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Raccontami di te


di AleBi
14.03.2024    |    4.898    |    13 8.7
"Sento che lo annodi attorno al mio collo, divertendoti a chiuderlo come fosse una treccia e usandolo poi per tirare la mia testa verso il tuo petto..."
Ansimo, eppure non mi stai ancora toccando. Ansimo al solo pensiero che tu mi stia osservando e che io, sottomessa al tuo sguardo, non possa fare altrettanto. Ansimo al pensiero che dietro di me tu ti stia spogliando.
Sotto il ventre sento la leggerezza delle candide lenzuola un po’ stropicciate, sulle cosce il lieve graffio del pizzo delle mutandine abbassate a metà sedere. Il freddo metallico della fibbia si scontra con il calore della mia pelle nuda. Il cuoio, che come te è duro e morbido allo stesso tempo, stringe i miei polsi rudimentalmente legati l'un l'altro dietro la schiena. Le mie dita, disorientate da questo immobilismo costretto, giocano ad incrociarsi fra loro quasi a voler accelerare il tempo che sembra passare troppo lentamente. Qualche morbida ciocca di capelli mi cade sugli occhi color nocciola. Tento di spostarla con un soffio deciso, poi volto lo sguardo verso di te, ma sei troppo distante e riesco solamente, con la coda dell’occhio, a vedere i tuoi pantaloni planare sulla sedia che si trova ai piedi del letto.
Affondo sconsolata il viso fra il profumo delle lenzuola, lasciandomi scappare un nuovo sospiro: quanto ti desidero e quanta impazienza dentro di me.

Tra le mie gambe scorre ancora la tua saliva, mista ad una calda eccitazione. Entrati in stanza, la passione non ci ha concesso il tempo per spogliarci completamente e, dopo avermi sfilato solamente i jeans, mi hai stretta fra le tue braccia, portandomi sul letto e avvicinando poi delicatamente la tua bocca al mio caldo sesso. Guardandomi con avido desiderio hai spostato lateralmente la brasiliana con i denti, appoggiato la tua bocca sulle mie labbra umide e affondato la tua lingua nella mia carne debole. Mi hai assaporata piano, con un dolce e tenero trasporto, con la delicatezza e l’attenzione con cui ci si appresta a consumare qualcosa che si vorrebbe poter conservare in eterno.
Sulla chiappa sento ancora caldo il segno rosso lasciato dalla tua mano. Dopo esserti gustato i miei umori mi hai voltata e mi hai assestato una sculacciata, poi un’altra e un’altra ancora. Colpi decisi, ma lenti e lontani l’uno dall’altro, quanto basta per farmi capire di essere completamente in balia delle tue decisioni e per crearmi quella sensazione di ansiosa attesa di quando non sai se ti aspetterà ancora un colpo deciso o, magari, ti sorprenderà una dolce carezza. Hai abbassato le mutandine per leccarmi il buco del culo, poi mi hai regalato un’altra sculacciata e un’altra ancora: bruciore misto a piacere, abbandono misto a fiducia. Hai sfilato la cinta e l’hai usata per legarmi i polsi dietro la schiena, allontanandoti poi da me, dopo il suono di un ultimo sordo schiaffo sul culo ormai rosso.

Il mio volto riemerge dalle lenzuola e tenta un ultimo disperato tentativo di raggiungerti con lo sguardo, di farti arrivare la mia impazienza, la mia voglia. Anche questa volta, però, non ti trovo e ansimo insofferente, come una bambina capricciosa che non riesce a dare un freno alla sua golosità in attesa della merenda. Poi d’un tratto sento i tuoi passi avvicinarsi e il tuo respiro caldo che, come un brivido, mi sfiora la pelle lungo la schiena. Un tessuto mi scorre davanti agli occhi e scende lungo il mio volto fin sotto il mento. Abbasso lo sguardo e riconosco il rosso del mio foulard. Sento che lo annodi attorno al mio collo, divertendoti a chiuderlo come fosse una treccia e usandolo poi per tirare la mia testa verso il tuo petto. Così sono ancor più bloccata, ancor più tua, abbandonata tra le tue mani e inconsapevole di ciò che vuoi fare con me, o di me. Non ho il tempo per pensarci: il tuo cazzo si appoggia al mio buco più stretto e spinge. Sussulto, sorpresa. Non mi sarei mai aspettata che partissi facendomi il culo, e invece lo fai e ti muovi come se mi stessi scopando la figa: forte, veloce, duro.

