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Tre palle in buca d'angolo


di Chupachup
15.11.2022    |    1.748    |    0 8.0
"Alla fine della partita e della seconda pinta io e Bigfoot ci dirigemmo ai bagni per espellere i primi scarti dell'alcool, davanti al palco era già tutto un..."
Quella serata quando arrivammo alle porte dell'Outlaws, pur se il cartellone prevedeva come headliner una formazione punk all'epoca non così misconosciuta "Le Pornoriviste", non s'era creata ancora fila.
Eravamo, come al solito, noi tre debosciati, io Antonio "Jizz" Casti, Giacomino "Middlefinger" Manca e Carlo "Bigfoot" Porcu, amici sin dalle medie ma legati visceralmente da quando circa sei anni prima avevamo formato un trio garage rock da strapazzo i "Three balls in the corner hole".
Ci addentrammo spediti lungo lo stretto corridoio immerso nella semioscuritá, sulle pareti era costellato di polaroid autografate che ritraevano i precedenti gruppi saliti sul palco del locale, un tazebao con offerte e richieste di musicisti per la creazione di nuove band e tanti poster riproducenti le pubblicità di famosi tour tenutesi a cavallo tra i '70 e i '90 in giro per il mondo.

Erano quasi le 21, io con l'aiuto dell'unica altra ragazza della label, la tour manager, e del fonico avevamo appena finito di allestire il banchetto con il merchandising, le musicassette e i vinili e così ci sorbivamo una meritata birretta fresca nel mentre che i clienti iniziavano ad affluire.
Il pub era una mezza topaia, o forse lo giudicai così per la mia stanchezza dovuta all'estenuante numero di date macinate in pochi mesi su e giù per la penisola ma diciamocelo anche per la mancanza di una scopata visto che quello stronzo del mio ex m'aveva scaricata ormai quasi da un anno per seguire quella sciaquetta goth.
C'era una sala fumosa con il bar ad isola centrale in stile industriale, circondato da alti scranni imbottiti in finta pelle, sul lato posteriore tre biliardi dal telo consunto e d'intorno una dozzina di botti che facevano da tavoli, superato un arco si accedeva ad un altro lungo ambiente che forse poteva contenere al massimo 300 persone pigiate come formiche in cui era situato un palchetto basso, di lato i bagni e quello che doveva esser il camerino, una specie di sgabuzzo quattro per tre senza finestra con un divanetto sgangherato alcune vecchie sedie in formica uno stand per gli abiti e un tavolino addossato al muro.

Coi ragazzi salutammo diverse facce amiche e prendemmo al bancone delle spumeggianti Bock ambrate il gettone del tavolo tre e le biglie, per fare orario visto che non ci interessava ascoltare le band di supporto locali che conoscevamo a menadito. Alla fine della partita e della seconda pinta io e Bigfoot ci dirigemmo ai bagni per espellere i primi scarti dell'alcool, davanti al palco era già tutto un dimenarsi come ossessi, passando di lato diedi uno sguardo al mercatino della band e alla vendita, seduta a braccia conserte visibilmente scazzata, c'era una ragazza che mi colpí.

Lisbeth, come lessi dal suo pass, probabilmente sulla trentina, aveva una bella bocca ma pallida senza un filo di rossetto, col labbro inferiore infibulato da un anellino argentato, degli zigomi netti su un viso scavato contornato da un taglio corto ai lati, da maschiaccio, e un lungo ciuffo blu elettrico che le scendeva davanti e nascondeva in parte profondi occhi tristi, scuri come la notte e pesantemente bistrati nella stessa cupa tonalità di colore.
Indossava un chiodo corto, liso e scolorito dall'uso, con appuntate sul cuore diverse spilline arcobaleno, sotto aveva la maglietta ufficiale del tour "Le funebri pompe", le gambe affusolate erano coperte da dei pantaloncini corti in tartan tenuti su da una stretta cintura in pelle rivettata e da delle calze a rete a maglie larghe, i doc Marten's lucidi alti al ginocchio completavano la sua figura.

“E mho questi due cazzoni che vogliono? - pensai - Certo uno è bello carino e prestante però perché non stanno a sbattersi assieme agli altri davanti alle casse? Non vedono che abbiamo quasi terminato tutto al banchetto? Dovevate venire prima pirla!” Ero davvero la gioia di lavorare fatta persona.

«Ciao Lisbeth - dissi - son tutte qui le magliette rimaste? Non hai la mia taglia di quella che indossi, è davvero una figata, poi a te sta da Dio».

