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Le confidenze di Gabri parte IV


di Oldplace
23.07.2019    |    5.882    |    1 8.8
"  Ogni volta che incontrava un uomo il suo sguardo andava alla patta e solo dopo si alzava verso gli occhi..."
Le confidenze di Gabri - Parte IV
Marco abitava vicino a casa sua e al piano terra della sua abitazione aveva un garage, usato anche come magazzino, con la saracinesca, di giorno, sempre aperta. 
Un mattino, siamo ancora all'estate dell'iniziazione, passando lì davanti, Gabri vide all'interno l'amico indaffarato attorno a un motorino ed entrò. Marco alzò gli occhi e alla vista dell'amichetto sorrise sornione invitandolo ad entrare. Gli diede un bacino sulle guance chiedendogli che ci facesse lì. "Ti ho visto e sono entrato" fu la sua semplice risposta. Lo sguardo del ragazzino era andato alla patta, ed ebbe l'impressione che si stesse gonfiando. L'altro se ne avvide e la reazione del suo uccello fu proprio quella che Gabri stava immaginando. "Lo vuoi?" gli chiese. "Vieni", aggiunse, e lo portò in fondo al magazzino, dietro a un mucchio di attrezzi agricoli. Cominciò a toccargli il culetto mentre lo sbaciucchiava e poi si tirò fuori l'uccello guidandogli con una mano la testa  verso l'inguine. Gabri non si sottrasse all'invito e cominciò a succhiare come già aveva imparato a fare bene sia con lo zio che con lo stesso Marco. Leccava quel bell'uccello sollevando ogni tanto gli occhi per vedere il viso soddisfatto del ragazzo  che ad un certo momento lo tirò su, lo girò di spalle e gli abbassò i pantaloncini mettendogli allo scoperto il culetto. Lo fece chinare in avanti, gli bagnò il buco con la saliva e adagio adagio cominciò ad infilargli dentro l'uccello. "Ti piace il cazzo, vero Gabrié?" "Sì", rispose con un filo di voce il ragazzino, suonandogli però un po' male la parola "cazzo". Lo zio diceva invece abitualmente "uccello" e con lo stesso appellativo lui pensava ad esso...

Gli capitava spesso di passare da quel magazzino, ma non per caso. E se c'era l'amico si avviava direttamente verso l'interno, dietro al mucchio di roba che impediva la vista dall'esterno. E non aspettava che gli si dicesse per abbassarsi i pantaloncini e perché si chinasse per offrire il culo. Tutti quegli incontri nel magazzino si svolgevano sempre nello stesso modo: Gabri andava nel retro, si abbassava i pantaloni, senza sfilarseli completamente e lo stesso faceva Marco perché potessero ricomporsi velocemente se fosse inaspettatamente entrato qualcuno. Tenendolo saldamente per i fianchi, Marco lo scopava velocemente e gli si scaricava dentro. Ripieno del suo sperma, Gabri tornava a casa per ripulirsi e spesso le sue mutandine portavano le tracce di quegli incontri. La parola "cazzo" cominciò a non turbarlo più di tanto, anche se continuò a chiamarlo "uccello".

Così trascorse l'estate della sua iniziazione al sesso. A fine estate il suo buchetto riceveva gli uccelli dei due ragazzi senza nessuna difficoltà, ma non capitò più di essere scopato da entrambi i ragazzi assieme perché lo zio lo voleva tutto per sé, e anzi ogni tanto gli ricordava che il culo doveva darlo solamente a lui e non ad altri. Gabri lo rassicurava sempre di questo ma ebbe sempre il dubbio che lo zio sospettasse dei suoi incontri con l'amico. L'anno seguente lo zio e l'amico andarono all'università e gli incontri si fecero  più sporadici...

Continuò a frequentare Marco a lungo, e a lungo lo fece godere del suo culo, mentre scemavano, fino a cessare totalmente gli incontri con lo zio. Con Marco si vide per l'ultima volta quando aveva sui vent'anni ed era già all'università. Marco era invece già laureato e prossimo alle nozze.  Si incontrarono ad un matrimonio di comuni amici nel loro paese e fu Gabri ad insistere perché lo scopasse "per l'ultima volta". Dovette insistere parecchio perché Marco si scherniva dicendo che era impegnato, fidanzato prossimo alle nozze, e che lui era troppo grande per continuare a prendere cazzi. Ma alla fine vinse le sue resistenze e Marco lo portò nella casa vuota della nonna, approfittando della sua assenza perché anche lei era a quel matrimonio. Lì lo scopò con soddisfazione di entrambi, proprio per l'ultima volta.

Le sue esperienze non si erano limitate, in quegli anni, ai due ragazzi. Aveva ben presto capito che i maschi e gli uccelli gli piacevano troppo per rinunciare a goderne. E capiva di non poter fare distinzione tra giovani e maturi, tra belli e non belli. Bello era il maschio se aveva un bell'uccello e l'uccello era bello se poteva succhiarlo, sentirselo duro in mano, vedere il risultato del godimento che poteva dargli facendoselo scoppiare in mano, in bocca, in culo. Aveva capito che un uomo gli piaceva quando desiderava prenderne in bocca il cazzo, anzi l'uccello come diceva lui, e assaporarne lo sperma. Ma godeva allo stesso modo sia a prenderlo in culo che a prenderlo in bocca, lo sperma. 

