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Lusingata, intortata e fottuta da un settantenne


di Deborella
05.04.2021    |    1.136    |    18 9.5
"Diversi uomini mi guardarono, che piacere tenere i miei occhi su di loro, notare che si giravano a guardarci i culetti..."
Questa volta vi racconto un episodio realmente accaduto, solo leggermente romanzato. A differenza degli altri miei scritti in cui ho lasciato galoppare il destriero della mia fantasia.
Era il carnevale di qualche anno fa e decisi di vestirmi o meglio travestirmi da donna, qualcun altro della mia compagnia lo fece mentre altri indossarono costumi più legati alla tradizione. Da molto tempo desideravo esibire la mia femminilità in quel periodo di festa ma questo sentimento si scontrava sempre con il mio modo d'essere che trovava scontato e banale questo travestimento. Il mio animo lottò molto prima di accettare, assecondare questa eccitante idea. Finalmente avrei potuto uscire allo scoperto, mi sono sempre travestita in privato ed il carnevale offriva l'occasione d'indossare abiti femminili senza destare sospetti. Inoltre c'era la possibilità di farmi notare da qualche maschio, in modo riservato senza espormi troppo avrei potuto capire eventuali interessati. Il programma prevedeva un salto nel centro della mia città e poi la cena in un ristorante. Arriva il giorno, nel pomeriggio inizio a prepararmi. Volevo essere perfetta ed è uscita Debora, modestamente una gran gnocca. Troppo mi dicevo, più che un maschio vestito da donna (tipico del carnevale) sembravo una donna e basta, una femmina chic e provocante. Camicetta, gonna nera corta, collant neri velati, scarpe nere décolleté con tacco alto, parrucca con capelli lunghi neri, trucco evidente ma non volgare. Mi direte ci risiamo, avete ragione ma non ci posso fare nulla, adoro il nero e l'abbigliamento total black esprime tutto il mio essere. Arrivo nel luogo dove ci eravamo dati appuntamento con gli amici della mia compagnia, una quindicina di persone tra cui uomini e donne per lo più single. Ero molto eccitata ed allo stesso tempo preoccupata, temevo che potessero intuire la mia inclinazione, vestita in modo così curato e perfezionista. Cercai di farmi coraggio, oramai non potevo più tornare indietro. Giunsi un po' in ritardo, erano già tutti presenti. Arrivai e mi sentii subito addosso gli sguardi sorpresi dei miei amici, i più estroversi (ci sono sempre all'interno di una compagnia) cominciarono a dispensare emissioni sonore in modalità fischio di apprezzamento, mi sentivo imbarazzata. Le amiche non ci credevano, Alessandra una mia ex fidanzata mi disse che ero molto graziosa. Lei assieme a Giorgia, un'altra amica della compagnia, mi tolsero l'imbarazzo. Erano le uniche due a non indossare un costume da carnevale, mi presero sottobraccio e cominciarono a scherzare. Oramai sciolta la tensione iniziai a prenderla bene ed a fare qualche battuta assieme a loro. Mi sentivo una vera femmina, la cosa che avevo sempre sognato. Comprendevo finalmente cosa può provare una donna quando esce con le amiche a caccia di uomini. Alessandra e Giorgia sono due bellissime ragazze e quella sera erano vestite in modo impeccabile. Camminavamo leggere sopra i tacchi, con le gonne svolazzanti discorrendo di argomenti leggeri. Durante quell'indimenticabile passeggiata incrociai gli occhi di molte persone, nessuno avrebbe immaginato che fossi un travestito. Diversi uomini mi guardarono, che piacere tenere i miei occhi su di loro, notare che si giravano a guardarci i culetti. Alessandra ad un certo punto mi guardò e mi disse.
- Ma come ti dobbiamo chiamare?
- Debora. Risposi sorridendole.
- Hai scelto pure un nome molto sexy. Replicò lei rispondendo con complicità al mio sorriso.
Da quel momento tutti mi chiamarono Debora per il resto della serata.
