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Gay & Bisex

Fra i pini di mare con un giovane corridore


di NiceDriver28
06.12.2014    |    10.168    |    4 9.4
": -Oh cazzo, ti sei fatto male?- gli chiesi premurosamente correndo verso di lui : -No, no, non ti preoccupare..."
La necessità di prendermi qualche ora di relax mi aveva spinto, in quel pomeriggio infrasettimanale di inizio autunno, a recarmi presso quella spiaggetta isolata che avevo scoperto da qualche anno: luogo ideale per distaccarsi, seppur per poco tempo, dalla quotidianità talvolta opprimente dei nostri giorni.
Godersi una sigaretta, in tranquillità, all’ombra dei pini di mare mentre, all’orizzonte, il sole inizia a calare tanto da sembrare che, ad un certo punto, si fonda con l’acqua, può davvero rappresentare un modo per combattere lo stress e ricaricare le proprie energie ed io, infatti, da quando ho scoperto quella spiaggia, ci torno spesso, quando posso e, naturalmente, quando le condizioni meteorologiche lo permettono, per riflettere, per rigenerarmi e per trarre giovamento dal totale immergersi in quella divina atmosfera che è rarissimo trovare in altri posti.
Attraverso un sentiero, non ben visibile dalla strada principale, ci si può inoltrare con l’automobile all’interno dell’estesa pineta e la pineta è direttamente contigua alla spiaggia. Non vi è asfalto che si intrometta fra l’una e l’altra, come spesso in altri tratti di costa accade, e questo, appunto, consente a quella spiaggia di mantenere una vita a sé stante: sembra, insomma, di far davvero ingresso in un’altra dimensione in cui la quiete rappresenta l’elemento squisitamente predominante del luogo.
In quel pomeriggio, la temperatura mite ancora permetteva di poter indossare solo il costume da bagno ed io me ne stavo disteso su di un telo da mare poco distante dalla riva. Mi ero posizionato di modo che le onde che si infrangevano sulla sabbia non arrivassero sino a me in quanto, benché non facesse ancora freddo, non avevo intenzione di bagnarmi.
In posizione supina, con gli occhi fissi al cielo, gli unici lievi rumori che, in quel momento, riuscivo a percepire erano i battiti del mio cuore ed il mio respiro. Nient’altro. Mi sentivo completamente isolato, dissociato dal circostante e non udivo nemmeno il flebile rumore delle onde che terminavano la loro corsa a pochi millimetri di distanza dai miei piedi.
“Cazzo!” esclamai ad un certo punto, all’improvviso, balzando in piedi: il mio essere totalmente rilassato non mi aveva permesso di rendermi conto che un’onda, un po’ più audace delle altre, aveva oltrepassato il confine presso cui si dissolvevano le sue compagne ed aveva invaso il mio telo, bagnando, seppur con dolcezza, il mio corpo ed il mio costume a slip nero. Il cielo aveva appena cominciato a mutare il suo colore, nell’azzurro intenso avevano iniziato a prendere vita quelle meravigliose sfumature arancio che annunciavano l’inizio del tramonto, ragion per cui risultava impensabile, ormai, pensare di asciugarsi sfruttando la luce solare. Ridendo, fra me e me, per quell’evento imprevisto, raccolsi le mie cose e mi diressi verso la macchina parcheggiata proprio sul confine che segnava la fine della pineta e l’inizio della spiaggia. Una volta raggiunta l’auto, con un telo di riserva posto nel cofano, cominciai ad asciugarmi rapidamente quando, ad un tratto, avvertii un rumore di rametti secchi calpestati da passi che avanzavano ad un ritmo sostenuto. Istintivamente, rivolsi il mio sguardo nella direzione dalla quale mi sembrava provenisse quello scricchiolio e, lungo uno dei sentieri che si diramavano all’interno della pineta, scorsi un giovane ragazzo che percorreva il viottolo correndo con balzi cadenzati. Era moro, con la barbetta, non sembrava molto alto ma il corpo si dimostrava, ad una prima analisi, molto ben proporzionato.
