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Quattro albanesi per caso


di Marmarpe
24.02.2016    |    7.279    |    1 9.1
"Nel frattempo continuavo ad ammirare quegli uomini fantastici che avevo davanti..."
In un'assoluta giornata di fine Maggio, stavo facendo il mio solito giro di clienti. Con quel bel sole il lavoro era sicuramente l'ultimo dei miei pensieri. Soprattutto perché, abitando in una città di mare, basta poco per vedere la spiaggia che comincia ad affollarsi e le prime persone che cercano un bel momento di relax, distese al sole o a mollo in acqua. E così contavo dapprima le ore, poi i minuti ed infine i secondi che mi separavano dalla pausa pranzo, deciso a godermi anch'io un po' di relax. Appena arrivarono le 12:30 mi avvicinai al lungomare e decisi di pranzare in un centro commerciale lì vicino. Un posto non molto frequentato di giorno e circondato da una miriade di palazzine residenziali. Scelsi uno dei ristoranti che il centro aveva al suo interno e pranzai velocemente. In questo modo avrei avuto più tempo per fare una passeggiata sul lungomare e godermi quel calore estivo anticipato. Mi avvicinai alla cassa e chiesi un caffè. Intento com'ero a sorseggiare quel liquido nero e bollente che speravo mi avrebbe rimesso un po' di energia in corpo, non mi accorsi che accanto a me c'erano altre persone che stavano chiedendo un caffè alla barista. Appena poggiai la tazzina mi voltai e li vidi. Erano in quattro. Sgranai subito gli occhi perché adoro quel genere di uomini. Capii subito che erano stranieri dal modo in cui parlavano tra di loro. E non mi fu difficile capire anche che erano muratori o qualcosa di simile, perché indossavano tutti e quattro dei vestiti da cantiere. Quello che colpì maggiormente la mia attenzione era un ragazzo sulla quarantina. Un po'di pancetta, capelli castani, viso da gran scopatore e poi quel dettaglio che mi fece impazzire: un ciuffo di peli nerissimi che uscivano dal colletto della sua t-shirt. Per non dare troppo nell'occhio, mi defilai verso un tavolino vicino e cominciai a sfogliare un quotidiano. Nel frattempo continuavo ad ammirare quegli uomini fantastici che avevo davanti. Il ragazzo sulla quarantina si voltò quasi di scatto ed incrociò il mio sguardo. Allora ripresi a sfogliare il giornale, facendo finta di nulla. Dopo pochi secondi lo vidi allontanarsi dal gruppo e dirigersi verso le galleria commerciale. Aspettai un po' e mi avviai anch'io dopo di lui. Camminavo lentamente per lasciargli un po' di distanza e non dare nell'occhio. Da lontano lo vidi entrare nella toilette e così accelerai il passo per cercare di raggiungerlo il più velocemente possibile. Entrai e nella toilette non c'era anima viva. C'era solo il mio uomo intento a pisciare in un orinatoio a muro. Non ebbi il coraggio di mettermi vicino a lui e così entrai in uno dei 3 bagni presenti. In quel momento però, la mia parte Troia prese il sopravvento e decisi che avrei dovuto fare qualcosa per farmi notare. Così lasciai la porta spalancata e aspettai che lui finisse di pisciare, consapevole del fatto che per uscire dalla toilette sarebbe dovuto passare per forza davanti alla mia porta. Sentii il rumore metallico della fibbia della sua cintura e capii che si stava riabbottonando i pantaloni e che quello era il momento giusto. E così mi abbassai pantaloni e slip e rimasi col culetto ben in mostra, dando le spalle alla porta. Sentii il rumore dei suoi passi e capii che stava passando proprio lì davanti. Ma non si fermò. Lo sentii uscire dalla toilette e rimasi lì, deluso ed eccitato all'inverosimile. Mi rivestii velocemente e uscii anch'io. Buttai un occhio verso il bar dove avevo incontrato i quattro uomini e vidi che il ragazzo si stava riunendo agli altri 3. Vidi che stava ridendo, come se stesse raccontando agli altri qualcosa di divertente. Poi lo vidi girarsi verso di me e indicarmi agli altri. "Che figura di merda, pensai". Mi avviai così verso l'uscita è mi fermai davanti all'ingresso del centro per fumare una sigaretta, convinto che i 4 fossero ormai tornati al loro lavoro. Accesi la mia sigaretta e mi voltai a guardare verso la spiaggia. Fu in quel momento che li vidi di nuovo. Erano seduti su un muretto che circondava un'aiuola