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Lui & Lei

Cercare lavoro in Germania


di Alceste
05.02.2017    |    6.885    |    5 5.5
"Non avrei mai immaginato che sarebbe stato così difficile alla mia età mantenere un’erezione..."
Non ho un grande rapporto con il Nord Europa. Per quanto sia un polentone, e anche della peggior specie, mi trovo meglio con i popoli latini. Questo discorso non vale solo per la cultura, ma anche per le donne. Tuttavia mi è capitato di finire, durante le mie assurde peregrinazioni, in Nord Europa; in Germania. Sì, lo so che la Germania è considerata Mitteleuropa, ma per me rimane Europa del Nord, Europa ariana, Europa disprezzante la latinità. Non romanizzata, insomma.
Cosa apprezzo delle donne tedesche? Niente.
Delle latine, cercando di ridurle a un unico ceppo (ma in verità ci sono enormi differenze tra la italiane del Sud, quelle del Nord, le portoghesi, le spagnole, le catalane, le valenciane, le galleghe, eccetera…), ammiro la loro femminilità, il loro essere donna sempre e comunque, un senso arcano di potere femminile che discende in linea retta dalle tragedie greche.
Delle donne africane apprezzo il loro fatalismo allegro, che raggiunge il suo apice nelle creole capoverdiane perché si aggiunge la malinconia dello sradicamento dalla loro terra e il senso di dolore dato dalla storia violenta e ingiusta.
Delle sudamericane hindie (Perù, Cile, Bolivia) apprezzo la loro forza, la loro fantasia/creatività e soprattutto il loro essere tragiche e passionali, in positivo e in negativo.
Delle sudamericane mulatte (Brasile, Venezuela, Colombia) apprezzo la loro allegria straripante e la sensualità.
Delle crucche invece non apprezzo un cazzo. E proprio per questo, per darvi una mazzata sui coglioni a voi segomani di questo sito, voglio offrirvi un racconto misero ambientato a Monaco di Baviera. Vero, lo possono leggere anche le donne, però certi dettagli faranno fatica a capirli, perché deformati verso un espressionismo di matrice molto maschile. Pardon, mujeres!
Dicevo, mi trovavo quasi per caso a Monaco. Non mi ero recato per l’Oktoberfest, di cui non me n’è mai fregato un cazzo, ma perché uno spiantato romano conosciuto in un ostello a Valencia mi aveva detto che un suo amico cercava un articolista per una rivista dedicata agli italo-tedeschi. E io mi ero messo in testa di girare il mondo scrivendo articoli (poi non lo feci, ma questa è un’altra storia).
Arrivato in Baviera, il tipo in questione – quello della rivista – pareva irraggiungibile. Vi erano inoltre altri problemi di cui sarebbe lungo fornire menzione. Tagliando corto, rimasi una settimana inoperativo a Monaco, cercando di abituarmi alla pioggia e al freddo. Aspettavo un’occasione, sentivo che non dovevo andarmene.
L’occasione arrivò. All’HB, mentre bevevo controvoglia della birra teutonica, conobbi José, un portoghese che mi riconobbe subito quale italiano, forse per via del mio naso dantesco o, come dice Paolo Conte, per “quegli occhi allegri da italiano in gita”. Iniziammo a parlare – lui un po’ in italiano, io nel mio portoghese casereccio – e gli confidai le delusioni nate dalla mancanza di sorte. La parola sorte la pronunciai in portoghese brasiliano, “sorci”, ma questo è un dettaglio pignolo che non serve a un cazzo ai fini della narrazione, solo che mi faccio pagare a cartelle…
Anche lui, mi disse, se la passava male. Viveva in un ostello dove aiutava a preparare la colazione, cercava lavoro e ogni tanto trovava qualche espediente poco legale. Però faceva anche un’altra cosa, da bel ragazzo qual era: si prostituiva.
Quando me lo disse, iniziai a ridere: nel mio immaginario, i gigolo operanti in Germania erano appannaggio di gay nazisti dementi di mezza età, che li drogavano e poi li facevano a pezzi in vasca da bagno, cibandosi del pene. In Germania ogni tanto succede, non sono molto civilizzati, non conoscono la pietas latina.
Invece no, si prostituiva con donne. In quei posti non è così strano che le donne assoldino ragazzi, dato che ormai pochi tedeschi ci provano, essendo terrorizzati dalle rivendicazioni nazifemministe.
«Pero, mi amigo, tens de saber una cosa: no son jovens, son velhas». Certo, questo è ovvio. Ma in vita mia mi era già capitato, fuori dall’Italia, di stare con donne un po’ più grandi di me. Quindi diedi il mio nominativo.
Niente mi faceva paura, ormai avevo imparato a rispettare la sensualità di una donna attempata, magari anche in carne. Inoltre ero in astinenza.
Dopo due giorni mi telefonarono. Dovevo recarmi – non ho paura a scriverlo – in Berliner Strasse 5, sono andato a controllare l’indirizzo esatto in un diario che ho tenuto per quel viaggio. Dovevo incontrare Rosanne, signora di 48 anni. Neanche tanti.
Quando la vidi davanti pensai di scappare. Infatti, una latina di 48 anni nella maggioranza dei casi è ancora una bella donna, o comunque intrigante. Una mulatta di 48 anni sarà sicuramente un po’ su di peso ma manterrà la sua carica erotica. Persino una indigena di 48 anni, per quanto non sarà al livello delle latine e delle mulatte, se si tiene un minimo bene, comunica passionalità e carnalità.
Ma una teutonica comunica solo disfacimento, degradazione, disperazione (scusate le allitterazioni).