: “Questo viene a correre qui?”, pensai fra me e me “deve averne percorsa di strada dal momento in cui questo posto è lontano almeno 15 chilometri dal più vicino centro abitato!”. Il ragazzo non mi notò, non era molto vicino da dove stavo io ragion per cui non riuscii immediatamente a vederlo nel particolare ma, in linea generale, cazzo, la visione era molto più che gradevole. Quella pineta è enorme e si presenta piena di piccoli sentieri: qualche tempo prima avevo provato ad inoltrarmi un po’ di più verso il suo interno, seguendo proprio la traiettoria intrapresa da quel ragazzo, e sapevo che, un po’ più avanti, vi erano delle panchine in legno che formavano una sorta di piccola area pic-nic.
: “Sono curioso cavolo!”, pensai fra me e me “ voglio vederlo più da vicino!” . Così decisi di avvicinarmi di più a quella sagoma che stava lentamente uscendo dalla mia visuale, ma la mia intenzione era quella di far in modo che lui non si accorgesse che lo stessi seguendo; l’unico modo per non destare sospetti sarebbe stato quello di raggiungere le panchine di legno prima che egli vi sopraggiungesse ed attendere lì il suo passaggio.
: “Se ha preso quella direzione, e considerando il ritmo che sta seguendo, in circa 5 minuti dovrebbe arrivare alle panchine”, pensai “a me non resta che raggiungerle andando parallelamente via spiaggia!”. Così feci: mi infilai rapidamente le scarpe da ginnastica, presi al volo il mio zaino, chiusi la macchina e, correndo sulla sabbia, riuscii a raggiungere la piccola area pic-nic prima che ci arrivasse lui. Mi sedetti su di un tavolo in legno, aprii lo zaino ed accesi una sigaretta certo che, di lì a poco, quel bel ragazzo, che avevo avuto modo di notare poco prima, sarebbe sbucato. Il rumore di rami secchi calpestati che avevo udito precedentemente, infatti, non tardò a farsi risentire, segno tangibile che il figo si stava avvicinando. In lontananza, mi apparve la sua figura e man mano che si avvicinava a me riuscii a focalizzarla più nitidamente: correva allo stesso ritmo di prima, era a poca distanza da me ormai. Tentavo di fare l’indifferente, nascondendo la direzione del mio sguardo dietro i Ray-ban, quando mi accorsi che, finalmente, anche lui aveva notato la mia presenza. Il tipo si fermò e, usando il tronco di un albero, come punto fermo d’appoggio, iniziò a fare stretching. Cazzo se era bono! Una fascia tergisudore bianca fra i capelli nero corvino leggermente lunghetti con rasature laterali; il corpo abbronzato, completamente lucido, metteva in evidenza una muscolatura ben proporzionata, non eccessiva, eccitantissima; sulle braccia guizzanti e all’altezza del polpaccio si dispiegavano una serie di tatuaggi.