Non mi voglio dilungare troppo, ho questo brutto vizio e starei ore a scrivere tutto quello che capitò quella sera prima di arrivare al ristorante. Vi dirò solo che gli altri due amici che scelsero il mio stesso travestimento sembravano proprio due camionisti vestiti da donna.
Entrammo al ristorante, mi sedetti vicino ad Alessandra e Giorgia. L'aria di pura goliardia che regnava in quel momento dissipava, dalla mente degli amici, ogni possibile sospetto nei miei confronti e piano, piano con estrema furbizia adottai una tecnica efficace per aiutare che ciò accadesse. Mi mettevo per prima a scherzare sul mio travestimento, a fare finta di provarci con i miei amici, allontanai così l'imbarazzo.
Un uomo, un uomo di circa settant'anni mi mise gli occhi addosso in maniera pressante. Si trattava del titolare del ristorante, che arrivò a prendere le ordinazioni. Non l'ho ancora scritto ma il posto che scegliemmo per la cena non si trovava nelle vicinanze, al momento di organizzare la serata avevo convinto gli amici di prenotare un ristorante in un paese che distava circa cinquanta chilometri dal nostro. Avevo preso tutte le precauzioni.
Era il momento dell'ordine. Il titolare del locale, che ci fece sapere di chiamarsi Marco, si avvicinò a me. I suoi occhi si appoggiarono sulle mie gambe, con una mossa le accavallai in modo davvero sensuale. Non sapeva ancora che fossi una travestita e questo mi eccitava tantissimo, mi sentivo donna in mezzo alle donne. Lui mi piaceva, portava bene la sua età, si poteva scorgere un fisico muscoloso sotto la maglietta dalle maniche corte. Delle braccia vigorose da uomo vissuto si mostravano in bella evidenza, si poteva intuire un torace ampio ed ancora tonico sotto la maglia abbastanza aderente. Mi accorsi che qualcosa s'indurì in mezzo alle mie gambe, cominciai a fare pensieri peccaminosi. Alessandra, accortasi delle sue attenzioni, gli disse.
- Si chiama Debora, ma non è una donna qualunque.
Risata generale, per fortuna che scoppiò l'ilarità mi dissi.
Marco incuriosito mi chiese.
- Debora cos'avresti di così speciale?
Più determinata che mai ed entrata nella parte gli dissi, con l'aria della brava ragazza ma con la malizia della zoccola.
- Vede Marco siamo a carnevale no? Quindi provi a fare due conti.
Mi rivolsi a lui dandogli del lei, del resto aveva settantadue anni (glielo chiedemmo) ed io al tempo ne avevo trentadue. Avrei quindi potuto essere sua figlia, al limite anche sua nipote e questo mi straeccitava. Gli davo del lei con un tono così falsamente reverenziale che mi faceva sentire dannatamente troia. Lui quasi balbettando ed imbarazzato mi rispose.
- Non saprei Debora.
Compresi invece cha aveva capito, vestita da donna sono davvero femminile ma ovviamente vedendomi da più vicino, sentendomi parlare probabilmente comprese che ero travestita.
Giorgia comunque ruppe gli indugi.
- Debora non è propriamente una donna con tutti i canoni, si è travestita così per carnevale.
Marco non sembrò turbato dalla conferma del suo sospetto, anzi dall'espressione del volto notai che il suo interesse per me non era mutato.
Per salvaguardare la sua virilità, mossa comprensibile che non mi disturbò, disse.
- Se fossi una vera donna ti farei la corte.
Non poteva mica sconfessare, nemmeno a se stesso, il suo credo di uomo vecchio stampo e la sua ortodossia etero. Questa credenza però, questa fedeltà alla sua religione stava vacillando, eccome se vacillava. Il corpo asciutto, le gambe perfettamente dritte e magre, il culetto così ben confezionato nella gonna stretta, il viso ibrido ed ammaliante, gli occhi scuri così maliziosi e penetranti, insomma tutte queste caratteristiche insieme stavano frantumando un po' alla volta le certezze di un uomo tutto di un pezzo.
Ad un tratto la moglie, che dal bancone vigilava sul marito probabilmente incline ad inseguire gonnelle, lo richiamò all'ordine asserendo.
