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Lui & Lei

Insaziabile di cazzo nero. Parte 1


di Eilan79
25.08.2021    |    2.015    |    0 8.7
"Era impossibile staccargli gli occhi di dosso: occhi profondi, capelli rasati, un viso perfetto e un corpo muscoloso: una bellezza che mi intimidiva e che mi..."
Eccomi ancora qui, a distanza di anni dalla mia prima volta con un ragazzo di colore, ammetto di non poter più fare a meno del cazzo nero. Speravo che, una volta soddisfatta la mia curiosità, quel desiderio si sarebbe prima affievolito, poi spento. Invece no. Mi masturbo spesso pensando di ingoiare una grossa mazza nera con la cappella enorme, ogni volta che il mio compagno bianco mi scopa, il suo cazzo sembra non bastarmi, come se la fica mi restasse vuota.

Vivo in un quartiere popolare dove i ragazzi africani sono moltissimi, quando li incrocio li fisso, gli sorrido, mi mordo le labbra e il messaggio passa forte e chiaro. Ho capito che per loro scoparsi una puttana bianca è il raggiungimento di un grande traguardo, hanno una specie di rivalsa nel possederti e lo fanno con forza, quasi con violenza.

Mi sono fatta scopare da tanti, la maggior parte poco più che ventenni. Il mio primo approccio con loro è quello della donna sicura di se, ma quando sono tra le loro braccia turgide e muscolose i ruoli si invertono e mi piace sentirmi un oggetto disposta a subire qualunque loro desiderio.

Ieri stavo prendendo un caffè al tavolo di un bar, una specie di bronzo di Riace era seduto al tavolo accanto. Era impossibile staccargli gli occhi di dosso: occhi profondi, capelli rasati, un viso perfetto e un corpo muscoloso: una bellezza che mi intimidiva e che mi metteva in imbarazzo. Cercai di sfogliare il giornale per distrarmi ma subito mi immaginai inginocchiata sotto al tavolo di quello sconosciuto, abbassare in maniera frettolosa la zip dei suoi jeans, frugare la mano tra le sue mutande, afferrargli il cazzo e metterlo in bocca fino alla gola, soffocandomi. Immaginavo la gente attorno accorgersi di me che senza freni spompinavo in pubblico un negro sconosciuto : le donne mi disprezzavano chiamandomi troia e puttana mentre ai loro mariti gli si gonfiava il pacco dei pantaloni. Il pensiero mi fece arrossire e mi sorpresi nel ritrovarmi con le mutandine bagnate. La mia fica pulsava, sentivo il clitoride turgido e duro, mi dondolavo con discrezione per sfregarlo… dovevo necessariamente masturbarmi. Entrai al bar, chiesi la chiave del bagno delle donne, mi precipitai dentro, abbassai la tavoletta del water e mi ci sedetti sopra. Spalancai le cosce e cominciai a soddisfarmi infilandomi le dita in profondità della vagina immaginando il grosso cazzo del bronzo di Riace spaccarmi la fica. Sentii qualcuno entrare nel bagno accanto, il rumore della cintura che si slaccia, il getto di urina potente nel water. Poi un colpo di tosse. Il pensiero di masturbarmi con una persona praticamente accanto, divisi solo da una parete, mi fece venire in pochi secondi senza riuscire a trattenere un piccolo gemito.

Mi sistemai in fretta e uscii dal bagno per raggiungere il lavamani… e davanti a me c’era lui, immobile che mi fissava sorridendo sornione. Mi sentii sprofondare dalla vergogna, avevo ancora le dita fradice di umori della fichetta e l’odore si sentiva, credo l’abbia sentito anche lui. Mi squadro’ dalla testa ai piedi, fu come se mi sentissi nuda, restai in silenzio fin quando mi disse “ciao” e io risposi imbarazzata “salve” abbassando lo sguardo. Mi sentii sgamata come quando da piccola vieni sorpresa con le mani dentro al barattolo della marmellata. Con dolcezza mi prese il polso dicendomi “ posso?” , si portò le dita davanti al viso e le annusò. Mi ritrassi un po’ ma lui non mollò la presa. Ebbi un secondo di timore ma mi sciolsi non appena mi baciò la mano in un gesto quasi galante, dolce ed erotico al tempo stesso. Mi disse di seguirlo fuori dal bar e non so perché lo feci come fossi in balia di un incantesimo. Ci infilammo in un vicolo, infilò la mano in tasca, tirò fuori un mazzo di chiavi e si diresse verso un portone.