posta proprio davanti all'ingresso del centro commerciale e stavano fumando. In quel momento avrei voluto sprofondare, soprattutto perché li vidi ancora ridere e parlottano tra di loro. Ad un certo punto uno dei quattro si alzò e vidi che gli altri tre provavano a trattenerlo e che lui, sempre ridendo, cercava di divincolarsi da loro. E così lo vidi avvicinarsi a me. In quel momento la mia testa fu invasa da una miriade di pensieri. Pensai che probabilmente avrebbe riso di me o mi avrebbe sputtanato, pensai che avrebbe potuto insultarmi e molle altre cose. Il tutto condito da una buona dose di eccitazione che comunque era ancora presente. Mi arrivò vicino potei osservarlo bene. Era sicuramente più grande del ragazzo della toilette, ma non di molto. Capelli brizzolati e portati a spazzola col gel. Due braccia mediamente pelose, non muscolose ma molto grosse, occhi chiari e faccia da cattivo ragazzo. Prima che potessi dire qualcosa, prese un'altra sigaretta dalla tasca, se la portò alla bocca e mi chiese:" Hai da accendere" con un accento che mi sembrò essere dell'est Europa. In un attimo gli porsi l'accendino. Lui accese la sigaretta e me lo restituì. Ma restò lì a fumare. Guardai di sfuggita gli altri 3 che ridevano ancora e poi guardai di nuovo lui che non mi toglieva gli occhi di dosso mentre fumava. E non si toglieva dalla faccia quel sorrisetto beffardo che aveva da quando mi si era avvicinato. Dopo un paio di minuti di silenzio io spensi la mia sigaretta, lo salutai e feci per andarmene. "Aspetta!" disse improvvisamente lui. E mi bloccòpernum braccio. Io lo guardai e lui continuò:" Voglio vedere anch'io tuo culo". Io restai pietrificato, non sapevo cosa dire e arrossii a tal punto che mi sembrò che la mia faccia stesse andando a fuoco. "Vieni con noi. Stiamo lavorando in un appartamento, non c'è nessuno. Ci fai vedere il culo e te ne vai", disse ancora ridendo. Cercai di di rifiutare la proposta, temendo di essermi cacciato in una situazione che avrebbe potuto rivelarsi anche pericolosa. Ma lui insistette e mi fece avvicinare agli altri 3. "Andiamo a lavorare, lui viene con noi e ci fa vedere culo a tutti". Sentii di nuovo le loro risate e mi accorsi che, nonostante tutto, la situazione cominciava ad eccitarmi. Uno dei tre uomini seduti, però, cominciò a rivolgersi agli altri nella loro lingua. Mi sembrò che lo stesse rimproverando. E non mi sbagliavo. Lo capii perché ad un certo punto parlò in italiano:" io non voglio vedere culo di frocio!", disse con tono perentorio. Era sicuramente il più anziano del gruppo. Un uomo sulla cinquantina, capelli corti e completamente bianchi, fisico possente. Quello che sembrava essere il più giovane dei quattro però lo incalzò immediatamente:" Noi vogliamo vedere culo. Tu non guardi!" gli disse ridendo. Quest'ultimo era un ragazzo sulla trentina, capelli biondi e corti. Indossava una canotta dalla quale fuoriuscivano una marea di pelo che ricoprivano il suo petto. Questa situazione si protrasse per diversi minuti, fino a quando ci incamminammo tutti verso l'appartamento dove stavano lavorando. La strada non fu lunga, poche centinaia di metri e durante il tragitto, il ragazzo con i capelli a spazzola mi disse che erano albanesi e che lavoravano per una ditta di costruzioni. In una decina di minuti arrivammo all'ingresso di una palazzina enorme. Entrammo e salimmo al primo piano. Mi fecero accomodare all'interno dell'appartamento e chiusero la porta a chiave. "Allora", disse ancora il ragazzo con i capelli a spazzola " ce lo fai vedere sto culo?". Imbarazzatissimo mi voltai di spalle e cominciai a sbottonarmi i pantaloni. Vidi con la coda dell'occhio che il più anziano, ancora contrariato, si stava allontanando. Entrò in un'altra stanza e riprese il suo lavoro. E così mi abbassai lentamente i pantaloni e poi gli slip mettendo in mostra il mio culetto depilato. Sentii i loro commenti, dapprima in albanese e poi nella nostra lingua:" hai proprio un culetto da Troia, chissà quanto cazzi hai preso", erano alcune delle cose che dicevano. Cominciai ad eccitarmi sul serio e così venne fuori ancora una volta la mia parte Troia. Portai le mani sul mio culetto, afferrai le mie natiche e le allargai chinandomi in avanti per fargli avere