“Si prende pure confidenza il nanerottolo” così risposi «No ragazzi belli, mi spiace, dovevate svegliarvi prima, quelle sono andate via come il pane, ma ci son rimaste queste altre bellissime».

Guardai le altre t-shirts poco convinto poi guardai lei negli occhi ed azzardai «Magari mi vendi la tua, sembra della mia misura, porto la S, che dici?».

"Ah tanto giovane quanto sfrontato" accettai il gioco e alzai la posta «Senti, mi dai cinquanta mila lire e te la dò qui seduta stante!».

Certo per me quella era una signora cifra, le magliette in vendita costavano solo quindici mila, titubai, io guadagnavo da garzone si e no 700 mila al mese, ma sembrava che ormai la nostra fosse una specie di sfida per vedere chi mollasse per primo. Mi erano rimaste solo trenta mila in tasca e chiesi un prestito a Big foot. Porgendole la mano dissi «Affare fatto! Ma devi anche accettare una birra per suggellare l'affare».

«Si, bene» mi alzai, gli sorrisi con gli occhi “ho trovato dei polli ma in fondo sembrano simpatici” e al suo gesto di stringergli la mano gli mimai con le dita di come volevo subito la grana. Pagata, girando su me stessa, misi nella tasca di dietro i verdoni, mi sfilai il giubbino ancheggiando divertita, mi sollevai la maglietta, sotto indossavo una bralette in raso rosso, gliela lanciai dicendo: «Ci vediamo al bar, datemi cinque minuti, chiedo alla manager di sostituirmi qui».

“Che spettacolo!” pensai ammirando la parte della sua schiena scoperta, in cui si intravvedeva dipinta una geisha seminuda avvinghiata da un dragone in atteggiamenti lascivi, non mi riuscì di prender la maglia al volo e al contempo vidi la mia faccia specchiata in quella di Bigfoot, avevamo entrambi la mascella semi aperta e l'occhio vitreo come dei pesci in vendita sul banco del mercato. «Va, va be - ne, a do - po» balbettammo all'unisono.

Seduti sui trespoli ci presentammo coi nostri soprannomi e Lisbeth incuriosita chiese:
«Da dove sbucano tutti sti nomi?» Bigfoot rispose «il mio è abbastanza evidente, con la mia statura e i capelli mossi» che gli scendevano a boccoli ben oltre le spalle era davvero un bel bocconcino alto e prestante e nei suoi jeans elasticizzati notai che di big c'era sicuramente ben altro «mi si nota anche quando sto dietro le pelli della mia Tama».
Middle finger con la sua figura dinoccolata ed un taglio alla moicana «guarda qua! Il mio» disse mostrandomi il medio e le sue lunghe dita affusolate «utile non solo per salutare gli stronzi ma anche per ricamare assoli sulla mia gibson».
Risi e infine facendo la finta tonta chiesi al più carino «E il tuo Jizz?» «Lasciamo perdere, magari te lo racconterò un'altra volta» rispose lui schermendosi dietro la sua maglietta raffigurante Crimson ghost.
Parlammo con lei un altro po', dei nostri gusti musicali, delle cover che suonavamo e sembrava coinvolta e divertita, si spostava spesso il ciuffo dal viso per guardarci fisso negli occhi alternativamente e notai aveva una piccola cicatrice sexy sul naso ma nessuno di noi ebbe il coraggio di chiederne la provenienza.
«Ok ragazzi - disse mentre iniziavano a salire sul palco gli ospiti principali della serata - grazie per la birra e le chiacchere, magari dopo, se riesco ancora a liberarmi, ci si vede in pista o a fine serata, il prossimo giro offro io... coi soldi di Jizz, ovviamente». Risate corali.
La guardammo allontanarsi, era non solo una figa spaziale ma anche ironica e aperta al dialogo, come non spesso accade dalle nostre parti, dove solo per avere due tette se la tirano di brutto.
Ci immergemmo nel marasma sotto il palco che era ripartito, le Pornoriviste sguiate cantavano una loro vecchia hit:
“Io che penso sempre
a quello che fai
e che penso
a quello che ti farei
se fossimo in un paradiso grigio
come piace a me
che dicon tutti
che sono un po' strano
che pensan che
io non sono umano
soltanto perchè
io penso come piace a me”.