Aveva addosso una canotta gialla, maculata dal sudore prodotto dalla fatica del suo allenamento, un pantaloncino da jogging aderente blu scuro che cingeva un paio di chiappe marmoree ed un paio di guanti da running perfettamente abbinati agli shorts. Mentre osservavo dettagliatamente tutti questi particolari, mi accorsi di aver finito la sigaretta e, a quel punto, finsi di smanettare con il cellulare per continuare ad improvvisare azioni da cui potesse trasparire un’ indifferenza che, di fatto, non esisteva. Continuai a guardarlo con la coda dell’occhio e, quando mi guardò anche lui, un’eccitazione pazzesca mi assalì. Aveva appena finito lo stretching-time
: “Oh Dio, che cavolo sta facendo adesso?” pensai quando mi accorsi che trafficava con le mani all’altezza del suo bacino. La risposta non tardò ad arrivare: si abbassò leggermente la parte anteriore del pantaloncino, tirò fuori il pisello, lo scappellò con nonchalance e si mise ad urinare: il fatto che pisciasse di profilo rispetto alla mia visuale mi consentì di vedere, al contempo, sebbene non chiaramente, sia il suo membro sia le sue chiappe fantastiche irrigidite dalla posizione assunta. Udii il rumore della sua urina che irrorava il fogliame sottostante e penso che l’eccitazione, in quel momento, mi abbia letteralmente mandato in fiamme il viso. Come muovermi? Cos’era quello, un invito? O semplicemente il ragazzo, durante un momento di pausa dalla sua corsetta pomeridiana, si stava godendo i piaceri di una pisciata liberatoria? Ma se così fosse, perché pisciare proprio davanti a me? Insomma, una serie di domande iniziarono a farsi strada nei miei pensieri, ma fu lui stesso a porre fine ai miei dilemmi: si sgrullò l’uccello, lo rimise in gabbia e ricominciò il suo cammino. : “Nulla di fatto”, pensai in quel momento “adesso se ne va!”. Mi passò davanti, ma non correva più allo stesso ritmo di prima, ora la sua corsa era molto più lenta. Alzai lo sguardo dal cellulare (ma quando mai lo avevo guardato il telefono?) e feci in modo che lui capisse che lo stavo guardando. Lo fissai ed in quell’istante notai che aveva anche un taglio d’occhi favoloso. Percepii, però, una certa agitazione in lui: mi sembrò fosse desideroso di fermarsi, ma che, allo stesso tempo, avesse un po’ di timore a farlo. Con molta probabilità mostrava indecisione nella fase di “abbordaggio” in quanto non sapeva bene per quale motivo io mi trovassi lì e, forse, aveva paura di una mia eventuale reazione negativa.
: “Devo fare qualcosa per fargli capire che ci sto!” risolsi fra me e me e, quindi, balzai giù dal tavolino con la forte intenzione di attuare un qualche segnale, più o meno preciso, attraverso cui rendere evidente il mio interesse nei suoi confronti. Lui stava continuando a correre, era un po’ più distante, ma non smise nemmeno per un attimo di tenere la testa rivolta verso di me e di guardarmi. Quasi certamente, proprio per questo suo non porre attenzione agli eventuali intralci dell’impervio sentiero, inciampò, nella radice di un albero, e cadde al suolo.
: -Oh cazzo, ti sei fatto male?- gli chiesi premurosamente correndo verso di lui
: -No, no, non ti preoccupare. Mi sono solo sbucciato un po’ il ginocchio!-, affermò nel rialzarsi repentinamente; poi, sorridendo, mentre rimuoveva il terriccio che gli si era attaccato addosso per via della caduta, continuò -è tutta colpa tua, mi hai distratto!-. Al sorriso seguì un leggera espressione di dolore
: -Ahi! Un po’ fa male però, ma deve essere solo l’effetto momentaneo della caduta. Credo di non essermi rotto nulla, almeno spero!-
: -No rotto no, altrimenti credo non saresti riuscito nemmeno ad alzarti autonomamente. Vieni qui, appoggiati a me!-, gli dissi in tono confidenziale -ti porto sulla panchina!-.
