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Il simposio di Platone


di ScrittoreAcerbo
03.05.2024    |    497    |    4 9.6
"Sentiti questi gemiti, alzai il mio busto e poggiai le sue gambe sulle spalle, in modo da facilitare la penetrazione..."
Ciao, sono Luigi e quello che vi sto per raccontare accadde durante l’ultimo anno di liceo.
Come ogni anno, nel periodo tra marzo e aprile, vennero estratti i professori interni e quelli esterni dell’esame di maturità.

Una volta saputo che nella commissione ci sarebbe stata una professoressa esterna di filosofia, e che la seconda prova sarebbe stata proprio su quella materia, il panico si impossessò della mia classe.
Sapevo che la persona estratta avesse una fissazione per il simposio di Platone e, dato che era da tanto che non rivedevamo quell’argomento, decisi di chiedere aiuto alla mia professoressa.

“Prof, scusi se la disturbo. Abbiamo saputo che è stata estratta la professoressa Rossi per l’esame di maturità”.
“Ah si? Beh stai tranquillo, di filosofia sei sempre andato molto bene. Vedrai che te la caverai anche senza di me”.

Era sempre incoraggiante nei miei confronti. Cercai di sfruttare il fatto che fossi il preferito, e provai ad insistere: “si lo so, ma ci hanno detto alcuni suoi alunni che ha una fissazione per il simposio di Platone e, onestamente, non è che me lo ricordi alla perfezione. Non potremmo fare un ripasso?”.
“Luigi, siamo indietro con il programma, non posso fermarmi perché c’è la possibilità che vi chieda una cosa vecchia”.
“E se facessimo un ripasso in un pomeriggio fuori orario?”.
“Allora va bene”.

Provai a convincere i miei compagni che fosse necessario ma nessuno di loro volle fare ore in più oltre all’orario scolastico.
Abbattuto, andai dalla professoressa ad avvisarla che sarebbe saltato tutto.
“Me lo immaginavo”.
Io non riposi neanche, abbassai solo lo sguardo.
“Dai, non fare così. Facciamo così, mercoledì dopo scuola vieni a pranzo da me e facciamo il ripasso. So che non vai benissimo a scuola e che filosofia è la materia che ti alza la media”.

Ero entusiasta. Avrei passato un pomeriggio a casa della mia professoressa preferita e avrei ripassato un argomento che mi spaventava.

Il mercoledì arrivò in fretta. Feci passare in qualche modo le sei ore di scuola e, preso il motorino, andai a casa della professoressa.
Citofonai.
“Ciao Luigi, sali. Secondo piano”.
Mi affrettai ed arrivai subito alla porta di casa.

Quando aprii la porta rimasi di sasso.
I vestiti larghi e castigati che usava per andare a scuola avevano lasciato il posto ad una semplice maglietta lunga ed ad un paio di leggings neri che le fasciavano quel suo sedere tonico, probabilmente allenato in palestra.
I capelli, lunghi e neri, erano tenuti in una coda che arrivava fino alle spalle. I soliti occhiali da professoressa dei film porno ornavano gli occhi neri di quella splendida donna.

“Che fai? Non entri?”.
“Si si, scusi ma non sono abituato a vederla vestita così”.
“Così come? Da casa? Beh si scusa ma, avendo la giornata libera, ho fatto un po’ di faccende. Se vuoi mi cambio e mi vesto più formale”.
“No no, non si disturbi”.

Il pranzo si svolse in tranquillità con i soliti convenevoli tra me, lei e il marito.
Una volta sparecchiati i tavoli, ci mettemmo sul tavolo in cucina e iniziammo a rivedere quello che sapevo su Platone.

Presi dal ripasso, non ci accorgemmo che le ore passarono in fretta e fummo interrotti dal marito che se ne andava a lavoro.
“Ciao, io vado. Non far sclerare Luigi con Platone eh”.
Ci mettemmo a ridere.
“Beh, speriamo che tutto sto ripasso non lo faccia andare fuori di testa”.
Beh, che dire, qualcosa che mi mandava fuori di testa c’era, ma non era Platone. Difatti, mentre lei mi spiegava la vita del filosofo, io ero preso dal movimento dei suoi seni, senza reggiseno, sotto la maglietta.

Andammo avanti con il ripasso. Arrivammo al simposio di Platone.
Per farla breve parla di un essere che viene diviso in due parti dagli dei. Per trovare la felicità uno deve ritrovare la metà che lo completa.
Da qui si arriva all’idea dell’eros di Platone.

I discorsi sull’eros mi misero in difficoltà. Ero lì, vicino ad una donna dalla sensualità innata, che parlavamo, in modo esplicito, dell’idea di sesso dell’antica Grecia.
Un’erezione poderosa di manifestò nei miei pantaloni.

