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Una giornata storta


di Membro VIP di Annunci69.it kairos
25.01.2015    |    9.185    |    3 9.7
"Gli spaghetti all'arrabbiata andarono via come niente, accompagnati da un pastoso vino rosso che lasciò una traccia nerastra nei nostri bicchieri..."

Era una di quelle mattine in cui le cose andavano a modo loro, senza curarsi minimamente della volontà umana. La chiave che si spezza nella serratura del garage, il tacco che si stacca dalla suola e il caffè del collega che finisce sulla giacca nuova.
Poca roba, fatti involontari certo. A chi non è mai capitata una giornata in cui va tutto storto?
E allora? pochi drammi, l'importante è che finisca presto!
Questo era quello che bisbigliavo a mezza bocca quando mi sedetti al volante per tornare a casa.

Erano le sette di sera, pioveva e faceva freddo. Dal parabrezza appannato della vettura a malapena distinguevo i fari delle auto. In prossimità di un tratto rettilineo intravedo un luccichio intermittente sul lato destro della carreggiata. Era una vettura in panne. Mi accostai, più per dovere che per piacere, perché con tutta l'acqua che stava cadendo giù dal cielo, ne avrei fatto volentieri a meno di fermarmi, anche in virtù di quello che era successo in quella giornata.
Dalla mia vettura scorgo la sagoma di una persona seduta nel posto di guida che si agita con un telefono tra le mani. Alla fine metto da parte tutte le mie riserve, parcheggio la macchina appena oltre e scendo dall'auto con l'ombrello aperto. Dalla portiera del conducente si abbassa il finestrino, era una signora sui cinquant'anni che mi guarda e sorride, come se avesse voluto dirmi: finalmente!
L'acqua scendeva copiosa e in breve tempo ero zuppo come un pulcino, ma lo sguardo sperduto di quella donna mi aveva rapito. Entro dentro la sua vettura e lei, Giulia, mi spiegò il perché la macchina non ne voleva più sapere di rimettersi in moto. La sua apprensione ormai mi apparteneva, assecondavo con i movimenti del capo le sue spiegazioni e alla fine intuisco qual'era l'origine del guasto e lo risolvo. Era la batteria, come spesso accade alle donne che si fermano a parlare al telefono con i fari accesi...
Fortunatamente porto sempre con me una coppia di cavi elettrici e rimettere in moto la sua vettura è stato un gioco da ragazzi.
Sarebbe finita lì, nel senso che ci saremo salutati, ognuno avrebbe ripreso la propria strada e la propria vita, lei a casa dal marito e io dalla mia famiglia. Ma evidentemente quella serata strana non poteva finire così, lei si sentiva in debito con me e poiché abitava lì in zona e - aggiungo ora, col senno di poi - con astuzia, mi convinse a scortarla sino a casa sua.

Dal garage di un villino spuntò un uomo dall'aspetto curato e per bene. Era il marito, Marco. Lui mi mette subito a mio agio: mi fa entrare e poiché ero fradicio mi da l'occorrente per asciugarmi e per cambiarmi, visto che Giulia aveva preso i miei panni per metterli dentro l'asciugatrice.
- In un'oretta saranno pronti... ti va di mangiare qualcosa?
Avevo fame e poi si era creata tra di noi una certa atmosfera che pareva brutto andare via. Ero eccitato, non lo nego, sembrava tutto organizzato, avevo presentimenti contrastanti ma ormai ero deciso ad andare sino in fondo.
Mentre Marco era tra i fornelli, Giulia, che nel frattempo si era data una sistemata, mi portò un un whisky al doppio malto e anche lei si versò qualcosa di alcolico. L'atmosfera era quella giusta. Ci raccontammo uno scorcio della nostra vita, cose di poca importanza naturalmente. Lei continuava a toccarsi i capelli tirandosi su il ciuffo biondo che le copriva l'occhio destro non appena abbassava il capo. Mi piaceva. Giulia sembrava eccitarsi ogni volta che il mio sguardo indugiava sul suo seno e non fece nulla per ostacolare quell'acerba passione.
Quella sera i figli della coppia non sarebbero rientrati, quindi non avremmo avuto problemi di orario, fece intendere lei prima di andare a tavola.