Ti chini su di me e, continuando a fottermi, posi il tuo sguardo sul mio alla ricerca di qualche emozione nascosta, perdendo così dolcemente i tuoi occhi nei miei. Poi rallenti la velocità, mi liberi le mani dalla presa della cintura e con decisione mi prendi per i fianchi, voltandomi. Sei sopra di me adesso e, occhi negli occhi, avvicini il bacino al mio volto, facendomi capire che ora ciò che vuoi è la mia bocca, le labbra della tua puttana. Alzo leggermente la testa e tiro fuori la lingua portandola alle tue palle, mentre intravedo un accenno di dolce soddisfazione nei tuoi occhi e sulle tue labbra: forse non ti aspettavi questa scelta, e sei felice che io stia iniziando ormai a conoscere e assecondare i tuoi gusti. Il compiacimento sul tuo volto contagia, di rimando, il mio. Scorro la lingua sulle palle lentamente, poi più voracemente, le succhio e torno a leccarti. Tento di levare il foulard ancora legato attorno al mio collo, ma la tua mano mi ferma e tu e mi raggiungi con quello sguardo che ormai conosco bene. I tuoi occhi sono sbarrati e la bocca corrucciata: guai a cambiare la scena, la regia è tua, così come lo sono io. Avvicini di più il bacino, strusciando i coglioni sul mio volto, facendomi arrivare il tuo odore e cercando di sentire ancora più intenso il contatto della mia lingua sulla tua carne. Solo allora liberi il mio collo da quella stretta, ti stacchi e mi penetri: questa volta la figa, questa volta dolcemente.
Qualche attimo dopo mi ritrovo con le mutandine di pizzo sul volto e il tuo cazzo a pochi centimetri di distanza. Non capisco subito, ma poi realizzo: vuoi ricordarmi, ricreandola, la nostra prima volta insieme, quando in ginocchio davanti a te mi hai messo l’intimo ancora fradicio in bocca e mi hai inondato le labbra del tuo piacere. Questa volta, però, è il mio viso a ricevere gli schizzi della tua sborra calda. Mi fai scivolare addosso le ultime gocce di te, poi ti sdrai sul mio corpo, avvicini le tue labbra e chiedendomi di non muovermi sfiori delicatamente le mie attraverso il tessuto. Mi arriva dritto dentro tutto il calore di quel bacio concesso a metà, tutta la forza del tuo soffocato desiderio.

Per qualche attimo ci guardiamo, l’uno negli occhi dell’altra, il tuo corpo caldo e umido ancora sopra il mio. Poi ti alzi per prendere una sigaretta e torni a sederti accanto a me. Mi parli di te, mi racconti come sta andando la tua vita, mi aggiorni di quelle piccole novità che ancora non avevi avuto modo di raccontarmi nella nostra quotidianità. Amanti e complici poco prima, amici e confidenti ora. Mi spogli degli ultimi indumenti che mi sono rimasti addosso e mi ammiri. Mi accarezzi, mi massaggi, mi abbracci, mentre continuiamo a parlarci di noi, a cercare uno sguardo e un contatto, a tratti più tenero e a tratti più languido.

Mi allontano da te dirigendomi verso il trolley sistemato al fondo del letto. Mi chiedi dove stia andando e, quando mi vedi tornare mostrandoti fra le mani il babydoll rosa che conosci bene - anche se fino a quel momento avevi potuto ammirare soltanto da qualche scatto -, mi riprendi con una finta disapprovazione per averti rilevato quella sorpresa così tardi.

“Quel babydoll mi fa salire il crimine”, mi avevi confessato qualche mese prima in chat.
“Te lo regalo?”.
“Con te dentro, si, grazie”.
“Si dice che conti il pensiero”, avevo provato a ribattere alla tua solita incapacità di accontentarti.
“Da me si dice che i regali o si fanno bene o non si fanno, sposina”.
Mi chiami così da quando hai saputo che ho ricevuto dal mio ragazzo la proposta di matrimonio, da quando hai realizzato che stavi flirtando con una promessa sposa.
“Non posso farci nulla se lo trovo eccitante”, mi avevi detto quel giorno di metà agosto di fronte alla notizia.
Ho finto di stupirmi, Ros, ma credo di non aver mai avuto modo di confessarti che quel pensiero perverso ha raggiunto anche me e che poco tempo dopo ti ho sognato scoparmi al muro con indosso proprio un leggero e bianco abito da sposa.

