentro.
“Aaaaa!” ansimò.
Sentii dolore nella sua voce e stavo quasi per estrarlo quando lui disse: “Non ti muovere, lascialo lì per un po’. Il dolore dovrebbe sparire altrimenti nessun uomo avrebbe mai inculato un altro.”
Aspettai finché non mi disse di continuare e poi spinsi più forte.
Vidi altri due centimetri del mio uccello scomparire.
Lui gridò di nuovo di dolore ed io mi fermai per farlo rilassare. Quando sentii il suo sfintere rilassato applicai più pressione e scivolai dentro per altri due centimetri.
Marco stava rilassandosi e cominciava ad abituarsi alla sensazione perché iniziò a spingere indietro le natiche verso di me.
Pensando che fosse pronto spinsi in avanti e seppellii il mio uccello fino all’elsa nel suo culo. Le mie palle pelose si scontrarono con le sue noci rasate con uno ‘slam’ udibile.
Ci fu uno strillo e Marco crollò sul letto tirandomi su di sé.
Pensai di averlo ucciso. Gli carezzai delicatamente i fianchi e la nuca ed aspettai che si abituasse ad avermi dentro di sé.
Il calore del suo corpo sul mio uccello era una sensazione meravigliosa.
Sentivo la mia stimolazione aumentare e mi trovai a tremare di pregustazione.
Dopo circa un minuto disse che si sentiva bene ed io portai cautamente il mio primo colpo.
Lui non grugnì troppo rumorosamente così spinsi ancora.
Lo sentii rilassarsi così continuai a scivolare lentamente dentro e fuori. Gli afferrai l’uccello e lo sentii duro, capii che non doveva sentire troppo male. Cominciai a spingere un po’ più forte. Marco cominciò a spingere indietro contro di me mentre io cominciavo a giocare col suo pene.
Cominciai a godere la calda sensazione dell’anello del culo stretto sul mio cazzo, mi eccitai ancora di più e cominciai a pompare più forte. Lui spinse indietro con più forza contro di me, alzandosi su un braccio ed usando l’altro per masturbarsi.
Spinsi ancora più forte.
Ero completamente preso da pura concupiscenza anale. Spingevo sempre più velocemente e profondamente nel suo buco e lui rispondeva come un primitivo, si gettava indietro ferocemente al ritmo delle mie spinte ed i suoi colpi sul suo uccello divennero frenetici.
Venne prima di me, i suoi schizzi di sperma finirono in dense gocce accompagnate dal suo uggiolare d’estasi. Il suo buco del culo si strinse con forza sul mio uccello ed io sentii il mio pene gonfiarsi contro i suoi interni.
Pompai freneticamente tentando di sbattere completamente il mio uccello dentro di lui. Onda dopo onda il piacere mi attraversò, sentii lo sperma caldo sprizzare fuori da me e spargersi mentre il mio uccello nuotava nel suo calore ed io continuavo a pompare al massimo. La mia testa girava e vedevo le stelle mentre lo riempivo con tutto ciò che avevo.
Marco precipitò indietro sul letto mentre le mie ginocchia cedevano. Rotolai su di un fianco tirandolo con me e stringendolo con forza mentre lottavamo per riprendere fiato.
Volevo dannatamente baciarlo, estrassi l’uccello gonfio dal suo culo prima che si ammorbidisse.
Grugnì di dolore ma io stoppai il lamento chiudendogli la bocca con la mia.
Per la prima volta nella nostra vita ci addormentammo nelle braccio di un uomo.

Mi svegliai ad un movimento contro la fessura del mio culo ed un morbido carezzare sul mio inguine. Marco stava respirando piano mentre strofinava il cazzo contro di me.
“Fallo!” Gli dissi.
“Ti farà dannatamente male, mi duole ancora. Sei sicuro?”
“Ti è piaciuto?”
“Potrai farmelo ogni volta che vorrai, amore mio. Il dolore se ne andrà e ricorderò per sempre il piacere.”
“Fallo, Marco” Bisbigliai.
Marco mi fece rotolare sopra la schiena e si inginocchiò tra le mie gambe. Ci fu un breve senso di pressione quando spinse un dito unto nel mio culo e mi massaggiò l’ano.
Un secondo dito seguì rapidamente il primo e mi diventò rapidamente duro. Lo guardai ungersi l’uccello che continuava a gonfiarsi mentre lui diventava sempre più ansioso.
Si chinò in avanti, i suoi capelli sul mio torace, e mi baciò.
Si mise i miei piedi sulle spalle e scivolò in avanti per appoggiare la cappella al mio buco.
Mi tesi sapendo quello che sarebbe seguito e trattenni il fiato.
“Rilassati, amico, rilassati. Fingi di stare cagando. Spingi solo un po’” Bisbigliò.
L’espressione dei suoi occhi diceva che era ansioso e pronto, lo sentii muoversi mentre aspettava che mi rilassassi. Mi rilassai leggermente e lui mi penetrò.
Calcolò male la quantità di forza necessaria per entrare e la spinta iniziale ed entusiasta seppellì il suo cazzo nel mio culo sino alle palle. Sentii come se fossi stato lacerato dal buco del culo al cazzo.
Ansimai di dolore ed abbassai una mano per strappare dal mio culo il palo telefonico incastrato dentro di me.