“Accomodati a casa mia” disse sorridendomi. Nemmeno il tempo di chiudere la porta alle sue spalle che ci trovammo avvinghiati. Mi alzò la gonna, spostò le mutandine ancora bagnate, e mi infilò due dita nella fica fradicia. Mi liberò degli slip, mi prese in braccio e letteralmente mi scaraventò sul tavolo spalancandomi le gambe. Cominciò a schiaffeggiarmi la fica grondante, alternava schiaffi e sputi sul mio clitoride, poi si fermava per farmi morire di desiderio e mi diceva “ ti piacciono i negri, troia?”. Io facevo “si” con la testa ma a lui non bastava, voleva che gli parlassi. “ Allora? Ti piacciono i cazzi neri? Si o no?
“ si, mi piacciono i cazzi neri almeno quanto a te piace la fica bianca, idiota!”.
Ricominciò a schiaffeggiarmi la fica con colpi più frequenti, stavo quasi per venire ma serrai le gambe: volevo ancora godere a lungo e saziarmi del suo cazzo ancora sconosciuto.

Mi apri’ nuovamente le cosce e ad un tratto bussarono alla porta. Ignorò il suono del campanello, affondò le sue labbra carnose nella mia fica calda e ne succhio’ gli umori.
“Mmmh è buono il sapore della tua fica, vuoi assaggiare?” Mi baciò ma un tratto il suo telefono squillò. Mi lasciò così, con le cosce aperte e la fica in bella vista e rispose al telefono. Rimasi interdetta, io non aspettavo altro che il suo cazzo, la mia eccitazione montava facendomi perdere la testa… ma lui rispose al telefono. Non potevo accettarlo, dovevo raggiungere almeno l’orgasmo, il mio grilletto rischiava di esplodere, la fica dilata implorava pietà. Cominciai quindi a sgrillettarmi mentre lo ascoltavo parlare al telefono in una lingua sconosciuta, mi guardava masturbarmi con foga, lui rideva e si afferrava il cazzo attraverso i pantaloni come a dirmi “ vuoi questo eh?” Riuscivo a intravedere l’enormità del suo membro attraverso il tessuto dei suoi jeans, volevo fiondarmi sul suo cazzo ma rimasi a toccarmi ancora con le cosce spalancate. Finalmente termino’ la conversazione, durò pochi secondi ma a me parve una eternità.

“ Resta così, spalanca bene la fica, continua a toccarti se vuoi”. E lo vidi allontanarsi.
“ Ma dove stai andando?” Gli urlai.
“ ti prego resta così, non ti muovere, voglio ritrovarti così. Torno con una sorpresa”

Si diresse verso la porta di ingresso, la apri’ di scatto, non feci in tempo a serrare le gambe che mi ritrovai di fronte uno sconosciuto con gli occhi sbarrati davanti alla visione di me con la fica ancora in mostra.

“ ti prego, resta così, ti prego! Apri le gambe, fai vedere una fica bianca al mio amico per la prima volta!” disse ridendo.

Finalmente capii cosa sarebbe successo: mi avrebbero scopata in due, due negroni prestanti avrebbero tappato ogni mio buco, non mi preoccupavo per la fica, quella era già sfondata da tempo, ma il culetto… il culetto era ancora vergine.

I due scoppiarono a ridere, si dettero il cinque in un gesto di amicizia e complicità e il bronzo di Riace si rivolse a me “ quindi? Ti piace la sorpresa?”
(Fine parte 1 - continua)
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