Lui non se lo lasciò dire due volte ed accettò immediatamente il mio aiuto. Presi il suo braccio sinistro e lo poggiai sulle mie spalle afferrando il suo polso con la mia mano sinistra. Sentii, a quel punto, l’odore del suo sudore: al contrario di quanto si possa pensare non era affatto sgradevole, anzi, in quel momento lo trovai molto eccitante. Era pur sempre una persona che aveva corso, sicuramente per diversi chilometri, non di certo si trattava di una persona restia al sapone. Si lasciò trascinare da me sino alla panchina, eravamo ad una distanza molto ravvicinata; essendo un pochino più basso di me, mi ero leggermente inclinato per agevolargli il cammino ed il suo pacco premeva sul mio fianco. Io lo sorreggevo tenendogli il mio braccio destro avvolto intorno alla vita, con il palmo che, ammetto volontariamente, poggiava sul suo gluteo destro. Ovviamente quei lievi strusciamenti dei nostri corpi e quel palpeggiamento del suo gluteo da parte mia, che si celava dietro una fasulla involontarietà, mi provocarono un’erezione quasi istantanea che eluse la mia mentale volontà di controllo di tenere a freno i bollori; ma anche il suo corpo sembrava rispondere positivamente al nostro contatto, eccome se rispondeva: lo avvertivo anche con una certa esattezza. Appena arrivati nei pressi della panchina guardai il suo ginocchio sbucciato e gli dissi
: -Ascoltami, io ho la macchina poco distante da qui, se vuoi medicarti possiamo andare lì, dovrei avere dell’acqua ossigenata e dei cerotti…-
:- Non ti preoccupare, sto bene-, mi rispose risoluto con un sorriso sensuale che mi diede modo di notare la sua stupenda dentatura -è solo una lieve ferita. Il ginocchio è un po’ tramortito dall’urto, ma va già meglio, fidati!-
: -Ma come ci sei arrivato sino a qui? Il centro urbano più vicino è abbastanza lontano!- chiesi un po’ per curiosità, un po’ per conoscere la sua provenienza
: -Diciamo che sono un podista che non si stanca molto facilmente e tu……oh cazzo, tu sei molto bello……!”.
Mi ritrovai, a queste parole, la sua lingua in bocca, senza aver nemmeno la possibilità di poter replicare al complimento che mi aveva rivolto. Lo attirai a me. Le mie braccia avvolsero le sue spalle. La sua canotta sudata era ormai a stretto contatto con il mio torso nudo; goccioline di sudore colavano dal suo viso, mentre ci baciavamo, scivolando sul mio volto. Riuscii a percepire, in quel momento, anche l’odore della sua pelle miscelato a quello eccitantissimo del suo sudore. Le nostre barbe ispide sfregavano l’una contro l’altra e le nostre lingue si intrecciavano l’una all'altra vorticosamente: fu un bacio passionale, mozzafiato. Ad un tratto, mentre con la mia mano gli accarezzavo la nuca, sentii la sua di mano tastarmi audacemente in pacco. Il mio costumino nero, ancora non completamente asciutto, penso stesse lì lì per esplodere a causa della reazione che quel bacio appassionato mi stava provocando. A quel punto lui ritrasse la lingua dalla mia bocca senza però indietreggiare con il capo e, con le sue labbra attaccate alle mie, mi sussurrò, sfoderando un sorriso sensualissimo
: -Azz, complimenti!-, mi diede un lieve morso sul labbro inferiore e mi chiese : -Ti va se te lo ciuccio?-
: -E me lo chiedi? – , gli risposi, completamente in estasi, con un filo di voce –puoi fare tutto ciò che vuoi!-
: -Ok!-, disse –poi però tu mi ricambi eh!- Sorrise. Dopo questa richiesta ben precisa, e dopo avermi dato un fugace bacio a stampo, si abbassò ed usando solo la dentatura mi tirò giù il costume, quel poco che serviva per consentire al mio cazzo di balzare fuori
