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Lui & Lei

Ancora una notte- Terza parte


di Greenworld62
20.04.2012    |    4.739    |    0 9.3
"La vedo entrare nella sala e dirigersi verso un tavolo dove ad aspettarla c'è un uomo, un tipo bruno sulla cinquantina dall'aria un pò losca, non può essere..."
Sono in un pozzo, profondo e umido, alzo la testa, la luce è lontana ma posso farcela a risalire. Devo, risalire! Inizio ad arrampicarmi sulle pareti scivolose aggrappandomi con forza a tutto quello che posso, lo sforzo è immane ma mi avvicino sempre di più alla luce, sento l'aria che si fa più fresca. Ancora qualche metro, ancora qualche metro e sarò fuori. Puoi farcela Davide, puoi farcela mi ripeto, solo un ultimo titanico sforzo. La mia mano sbuca dal pozzo come quella di uno zombie, comincio a tastare il terreno circostante fuori dall'imboccatura in cerca dell'ultima cosa a cui afferrarmi, la trovo! E' un qualcosa che trilla e vibra, è il mio cellulare! Apro gli occhi, il sole è già alto e la luce che entra dalla finestra mi ferisce gli occhi, non ho bisogno di mettere a fuoco la scritta sul display, il mio cellulare ha la stessa suoneria per tutti i numeri ma Marta riesce a farsi riconoscere anche così, con quella fastidiosa insistenza. Infatti quando rispondo con la voce ancora impastata dal sonno, è la matta che sbraita e mi da un'ora per raggiungerla in hotel. Mio Dio...sono ancora vestito, devo lavarmi, radermi, fare benzina e sfidare il caos cittadino, in un ora la vedo dura.
Infatti arrivo con un pò di ritardo, ma poteva andarmi peggio, mi aspetta nella hall mentre sfoglia una rivista di arredamento. Ha un abito bianco che segue perfettamente le curve del suo corpo e si ferma sopra il ginocchio, una cinta in tessuto nera con fibbia bianca e un elegante cappello con cupola bianca e falda larga nera, orecchini e gioielli che ognuno costerà più o meno come la mia auto. Mi fulmina con lo sguardo :" Ti avevo detto per caso che potevi andartene a casa stanotte?" Mi fa con tono acido, :" Signora, dovevo pur cambiarmi e radermi" replico io con fermezza.
Raggiungiamo l'auto e arrivati in centro cominciamo con il giro dei negozi, Prada, Bulgari, Loro Piana, Valentino, stacca assegni per non meno di 9000 euro e io ormai la seguo con affanno pieno di buste, pacchi e pacchetti. Mi chiede di portarla in un ristorante ai Parioli, dice che deve pranzare con un tipo. La porto dove mi ha chiesto, mi dice di aspettarla in auto. Mi sembra giusto, sono pagato per garantire la sua sicurezza e nel bagagliaio c'è un patrimonio d'acquisti e poi pur di non pranzare con lei mi accontento volentieri di un tramezzino.
Il ristorante ha una grande vetrata fumè che si affaccia sulla strada, da fuori si può scorgere l'interno abbastanza nitidamente e io ho parcheggiato proprio a pochi metri dalla vetrata. La vedo entrare nella sala e dirigersi verso un tavolo dove ad aspettarla c'è un uomo, un tipo bruno sulla cinquantina dall'aria un pò losca, non può essere un amante, la signora a quanto pare ha ben altri gusti in fatto di età...parlano molto ma non si sorridono mai, stanno parlando di cose serie. Verso la fine del pranzo il tipo porge una specie di fascicolo a Marta che apre e prende a studiare con attenzione per almeno un quarto d'ora, poi annuisce verso l'uomo, prende una busta dalla borsa e gliela porge. Il tipo non guarda neanche il contenuto, la piega e se la infila nella tasca della giacca. Si alzano e si salutano con una stretta di mano. Marta esce di fretta dal locale, ha un espressione tesa e lo sguardo basso :" Portami da Gucci, a Via Condotti" mi chiede con un filo di voce. C'è un gran traffico ma stranamente non rompe le palle, sembra che abbia la testa altrove.
Parcheggio l'auto in una strada adiacente, in sosta vietata, lungo il tragitto a piedi non dice una parola e quasi non riesco a starle dietro per come cammina veloce.
Entriamo da Gucci, ci accoglie il direttore di sala che ci chiede di cosa abbiamo bisogno con la tipica untuosa gentilezza di questi papaveri griffati, Marta gli risponde che vuole dare un'occhiata in giro. Vaga per lo show room ma sembra che la sua attenzione sia rivolta più al personale che si aggira indaffarato per la sala che non ai prodotti, vede una commessa e le si avvicina per chiedere qualcosa riguardo una costosa borsa che campeggia in uno scaffale. La commessa è una bella ragazza mora, capelli ricci, carnagione scura, con un viso ampio e solare e un sorriso smagliante di denti perfetti e bianchissimi, dalla targhetta spillata sulla giacca del tailleur leggo che si chiama Sara.
Marta si intrattiene a lungo con la ragazza che con pazienza e cortesia le mostra il campionario del negozio. C'è qualcosa negli occhi di Marta che non mi sfugge, qualcosa di diverso che nulla ha a che fare con la donna viziosa, acida e snob che conosco. Terminati gli acquisti stacca un altro assegno da 6000 euro e si reca dal direttore di sala per complimentarsi per la competenza e la professionalità della ragazza. Conoscendo Marta rimango esterrefatto, Sara è emozionata e anche un po' perplessa, i nostri sguardi per un attimo si incontrano e Sara mi guarda quasi schifata, penso che creda che io sia il giovane mantenuto della signora, come faccio a dirle che sto solo lavorando?
Quando usciamo siamo carichi di buste e bustone, ci avviamo verso la macchina, Marta cammina lentamente, deve avere la testa altrove. In auto vedo dallo specchietto che ha ora indossato dei grandi occhiali da sole da cui sotto stanno sbucando delle grosse lacrime e la smorfia di chi lotta per trattenere il pianto. Non so cosa l'abbia turbata, ma una rotellina comincia a girare nella mia testa, solo una rotellina però.
Continua
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