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Sul tetto dell'autostazione


di VentenneCurioso
22.12.2023    |    8.475    |    4 9.1
"Ci muovemmo gattonando, altrimenti le macchine ci avrebbero visto..."
Premessa: ogni storia che scriverò su questo profilo è frutto di avventure vissute, buona lettura ❤️

Era il 2016, avevo 18 anni appena compiuti.
Mi ero innamorato di questa ragazza, mia compagna di banco.
Era stupenda, la ragazza più bella della classe: magra, seno contenuto, culo abbondante, capelli lisci neri.
Eravamo migliori amici da anni, da quando eravamo compagni di scuola: studiavamo insieme, uscivamo insieme a bere o a fare serate, io conoscevo i suoi genitori e lei i miei.

Un giorno ci organizziamo per fare una delle classiche cazzate da adolescenti.
“Perché non scriviamo la nostra frase sul tetto dell’autostazione?”
Dove vivo, l’autostazione, è completamente piena di graffiti, disegni di ogni tipo, tranne sul tetto, nessuno è mai andato lassù a scrivere, anche perché dovevi porgerti leggermente e scriverlo all’ingiù, sul bordo.
Insomma, una cazzata adolescenziale.
Ai tempi avevo sempre mille cazzate in mente da realizzare, ma questa decidemmo poi effettivamente di realizzarla.

Arrivò quella sera, non ricordo con precisione se andai io da lei o se ci trovammo direttamente là.
Mi portai lo zaino con guanti e una bomboletta di vernice spray nera.
Avevamo l’adrenalina addosso come se stessimo andando a rapinare un negozio.
Controllammo che in giro non ci fosse nessuno e, appena il traffico diminuì, salimmo sul tetto.

L’autostazione era posizionata sotto rispetto al livello della strada, quindi non fu complicato andare sul tetto.
Siamo saliti su un cancello e poi sul tetto che, rispetto alla strada, sarà stato a circa 2 metri di altezza, ma l’altezza del tetto sarà stata di almeno di 5 metri (entravano gli autobus extraurbani) proprio perché il parcheggio era sotto rispetto la strada.
Il tetto era in bitume, potevi distenderti o correre senza aver paura di scivolare, era piatto e ruvido, non c’erano tegole o altro.

Ci muovemmo gattonando, altrimenti le macchine ci avrebbero visto.
Non so cosa mi è preso, sarà stata l’adrenalina, la magia del momento, l’intimità, ma in quel momento la presi e la baciai.
Fu un bacio molto coinvolgente, si lasciò trasportare anche lei.
Mi ritrovai con lei su di me mentre ero seduto sul tetto.
Incominciò a muoversi avanti e indietro strofinandosi sui miei jeans mentre mi baciava, ero durissimo.
Riusciva a scappellarmelo attraverso i pantaloni solo con i movimenti del bacino.
Io non ero vergine ma avevo avuto pochissime esperienze, lei invece di esperienza ne aveva ma sapevo che era single da qualche mese.

Si alzò in piedi e si abbassò pantaloni e mutandine quanto basta per tirare fuori il suo grande e morbido culetto.
Non riuscì nemmeno a vedere cosa nascondeva, il giubbotto la copriva.
Io feci lo stesso, calai i jeans e lo tirai fuori, non fu il massimo appoggiare il mio sedere nudo sul tetto, ma che altro avrei dovuto fare?
Lei si abbassò, me lo prese in mano e se lo infilò dentro.. non feci nemmeno tempo a dirle che non avevo il preservativo, nessun preliminare, niente di niente, semplicemente voleva un cazzo e in quel momento se lo mise.
Lei era un lago, letteralmente, si infilò ogni centimetro fino alla base, dove è più largo, lubrificandolo tutto con la sua bava.

Io avevo mille pensieri che mi passavano per la testa: “E se vengo? E se qualcuno ci sente? E se qualcuno ci vede e ci arrestano? Cosa dirò ai miei genitori?”
Odiavo scopare senza preservativo, non riuscivo a godermi l’atto perché avevo paura di venirle dentro, avevo paura di fare cazzate.
Ho sempre pensato che è contro natura, non puoi scoparmi e pretendere che io non ti venga dentro.
Inoltre tutte quelle macchine, le finestre dei palazzi, eravamo nell’ombra ma avrebbero potuto vederci da ovunque.

Ma lei era lì sopra, non le importava niente di niente, voleva solo godere, continuava a muoversi avanti e indietro come se non avesse controllo del suo corpo, mi scopava come voleva lei.
Io completamente razionale e lei completamente impulsiva.
Voleva avere un orgasmo e io in quel momento ero il suo giocattolo, mi usò, ne aveva bisogno e io glielo lasciai fare mentre cercavo inutilmente di distrarmi per evitare di ingravidarla.
Ricordo che capii quando stava per raggiungere l’orgasmo, si fermò spingendolo completamente in profondità, fece una smorfia, quasi di dolore, e poi si mise ad ansimare forte.
Le tappai la bocca mentre sentivo la sua vagina pulsare a ogni orgasmo.
Fu stupendo.
Morta mi abbracciò.
Poi si alzò e si rivestii, io me lo infilai nelle mutande, ancora duro e completamente fradicio.
Mi disse: “Ora va molto meglio”
Io sorrisi.
Quella sera poi abbiamo scritto la frase sul bordo di quella tettoia e da allora è ancora li.
Da 7 anni, ogni autobus che passa legge la scritta: “Vorrei vedere Tokyo da lassù”

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