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Gli slavi del supermercato


di maialazzo
22.01.2014    |    75.977    |    6 9.2
"Cercai di divincolarmi, e di protestare ma riuscivo a dire solo "gha..."
La scorsa estate, uscendo dal lavoro, mi resi conto che non avevo niente da preparare per cena, e mio marito e mio figlio di 12 anni sono abbastanza esigenti, quindi non potevo riscaldare qualche avanzo che avevo nel frigo; mi sarei dovuta fermare a prendere qualcosa. Ragionando su cosa comprare, inevitabilmente i miei pensieri andarono alla nostra situazione economica che, come per molte famiglie italiane in questo periodo, non è certo rosea. Fino a un paio di anni fa non avevo bisogno di lavorare, poi la crisi, e rieccomi qui a cucire vestiti per otto ore al giorno.
Decisi di fermarmi al supermercato più piccolo davanti a cui passavo per tornare a casa, e non al solito maxi store, per risparmiare tempo. C'ero già stata alcune volte, e sapevo che era molto più facile trovare posto a quell'ora nel parcheggio contiguo, anche se esterno al supermercato, a cui si accedeva direttamente da una piccola e ripida scalinata in cemento. Infatti avevo ragione, c'erano solo altre due auto. Parcheggiai in fretta, presi la borsa e scesi di corsa con il vestitino blu a fiori bianchi che svolazzava sopra il ginocchio, lasciando scorgere le mie cosce sode, anche se un po' tondette. L'unico vantaggio ad essere tornata a lavorare, oltre i soldi, è che almeno posso vestirmi bene: spesso prendo i vestiti non venuti beni, li risistemo e li adatto ai miei gusti, come questo, che, con le sue spalline, mette in bella mostra il mio generoso davanzale, la parte del corpo di cui sono più fiera. Non sono una ragazzina, vado per la quarantina e sono un po' rotondetta, ma bella soda: insomma, qualche complimento ancora lo ricevo!
Mi avviai per la scalinata e notai che c'erano tre persone sedute sul muretto ai piedi della scalinata, con le gambe ciondolanti nel vuoto si stavano passando una bottigliona di birra: erano sicuramente slavi, o albanesi, o giù di lì. Uno era anziano e magrissimo, l'altro era giovane e abbastanza ciccio e l'ultimo era il classico zingaro con i capelli ricci e lunghi e i pantaloni azzurri di una tuta da ginnastica. Tutti e tre erano in canottiera, tutti e tre sembravano sporchi; il ragazzo paffuto aveva un paio di pantaloncini grigi e le infradito. Forse attratto dalle grazie che mostravo o forse solo per raccattare qualche soldo, lo zingaro con i pantaloni blu mi venne incontro dicendomi cose come:
- "Bella signora! Aspetta bella signora!"
Non avevo nessuna intenzione di aspettarlo, ma lui, agile e veloce, mi si mise davanti e iniziò a camminare all'indietro parlandomi e guardandomi, un po' negli occhi, ma per lo più le tette.
- "Bella signora, poche signore belle come te! Guarda cosa tu mi fai! Tu belle tette, bella tutta"
E così dicendo si portò le mani all'inguine della tuta macchiata, evidenziando con le dita il suo pacco, che sembrava generoso. L'ingresso per fortuna era vicino, e mi fiondai agitata all'interno del supermercato. Mentre facevo la spesa non riuscivo a concentrarmi, dovevo ammettere che quel pacco, quegli addominali che si intuivano sotto la canottiera macchiata e quei modi di fare diretti, mi avevano turbata. Inoltre con mio marito a letto le cose non andavano da un pezzo: non era mai stato molto dotato, e, forse per i problemi economici, oramai lo facevamo al massimo una volta al mese, senza particolare trasposto nè soddisfazione (almeno da parte mia). Mi resi conto che il pensiero di quel pisellone mi stava facendo bagnare, ma mai e poi mai avrei ceduto ad uno sporco zingaro: magari però mi sarei potuta masturbare sotto la doccia pensando al suo pisellone.