: -Wow!- udii giusto un attimo prima di sentire il mio pisellone avidamente accolto nella sua cavità orale. Iniziò a succhiarmelo con una tale devozione che cominciai ad ansimare, istantaneamente, allo stesso ritmo del movimento che lui stava adottando nel ciucciarmi la nerchia ormai durissima. Sentivo la ruvidità dei suoi guanti da running intorno al mio bastone che aveva impugnato con passione; di tanto in tanto smetteva per chiedermi se mi piacesse e, ad ogni mia risposta lealmente positiva, con un rapido risucchio ricominciava a sbocchinarmi. Fu stupendo quel pompino, passionale quanto il bacio che c’eravamo dati pochi prima. Ad un tratto si alzò, mi afferrò per la nuca e mi rinfilò la lingua in bocca. Ci baciammo ancora, poi, staccandosi, mi disse sorridendo : -Io te lo succhierei ancora, per ore ed ore, ma il fatto è che sto scoppiando anche io!-. Guardai in basso, il rigonfiamento che mostrava il suo pantaloncino non mentiva anzi, gli era venuto talmente duro che, dall’elastico degli shorts, faceva capolino la sua cappella che sembrava essere già bella umida. Applicando una pressione sulla mia nuca con la sua mano foderata dal guanto, mi diresse verso il basso: adesso toccava a me, se lo meritava. Slittai, con il volto, lungo il suo torace ed arrivai all’altezza del pube. Iniziai a baciargli il pacco usando la stessa dedizione che lui aveva riservato al mio membro e cominciai a baciare l’ampia cappella che spuntava dagli shorts. Dovetti applicare una leggera forza per calargli il pantaloncino aderentissimo che sembrava essere diventato un tutt’uno con il suo corpo e, quando ci riuscii, il suo cazzo scattò fuori e mi picchiò violentemente sul viso. Respirai. La peluria del suo pube era corta e leggermente pungente, sicuramente si trattava dei primi peli di ricrescita che stavano spuntando dopo una rasatura. Aveva corso per molto tempo ed era, ovviamente, sudato anche nelle zone centrali del suo corpo scultoreo, ma quell’odore di sudore inguinale, unito all’odore di membro maschile non fu affatto spregevole, anzi: rappresentò un invito ad annusare, annusare ed annusare ancora.
: -Anche io mi difendo bene in quanto a pesce, che ne dici?- mi chiese con un sorrisetto malizioso. Inginocchiato dinanzi a lui, rivolsi lo sguardo in alto, in direzione del suo volto, con un’espressione di esplicito assenso. Si difendeva bene eccome, il ragazzo era davvero ben fornito. Incrociai il suo sguardo, il suo viso mutò leggermente espressione, un ghigno di eccitazione si fece strada lungo le sue labbra :- Ciuccialo!- esclamò con un'espressione che oscillava fra un ordine autoritario ed una supplica. Presi quel bel bastone pulsante fra le mani e, dopo avergli preso a colpi di lingua la cappella, lo accolsi fra le fauci con ingordigia.
Sentivo quel bono stratosferico mugolare a denti stretti : -Cazzo, che pompino, vai, ah, mi stai facendo godere! Sei bravissimo!-. La sua mano destra spingeva la mia nuca ed il movimento della mia testa seguiva gli stessi tempi del ritmo pelvico che quel figo arrapato stava adottando: dondolava il suo bacino avanti ed indietro ed alternando momenti di delicatezza a momenti di pura irruenza, mi scopava la bocca in maniera sublime. Mentre lo spompinavo, tenevo i palmi delle mie mani appoggiate alle sue marmoree chiappe, ancora foderate per metà dagli shorts, e pensavo a quanto sarebbe stato fantastico penetrarlo.
Proprio quando pensavo a ciò lo sentii esclamare, sempre fra i mugolii : -Voglio che ci possediamo, a vicenda. Voglio che il tuo cazzo mi sfondi e voglio sprofondare nel tuo culo con il mio pesce!-.
Mi piaceva il suo fare deciso, quel ragazzetto un po’dolce un po’spavaldo sapeva bene ciò che voleva e meritava un buon trattamento. Smisi per un attimo di succhiargli il cazzo e guardando verso di lui gli dissi
: -Non aspettavo altro che una richiesta del genere!-. Mi tirò su, ci baciammo ancora tremolanti dall’eccitazione che ormai aveva raggiunto picchi elevatissimi!
Quel piacevolissimo incontro, però, non ci aveva fatto porre attenzione al fatto che, ormai, stava imbrunendo.
: -Senti-, gli dissi – non è più il caso di restare qui. Andiamo alla mia macchina, fra poco farà buio-. Lui acconsentì. Ci risistemammo, alla meglio, gli uccelli nei rispettivi striminziti indumenti e ci avviammo. Percorremmo quel tratto di pineta che ci divideva dalla mia automobile con i cazzi in erezione e baciandoci in continuazione.