“Mi spiace, mi spiace!” Singhiozzò Marco afferrandomi le mani e chinandosi a baciarmi il torace.
“Aspetta, aspetta un momento, il dolore passerà.”
Pensai non fosse possibile, ma faceva troppo male perché riuscissi a parlare.
Lentamente il dolore diminuì ed io cominciai a notare la pienezza che sentivo nella mia pelvi ed il calore del suo uccello nel mio tenero ano. Quando il dolore si fu affievolito lo guardai e gli dissi che poteva cominciare.
Lentamente uscì fino a metà asta e poi scivolò lentamente dentro. La sensazione di riempimento rimase ed il movimento del suo pene sulla mia prostata era strano.
I colpi si ripetevano e le sensazioni divennero più intense e piacevoli.
Poi ad ogni colpo la sensazione di piacere divenne più forte ed io guardai il mio uccello cominciare a gonfiarsi di sangue.
Avrei voluto che cominciasse a pompare più velocemente ma continuava il suo lento e continuo movimento.
Lasciai cadere un poco le gambe sulla sua schiena per fargli aumentare la velocità, serrai le caviglie ed all’inizio di una delle sue spinte lente, lo tirai profondamente dentro di me.
Comprese il suggerimento, prese le mie anche e cominciò a spingere con più velocità.
Il mio desiderio stava di nuovo aumentando e cominciai a carezzarmi il pene. Marco stava cominciando ad ansimare e pompò con più vigore.
In un secondo Marco si trasformò da persona quieta e gentile in un demonio furioso. I suo pompare divenne violento mentre si spingeva profondamente dentro di me.
Le sue palle urtavano contro le mie mentre pompava furiosamente.
Pensai che il mio cazzo sarebbe esploso mentre lo menavo spietatamente.
Lui chiuse gli occhi ed arcuò la schiena mentre raggiungeva l’orgasmo.
Sentii il suo lungo uccello espandersi contro le pareti dolenti del mio buco e rallentò mentre veniva dentro di me.
Io stavo ancora menandomelo furiosamente quando finì.
Marco guardò la mia erezione e capì che non avevo ancora sborrato.
Spinse via la mia mano e si piegò quasi in due per prendere in bocca il mio uccello. Succhiò e leccò freneticamente mentre ritirava il suo pene molle dal mio culo e cercava di prendere il più possibile del mio pene nella sua bocca.
Venni, lo sperma sprizzò nella sua bocca.
Lui sembrò sorpreso ed ingoiò instintivamente. Non riusciva a tener dietro alla sborra che pompavo e che gli uscì dalla bocca sul mio cazzo.
Quando finì di succhiarmi, leccò lo sperma dalla mia asta, strisciò sul mio corpo e mi baciò.
Il suo alito odorava di sperma. Lo strinsi forte. Continuammo a baciarci e carezzarci per un po’, poi si alzò e mi guardò negli occhi.
“Wow!” Dicemmo all’unisono.
Era una notte meravigliosa. Io non avevo mai passato una notte nel letto con qualcuno, ma la goffaggine iniziale di due corpi che si muovono nel loro sonno passò presto.
A Marco piaceva stare vicino all’altro e ogni volta che mi svegliavo, lui mi stava pigiato addosso. Se rotolavo via, lui presto mi ritornava contro. Una volta mi costrinse all’orlo del letto e piuttosto che svegliarlo, mi alzai e salii dall’altro lato. Non mi ero ancora riaddormentato che lui era accoccolato contro di me. Io ero più contento di quanto fossi mai stato. Tutto andava bene e mi sentivo realizzato. Mi piaceva accarezzarlo mentre dormiva. Lui sospirava e mi stava accoccolato più vicino. Se lo svegliavo accidentalmente, lui mi sorrideva intontito e mi dava un rapido bacio, ficcava la testa contro la mia ascella o la appoggiava sul mio torace e tornava a dormire.

Il telefono suonò alle 6 precise. Era papà e facemmo una rapida chiacchierata. Gli dissi che avrei studiato biologia per il compito del giorno dopo. Non gli dissi che era la biologia di Marco quella che pensavo di studiare.
Marco sorrise con la testa sul mio torace, continuare la conversazionale fu molto più difficile quando la sua testa scomparve sotto le coperte e lui cominciò a carezzarmi le palle con la lingua.
Papà mi ricordò di andare fuori a correre e chiuse la conversazione.
“Più tardi” Pensai mentre Marco avvolgeva delicatamente la bocca intorno al mio uccello che si stava rapidamente gonfiando.

Capitolo 4 - Il resto della storia.

Dopo quel primo weekend insieme, nostra la relazione entrò in uno stadio rilassato e tranquillo. Continuammo a frequentare la nostra cerchia separata di amici e tenemmo la nostra vita privata in comune come un segreto. Mi dispiaceva non poter ballare con lui alle feste o prendere apertamente un appuntamento e sapevo che per lui era lo stesso.
Il nostro fare l’amore ebbe una rapida evoluzione in due forme diverse.