- Marco porta l'ordine in cucina, ci sono altre comande da prendere.
In tutta fretta si congedò non prima di darmi un'altra occhiata.
Alessandra rivolgendosi a me disse.
- Debora, guarda che quello ti vuole portare a letto.
Io sorrisi, rispondendole.
- Sai benissimo che a me piacciono le donne e poi in ogni caso non sarebbe il mio tipo.
Mentivo sapendo di mentire. Alessandra del resto non aveva dubbi, la nostra relazione durò quasi tre anni ed in quel periodo le potei dimostrare di essere un vero maschio.
Decisi di andare in bagno che si trovava vicino all'ingresso, avrei dovuto attraversare tutta la sala prima di raggiungerlo. Mi alzai lentamente, facendolo mi guardai intorno cercando di scorgere Marco. Gli amici erano assorti nei loro discorsi, ridevano e scherzavano allegramente. Fui molto attenta, sorridendo dissi.
- Speriamo che Marco non mi insegua in bagno.
Era invece quello che desideravo, lui aveva notato che mi ero alzata. Forse il mio piano stava funzionando. Mi diressi verso il bagno camminando adagio, la gente si girava a guardarmi, mi sentivo osservata e provai uno smisurato piacere. Uscii dalla vista dei miei amici quando mi accorsi che Marco si stava dirigendo verso di me, mi prese un brivido. Ora poteva vedermi in piedi, eravamo a pochi metri ed i suoi occhi mi stavano letteralmente mangiando. L'eccitazione mi prese tanto da farmi tremare le gambe, non mi fermai. Marco mi era oramai di fianco, chiesi, pur sapendolo dov'era il bagno. Me lo indicò senza staccarmi gli occhi di dosso, poi mi disse che mi avrebbe dato una cosa una volta uscita. Entrai nel bagno delle donne, ero eccitata e pregustavo una sua mossa. Non aspettavo altro che un suo invito, la mia mente era pregna di pensieri sconci, sognavo di essere posseduta da un uomo così vigoroso, così datato. Cosa mi dovrà dare? Mi chiesi.
Uscita dal bagno si avvicinò a me, mi mise una foglietto nella mano sussurrandomi da vicino.
- Sei uno schianto, hai un culo da favola.
Fece tutto in modo molto rapido, nessuno si accorse di nulla. Fu molto scaltro ed abile, si allontanò.
Rimasi per un attimo stordita, lusingata da quelle parole. Quelle parole avevano avuto una forza incredibile, mi sarei fatta stuprare in mezzo alla sala. Le frasi sussurrate all'orecchio mi avevano destabilizzata, allettata. Ero decisamente emozionata, dovevo leggere il biglietto in fretta e tornare subito al tavolo. Aprii il foglio e lessi. "Debora mi piaci da impazzire, chiamami a mezzanotte il ristorante sarà chiuso a quell'ora, ti farò sentire una vera femmina. Ti lascio il mio numero di seguito, non farmi aspettare. Marco".
Ubriacata da quel messaggio, eccitata all'ennesima potenza e fiera di avere ottenuto quello che volevo mi diressi velocemente al tavolo.
La cena terminò. Per fortuna ero andata da sola con la mia macchina, uscimmo alle undici circa. Trovai la scusa che sarei dovuta tornare a casa per un imprevisto, nessuno si insospettì, mi salutarono. Presi la strada verso casa e quando le macchine degli amici presero varie direzioni mi fermai. Il cuore mi batteva molto forte, mi guardai nello specchietto. Erano le undici e mezza ed avevo fatto solo pochi chilometri, non ero molto lontana dal ristorante. Ebbi il tempo di rifarmi il trucco, volevo essere impeccabile. Mi guardai le gambe, mi aggiustai la camicetta, la gonna. Controllai tutto, le lunghe unghie finte erano ben salde, la voglia saliva. Mi sentivo una gran vacca, lui aveva quarant'anni più di me ma mi piaceva un sacco. Inoltre sposato, con una mogliettina gelosa oltretutto. Queste cose me lo facevano desiderare ancora di più.