Finii la spesa ed uscii con due borse, un po' preoccupata perchè avevo consumato quasi tutta la riserva di soldi per la settimana.
Lo zingaro era all'uscita che mi aspettava: non ne avevo dubbi. Subito mi disse:
- "Bella signora ti aiuto io, dà me pacchi!"
Ma io mi rifiutai e mi diressi verso la scala con passo deciso. Non si arrese e riuscì a prendermi una borsa da una mano, al chè ebbi paura che volesse rubarmi la spesa, ma si mise al passo affianco a me cominciò a parlarmi:
- "trenta euro tu succhia me. Io cazzo grosso, cazzo bello, cazzo duro, trenta euro te succhia me!"
E intanto si era riportato la mano sul pacco che, in effetti, sembrava sia grosso che duro. Quella proposta diretta mi fece bagnare nuovamente, ma scossi la testa sorridendo.
- "Cazzo duro, tanta sborra, trenta euro, dai bella signora"
Continuava a toccarsi il cazzo, quasi a menarselo, e si era rimesso a camminare all'incontrario davanti a me per esibire la sua dotazione. Oltre che eccitata, iniziavo a pensare che trenta euro non mi facevano schifo, visto il momento, e poi quel cazzo era davvero duro... ma no! cosa stavo pensando? Dovevo essere impazzita! Misi la mia sporta nel bagagliaio, lo zingaro vi mise la sua, e salii in macchina. Abbassai subito i finestrini, sia per il caldo che aveva riempito la macchina nel frattempo, sia per dare qualche moneta allo zingaro per togliermelo di torno. Allungai la mano con le monete fuori dal finestrino, lui allungò la sua, ma al posto di prendere le monete, mi prese il polso e se lo portò sul fronte lercio della sua tuta da tennis. Con mia grande sorpresa, le monete caddero per terra e io mi ritrovai a tastare attraverso il tessuto sintetico azzurro un signor cazzo, duro e caldo. Avevo avuto solo due ragazzi prima di mio marito e i loro peni erano più o meno simili a quelli di mio marito appunto: questo era significativamente più grosso, ma immensamente più duro del suo. Restai a bocca aperta per qualche secondo mentre lo zingaro si strusciava la mia mano sul suo poderoso pacco. Lo guardai finalmente negli occhi e gli dissi: "Trenta euro, ok?" e lui mi rispose ok.
Si abbassò di colpo la tuta, era senza mutande, e mi presentò il suo bastone in tutta la sua possenza: era scuro, fortemente curvato all'ingiù e terminava con una cappella rossa infuocata. Si avvicinò ulteriormente alla portiera in modo che il suo uccello sporgesse dentro l'abitacolo. Prima di portarmelo alla bocca lo soppesai ancora un po' e osservai da vicino il fitto intrico di vene che lo percorrevano, dandogli una forma irregolare e bitorzoluta. Aveva un odore forte, l'igiene non doveva essere il suo pallino, ma aveva quell'odore di maschio che da così tanto tempo non sentivo più. Presi un bel respiro, chiusi gli occhi e aprii la bocca. In un istante me la ritrovai piena di una cappella morbida e liscia: era veramente bollente, ed era salata e... mi esaltò! Iniziai a muovere la testa avanti e indietro per prenderne di più, mentre lui mi aveva messo una mano dietro la testa con lo stesso scopo. La curvatura verso il basso mi impediva però di farmelo scorrere in bocca: la cappella strusciava sulla mia lingua, mentre l'asta strusciava sui miei denti superiori. Infastidito da queste difficoltà, aprì la porta. Pensavo volesse salire, invece, tenendomi sempre l'uccello in bocca e la mano salda dietro la testa, aprì la portiera e mi fece sporgere di più fuori dal finestrino. Mi ritrovai così piegata a novanta gradi, con la pancia appoggiata alla portiera, con le tette che ballonzolavano fuori dal finestrino e il cazzo dello zingaro che finalmente mi scorreva bene in bocca. Mi parlava dicendomi oscenità:
- Sì bella signora! Succhia bene mio cazzo! Tu puttana, te piace fare pompini, te mangia tutto mio cazzo che dopo beve tutta mia sborra!
