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Gay & Bisex

Il collega, professore ordinario e bisex


di enrico1970eb
11.08.2020    |    10.979    |    9 9.5
"Immagino di essere anche arrossito perché mi osservò in volto, sorridendo e strizzando l'occhio con complicità..."
Era da qualche anno che, a fatica, ero riuscito ad entrare all'Università come ricercatore. Non era stato facile. Avevo lavorato sodo, e passato nottate sui libri a fare pubblicazioni e a preparare conferenze e lezioni. La mia vita sociale era quasi inesistente, e la storia con la mia fidanzata storica si stava logorando proprio perché non era facile vivere accanto a uno che stava fisso sui libri. Avevo provato a farle capire cosa volesse dire la vita del ricercatore, ma forse giustamente non era molto convinta di questi continui sacrifici.
Il professore con il quale lavoravo era uno stacanovista nato. Sembrava che non gli pesasse niente, produceva articoli e libri con la velocità della luce, e sembrava che non gli costasse fatica. Lui era sposato con prole, faceva vita sociale, invitato spesso a eventi mondani e appassionato di teatro e bici da corsa. Facendo un confronto a volte pensavo che non avrei mai superato l'abilitazione da associato, se dovevo confrontarmi con uno come lui, con sette vite come i gatti e instancabile.
Con me era stato sempre comprensivo e benevolente, anche se avevamo una lieve competizione accademica. Ad ogni suo articolo edito io cercavo di rispondere con un'altra pubblicazione su riviste scientifiche accreditate, per dimostrare che ero all'altezza della fiducia e avrei potuto, a suo tempo, sostituirlo. Ma era ancora giovane, 59 anni ben portati e una lunga carriera davanti.
Ci capitava a volte di fermarci in biblioteca o nel suo studio a raccogliere documentazione e a ragionare su capitoli di libri o scalette di conferenze. Era piacevole, colto ma non pedante, e cerebralmente sempre stimolante confrontarsi con lui. Raramente parlavamo della nostra vita privata, dei fatti di tutti i giorni. Sapevo davvero poco di lui fuori dai panni dell'accademico.
Ogni tanto mi ero perso qualche secondo a guardarlo, brizzolato con barbetta apparentemente trascurata, ma asciutto e sì, attraente come maschio. Mai però ero andato oltre, non interessandomi al genere maschile, allora.
Tutto accadde, come spesso succede, senza premeditazione, almeno da parte mia.
Fu lui un giorno in ufficio, resosi conto che avevamo un sacco di lavoro da fare e il week end era vicino, a propormi di terminare a casa sua, per chiudere quel cavolo di ricerca che ci aveva fatto ammattire, ma che l'editore insisteva di ricevere entro pochi giorni.
Il professore mi disse: "Enrico, qui o ci mettiamo di buzzo buono e si finisce di scrivere queste cartelle, o l'editore ci fa causa! Il fine settimana i miei se ne vanno dai nonni, e se non hai impegni potremmo dedicarci completamente alla chiusura del lavoro....". Il giorno dopo, di sabato mattina, alle 9 ero già da lui, che mi aspettava -non l'avevo mai visto- in tshirt e pantaloncini corti. Era supereccitato dalla certezza che avremmo terminato e non avrebbe avuto più rogne dall'editore. Io mi sentivo un po' a disagio a casa sua, anche se mi confermava che il salone, dove mi aveva portato, aveva il suo buon gusto, e tutte le cose che lo rappresentavano: mobili d'epoca, quadri importanti e divani ovunque con cuscini e poltrone ottocentesche. Aveva già tutte le carte sul tavolo da fumo, e riprendemmo da dove eravamo rimasti la sera prima in biblioteca. Lì però dovevamo stare vicini sul divano, e quella posizione comoda era inusuale. Anche lui era più sciolto del solito, forse potendosi permettere la libertà di casa come normalmente non era. Mentre discutevamo su una citazione l'occhio mi cadde sui suoi pantaloncini corti di cotone bianco. Non avevo notato che erano assai trasparenti, e sembrava non portasse slip o boxer sotto. Si notava chiaramente il cazzo a