Al banchetto non c'erano quasi mai clienti durante lo spettacolo così la manager non fece problemi che allungassi la mia pausa.
Mi infilai nella piccola folla e vidi subito Bigfoot, che sovrastava molte teste, ed i ragazzi che pogavano li nel mezzo, presi una piccola rincorsa e gli diedi una spallata, non si mosse che di un centimetro, si voltò e sorridente me la restituí, io al contrario sentii la spinta dei suoi forse novanta chili, stavo per perder l'equilibrio quando Middle-finger mi sorresse da dietro, con le sue lunghe dita che nel cingermi da sotto le ascelle mi avvolse i seni, stringendomeli, non so se più o meno volutamente, poi mi sospinse verso Jizz, lui era più abbordabile per me, magro e forse anche più basso di qualche centimetro, resse abbastanza il colpo, ma tra vedere e non vedere e non volare via si aggrappó ai miei fianchi, ci trovammo con le guance unite e col fiato un po' corto mi sussurrò all'orecchio : «Bisogna stare attenti con te, sei una bomba pronta ad esplodere».
Aveva ragione da vendere il pischello.
Per diversi minuti fui circondata da loro tre, mi facevano girare in cerchio come una trottola ed ero felice. Bigfoot poi mi stampó le labbra in bocca ed io lo lasciai fare.
Mi sentii ùmida, non per il sudore del ballo ma sotto nelle mutandine, ora avevo una voglia matta di scopare e pur consapevole che stavo per fare una gran cazzata dissi «Seguitemi, nel camerino possiamo ballare con più tranquillità» mi aprii un varco tra loro, diedi un colpo secco col dorso della mano sul pacco di Bigfoot, feci l'occhiolino a Middlefinger e mi allontanai.

Entrati tutti, girai per sicurezza la chiave nella toppa, immediatamente senza proferir parola sentii i loro corpi addosso, Bigfoot mi strusciava sul culo da dietro, Jizz mi ficcó subito la lingua in bocca mentre sentivo Middlefinger che armeggiava con la mia cintura.
In un attimo mi trovai seduta sul divanetto coi pantaloncini abbassati e il top che volava via.
Non c'era più via d'uscita, aiutai i ragazzi a calarsi i jeans e gli slip ed erano già tutti belli in tiro, per la prima volta tre cazzi tutti per me, Jizz soprattutto mi stupì con un arnese fuori dal comune, ecco che forse era quello il motivo del suo nickname.
Li assaggiai vogliosa, uno ad uno, a turno, godendomi i loro sguardi arrapati, mentre smanettavo con entrambe le mani gli altri due.

«Certo che le tue di pompe - disse Jizz, riferendosi alla maglietta del tour che gli avevo venduto- non sono funebri manco per nulla! Faresti resuscitare anche il cazzo di uno zombie!».
Risi mentre lo spompinavo e cercai, senza riuscirci, di prenderglielo in bocca sino alle palle.

Mi sedetti di fianco a lei
«Salta su Lis - dissi - facciamo un giro in giostra!». Lei sfilatasi le mutandine mi salì sopra e iniziò a penetrarsi lentamente mentre continuava a divorare Big, Middle finger da dietro sputandosi tra le dita aveva iniziato a stimolarle il buchetto del culo.

“Che fa questo?” E mugolai «Ohhh, siii». Oddio, ha delle dita d'oro.
“E ora? Mi poggia pure il cazzo, non penseranno che sia pronta a ...” «Haaaaahhh».
Sentii un calore espandersi dentro di me, per un attimo mi fermai senza fiato, stavo pure per mozzare il cazzo a Big coi denti, poi ripresi a muovermi su Jizz per far in modo che il piacere sovrastasse quello spasmo, e da dietro quell'altro porco iniziò a seguire il ritmo.
Quella sensazione per me nuova come di completezza mi portò presto al culmine, svelte contrazioni muscolari si propagarono dal mio ventre, le mie cosce divennero cedevoli e mi reclinai di lato bocconi sul divano, e mentre beata mi godevo quel momento uno stillicidio caldo mi ricoprì il culo e la schiena.

Non pensavo che sarebbe stato così coinvolgente scopare una donna assieme agli amici, il merito in gran parte, devo ammetterlo, fu dovuto a Lisbeth che coi suoi gesti così naturali creò un'atmosfera unica.
«Grazie Lis - dissi baciandola sulla guancia, e altrettanto fecero i ragazzi - ora ti lasciamo con calma a rivestirti noi torniamo al pogo, e ricorda che alla fine della serata devi offrirci la birra promessa».
Lei sorrise «Ok ragazzi, a dopo».

Intorno ad una botte dell'Outlaws Lisbeth in vena di confidenza «Sarò franca ragazzi - ci disse - il mio ex, quel buono a nulla, non m'ha mai fatto volare così in alto come stasera, brindo a voi che m'avete aperto un mondo, e non soltanto quello» Il rumore dei boccali che sbattevano si mischió alla nostra ultima risata.
























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