Al posto di farmi arrabbiare quel turpiloquio mi eccitava e mi incitava a farlo godere: volevo sentire come gode un bastone come quello! Mi tolse l'uccello di bocca, cosa che mi deluse un po', e se lo sollevò lungo la pancia.
- Lecca mie palle bella signora! Senti come piene di sborra per te!
Le palle erano ancora più salate del cazzo, ma oramai ero totalmente presa e mi impegnai anche a leccargli e ciucciargli le grosse palle (almeno il triplo di quelle di mio marito) mentre con una mano mi spostai le mutandine e cominciai a toccarmi: ero bagnatissima!
Me lo infilò di nuovo in bocca, ma questa volta il suo obiettivo era di farlo arrivare in gola, e ci riuscì! La curvatura verso il basso facilitava il processo, facendo scorrere la sua cappella dentro e fuori dalla mia gola, producendo suoni osceni e facendomi colare saliva dai lati della bocca. Mi aveva tirato fuori le tette dal vestito e dal reggiseno e adesso pendevano libere, palpeggiate dalle sue manone ruvide e sporche.
Mi accorsi che non eravamo più soli, qualcuno mi stava toccando il culo! Cercai di girarmi ma lo zingaro non me lo consentiva. Aveva lasciato le tette e mi teneva saldamente la testa con due mani, senza smettere di strusciarmi la cappella in gola. Cercai di divincolarmi, e di protestare ma riuscivo a dire solo "gha.. ahg... ahgghaa" mentre lo zingaro mi disse:
- No preoccupare per mio fratellino, lui bello cazzo. Tu gode bene con suo bello cazzo!
E sentii che "suo bello cazzo" cercava di farsi strada nella mia fica. Cercai di tapparla con la mano che fino a un minuto prima usavo per masturbarmi, ma "il fratellino" me la prese e mi girò il braccio sopra la schiena, con fermezza ma senza farmi male, e riuscì ad entrare. Visto quanto ero bagnata in un attimo fu tutto in fondo al mio utero: non so se era grande come quello che mi scorreva in bocca, ma era decisamente più grande di quello di mio marito, e in un paio di minuti mi stava già facendo godere! Credo che se ne accorsero perchè iniziarono a ridere e a parlare in slavo fra di loro, e il tizio grosso dietro iniziò a darmi delle brodate che mi facevano sballonzolare tutte le tette e mi facevano scappare l'altro cazzo di bocca.
Godetti, e godetti rumorosamente, libera del cazzo in bocca, che mi aveva tolto probabilmente per divertirsi a sentirmi godere. Non mi interessava, ero persa nell'estasi, ma credo che anche al mio scopatore la cosa doveva piacere, perchè in breve sentii una vampata bollente che mi scoppiava nella pancia: mi aveva goduto dentro. Si ritirò lasciandomi un gran senso di vuoto e liberandomi il braccio. Portai una mano sulla mia fichetta che trovai aperta e appiccicosa, e ripresi a toccarmi il grilletto. Per poco però, perchè sentii con la mano che un altro cazzo si stava posizionando per entrare.
- Anche nonno cazzo bello duro, tu tranquilla, te piace, te godi!
E anche quel cazzo, anch'esso grosso altrettanto, entrò come il burro nella mia figa. Sentii anche che con un dito mi entrava nel culo, eh no! Questo era troppo! cercai di divincolarmi ma adesso era rimasto lì anche lo slavo paffuto che mi aveva appena scopato, che mi afferrò i fianchi in una morsa d'acciaio immobilizzandomi.