L’“Amore difficile” quando c’era poco tempo o il rischio di essere scoperti era alto. Questi atti avvenivano in locali vuoti ed al di fuori dei luoghi normali o in una delle nostre case quando i genitori erano presenti. L’”Amore difficile” era abbastanza spesso una faccenda atletica. Un improvviso reciproco (ed affettato) amore per la pesca era una scusa accettabile per scivolare via insieme. Questo finché i laghi e le nostre chiappe non iniziarono a gelare. Il mio favorito modo personale di prendere Marco era mentre era chinato contro le mensole dell’infermeria dopo incontri di nuoto casalinghi. A Marco piaceva particolarmente quando era il suo turno in uno di questi incontri. La sua personalità divenne più dominante ed il suo concetto di vezzeggiamenti erotici in queste situazioni degenerò in un bisbigliare: “Sta fermo, baby!”
L’”Amore dolce” era quello che preferivamo e lo facevamo quando potevamo passare insieme la notte a casa mia o in qualche luogo dove potevamo non essere disturbati per lunghi periodi. Tra gli impegni medici dei suoi genitori e quelli militari di mio papà potevamo farlo almeno due volte al mese. Durante quelle notti potevamo ballare lentamente insieme o coccolarci uno nelle braccia dell’altro guardando la TV prima di andare a letto. Era un fare all’amore molto più lento e più sensuale in cui ci concentravamo a darci piacere l’un l’altro piuttosto che soddisfare un impulso di accoppiamento.
Nonostante avessi passato la prova di nuoto, ci incontravamo a casa sua, dopo la mia corsa del sabato, per una nuotata, una sessione di istruzione personale e di sesso ricreativo.
Quando correvo con papà passavamo davanti alla casa di Marco. Anche se ebbe qualche sospetto che noi facessimo qualcosa d’altro oltre al nuoto, non disse mai niente.
Era una routine di cui non ci siamo mai stancati mentre l’ultimo anno di liceo procedeva.
Io ero diventato titolare nella squadra di calcio e Marco si allenava come un matto per poter vincere il suo terzo titolo regionale di nuoto.
Il mio mondo cominciò a crollare a metà stagione di calcio, ebbi un incidente per cui i piedi andarono da una parte ed il torso dall’altra. Il dolore era incredibile. Mi rifiutai di guardare la mia gamba. L’allenatore me la drizzò con cura, io gridai e svenni.
I miei giorni nel calcio finirono ufficialmente la mattina seguente quando mi svegliai in ospedale. I dottori decisero di aspettare le vacanze di Natale per fare l’intervento al ginocchio e riparare un’ernia che si era formata durante l’estate, così due giorni più tardi stavo zoppicando per la scuola appoggiato ad un bastone. Il ginocchio faceva dannatamente male. Fortunatamente diedi solo la metà della mia riserva di pillole anti dolore all’infermiera della scuola, ne tenni una tasca piena per aiutarmi ad alzarmi e salire le scale.
Le mie opportunità di stare con Marco aumentarono dato che lui si offrì di accompagnarmi a scuola ed aiutarmi con la terapia fisica. Invece di nuotare con lui ogni sabato, facevo la “terapia” nelle calde acque della vasca calda.
Fare l’amore divenne maggiormente una sfida per come cercavamo i modi per non mettere pressione o torcermi il ginocchio. Se non altro, Marco si sorpassò in creatività, ma essere piegato sul tavolo di cucina mentre Marco mi infilava non era mai stata la mia situazione preferita.

Due settimane prima dell’operazione programmata, mi svegliai gridando di dolore. Il papà corse, mi vide piegato in due sul letto e chiamò l’ambulanza. La mattina dopo mi trovai in ospedale senza l’appendice. Il dottore mi informò che mentre stavano rimuovendola, era anche intervenuto sull’ernia ed aveva spostato l’operazione al ginocchio a quella sera.
“Ora che ti abbiamo qui dovevamo aumentare la percentuale di utilizzo della stanza.” Ridacchiò lui, ma non io.

Marco venne con mio papà dopo la scuola e parlammo un po’. Il papà aveva un volo quella sera ed andò via poco dopo. Appena se ne fu andato Marco sbirciò nel corridoio e ritornò per darmi un rapido bacio. Fece scivolare una mano sotto le coperte, ma io l’implorai di fermarsi.
“E’ dove mi fa più male! E’ come se mi avessero lasciato mezzo tagliato laggiù. Se mi fai alzare spargerò gli intestini sul letto.”
“Diamo una sbirciatina rapida”
Tirò indietro il lenzuolo ed alzò il bordo del grembiule. Diede un’occhiata rapida e scoppiò a ridere. Le lacrime gli scendevano dagli occhi mentre barcollava verso una sedia e si sedeva con lo sforzo vano di riprendersi.
Mi alzai un po’ per vedere cosa c’era di così divertente ed ansimai. Ero abbastanza peloso ed in questo caso, “ero” era la parola giusta. Dall’ombelico alle ginocchia qualcuno mi aveva rasato. Una foresta spessa di peli sul torace si trasformava improvvisamente in una pianura di pelle pallida attraversata da due serie di punti chirurgici per poi continuare finché la foresta ricominciava sulle ginocchia. Inorridii. Il mio cazzo nudo e le mie palle sembravano una brutta ricrescita violacea che scoccava fuori dal mio inguine. Quello che sembrava tanto attraente in Marco era brutto su di me. La sua risata quasi isterica non mi aiutava.