Mentre camminavamo lungo il sentiero mi disse, fra un bacio e l’altro, che lui non era della zona o meglio che era originario del luogo ma che viveva al nord ed aveva una casa al mare, non molto distante da lì, di proprietà dei genitori e che ci stava trascorrendo con loro quegli ultimi giorni di sole perché stavano attuando dei lavori di ristrutturazione: sarebbero ripartiti l'indomani.
: -Se non ci fossero stati loro a casa, potevamo andare lì-, disse risentito –e passare insieme tutta la notte. Tu meriti di essere goduto per bene, in un letto-, aggiunse spostandosi dagli occhi, con uno sbuffo, un ciuffo sbarazzino di capelli -cazzo, perché ti ho incontrato solo oggi!-
: -Non ti preoccupare-, gli dissi risoluto dandogli una pacca sul gluteo –ci rifaremo in qualche modo, prima o poi. Intanto possiamo accontentarci di una sistemazione di fortuna. La mia macchina non è comoda al pari d’un letto, ma può risultare abbastanza confortevole per certe cose!- Ridemmo. Il suo sorriso bianchissimo che contrastava con la barba scura era una delle cose più arrapanti che io avessi mai visto: pensare di non catapultargli istantaneamente la lingua in bocca rappresentava una vera e propria un’eresia. Ci baciammo ancora.
Appena arrivati all’auto mi disse : -Devo chiamare un attimo mio padre, sta facendo buio e non vorrei si preoccupasse. Tu poi, eventualmente, potresti riaccompagnarmi a casa? Così possiamo stare insieme più tempo!-
: -Certo, e me lo chiedi? Non preoccuparti assolutamente! – gli dissi in tono rassicurante.
Da una taschina ben nascosta degli shorts tirò fuori lo smartphone ed allontanandosi di qualche passo fece la sua telefonata. Mentre passeggiava, parlando a telefono con il padre, lo ammirai ancora: bello, sexy, con il pesce ancora eretto ben visibile dai pantaloncini. Non vedevo l’ora di possederlo e di farmi possedere. Appena finita la sua telefonata, tornò da me, mi si gettò addosso e mi mordicchiò l’orecchio sussurrandomi
: -Allora? Dove eravamo rimasti, figaccione?-.
Scopammo, non so per quante ore: un po’ in macchina, un po’ all’esterno dell’abitacolo, ove la dolce musica prodotta dalle onde del mare era ben percepibile e faceva da poetico sottofondo, accompagnando il magico ed erotico incontro fra le nostre corporature sudate. Ricordo ancora bene l’estrema eccitazione che mi pervase quando il mio membro pulsante, e con le vene in rilievo, si fece strada fra quei glutei fantastici penetrando nel suo corpo; ricordo le sue smorfie di dolore miste al piacere mentre mi muovevo dentro di lui ad un ritmo frenetico e ricordo perfettamente che lui usò lo stesso ritmo incessante con me quando mi piantò il suo pesce nel culo con decisione, senza formalizzarsi troppo. Raggiungemmo il culmine del piacere diverse volte, fino a stremarci, l’ultima delle quali sborrando l’uno sul viso dell’altro. Il ricordo del momento in cui mi spruzzò in faccia, il rievocare alla memoria il momento in cui la sua sborra mi colava sul volto e l’odore della stessa mi porta, anche adesso, all’erezione istantanea. Fra noi, una sintonia perfetta, l’unica pecca era ed è rappresentata dal reale dato che ci dividano diversi chilometri. Prima di salutarci ci baciammo a lungo; il sapore del suo bacio lo riavverto ogni qual volta io rimembri quel fantastico pomeriggio trascorso fra i pini di mare in compagnia di quel ragazzo stupendo, un figo pazzesco con cui ebbi modo d'avere un rapporto sessuale elettrizzante consumato meravigliosamente alla pari.
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