Gli spaghetti all'arrabbiata andarono via come niente, accompagnati da un pastoso vino rosso che lasciò una traccia nerastra nei nostri bicchieri. Bevemmo ancora, anche dopo che andammo sul divano, Giulia verso dell'altro whisky. Il marito che si era sistemato nella poltrona di fronte al divano, partecipava a tratti alla nostra discussione e seguiva con attenzione i movimenti del corpo di Giulia.
Continuammo a parlare e ridere, lei si coprì la bocca con un fare da bambina, quando poi parlammo di sesso. E Giulia, che probabilmente aveva rotto i propri freni inibitori, disse che i preliminari fatti bene valevano anche più di una bella una scopata. Lo disse accavallando le gambe e allontanandosi con le mani i capelli dalle spalle. A quel punto Marco, per niente sorpreso dalle sue parole, si abbassò davanti alle sue ginocchia e con destrezza, dimostrando di conoscere in ogni punto le curve di quel corpicino fatto davvero bene, le sfilò le mutandine di pizzo nero.
A quel punto anche le mie inibizioni andarono letteralmente a farsi fottere.
Al diavolo il bonton!
Mi alzai quasi di scatto e con estrema naturalezza mi inginocchia anch'io davanti al suo ventre, ci guardammo intensamente, poi lei sollevò le gambe ed io cominciai ad accarezzarla. Prima con le dita e poi con la lingua, sempre con delicatezza, sfiorando il pelo che lambiva le pareti della sua vagina. In breve ci trovammo quasi nudi sul divano, lei con indosso la sola canotta di seta ed io in mutande e maglietta.
Avevamo cambiato più posizioni e comunque ci mettevamo riuscivamo a donarci piacere. Baciai a lungo le sue umide labbra, sfiorando e succhiando quel clitoride che poco alla volta diventava sempre più turgido. Finimmo dopo un po' con lei sopra e io sotto nel più classico dei sessantanove. Fu mentre lei si girò che intravidi il marito sorseggiare il whisky seduto sulla poltrona attento e interessato alle nostre evoluzioni.
Ma detto francamente, in quel momento avevo altro a cui pensare...
Ci baciammo per altro tempo ancora, poi lei salì su di me in un continuo sali e scendi sino a quando non raggiunse l'orgasmo, il primo. Sembrava stanca e appagata, ma io avevo ancora molte energie da spendere, per cui ripresi a baciarla con più vigore rispetto a prima, allargandole quanto più potevo le gambe, occupando in larghezza tutta la superficie del divano. Giocammo ancora e dopo riprendemmo a fare l'amore come due ossessi, lei a pecora e io da dietro. Lei gemeva e io ansimavo. Si tirò su verso di me per accarezzarmi il volto ed io la respinsi verso il basso, uscii dal suo corpo e iniziai a baciarla da tergo. Aveva un buchino apparentemente rodato e non fu sorpresa per quello che stavo per fare, anzi.
Dopo un po' mi alzai e provai a spingerglielo dentro con piccoli colpetti ben assestati, ma lei mostrò fastidio e mi fermai. Allora ci distendemmo sul divano, ponendoci sul fianco destro e le appoggiai con decisione il mio paletto di carne. Poco alla volta Giulia, accompagnandosi con la mano sinistra, accolse il mio membro dentro di lei e fu bellissimo. Più si contorceva per baciarmi e più soffrivo. Ma questo era un dettaglio trascurabile, perché il piacere prevaleva su tutto.
Marco era rimasto lì, fermo. Complice passivo di una donna che a tratti sembrava farsi beffa di lui. Ogni tanto assecondava con un sorriso le smorfie di piacere che trasparivano dal volto di Giulia. Ma non pareva né stanco né annoiato, piuttosto sembrava in attesa di qualcosa che tardava ad arrivare.
Ad un certo punto, dopo aver scolato l'ultimo sorso di whisky, si diresse verso di noi e cominciò a palpeggiare la moglie nell'unico posto rimasto libero. Lei si tirò su mettendosi a carponi sul divano, permettendomi dopo di rientrare dentro di lei. Marco rimase in piedi di fronte alla moglie, lasciandosi cadere i pantaloni a terra. Giulia gli baciò il membro, prima dagli slip e poi prendendolo direttamente in bocca. Eravamo tutti molto eccitati, Giulia non stava trascurando nessuno. E anche il marito, che sino a quell'ora era rimasto semplice spettatore, si riprese la scena.
Marco era steso sul divano e Giulia sopra di lui. Per un attimo rimasi indeciso, sarei entrato volentieri anch'io dentro quel corpo ancora carico di desiderio, ma la posizione che avevano assunto non mi permetteva di farlo. Giulia se ne accorse e si appiatti sul marito allargando quanto più possibile le gambe. Il suo forellino non sembrava chiedere altro. La baciai con libidine, come se avessi voluto ficcarci dentro tutta la lingua, poi entrai e spinsi forte. Tutto dentro, piano piano sino a quando le mie palle non cozzarono nelle sue natiche.
Giocammo tutti e tre ancora per molto tempo, cambiando più volte posizione, io sotto di lei e lui dietro e viceversa. Alla fine raggiungemmo il piacere quasi all'unisono, a coronamento di una giornata strana che era iniziata male, ma che poi è finita nel modo meno atteso.
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