Quando finalmente riprese il controllo ritornò da me e delicatamente mi coprì. Nonostante il dolore e l’imbarazzo sentii che mi diventava duro. Mi faceva male!
“Tu hai sempre succhiato un cazzo liscio e pompato un culo senza peli. Finalmente ho l’opportunità di provarlo” Bisbigliò.
“Pensa... Niente peli che mi si conficcano tra i denti. Sarà meglio che tu guarisca velocemente!”
Proprio allora il chirurgo entrò, mi mostrò la lastra e mi disse come avrebbe fatto a ripararmi il ginocchio.
“Ti terremo qui per un paio di giorni per vedere se il ginocchio si gonfia, uno per avere la possibilità di preparare dei ferri speciali ed uno per assicurarci che non ci siano problemi per l’ernia e l’operazione di appendicite. Sarai fuori di qui venerdì e lunedì potrai tornare a scuola. Da Natale avrai meno dolore al ginocchio e dalla fine di gennaio il dolore dovrebbe quasi sparire. Dovrai portare i ferri per i prossimi otto mesi”
“E la terapia?” Chiese Marco: “Io ho una piscina riscaldata, può aiutare il nuoto?”
“Preparerò un piano che dovrà seguire. Ma dopo due settimane potrà aggiungere qualche esercizio che gli piaccia. Il ginocchio gli farà sapere quando smettere.”
Il dottore andò via ed entrò un infermiere che tirò indietro le lenzuola e rase il resto della gamba che dovevano operare. Se pensava che la mia metà del corpo rasata sembrava divertente, tenne i suoi commenti per se.

L’operazione andò meglio di quanto mi aspettassi. A confronto col mese precedente il dolore non era proprio insopportabile.
Il giorno dopo Natale chiamarono mio papà annunciandogli che avrebbe dovuto andare ad un’esercitazione e sarebbe stato via un mese.
Marco venne il mattino seguente con la scusa di aver comprato del cibo per me, bussò alla porta con un carico di panini. Seduti a tavola notò che continuavo a grattarmi l’inguine.
“Ora sai perché mi rado.” Rise: “Sarà peggio per un’altra settimana, se poi ci sono dei peli incarnati potrà essere doloroso.”
“Se continua a prudere così, sarà meglio che mi rada”, gli dissi sopra pensiero.
“Dopo!” Gridai.
Ma era tardi. Marco era scomparso e ritornò sorridendo. Rasoio ed asciugamani pronti ed un cattivo ghigno sulla faccia.
Non potevo scappare, col ginocchio che mi ritrovavo mi avrebbe preso subito. Mi sostenne andando verso il divano ed in un momento mi tolse i pantaloncini. Mi spogliò delle mutande e mi guardò.
“Povero bambino”, tubò.
Fece correre una mano sul mio inguine ed io la sentii raspare sulla pelle. Rapidamente si riempì la mano di crema da barba e la massaggiò sopra uccello e palle. Mi piaceva ed io allargai le gambe mentre il mio pene saltava sull’attenti. Erano tre settimane che non mi toccavo il cazzo se non per scrollarlo. Per la prima settimana quell’area del mio corpo era troppo tenera e Marco ed io non avevamo avuto alcuna opportunità di stare da soli nelle ultime due. Ero così pronto a venire che probabilmente l’avrei fatto se avessi tirato su troppo rapidamente la mia chiusura lampo. Marco mi tormentò mentre mi radeva l’inguine, cazzo e palle furono pulite. Ogni volta che io pensavo di stare per sborrare, lui si fermava ed aspettava che mi calmassi. Ancora ed ancora lasciò che la mia eccitazione salisse e poi cadesse. Quando rase l’area tra le palle e l’ano, pensai che sicuramente finalmente mi sarei liberato. Marco lo sentì e mi spremette l’uccello con forza finché la sensazione non passò.
“Per favore Marco, mi stai uccidendo.”
Lui si limitò a ridacchiare e rase l’interno delle cosce. Poi mi insaponò lentamente e mi rase di nuovo.
“Solo per non lasciare niente” Disse tra di sé.
Quando ebbe finito mi pulì e mise via il tutto.
Lo guardai stupito mentre riportava via gli attrezzi. Quando ritornò e si sedette vicino a me, io ce l’avevo di nuovo molle.
“Sei un vero cazzone!”
Ringhiai e mi afferrai il pene flaccido.
Lui afferrò la mia mano e la forzò via. Afferrò la sua treccia e ne tenne l’estremità così che potessi vedere i cinque centimetri finali sotto il nastro di gomma. Se la guardò e mi guardò maliziosamente.
“Ci ho pensato l’altra notte e l’ho provato su di me. Ci vuole un po’ ma, ragazzi, ne vale la pena!”
Senza dire un’altra parola mise l’estremità della treccia tra le mie gambe e la strisciò contro la mia coscia.
Il mio pene barcollò e le mie gambe si allargarono.
Senza peli la mia pelle era incredibilmente sensibile. La sua treccia era così lunga che penzolava sempre tra le mie gambe quando lui mi succhiava fino a che i miei peli strisciavano contro di lui quando arrivavo.
Era molto eccitante per noi, ma questo era molto più erotico.
Toccò leggermente con la fine della treccia la parte inferiore del mio cazzo e vi strisciò sopra fino alla cima. Il mio uccello formicolò al tocco.