Togli il babydoll dalle mie mani e con un dito mi indichi il cazzo: i tuoi ordini ormai non hanno più bisogno di parole. Mi abbasso fra le tue gambe e seguendo il tuo tracciato appoggio la lingua sul membro ancora molle, lo sento piano piano iniziare a pulsare sotto la mia lingua, lo percepisco lentamente ingrossarsi nella mia bocca. Il tuo dito scende, indicandomi le palle, e la mia lingua gli corre nuovamente dietro, ovunque vada. Risalgo per accogliere nella mia bocca il tuo cazzo ormai di marmo e mentre mi scopi la bocca ti diverti di tanto in tanto a tapparmi il naso, godendoti così la visione delle mie labbra che si allontanano da te restandovi però inevitabilmente legate tramite i filamenti di saliva che uniscono i nostri corpi, quasi a volerci ricordare che siamo diventati un tutt’uno.

Mi porgi il mio regalo ordinandomi di indossarlo e, non appena l’ho fatto, mi attiri sopra di te. Qualche mio movimento più dolce e delicato, poi mi accascio sul tuo petto, la mia testa si appoggia fra le tue spalle e il mio respiro riscalda il tuo collo. Mi cingi fra le tue braccia dettando un ritmo più sostenuto, poi mi volti, mettendomi a quattro zampe sul bordo del letto e con una mano mi schiacci la schiena sul materasso, mentre riprendi a fottermi il culo. Quando ti alzi e leghi la cinta attorno al mio collo, capisco al volo cosa vuoi da me e mi inginocchio a terra, guardandoti, fino a che la tua presa mi tira leggermente per darmi la direzione e mi guida a gattonare.
A metà stanza mi ordini di fermarmi, ti abbassi e mi penetri, chiedendomi poi di riprendere a camminare sulle ginocchia. Ad ogni mio avanzare un duro affondo del tuo cazzo mi raggiunge, nel corpo e nella mente. Mi ordini nuovamente di fermarmi e io mi volto per cercare il tuo sguardo, notando uno specchio a parete alla nostra sinistra. Sono piegata come una cagna, con un guinzaglio al collo e il tuo cazzo che mi pompa la fica: vuoi che io possa guardarmi in quella veste, in quella condizione, che possa vedere nei nostri occhi, fra i nostri corpi e nel nostro animo più profondo un desiderio animale, ma insieme così infinitamente umano.

Mi riconduci sul letto, ti sdrai sopra di me e mi scopi forte, sempre più velocemente, sempre più intensamente.
“Volevi essere mia?”, mi sussurri all'orecchio un attimo dopo.
“Ora sei mia”, aggiungi senza attendere una risposta, mentre il tuo corpo si abbandona stanco fra le mie braccia.
Ci sdraiamo lateralmente l’uno di fronte all’altra, concedendoci altre carezze, altri sguardi. Le tue dita sfiorano il mio corpo, percorrono i miei fianchi e le mie cosce, si soffermano orgogliose sul segno rosso lasciato dalla tua mano poche ore prima. Ti accorgi che sono ancora bagnata e che ho ancora desiderio di te: in verità non ho mai smesso di esserlo da quando abbiamo varcato quella porta. Mi volti su un fianco e mi scopi ancora, mentre io resto immobile, ancora tua, ferma pur senza essere, questa volta, legata. Il mio orgasmo raggiunge il centro del mio corpo, mentre il tuo nettare incontra questa volta le mie natiche e poi viene accompagnato dalle tue dita giocose dentro di me.

Più tardi siamo seduti al tavolo di un ristorante e, scambiandoci sguardi complici e felici, attendiamo l’arrivo del mio promesso sposo. Addosso ho le mutandine impregnate del tuo seme, le stesse che poche ore dopo lui mi sfilerà chiedendomi di raccontargli come mi hai resa tua.
Ti parlo di me, ti racconto come è andata la mia vita, ti aggiorno di quelle piccole cose che ancora non avevo avuto modo di raccontarti nella nostra quotidianità. Chissà se qualcuno attorno a noi riesce a percepire la vibrazione delle nostre anime, il calore dei nostri sguardi, la particolarità del nostro legame. Amanti e complici poco prima, amici e confidenti ora.
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