Eccola lì, alta minimo 15 cm più di me e pesante 80 kg di più. Occhietti piccoli e azzurri – vuoti – e occhiaie nere. Pelle fatiscente, direi quasi arrugginita. Nei e macchie su tutta la pelle, denti gialli.
Mi dice qualcosa in tedesco, le dico che non lo parlo, quindi cerchiamo di comunicare in inglese. Mi fa sedere su un sofà che parodia l’epoca vittoriana, mi dà da bere del brandy, lei ne beve tre bicchieri mentre io sono ancora a metà del primo. Mi mette una mano sul pacco e io tento di farmelo venire duro, invece è morto e fatica a risorgere. Inspiegabilmente, cerca di baciarmi, io mi scosto perché mi fa proprio schifo. Lei vede questa cosa come una sorta di richiesta di soldi, quindi si alza e mi porge un centone. Io penso di rifiutare e andarmene, ma poi do un’occhiata alla stanza e trovo un armamentario di oggetti kitsch che manco Guido Gozzano nelle sue poesie… Robe davvero inquietanti. È una donna sola, sfatta, probabilmente depressa. Mi dispiacerebbe molto per lei darle questa delusione. Sentimentale italiano, italiano di buon cuore, che va in Germania per lavorare onestamente invece si ritrova a scoparsi vecchie orripilanti perché necessita di soldi.
Accetto i soldi. Inizio a palpeggiarla per due motivi: potrebbe essere un modo per farmelo venire duro; se prendo io l’iniziativa evito che lei tenti di baciarmi di nuovo.
Mi sorprendo. La mia idea è geniale: ottengo i miei due obiettivi. Però adesso è il momento di spogliarla. La signora pare un salame insaccato, è lavata ma la sua pelle ha un odore naturale che non mi gusta per niente. Probabilmente dato dall’alimentazione e dall’alcolismo, o anche dagli psicofarmaci.
Inizio a baciarle il corpo nudo, mettendomi sopra lei. Devo sbrigarmi, approfittando dell’erezione, per mantenere il pisello attivo. Non avrei mai immaginato che sarebbe stato così difficile alla mia età mantenere un’erezione. La tizia mi spinge verso le sue mutandone da nonna. Annaspo cercando di respirare tra quel fetore. Si toglie le mutande, è sbrodolante e pelosa. Cerco di non pensare a niente e mi sento affraternato alle troie da strada della Mandolossa, che devono andare con operai pakistani con baffi sporchi della salsa del kebab o con i puttanieri di Annunci69 che hanno subito vari TSO (ahahah scherzo).
Le lecco la figa cercando di non respirare per non sentirne l’odore, e sperando che non mi attacchi qualche herpes. Poi mi alza la testa e di scatto mi bacia. Non posso oppormi a quel bacio salivoso dal sapore di brandy. Se, sul letto di morte, avrò questo come ultimo pensiero, potrò dire d’aver già scontato il purgatorio in vita.
Poi vuole che la scopi, peraltro senza preservativo. «Eh no, buggiarona! Crucca demmerda!», le dico in italiano. Tanto non capisce. Recupero il portafoglio dai miei jeans e tiro fuori il preservativo. Poi le entro dentro e inizio a scoparla, io sopra lei sotto, mi stritola tra le braccia e tra le gambe, mi par d’essere Pinocchio che si scopa la balena, immagine davvero inquietante.
Stando sopra, dovrei venire in breve tempo. Invece no, la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo, soleva dire padron ‘Ntoni, quindi proseguo per un ben po’, tra i suoi gemiti,poi sento che l’erezione sta retrocedendo. Quindi ho il lampo di genio. Faccio come nei porno americani, quei pessimi video di 5 minuti dove si fa un sesso animalesco, violento ma per nulla catartico, tutto preso com’è nell’ostentazione della fighezza della ragazza e della prestanza atletica del ragazzo. Io gli americani li odio, non so voi. Però sapete che alla fine, assurdamente, l’uomo esce dalla donna, le prende i capelli e si fa una sega esclamando «OOOHHH OOOOHHH» (ma oh cosa??) per poi venirle in faccia, mentre lei lo guarda in cagnesco e lo incita con stronzate. Chi si eccita con quei porno è culo, culo chi non lo dice, “culo!”.
Io faccio lo stesso, e lei assurdamente gradisce. Peraltro mi rimangono in mano ciocche di capelli biondicci e fini come paglia. Si piglia la sborrata in faccia e poi mi bacia e annusa il cazzo, leccandolo con goduria.
Si va a lavare, poi vado anche io. Mi chino sul lavandino e sento d’essere sul punto di piangere. Cerco di pensare a cose belle, alla mia ex, alle saline di Aveiro, alla campagna francese, a Koper, alla mia famiglia lontana nelle valli bresciane.
Mi faccio coraggio ed esco dal bagno. In corridoio un pappagallo impagliato mi guarda con un’espressione serafica, che in quel momento odio. «Che cazzo vuoi sapere tu?», sussurro tra i denti e mi sento pure scemo a parlare con un orrendo pappagallo impagliato. Poco sopra c’è una foto di due sposi, e riconosco lei, giovane e magra, una bella ragazza di un secolo fa.
Tornato in salone, incrocio lo sguardo con quella donna, che mi guarda con una specie di tristezza quasi materna, come per dire “Abbiamo fatto una cosa che entrambi non dovevamo fare e che non ci dimenticheremo mai”. Purtroppo.
Esco di casa e mi addentro nel buio freddo della Baviera. Due giorni dopo sarei tornato in Italia.
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