Aspettò finché la mia verga cominciò a diventare flaccida e poi carezzò tra il culo e le palle. L’uccello saltò eretto così velocemente da farmi male.
Per i minuti seguenti mi carezzò con la treccia, facendo una pausa per farmelo abbassare. Il mio cazzo senza peli era così sensibile, il solo tocco di uno o due capelli mi portava all’orlo di un orgasmo, poi Marco si fermava ed aspettava il crollo inevitabile.
Finalmente mi guardò negli occhi e disse: “Pronto?”
Ringhiai.
“Sono pronto da 20 minuti, bastardo!”
Lui respirò forte, mi carezzò il cazzo con la treccia ed aspettò che fosse completamente eretto.
A me quella cosa nuda e povera sembrava gonfia e frustrata.
Lui sorrise perversamente e si chinò in avanti.
“Marco il grande ora dimostrerà come far sborrare un uomo sul suo divano. Guarda, senza mani!” Intonò con forza.
Poi corrugò le labbra e soffiò dolcemente sul mio uccello. Mi stupii. Cosa cazzo era! Finalmente c’ero e se non mi avesse masturbato sarei impazzito.
Tornò a corrugare le labbra e soffiò di nuovo, addirittura più leggermente.
Le mie cosce si contrassero subito e le mie gambe divennero rigide. Una fitta di dolore attraversò il ginocchio malato e poi scomparve mentre i muscoli del culo si contraevano e le palle sbattevano contro il mio cazzo spedendo sperma verso la cappella. La mia spina dorsale si inarcò mentre ogni muscolo della mia schiena tentava di spingere le mie anche verso il soffitto.
Di solito facevamo l’amore silenziosamente, solo aneliti e qualche esclamazione, avevamo imparato a contenerci, non potevamo gridare “Oh mio Dio, vengo! Agggggg! Ungggg!” Mentre Papà giocava a poker coi suoi amici nel soggiorno e Marco ed io, per loro, stavamo giocando col PC.
Strinsi i denti mentre tutto il mio corpo si dedicava a gettare un paio di milione di cellule di sperma verso la loro morte nell’aria aperta.
“Oh mio Dio, vengoooo! Agggggg! Ungggg!” Gridai.
Un sprizzo dopo l’altro di sperma si inarcò verso l’alto. Tre settimane di frustrazione sessuale alimentavano le mie anche che spingevano continuamente il bacino in aria.
Vidi il mio cazzo diventare rosso brillante per lo sforzo e schizzi di sborra cadere sul mio inguine nudo, sopra il mio stomaco ed il mio torace.
Gli spasmi continuarono anche dopo che tutto lo sperma era fuoriuscito. Alla fine il mio uccello torturato cedette e mi adagiai col bacino coperto di sperma.
La schiena mi doleva e le cosce si rilassarono rapidamente, pensai che mi sarebbero venuti i crampi.
Rimasi accoccolato sul divano, troppo esaurito per muovermi. Ogni parte del mio corpo era iper sensibile ed anche i denti mi facevano male.
Vidi Marco alzarsi lentamente e misi una mano dietro la sua schiena.
Con l’altra mano presi l’estremità della treccia come fosse un burattino, lui ed il burattino fecero un profondo inchino ad un pubblico immaginario.
“Grazie, grazie, signore e signori. Il prossimo spettacolo alle undici.”
Mi ci volle un quarto d’ora per alzarmi dal divano.
Quando mi fu possibile feci una treccia coi miei capelli.
Le sue mani tremavano pregustando mentre muoveva le mani attraverso i miei capelli. Sapeva cosa stava per accadere ed aspettava con ansia che finissi di radergli l’inguine.
La mia vendetta venne quando finii la rasatura e lo stavo asciugandolo. Lui non poteva contenersi più a lungo e venne quando lo toccai con l’asciugamano. Era furioso con se stesso ed era ancora più arrabbiato con me perché aspettai un’altra settimana intera prima di fare il “Trucco Magico” della treccia su di lui.

Il seguito dell’anno fu positivo, ci iscrivemmo alla stessa università ed avremmo frequentato le stesse lezioni.
In quel periodo penso che papà cominciasse a capire quello che stava succedendo perché Marco ed io lo vedemmo coi suoi genitori a cena in un ristorante di lusso.
Facemmo una frettolosa ritirata prima che ci vedessero e mangiammo invece al fast food.
Quella sera lo sentii entrare nella mia stanza e sedersi sul mio letto. Avevo così paura di quello che stava per dire che finsi di essere addormentato. Lui mise una mano sulla mia testa e mormorò leggermente: “Ti amo figliolo. Spero che tu trovi la felicità che tua madre ed io abbiamo condiviso per 15 anni. Mi è difficile credere che la felicità verrà da un uomo, ma forse io sto cominciando ad essere vecchio ed anche legato ai pregiudizi del passato. Per favore ricordati, qualsiasi cosa io faccia o dica, io ti amo.”
Poi silenziosamente lasciò la stanza. Io aspettai un’ora prima di andare nella sua stanza.
“Ti voglio bene, papà” Dissi e ritornai nella mia stanza.