Giunse mezzanotte, feci il numero. Tremavo dall'eccitazione, non sapevo cosa mi avrebbe detto.
- Pronto Marco, mi sente?
- Si Debora.
- Cosa dovrei fare?
Gli chiesi con voce sottomessa.
- Torna al ristorante, ti aspetto qui.
Mi diressi velocemente, arrivai in un attimo. Scesi dalla macchina. Lo richiamai.
- Sono arrivata. Istruzioni?
Dissi maliziosamente.
- Vieni all'ingresso.
Ci arrivai.
- Entra Debora!
Intimò
- Ma sua moglie?
- Mia moglie è andata a casa e così anche il personale, siamo soli.
Mi mise una mano sulla schiena e mi spinse verso l'interno.
- Marco, ma cosa intende fare?
Dissi questo con l'aria della gatta morta, ben sapendo cosa mi aspettava. Il lupo mi stava conducendo nella sua tana, un maschio di lupo tutto d'un pezzo, un maschio vecchio stampo.
Una volta entrati chiuse la porta, una luce soffusa illuminava la zona del banco bar. Mi mise una mano sul fianco per portarmi proprio nel bancone. Giunti gli dissi.
- Dunque?
Mi guardò come un cucchiaino guarda una coppa di gelato, come un lupo guarda un agnellino.
- Sei bellissima Debora. Devi sapere che non ho mai avuto rapporti con una trav ma dal primo momento che ti ho vista ho solo pensato ad una cosa.
- Cosa Marco?
- Di fotterti troia, vero che sei una troia?
Questa sua determinazione mi sorprese, ma non mi stupì più di tanto. Le sue parole ingiuriose raddoppiarono la mia eccitazione.
- Adesso ti farò vedere chi porta i pantaloni.
- Potrebbe essere mio padre, lo sa questo? Dissi con aria da ochetta.
La provocazione funzionò.
- Chinati e succhiami l'uccello puttana!
Non esitai nemmeno un attimo, pochi secondi ed i pantaloni calarono. Con un gesto repentino le tirai giù le mutande. M'inginocchiai ed accolsi il fallo tra le mie fauci. Lo munsi avidamente per circa venti minuti, ad un certo punto mi bloccò la testa con le mani ed iniziò a scoparmi la bocca apostrofandomi con parole molto incisive.
- Alzati troia, adesso ti rompo il culo. Sei venuta qui a provocarmi puttana, adesso ti sistemo per bene.
Passivissima non replicai e mi misi a sua disposizione. Dissi solo.
- Lei è un vecchio porco, un maiale. Lo sa?
Mi appoggiò al bancone senza dire nulla, sentii le sue mani alzare la gonna, con un colpo secco mi strappo i collant, anche le mutandine volarono via in un attimo. Le prese con due mani e con una forza inaudita sradicò il perizoma dal mio culetto. Appoggiai le mani aperte al bancone, le mie dita affusolate e le lunghe unghie laccate si aggrapparono al rubinetto sottostante. Avevo le gambe divaricate, il suo fallo durissimo puntò le chiappe sode.
- Ora basta zoccola. Disse.
- Marco la prego, mi fotta, mi fotta. Proferii dimessamente.
Il suo cazzo ben lubrificato si posizionò in mezzo alle mie chiappe. Ansimai, ebbi un tremore.
Sapevo che stava per sfondarmi il culo, non aspettavo altro.
Eccolo, entra di brutto, come un bruto. Brutale come una bestia selvaggia, il primo ingresso è già preciso (Eh l'esperienza). Sferzante il suo membro mi ruppe a metà il culo, lanciai un grido fortissimo, un gemito lussurioso e di pieno appagamento. Mi aveva trasformata in una gatta in calore. Il primo colpo è stato davvero profondo, assestato sapientemente tanto da farmi quasi perdere l'equilibrio. Poi lo fa uscire, punta di nuovo e dentro ancora. Un altro grido, non potei trattenerlo come nemmeno la bava che si era abbondantemente formata e che ora usciva da un lato della mia bocca. Lo tira fuori ancora, vuol farmi impazzire questo. Desideravo che mi scopasse, che mi trapanasse come un martello. Punta di nuovo, sembra un cannone della prima guerra mondiale, non molto veloce a caricare ma efficace con bombarde di grosso calibro che squarciano le mie difese come l'artiglieria rompe le linee delle trincee. La bombarda è di nuovo in mezzo alle chiappe, attende e ... arriva la terza silurata.