riposo, voltato a sinistra, e due grossi coglioni. Credo di essermi trattenuto qualche secondo in più del lecito a osservare, che mi resi subito conto che se ne era accorto. Immagino di essere anche arrossito perché mi osservò in volto, sorridendo e strizzando l'occhio con complicità. Sarei voluto sprofondare, ma facemmo finta di niente e continuammo nel lavoro. Dopo due ore avevamo già prodotto dei buoni risultati, e lui mi disse che era il caso di staccare per un caffè. Andò in cucina e, alzandosi, notai bene anche che il lato B era trasparente, e si vedeva un culo sodo e peloso che, onestamente, mi fece diventare subito il cazzo barzotto. Non credevo in me e a quella sensazione di eccitazione, mai immaginata prima. Il professore mi portò un caffè fumante e mi disse: "sono contento di te, Enrico, abbiamo fatto un bel lavoro oggi. Possiamo permetterci una pausa, e cazzeggiare un po'". Fu così che per la prima volta mi chiese di me, del mio tempo libero, della mia ragazza, e mi disse che forse mi stava tenendo troppo sotto stress. Lui stesso si confidò, dicendo che forse avrebbe dovuto ridurre un po' il ritmo di lavoro e dedicarsi allo sport e agli amici, che aveva trascurato troppo. E confidenzialmente, come non aveva mai fatto prima, mi mise una mano sulla gamba, stringendomi la coscia con decisione e strizzandomi ancora l'occhio. Tutti questi messaggi mi sembravano inequivocabili, ma la testa non voleva ammettere che pure io ero intrigato e anche eccitato. Mi scappò di nuovo un'occhiata sui suoi pantaloncini, e mi sarebbe piaciuto guardare meglio, quando il mio cazzo, senza volere, diventò immediatamente turgido. Il professore se ne accorse, e ridendo sotto i baffi mi disse: "Enrico, mi sa che qui ci stiamo agitando..." e senza dire altro mi mise la mano sul pacco stringendo l'uccello in tiro. A quel punto tutto era chiaro, e non aspettai altro e feci lo stesso, alla pari. Fu un attimo di profonda intesa. Per la prima volta non ero il ricercatore e il prof., ma due maschi alla pari che si sentivano liberi di esplorare cose nuove. Ci avvicinammo lenti, senza lasciare le prese, e in poco le labbra si toccarono e le lingue iniziarono a esplorarsi, calde e umide, con decisione e arrapamento. Era il mio primo bacio fra maschi, e subito capii che era tutta un'altra cosa rispetto a quello con le donne. E la cosa mi eccitava da matti. Lentamente senza staccarci dalle bocche ci spogliammo, pezzo dopo pezzo, a vicenda, con piccole carezze che volevano esplorare tutto il corpo, di due maschi che già odoravano di eccitazione e sesso. Appena di abbassò i pantaloncini riuscii a vedere che anche lui aveva un bell'attrezzo, già bagnato e curvo a sinistra. Ci lasciammo la bocche solo perché entrambi eravamo infoiati e vogliosi di sentire i sapori delle nostre nerchie umide e profumate. Ci stendemmo uno sull'altro e iniziammo, senza dire niente, a slinguarci reciprocamente, passando dalle palle turgide fino alle aste ricurve, venose e pulsanti. Ecco, che soddisfazione e orgoglio maschile! Senza quasi prendere fiato continuammo a ingoiarci le cappelle, slinguarle, bagnarle di saliva per poi farle risparire in bocca. Si ansimava dall'eccitazione e quasi mi sembrava di non avere forza di continuare. Invece la pompa continuò senza sosta, per un tempo indefinito ma lungo, che non sembrava finire mai e che ci lasciava in bocca sapori forti e decisi. Fino al punto che sentimmo, reciprocamente, fremere i coglioni e capimmo che era il momento di lasciarsi andare. Sempre in silenzio scoppiammo come due ragazzini, ingoiando tutto, senza voler perdere nulla dell'altro, come fosse una sorta di iniziazione con un rito ancestrale.
Mi ripresi a fatica, ma anche il prof. era provato, ma entrambi soddisfatti e complici come non eravamo mai stati prima. E quello fu un inizio di una più proficua collaborazione e di una grande amicizia fra maschi...











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