Due mesi più tardi papà rimase ucciso in un difficile atterraggio di fortuna, l’espulsione del seggiolino non funzionò. Io ero a lezione di fisica quando il preside entrò nell’aula e fece segno all’insegnante. Io non pensai a nulla finché non mi guardò con lacrime negli occhi. Uscii dal mio posto ed andai col preside nel suo ufficio dove c’era un colonnello, un cappellano ed un infermiere che mi stavano aspettando.

Non sarei scampato al mese seguente senza Marco, ma al momento non l’apprezzai. Fu lui ad occuparsi di tutto mentre io rimanevo nella mia stanza a fissare muro, mi spiegò che l’assicurazione avrebbe pagato e gli investimenti di mio papà, oltre alla sua assicurazione sulla vita mi davano le risorse per pagarmi gli studi. Andai a scuola ogni giorno perché non c’era niente altro da fare ed ogni giorno Marco camminava con me, con un dolore che non notai mai.
Ogni sera di sedeva con me sul divano della mia casa finché alla fine non mi alzavo e lo lasciavo là per andare a letto là. In altre parole ero uno stronzo completo e lo trattavo come spazzatura.
Marco ed io non facemmo sesso in quel periodo.
Arrivò la maturità e passò, i genitori di Marco si trasferirono in Riviera dove aprirono un nuovo studio medico dando per scontato che quando noi due ci fossimo laureati in medicina ci saremmo trasferiti là anche noi. Marco continuava a curarmi senza mai lagnarsi.
Alla fine, una sera di giugno, scivolò contro di me sul divano, mi baciò piano e bisbigliò: “Per favore ritorna da me.”
C’era un singhiozzo nella sua voce.
“Non sono pronto a ritornare con qualcuno! Non con te! Con nessun altro! Perché non mi lasci in pace.” Ringhiai.
Marco mi guardò addolorato e disse accalorato: “Ricordo quando eravamo più importanti di quanto ci circondava, Voglio che tu mi guardi e pensi a qualcun altro che non sia te. Sono mesi che non mi tocchi.”
Qualche cosa scattò in me.
“Tu vuoi essere toccato!” Gridai “Io ti toccherò!”
Balzai in piedi e gettai Marco sul pavimento. Gli strappai i pantaloncini, mi piegai e gli presi in bocca l’uccello.
“Com’è essere toccato così”
Gridai mentre gli stringevo l’uccello e le palle con le mani. Sentii il mio cazzo congestionarsi per la prima volta da quando papà era morto. Poiché Marco non diventava duro sotto le mie mani, mi tolsi i pantaloncini e mi carezzai rudemente il pene per farlo erigere completamente. Gli alzai le cosce e posizionai il cazzo vicino al suo culo.
“Sto per incularti tanto violentemente che non vorrai più andare con un uomo!”
Stavo per sbattergli dentro l’uccello quando alzai lo sguardo alla sua faccia. Gli grondavano lacrime dagli occhi, ma le lacrime non mi avrebbero fermato nello stato in cui ero. Quello che mi fermò fu il terrore nei suoi occhi. Gli occhi che non avevano mai mostrato altro che amore per me, ora non mostravano nient’altro che paura. L’odio non mi avrebbe fermato dal fargli male. Né mi avrebbe irritato. La cosa che non potevo improvvisamente sopportare era vedere che aveva paura. La mia mente mi gridò che l’unica persona al mondo che avevo amato ora era terrorizzato da me.
Scoppiai in lacrime e seppellii la faccia nelle mani, mi acquattai sul pavimento a singhiozzare.
Un tocco leggero sulla mia spalla mi fece alzare lo sguardo. Marco era inginocchiato vicino a me. Lo guardai in viso, c’era ancora paura, ma io vidi anche amore.
L’afferrai e lo tirai a me in un abbraccio, grugnì mentre lo schiacciavo contro di me e bisbigliavo: “Dio, come mi dispiace!” e l’abbracciavo e piangevo sulla sua spalla.
Lo baciai piano e lo lasciai andare.
Lo guardai e dissi: “Penso di aver dimenticato quanto ti amo, Marco. Ti amo troppo ma sento di aver dimenticato come dimostrartelo. In questi mesi amavo averti vicino, ma non riuscivo a dirti quanto e non ricordavo come fare a darti l’amore che tu volevi. Lo so che sto balbettando ma io ti amo e...”
Smisi di parlare perché Marco stava baciandomi e piangendo. Anch’io cominciai a piangere, ci stringemmo e piangemmo uno nelle braccia dell’altro.
“Bentornato a casa, amore mio!” Singhiozzò.

Quando smisi di piangere mi asciugò gli occhi mentre io asciugavo i suoi. Mi chinai in avanti per baciarlo e lui bisbigliò: “Sei pronto?”
“Sì.” Fu tutto quello che riuscii a dire.
“Allora lasciami mostrare quello che voglio che tu faccia per me per il reso della tua vita.”
Mi tirò in piedi e mi condusse nella mia stanza.
Per le due ore seguenti Marco si dedicò ad amarmi. Cominciando lentamente lo fece completamente. Non c’era parte del mio corpo che non fosse stata baciata o accarezzata. Mi massaggiò gambe, schiena e fianchi. Mi penetrò davanti, di lato e di schiena. Mi succhiò l’uccello, lo masturbò coi suoi capelli, con le sue mani e mi strofinò fino a godere sul suo stomaco mentre ci carezzavamo. Tutto così lentamente e delicatamente come non avevo mai avuto da lui.