- Ohhh mioooo diooooooo
Esclamo spontaneamente. Ed incalzo.
- Mi apra Marco, mi fotta daii, se lo sogna un culetto così vero? Altro che quello ammosciato di sua moglie.
Lo provocai da gran zoccola quale sono.
- Ti faccio vedere io adesso puttana!
Non passa un secondo e mi è dentro di nuovo, stavolta rimane ed inizia a martellarmi come una furia. Dentro e fuori rapidamente. Finalmente mi stantuffa a dovere, penso soddisfatta.
Cominciai a gemere, ad emettere gridolini di piacere. Faticavo a tenere le mani sul rubinetto del bancone, quasi lo staccai per contrappormi alla forza delle sue stoccate. In piedi sopra dei tacchi davvero alti, mi volto indietro e vedo uno spettacolo stupendo.
Il suo cazzo che entra ed esce dal mio culetto come un pistone nel suo cilindro, non si ferma il vecchietto, sembra indemoniato.
- Siii Marco, mi possegga cosìììì. Ohhh siiiiii, finalmenteeeee.
I suoi colpi fanno vibrare il bancone, un rumore lussioroso si spande nel vuoto ristorante. Quello dei suoi genitali che sbattono sulle mie chiappe, sbattono senza tregua facendo a sua volta cozzare me sul bancone che si muove producendo un rumore che stimola la chiavata. Mi sta letteralmente inchiodando al bancone. Ad un certo punto mi prende e mi fa salire sopra lo stesso, mi stende dritta come fossi in un lettino per massaggi. Sale anche lui e mi si stende sopra. Con le ginocchia mi stringe le gambe a mo di morsa e poi si infila con il membro in mezzo al mio culo. Con delle flessioni rapide mi chiava il culo, sono sua. Ho la testa quasi fuori dal banco, una bava esce di nuovo terminando la sua corsa sul pavimento. Una scopata davvero divina, in un luogo pubblico, un ristorante che fino a poche ore prima pullulava di gente. Che vecchio porco, chissà quante zoccole intorta in questo modo e poi le fotte nel ristorante. Ci sono cascata anch'io, ma del resto era quello che volevo.
Continua a fottermi senza pietà, con le mani afferro i bordi del banco. Che chiavata imperiale, sto godendo come una pazza e non mi controllo più avendo perso completamente la ragione. Il lupo mi divora con avidità, il mio esile corpo spiaccicato sul bancone freme e si dona con riverente sottomissione. Il mio fallo preme contro la superficie del banco, oramai sta per scoppiare ed infatti dopo qualche secondo erutta. Sento la caldissima lava sgorgare e bagnare quel che rimane della gonnellina, nel contempo emetto un gemito liberatorio, lunghissimo. Un rantolo di piacere senza fine ed ancora una bava lo accompagna fuoriuscendo dalla bocca.
Mi ha fatto godere come non mai, questo vecchio porco sa farci con le femmine.
- Girati troia! Mi ordina.
Faccio fatica da sopra il banco, con i tacchi, le calze ridotte a brandelli ed il culetto un po' dolorante. Mi volto e mi ritrovo in faccia il suo cazzo. Pochi secondi ed il caldo seme mi imbratta il viso con sette forse otto schizzi. Alla fine mi ricopre una maschera di bianca sborra, con le dita la raccolgo e la infilo in bocca inghiottendola golosamente.
- Bene zoccola, ti ho dato la lezione che volevi. Disse Marco soddisfatto.
Marco è stato davvero bravo, l'ho provocato quindi mi sono meritata la lezione.

The end.




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