“Quindi, ripeti, di cosa si parlò nel simposio di Platone?”.
“Beh si, la parte maschile deve metterlo dentro alla femminile per riformare la coppia..”
“Dai Luigi concentrati, non puoi ripeterla così alla commissione”.
Provò a farmi delle domande ma non sortirono alcun effetto.

Io abbassai la testa sconsolato e, nel farlo, il mio sguardo si posò ancora una volta sul suo seno e sui suoi movimenti sotto la maglietta.
Notai solo allora che i suoi capezzoli erano così turgidi che sembravano voler bucare la maglietta. Che anche in lei si fosse smosso qualcosa?

Qualcosa scattò dentro di me. Se anche lei era in quello stato, forse avrei potuto avere un’opportunità. Del resto che cosa sarebbe potuto andare storto?
Non poteva raccontare a nessuno di aver fatto lezioni private ad un suo alunno senza andare nei guai. Inoltre, da lì alla fine dell’anno, ci sarebbe stata solo un’altra verifica che non avrebbe potuto rovinarmi più di tanto la media. Non aveva possibilità di farmi una ripicca.

“Posso prendere un bicchiere d’acqua?”.
“Tranquillo te lo prendo io”.
Quando si alzò per andare a prendere l’acqua mi misi comodo sulla sedia e posai, senza remore, il mio sguardo sul suo fondoschiena.
Sapevo che stava sentendo i miei occhi sul suo sedere e questo non mi turbò.

Tornò con l’acqua.
“Grazie, prof è un problema se staccassimo un attimo? Sa, tutto questo parlare di Eros mi ha fatto un certo effetto”.
Rimase interdetta per un secondo. Probabilmente non si aspettava tutta quella mia sfacciataggine.
“Eh si, anche io ho caldo”.
“Beh se vuole vado ad aprirle la finestra”.
“Si grazie, mi faresti un grande favore”.

Nell’alzarmi per andare ad aprire la finestra, il mio pacco andò a posizionarsi proprio davanti al suo viso. Non poteva non averlo notato.
Sbarrò gli occhi e arrossì.
Io, compiaciuto, svolsi velocemente il mio compito e tornai al tavolo.
Con la scusa di bere quel bicchiere d’acqua che mi aveva appena preso, rimasi in piedi, davanti a lei, e continuai a mostrarle tutta l’abbondanza che avevo in mezzo alle gambe.

Il suo sguardo andò fisso sul rigonfiamento e lei, paonazza, non riuscì più a dire neanche una parola.
“Tutto bene? C’è qualcosa che non va professoressa?”.
“Si,n-n-no, cioè, ho caldo e non pensavo che il caldo fosse così grosso, no cioè pesante”.
Capita la sua situazione provai a farla crollare del tutto.

Mi avvicinai e misi una mano sul suo seno.
Non reagì.
Iniziai a palparla da sopra la maglietta a mani piene. Non lo avrei mai detto ma li sotto doveva essere nascosta almeno una terza abbondante.

Il suo sguardo supplicante e la mancanza di reazioni mi fecero capire che potevo osare di più.
Le mie mani andarono alla base dell sua maglietta e gliela tolsero.
Che spettacolo. Davanti a me ritrovai due tette sode, con una rotondità perfetta e due capezzoli a punta, di un colore un po’ più scuro della sua pelle.

Mi ci fiondai su con la bocca. Prima leccai il capezzolo con la punta della lingua e poi lo imboccai per iniziare a succhiarlo.
Le mie mani andarono sotto al seno e lo impastarono come se fosse l’ impasto della pizza. Finito il lavoro su uno, andavo sull’altro.
La mano della professoressa si posizionò sulla mia nuca e iniziò a guidarmi in quel lavoro di bocca.

Preso da quel lavoro, non mi accorsi che l’altra sua mano era andata sotto al suo intimo e aveva dato il via alla masturbazione della sua vagina.
Quello fu il segnale, capii che non era più una professoressa che faceva il ripasso, bensì una donna che veniva sedotta da un uomo.

“Mmmmm, aspetta voglio mettermi comoda”.
Alzai la testa dal suo seno e la vidi alzarsi.
Andò verso il divano e, con una lentezza degna del miglior spogliarello, si tolse via quei pochi indumenti che le restavano addosso.
Fatto ciò, si sedette sul divano a gambe aperte e mi invitò ad avvicinarmi.

Una vampata di calore si impossessò di me.
Mi tolsi in fretta e furia la maglietta e andai da lei.
La sua mano andò sul mio pacco e la sua lingua iniziò a guizzare tra gli spacchi dei miei addominali.
Una mia mano andò a palparle il seno e l’altra, tenendola per la coda, la guidava alla scoperta del mio corpo.