- Nonno però piace fare culo, te piace anche, te puttana.
e sentii che si stava facendo strada dietro di me. Per la prima volta da quando avevamo iniziato mi sentii stuprata. Con mio marito non facevamo sesso anale, e quella era praticamente la prima cosa che entrava dentro il mio culo in tutta la vita! Il dolore era enorme anche se il buco e il cazzo erano ben lubrificati. Affondò tutto dentro e poi rimase immobile per un po', mentre l'altro cazzo continuava a scoparmi in bocca. Quando il vecchietto riprese a muoversi il dolore era diminuito e riuscivo a sopportarlo. Adesso avevano preso un ritmo sincrono fra bocca e culo che mi faceva sentire piena e troia.
Di colpo, senza preavviso, lo zingaro grugnendo mi riempì la bocca di sborra, copiosa, calda, saporita come non ne avevo mai sentite. Doveva essere da un po' che non riceveva un pompino come si deve, perchè sborrò tantissimo, sporcandomi anche in faccia. Quando si fu calmato, mentre il nonno adesso ci dava dentro nel mio culo, vergine fino a cinque minuti prima, con un entusiasmo sorprendente per un uomo di quell'età, lo zingaro, sempre tenendomi ferma la testa, si accucciò con gli occhi all'altezza dei miei e mi disse:
- Vedi? Tu puttana. Te piace cazzo in culo, te tutta sporca di sborra in faccia e te gode con cazzo di nonno in culo!
aveva ragione, proprio in quel momento un altro orgasmo mi colse, trasfigurandomi il volto e costringendomi a portarmi una mano sopra e dentro la figa vuota. Quando riaprii gli occhi lo zingaro si stava alzando e mi aveva mollato la testa, mentre il vecchietto, rosso in faccia e sudato, continuava a pomparmi il culo, ma ormai non avevo più modo di liberarmi impalata com'ero, e poi non avrebbe avuto più senso. Vidi lo zingaro entrare in macchina e prendere la mia borsa. L'appoggiò per terra davanti a me, vi si accosciò davanti e vi cercò dentro finchè non estrasse il portafogli. Proprio in quel momento capii che il nonno stava per arrivare, e sentii che si scaricava con un lamento dentro il mio sedere. Ebbi un altro piccolo orgasmo, o forse era la continuazione del precedente? Riaprii gli occhi quando sentii il cazzone del vecchio liberarsi dal mio intestino e l'aria fresca che entrava nel buco largo che mi aveva lasciato. lo zingaro era di nuovo con gli occhi alla mia altezza e mi disse, mostrandomi dei soldi che evidentemente aveva estratto dal mio portafogli:
- Trenta euro, come d'accordo. Nonno e fratellino sono omaggio. Te fatto buono affare oggi!
Rimise il portafogli nella borsa che buttò in macchina, e si allontanò per raggiungere gli altri due sul muretto.
Con le gambe molli e tremanti riuscii ad rientrare in auto: ero esausta. Mi resi conto che stavo sgocciolando seme sul sedile dai miei due buchi usati. Cercai nella borsa i fazzoletti ma mi ricordai che li avevo finiti per via di una collega che si era macchiata in mattinata. Inoltre stavo impiastricciando anche la borsa perchè avevo anche le mani sporche. Scoppia a piangere. Era un pianto isterico e liberatorio: ero stata usata come una troia da tre slavi in un parcheggio, che mi avevano pure fregato trenta euro... ma mi era piaciuto! Inoltre come avrei fatto a rientrare in casa, da mio marito e da mio figlio, in quelle condizioni? Sporca, appiccicosa e puzzolente di sesso e di maschio? Mi guardai nello specchietto: anche i capelli erano un disastro, e per fortuna che quel giorno non avevo messo trucco! Avviai la macchina e passai davanti agli sguardi divertiti dei miei tre amanti, ma non ebbi il coraggio di sostenere la loro vista, e tirai dritta facendo finta di niente.
Comunque quella non fu l'ultima volta che mi fermai a quel supermercato, in quella torrida estate....







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