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Gay & Bisex

La primissima volta con un amico


di Jesuici
06.01.2024    |    127    |    0 8.7
"Io provavo piacere a sentire il suo bastoncino duro andare su e giù nel mio buchetto appena sverginato..."
Era un pomeriggio piovoso di novembre. Ero andato a giocare da un mio amico e, contrariamente al solito, eravamo restati da soli. Avevo undici anni e lui uno meno di me. Mentre stavamo giocando senza troppa convinzione, non ricordo a cosa, la conversazione andò verso curiosità sessuali. Ad un certo punto decidemmo di tirar fuori il pisello solo per guardarlo. Il mio era già un po’ cresciuto rispetto al suo che era ancora quello da bambino. Lui lo notò e io gli dissi che mi si rizzava spesso anche quando non lo strusciavo. Mi rivelò che anche a lui succedeva la stessa cosa. Io avevo imparato a masturbarmi da un altro amico. Godevo, ma ancora non sborravo. Gli chiesi se voleva vedere mentre lo facevo. Lui acconsentì. Eravamo tutti e due emozionati. Io mi calai pantaloni e slip per muovermi meglio. In casa faceva un po’ freddo, ma a causa dell’eccitazione la cosa non mi disturbava.
Cominciai a strusciare il pisello che diventò quasi subito ritto. Lui lo guardava con attenzione e cominciò a strusciare il suo. Gli dissi dí abbassarsi anche lui i pantaloni e lo slip, cosa che lui fece senza dire niente. Anche il suo pisello si indurì presto. Ci mettemmo uno di fronte all’altro, molto vicini. Le gambe si toccavano ma lasciavamo lo spazio per masturbarci.
Ad un certo punto lui disse: “proviamo a fare come si fa con le troie?” e subito dopo averlo detto si diresse verso il suo letto. Mi chiese: “Provo prima io a farlo con te? Tu ti appoggi al letto e fai la troia e io ti scopo”. Molto incuriosito e insieme eccitato, mi appoggiai al letto in modo che fosse più facile per lui entrare dentro il mio buchetto che qualche volta aveva già preso parte del mio dito indice. Sì bagnò con la saliva il pisello che si vedeva bene che era durissimo. La pelle non era scesa dalla cappella. Lo appoggiò delicatamente sul buco. Il calore e la durezza mi fecero venire voglia di farlo entrare. Lui cominciò a spingere. All’inizio sentii un po’ male e gli dissi di fermarsi. Poi riprese a spingere ed entrò tutto. Allora cominciò ad andare avanti e indietro e ogni tanto mi diceva: “Sei una troia“. Io provavo piacere a sentire il suo bastoncino duro andare su e giù nel mio buchetto appena sverginato.
Lui continuò per un po’ continuando a dirmi di farmi scopare, che ero la sua donna e che mi voleva chiavare sempre. Ad un certo punto chiesi di cambiare perché volevo metterglielo io nella fica. Lui lo sfilò dal mio buchetto e quando si appoggiò al letto mi eccitò tantissimo vedere per la prima volta un culetto nudo e disponibile. Gli allargai le chiappe per vedere meglio dove appoggiare la cappella. Cominciai a spingere. Lui sentiva male. Allora mi bagnai le dita con la saliva e gli accarezzai il buchetto. Ripresi a spingere e piano piano riuscii a infilarlo tutto. Sentii un grande piacere e cominciai ad andare avanti indietro piano piano. Non dicevo niente tanto ero preso dalla novità di quel godimento. Lo stringevo a me sempre più forte mentre acceleravo il ritmo della scopata. Alla fine godetti mugolando dal piacere. Il mio cazzetto sì ammorbidì e scivolò fuori. Senza dire niente mi misi a pecorina e lui, dopo essersi strusciato un po’ per farselo rizzare di nuovo, me lo rimise dentro cominciando a muoversi velocemente fino a godere dopo poco. Eravamo entrambi accaldatissimi. Ci tirammo su slip e pantaloni in silenzio. Dopo breve tempo cominciammo a giocare come se niente fosse successo.
Da allora, per tutto l’inverno, capitò dì essere soli altre due volte e, ogni volta, feci un cenno del capo e uno sguardo significativo che lui capì subito calandosi i pantaloni e gli slip. La seconda volta fui io il primo a prenderlo dietro. Ci scambiammo più volte la posizione. Lui fu il primo a godere, poi fu il mio turno. La terza volta lo facemmo sdraiati sul letto e a turno, quando eravamo distesi l’uno sopra all’altro, ci dicevamo: “allarga la fica per farlo entrare meglio”, “dai troia, fammi godere”. Quella volta lo feci godere insieme a me perché mentre lo scopavo gli strusciavo il cazzetto durissimo e lui mi lasciava fare.
Arrivò la bella stagione e dopo non ne riparlammo più.
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