una visuale perfetta del mio buchetto. Li sentii sghignazzare e commentare ancora e poi sentii uno di loro che si avvicinava. Si portò davanti a me, si sbottonò i pantaloni, tirò fuori il cazzo e me lo spinse in gola. Era il ragazzo con i capelli a spazzola. Cominciò a scoparmi la gola furiosamente togliendomi quasi il fiato. Il suo cazzo aveva un sapore di maschio che non mi fece capire più nulla. Mentre lui continuava a scoparmi la bocca, sentii uno degli altri 2 che si avvicinava al mio culo. In un attimo avvertii qualcosa di duro che spingeva sul mio buchetto. Così mi allargai di nuovo le natiche per facilitarlo e lui me lo affondò dentro facendomelo sentire fino allo stomaco. Era il ragazzo più giovane. Mi scopò il culo sotto lo sguardo incredulo degli altri due. Forse nemmeno loro avevano immaginato che sarebbero arrivati a tanto. Il ragazzo con i capelli a spazzola che mi stava fottendo la bocca rallentò un attimo per gustarsi meglio la scena del mio culo sfondato dal suo amico. E intanto si era avvicinato a lui il ragazzo della toilette, quello che avevo notato per primo. Si portò anche lui vicino alla mia bocca e chiese al suo amico di spostarsi perché voleva farselo succhiare. Presi il suo cazzo in bocca, forse il più grande dei tre e lo succhiai con una tale forza che in pochi secondi venne nella mia bocca. Quasi contemporaneamente anche il ragazzo più giovane sborrò e mi riempì l'intestino. A quel punto tutto si fermò. Loro cominciarono a rivestirsi e anch'io stavo per fare lo stesso. Il ragazzo con i capelli a spazzola però si avvicinò di nuovo a me, mi male una mano sul culo e disse:" Voglio scopare". In un attimo si liberò dei vestiti restando completamente nudo. Fece spogliare anche me e mi fece sdraiare a terra. Mi sollevò le gambe e mi penetrò con forza. Una volta dentro, si accasciò su di me. Sentii l'odore forte e sudato della sua pelle e andai in estasi. Continuò a scoparmi sotto lo sguardo dei suoi amici. Poi d'improvviso sentii un'altra voce: "Cazzo state facendo, voi tutti matti", disse. Era il più anziano del gruppo che era uscito dalla stanza in cui stava lavorando, richiamato forse dalle urla di godimento del maschio che mi stava scopando. Ma quest'ultimo non accennò a fermarsi è continuo a scoparmi come un animale, incurante dei rimproveri del suo collega più anziano. Mi scopò ancora e ancora, fino a quando anche lui mi farci l'intestino con la sua crema calda. Fu allora forse che realizzò quello che avevano fatto e si rialzò immediatamente sotto lo sguardo severo del più anziano. Io rimasi lì a terra cercai di trovare le forze per rialzarmi. Quando fui in piedi, incrociai lo sguardo del più anziano che mi disse subito:" Tu puttana, vai via!". Io cominciai a raccogliere i miei vestiti ma ero ancora eccitato all'inverosimile e l'atteggiamento così severo di quell'uomo non faceva altro che aunentare il mio stato di eccitazione. È così, prima di rivestirmi, mi avvicinai a lui e mi inginocchiai ai suoi piedi. Lui rimase in silenzio e mi lasciò fare. Gli sbottonai i pantaloni e tirai fuori il suo uccello moscio. In un attimo me lo feci scivolare in bocca e cominciai un pompino lento ma molto intenso. I suoi colleghi si gustavano la scena increduli. Ma il pompino durò non più di un minuto, perché il mio uomo mi afferrò per un braccio, mi fece piegare a pecora e mi sfondò di nuovo il culo. Io mi aggrappai con una mano ad una sua coscia, mentre lui mi aveva afferrato per i fianchi e mi fotteva come la peggiore delle troie, sotto le urla di incitamento dei suoi colleghi. Sentivo la sua pancia pelosa sbattere contro il culo, sentivo il rumore del suo cazzo che entrava e usciva dal mio culo provocandomi sensazioni incredibili. E poi sentii un suo grugnito animalesco, segno inequivocabile che si stava svuotando dentro di me. Restò ancora un po' col cazzo nel mio buchetto, poi uscì, si tirò immediatamente sù i pantaloni. Raccolse i miei vestiti e mi urlò:" adesso vai via, troia!". Mi rivestii in fretta, uscii dall'appartamento e tornai al centro commerciale, dove avevo parcheggiato la macchina. Nei giorni successivi tornai spesso lì, con il forte desiderio di rivederli. Ma non li vidi mai più.
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