Quando pensavo che avesse finito, lo baciai e cominciai a rendergli i favori.
Lui mi fermò e disse piano: “Aspetta amore!”
Mi succhiò violentemente e quando ebbi sborrato mi tirò via dal letto in modo che le ginocchia stessero sul pavimento. Stava per penetrarmi ma poi pensò di non poter dare sufficiente spinta, allora mi curvò sulla scrivania e mi scopò duramente. Così duramente che pensai che il suo cazzo mi sarebbe arrivato in gola e mi avrebbe rotto i denti.
Poi mi fece alzare contro il muro, braccia e gambe allargate e mi inculò di nuovo.
Alla fine mi gettò sul letto e mi succhiò con tale entusiasmo che pensai che le mie palle sarebbero state risucchiate nel mio uccello.
Restammo sdraiati insieme per alcuni minuti per riprendere fiato. Io ero quasi addormentato quando lui mi baciò e cominciò a leccare scendendo verso l’inguine.
“Fermati, fermati! Cedo!” Dissi.
Lui mi guardò sollevato.
“Grazie a Dio! Sei stato insaziabile. Volevo continuare fino a quando avresti resistito, ma non pensavo che saresti durato così a lungo. Sono fottutamente distrutto.”
“Bella maniera!” Gli dissi mentre lui si annidava nelle mie braccia, ma non sentì, era già addormentato.
Dormii bene per la prima volta da quando papà era scomparso. Improvvisamente ero di nuovo contento.
Mi svegliai poco prima dell’alba ed andai in bagno. Non ero così indolenzito come avrei pensato ed anche il ginocchio non mi faceva male nonostante il duro trattamento.
Marco era disteso sulla schiena a braccia e gambe allargate nella fase “sto quasi per svegliarmi”. Mi sedetti vicino a lui e lo carezzai leggermente. Era coperto di peli! Gli sentii braccia e gambe, erano pelose! Anche il suo torace aveva una lanugine rossastra. Non si radeva da mesi. Dopo quel primo fine settimana, l’avevo raso una volta alla settimana ed ora era ovvio che lui non si era raso da... quel giorno.
Ritornai nel bagno e feci una treccia coi miei capelli. Non era come quella di Marco ma sarebbe andata bene per quello che volevo fare.
“Prima le cose principali” Riflettei guardando il suo uccello e l’inguine coperti di peli. Non avevo mai fatto un pompino ad un ragazzo con peli sull’inguine e Marco cominciò a svegliarsi quando gli leccai il cazzo. Mi implorò di aspettare fino a dopo che avesse pisciato e minacciò di pisciarmi in gola se mettevo di nuovo lì la mia bocca.
Lo feci alzare piano dal letto, era ancora piuttosto intontito mentre lo conducevo in bagno. Quando ebbe finito lo feci sdraiare sul pavimento e cominciai a leccargli lentamente le palle e l’uccello fino a che non divenne duro.
Ce l’aveva abbastanza grosso da non permettermi di prenderlo tutto in bocca così per la maggior parte del tempo usavo una mano come aiuto per trattarlo “nella maniera opportuna”.
Questa volta leccai e succhiai su e giù la sua asta mentre lui si contorceva sul tappeto. Quando i suo lamenti divennero un po’ più forti sentii i muscoli delle gambe che cominciavano a tendersi e gli feci scivolare un dito nel culo per finire l’atto.
Lui afferrò la mia testa per trattenerla mentre sgroppava le anche e mi fotteva la faccia.
Ingoiai il suo sperma che emergeva velocemente dal suo uccello, lui mi fissava mentre pompava la sborra nella mia bocca. Ingoiai. Ingoiai il primo fiotto poi sputai il resto sul suo stomaco e lo pulii con la lingua.
Dopo un rapido bacio cominciai il passo seguente del mio piano architettato per lui quella mattina. Trovai il rasoio, lo massaggiai e lo rasai contemporaneamente. Gemette di piacere e si lasciò cadere nella sonnolenza mentre rasavo e massaggiavo i suoi muscoli stanchi.
Si svegliò completamente quando cominciai con l’inguine. Rasai con attenzione lo scroto e la striscia appena visibile di peli rossi dal culo alle palle. Quando finii col cazzo era pronto per qualsiasi cosa e cominciò a strofinarsi le cosce in attesa.
Presi la fine della mia treccia e gliela mostrai, lui indovinò quello che stava per accadere e gli diventò duro quasi immediatamente.
Era passato tanto tempo da quando si era rasato che si era dimenticato come sarebbe stato sensibile il suo corpo.
Cominciai dal collo e spostai lentamente la treccia sul torace, attraverso i capezzoli e verso le ascelle. Ci volle mezz’ora di tittillamenti per arrivare al suo ombelico e lui gemette e si dimenò per tutto il tempo. Ci volle tanto perché mi fermai lungo la strada per aspettare che la sua durezza cessasse. Passai ai suoi piedi e strisciai sul suo corpo.
Alla fine lo feci venire quando carezzai con la treccia il percorso dalle palle al culo senza avergli mai toccato il pene, era torturato dalle convulsioni ma per gli sforzi della notte non c’era praticamente sperma.