Ogni volta che incontrava un uomo il suo sguardo andava alla patta e solo dopo si alzava verso gli occhi.

Di fronte a casa sua, dall'altro lato della strada, viveva, da solo, un uomo maturo, un conoscente amico del padre. Gabriele lo guardava spesso con insistenza e l'uomo se ne accorgeva. Ogni tanto si scambiavano un cenno di mano da balcone a balcone. Un giorno l'uomo gli fece cenno di andare a casa sua e lui, di nascosto, lo andò a trovare. L'uomo lo salutò con un casto bacio su entrambe le guance e gli offrì un gelato. Gabri, in silenzio, leccava il gelato e rispondeva alle innocenti domande dell'uomo con un cenno del capo. Finito il gelato l'uomo gli chiese se gli piacesse leccare anche altro. Gabri sorrise e colse il pensiero dell'uomo, ma non non diede una risposta. L'uomo continuò ad insistere, e ricevendo per risposta solo un sorrisetto, si passò leggermente una mano sull'inguine, ammiccando. "Ti piacerebbe leccare questo?" Il ragazzino annuì. "Vieni qua allora" gli disse sbottonandosi i pantaloni e cominciando ad abbassarsi la cerniera. Si mise davanti all'uomo seduto a gambe larghe assistendo con palese interesse alla scena. 

L'uomo mise in vista gli slip rigonfi del suo desiderio, con una mano ne allargò l'elastico  abbassandoseli mentre infilava l'altra sotto le palle. Gabri era quasi incantato e seguiva ogni minimo movimento. Vide la mano dell'uomo carezzarsi l'uccello e passare da questo alle palle un paio di volte fino a tirarlo completamente fuori, ma non così duro come aveva visto più volte allo zio e a Marco. "Non volevi leccarlo?" Gabri gli si inginocchiò davanti e prese con la mano quell'uccello offerto alla sua bocca. Non era ancora duro, ma se lo sentì crescere in bocca fino a riempirgliela completamente. Lo teneva con entrambe le mani mentre la sua testa andava su e giù col ritmo imposto dalle mani dell'uomo. Durò parecchio, fino a quando l'uomo, ritraendosi all'improvviso, non cominciò a segarsi  e gli spruzzò il suo sperma su bocca e faccia.

Lo andò a trovare tante altre volte, Le sue possibilità di godere di un maschio e di un uccello erano aumentate.

Imparò velocemente a riconoscere chi poteva essere interessato al suo culo e alla sua bocca. Aveva capito dal modo in cui era guardato da un uomo se gli si potesse offrire. In quel caso lo stuzzicava per acquisire un minimo di certezza e si lanciava.

Aveva circa 16 anni e aveva già scoperto il piacere di farsi una sega e di sborrare al pensiero di un bell'uccello maturo. Aveva notato, in un'agenzia di assicurazioni del suo paese, un bell'uomo sui quarant'anni. Brizzolato, alto, aspetto maschio, quasi certamente etero. Da tempo aveva realizzato la distinzione tra omo ed etero, ma se un uomo gli piaceva, per lui non faceva differenza tra succhiare o prendere dietro un uccello etero oppure omo. Lui si lanciava e se raggiungeva il suo obiettivo non si chiedeva, dopo, come non se lo chiedeva prima, quale fosse il suo orientamento sessuale. L'importante era aver goduto delle sue attenzioni.

L'assicuratore stava quasi sempre nella sua agenzia, e spesso si trovava da solo. Dopo averlo puntato per diversi giorni ricorse ad un espediente che dopo avrebbe utilizzato altre volte. Prese il suo numero di telefono dall'insegna e lo chiamò mettendosi dall'altra parte della strada, proprio di fronte all'agenzia. Essendo sicuro di trovarsi davanti ad un etero si finse una ragazzina, cambiando opportunamente la voce. Si presentò con un nome femminile e cominciò a dirgli di averlo visto più volte, di essersi invaghita di lui etc. etc. L'uomo si dimostrò molto guardingo ma non chiuse il telefono, insistendo a chiedere chi fosse. Da fuori Gabri si rese conto, ad un certo momento, che l'uomo lo guardava, ma continuò la conversazione. L'uomo si rese conto di stare parlando col ragazzino dall'altra parte della strada e gli disse di raggiungerlo. Non se lo fece chiedere una seconda volta, attraversò la strada sempre col telefono all'orecchio ed entrò.

"Ah, sei tu allora!" esclamò. "E che vuoi?" "Mi piaci" rispose Gabri. L'uomo gli fece notare di essere sposato, e che non pensava minimamente a mettersi con un ragazzo, che era una persona seria etc. etc. Ma non gli chiedeva di andarsene. Gabri guardava la bella patta piena che aveva di fronte e l'uomo cominciò ad eccitarsi. Lo guidò per una scaletta a chiocciola all'ammezzato che c'era sopra e gli chiese se si accontentasse di succhiarglielo. Gabri gli si inginocchiò davanti ed accolse nella bocca il bell'uccello che quello gli porse. Tornò da lui qualche altra volta, e non solamente per succhiarglielo.

 
 
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