“Vediamo se puoi essere la mia metà”.
Detto questo le sue mani andarono sulla cintura e andarono a spogliarmi delle ultime cose che la dividevano dall’oggetto del suo desiderio.

Lo impugnò e, da buona professoressa quale era, lo studiò con attenzione.
“Mmmm, bello duro e lungo, ti darò un bel 9 pieno”.
Ringalluzzito da quel complimento, glielo avvicinai alla bocca.

Lei prese a segarlo con lentezza.
“Vuoi che lo prenda in bocca? Tu sei duro, io bagnata, potremmo passare al sesso”.
Quella frase mi mandò in panne il cervello.
Come era successo? Fino a poco prima, lei rimaneva paralizzata a vedere la patta gonfia dei miei pantaloni e, ora, mi stava chiedendo di essere scopata senza preliminari.

Vista la mia titubanza decise di prendere la situazione in mano.
Lasciò il mio cazzo a si girò. Appoggiò i gomiti allo schienale e mise le ginocchia sul divano.
Inarcò la schiena ed espose quei due buchi che non aspettavano altro che essere penetrati.

“Quindi? Cosa aspetti?”.
Non dovetti pensarci. Puntai il cazzo all’entrata dalle sua figa. Era così bagnata che non feci alcuna fatica ad entrarle per intero.
Misi le mani sui suoi fianchi e iniziai a scoparla.

Ci mettemmo poco a trovare un ritmo che andasse bene ad entrambi.
I nostri bacini presero a cercarsi e i nostri gemiti andarono crescendo e riempirono la stanza.
La morsa sul mio membro si fece sempre più salda e calda.
Il rumore dei nostri corpi che si scontravano mi diede alla testa.

Ogni mia resistenza fu vinta e, uscendo da quel rifugio caldo, arrivò un’orgasmo spaventoso.
“Proooof vengoooo”.
Feci appena in tempo ad uscire che una decina di fiotti bianchi e densi andarono ad imbrattare quel culo tonico.

Ero distrutto. Finalmente avevo l’occasione di andare a letto con quella donna che mi aveva sempre fatto sognare, e venivo dopo poco tempo.

“Ehi, cos’è quella faccia? Non starai mica pensando che sia finita qui”.
Ancora una volta, come quando le chiesi aiuto per ripassare, la sua voce fu rassicurante e calda.
Mi infuse fiducia.

Capì che mi ero ripreso, quindi si sdraiò, noncurante delle macchie di sperma che andarono a macchiare il divano, e me lo prese in bocca.
Aveva una maestria e un’eleganza non comuni.
Con la mano lo teneva fermo e alternava delle forti pompate a delle leccate al frenulo.

Le ci vollero poche lappate per farmi tornare duro come prima.
“Beh, dopo questo lavoretto, non mi dai neanche un bacio?”.
Non potevo non assecondarla.

Mi sdraiai su di lei e la baciai.
Le nostre lingue iniziarono una danza erotica dentro alla sua bocca. Le mie mani andarono sui suoi seni e iniziarono a giocarci.
Lei, vogliosa di avermi dentro, prese il mio cazzo e lo indirizzò verso la sua fessura.
Con un colpo di reni rientrai dentro di lei.

Iniziò una scopata lenta ma decisa. Lei, con le gambe avvinghiate al mio bacino, mi guidava nel raggiungere il ritmo alla quale voleva essere scopata.
Lo facemmo a lungo in quella posizione, alternando baci focosi a morsi sulla nostra pelle nuda. I nostri corpi, cosparsi di sudore, si fusero in una cosa sola.

“Si, si, così, così, sto per arrivare, sto per arrivareee”.
Sentiti questi gemiti, alzai il mio busto e poggiai le sue gambe sulle spalle, in modo da facilitare la penetrazione.
Il ritmo di quella scopata aumentò e, con esso, i decibel dei gemiti della mia professoressa.

Le sue gambe si strinsero ancora e le sue mani andarono sul mio fondoschiena dettandomi il ritmo che voleva.
Le mie mani andarono sui suoi sensi e il ritmo della mia cavalcata aumentò.
Il suono dei nostri corpi, che sbattevano l’uno contro l’altro, si fece sempre più forte, fino a quando non sentì il corpo di lei che si irrigidiva.
La stretta intorno al mio membro si fece più forte e più calda.
Gli occhi le si spalancarono e un urlo, selvaggio quanto lei, riempì la stanza.
“Si, vengo, si, siiiiiii”.

Tutte quelle emozioni, e le contrazioni della sua vagina, portarono anche me all’orgasmo che le si riversò al suo interno.

Eravamo esausti.
Lei mi accarezzò i capelli e, con fare amorevole, mi disse:
“Se alla maturità prendi il massimo dei voti in filosofia ti do anche qualcos’altro”.

Mi aveva dato una motivazione per studiare.
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