Aspettai un po’, poi trascinai l’estremità della treccia sul cazzo flaccido. Si indurì di nuovo ed io passai un’altra mezz’ora a toccarlo lentamente con la treccia finché non venne di nuovo, addirittura più violentemente della prima volta.
Lo condussi al letto e lo scopai il più lentamente possibile. Tenni lontane le sue mani dalla sua carne. Quando sentii che il mio orgasmo era imminente, avvolsi una mano nella mia treccia e cominciai a carezzarlo.
Venimmo contemporaneamente ed i nostri spasmi di brividi divennero sempre più forti finché non ci lasciammo cadere sul letto esauriti.
Lo baciai e carezzai finché non lo sentii indurirsi di nuovo. Lo condussi di nuovo in bagno, lo feci sdraiare sul pavimento, presi un rasoio nuovo e lo rasai di nuovo.
Quella sera ci coccolammo sul divano guardando un vecchio film. Quando finì lo baciai dolcemente sulle labbra e gli dissi di chiudere gli occhi. Quando lo fece, presi dalla tasca la fede di mia madre e gliela feci scivolare sul mignolo sinistro.
I suoi occhi si spalancarono colmi di lacrime. Gli diedi la fede di papà.
Lui stava tremando visibilmente e le sue mani tremavano tanto che non riusciva a far scivolare l’anello sul mio dito. Lo tenni stretto fino a che le lacrime ed il tremore non cessarono, poi bisbigliai che dopo l’università gli avrei comprato un diamante, se fossi riuscito a trovarne uno degno di lui.
Si morse un labbro e le lacrime ripresero, poi si precipitò nella stanza degli ospiti dove aveva dormito durante la mia crisi.
Ritornò un minuto più tardi con una vecchia scatola di gioielleria.
“Questi erano della mia nonna, la mamma me li diedi quando le dissi di noi.”
Nella scatola c’erano degli orecchini di smeraldo antichi, Marco mi tolse il mio orecchino e lo sostituì con lo smeraldo. Si tolse un cerchietto d’oro riccamente ornato dall’orecchio e lo mise al mio altro orecchio.
Al posto del cerchietto mise l’orecchino di smeraldo.
“Finalmente.” Sospirò: “Siamo una coppia perfetta.”
Mi guardò profondamente negli occhi ed attraverso le lacrime disse: “Ti amo!”
Lo baciai dolcemente e risposi: “Ti amo, sono tuo per sempre.” SEGNA

Una mano sul mento mi fece uscire dal mio sogno ad occhi aperti. Guardai la sua faccia.
“Dove eri? Sembravi lontano un milione di chilometri!” Chiese con un dolore lancinante di gelosia.
“Stavo ricordando i nostri anni al liceo e la notte che ci sposammo.” Gli dissi mentre gli carezzavo amorosamente il cazzo tentando di capire quanto fosse vicino all’orgasmo.
‘É abbastanza vicino’ pensai.
Afferrai la lunga treccia che portavo solo per questo scopo e l’avvolsi intorno al suo pene come lui aveva fatto anni prima avvolgendola intorno al mio.
“Allora sei perdonato, ma torniamo alla questione.”
Grugnì mentre io spingevo con forza. Continuai a spingere andando più profondamente e prendendo il ritmo mentre mi sentivo arrivare alla liberazione, anche Marco lo era, il tempismo era tutto ed io lavorai con forza in maniera che i nostri orgasmi fossero simultanei. Il mio spingere si trasformò in un pompare mentre sentivo aumentare la pressione nel mio inguine. Resistetti finché fu possibile e quando la pressione divenne insopportabile, afferrai la treccia e tirai.
I lunghi capelli avvolti intorno al suo cazzo scivolarono agevolmente nel cappio che avevo fatto sul suo uccello stringendo mentre aumentavo la tensione. Spinsi un’ultima volta il più profondamente possibile mentre strappavo la treccia dal cazzo. Ringhiammo tra i denti mentre venivamo. Pensai che il mio uccello sarebbe scoppiato dentro di lui mentre convulsione dopo convulsione di piacere, pompavo il mio sperma nel suo culo.
Il suo orgasmo sparò in cielo lo sperma per precipitare poi sul suo torace e sulla faccia mentre la schiena si inarcava e lui spingeva le sue anche in aria.
Strofinai la sborra sul suo torace senza peli e giocai con l’estremità sensibile del suo uccello mentre mi diventava molle dentro di lui.
Lui si contorse, io mi estrassi, mi sdraiai accanto a lui e ci accoccolammo insieme.
Il giorno seguente le nostre vite sarebbero entrate in una fase nuova, avremmo raggiunto i suoi genitori.
Marco mi guardò e sorrise.
“Era tanto tempo fa. Due anni di liceo, università, internato...”
Vedevo gli anni accumularsi sulla sua testa e lo fermai con un bacio.
“Io vivo solamente per il futuro”, gli dissi.
“Stronzo. Tu vivi solamente per il sesso.”
Mi baciò leggermente e poi si sdraiò per dormire. Io aspettai pazientemente finché non fui in grado di sistemare braccia e gambe per avvolgerlo. Quando finalmente il suo respiro mi disse che si era addormentato, baciai la sua fronte e gli dissi, come avevo detto ogni notte per più di otto anni: “Ti amo, sono tuo per sempre.”
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