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Lui & Lei

Payback: 04


di Extales
05.01.2013    |    5.343    |    0 9.9
"La spinse a sua volta rimettendola a sedere per l'ennesima volta, era furente anche lui..."
Capitolo 4

Amedei non sapeva dove sbattere la testa. La professoressa Lonzi era in malattia già da una settimana e non si intravedeva all'orizzonte la data in cui sarebbe tornata a lavoro.
Dirigere la scuola non faceva per lui e ancora non si capacitava di come avesse potuto offrirsi per quella carica. Non era stato in grado di gestire il suo matrimonio, figuriamoci milleduecento studenti.
Era arrivato al punto di dover chiedere una mano ma pochi si erano fatti avanti. Alla fine si era dovuto accontentare della professoressa Ruggiu e da quando le aveva affidato l'incarico non aveva fatto altro che pentirsene.

La Ruggiu era una delle donne più irritanti che Amedei avesse mai conosciuto. Entrata qualche anno prima come insegnante di religione scelta dalla curia, aveva prontamente cambiato materia e ora si atteggiava come se la Lonzi non dovesse far più ritorno, arrivando a sostituire la targhetta all'ingresso dell'ufficio di Amedei con una che riportava il suo nome.
«Solo per non creare malintesi» si era giustificata.
Non era bella, ma un pensiero poteva ispirarlo, e forse anche più di uno. Il guaio è che lei ne era consapevole.
Era arrogante, leggermente sovrappeso e mal vestita, a metà tra la donna d'affari e quella di strada.
Indossava sempre i pantaloni ma li accompagnava con giacche scollatissime che lasciavano intravedere un seno enorme anche se un po' flaccido e cadente. Nonostante truccasse solo gli occhi lo faceva in modo così pesante da rendersi quasi volgare. Decisamente una tenuta inappropriata per quel luogo, ma date le sue conoscenze era un sollievo che si limitasse solo a questo. Averla scelta era solo la riconferma che quel ruolo non faceva per lui.

Da quando la Lonzi era scomparsa si erano sentiti solo una volta ed era stato disastroso.
L'aveva chiamata per sapere come stava. Lei era un fascio di nervi.
Le cose avevano iniziato a precipitare quando lui accennò a chi aveva scelto come sostituta. La preside aveva accolto la notizia con fastidio e disappunto, stavano per litigare ma Amedei era riuscito a cambiare argomento.
Avevano parlato un po' della scuola, della famiglia e del più e del meno finché non era più riuscito a trattenersi. Le aveva raccontato tutto.
La reazione della professoressa l'aveva travolto. Gli aveva gridato che era un porco, che aveva approfittato della sua posizione per abusare della ragazza e che gli sarebbe costato molto caro.
«Quando avrò finito con te non potrai nemmeno avvicinarti a un edificio scolastico!» Aveva concluso lei prima di chiudergli il telefono in faccia.
Amedei non aveva saputo come risponderle. Avrebbe voluto richiamarla, farla ragionare, spiegare le sue ragioni ma non aveva osato.
Sapeva che la Lonzi aveva ragione. Aveva infranto un tabù e avrebbe dovuto pagarne le conseguenze. Doveva solo resistere fino al ritorno della legittima preside. Sentiva di doverglielo e di doverlo soprattutto ai ragazzi. Aveva fatto una stronzata e non era portato per quel lavoro ma sapeva bene che la professoressa Ruggiu era molto meno indicata di lui.
Insomma, aveva deciso che se ne sarebbe andato ma l'avrebbe fatto col botto. Magari scopandosi quella stronza della Ruggiu in aula magna, così che licenziassero anche lei. Sorrise al pensiero. Sì, così gli sarebbe piaciuto.

Lo squillo del telefono lo distolse dai suoi pensieri.
«Flavio, sono Patrizia. Ho bisogno di vederti.»
«Sicura che sia una buona idea dopo quello che è successo l'ultima volta?»
«Sì, passa da me questo pomeriggio.»

Suonò il citofono alle quattro in punto. La Lonzi lo aspettava dietro la porta. Sembrava provata. Indossava un pigiama azzurro e gli immancabili occhiali. Probabilmente non usciva da giorni. Il viso era stanco, gli occhi arrossati e gonfi. Doveva aver passato una notte insonne e si poteva scommettere che non era stata l'unica volta.

Si guardarono incapaci di salutarsi. Lei lo fece accomodare in casa indicandogli una poltrona. Senza chiedere gli offrì un bicchiere di whisky, poi ne verso due dita per se che bevve in un sorso solo prima di versarsene ancora e sedersi sul divano di fronte a lui.
«Tortona si è fatta viva dopo quello che è successo?»
«No, ci siamo visti solo a lezione, non ci sono stati sviluppi.»
«Nessun contatto, nessuna minaccia di rivelare a qualcuno quel che è successo?»
«Nessuna, anzi, ora sembra un'alunna modello.»
La professoressa Lonzi fece un respiro profondo, poi vuotò nuovamente il bicchiere prima di riempirselo ancora.
«Patrizia, stai esagerando.»
«Non farmi la paternale» rispose lei scocciata. «Ho cinque anni più di te e non è certamente la prima volta che bevo.»
«Non ti riconosco Patrizia. Sei in malattia da quasi due settimane e ora ti vedo in queste condizioni. Sono preoccupato. Se è per la mia permanenza a scuola ti assicuro che sto solo aspettando il tuo ritorno per dare le dimissioni.»
La Lonzi per la terza volta bevve tutto d'un fiato e se ne versò ancora.
«Flavio, non sono stata sincera con te.»
Amedei la guardò perplesso. Lei invece concentrò la sua attenzione su un angioletto di porcellana alla sua sinistra che, improvvisamente, era diventato interessantissimo.
«Ho fatto una cazzata anche io.»
«Cosa vuol dire?»
«Sala e Colombo. Mentre tu eri con Tortona io ero con Loro.»
Amedei si gratto la testa. Era incredulo, sbuffò e si alzò in piedi, aveva capito ma non voleva crederci.
«Sii più specifica, cosa vuol dire che eri con loro?»
«Vuol dire che mi sono fatta scopare da tutti e due.» e con una risatina nervosa bevve ancora tutto il contenuto del bicchiere. Quando fece per versarsene ancora Amedei le strappo di mano la bottiglia.

«Adesso basta Patrizia.» Amedei era sempre stato un uomo passionale. Non era mai riuscito a trattenersi. Aveva sempre dovuto urlare la sua rabbia ai quattro venti ma quella volta era diverso. Era freddo, troppo sconvolto per reagire normalmente.
«Che cazzo fai? Ti ho detto che non devi farmi la predica!» La Lonzi cercò di alzarsi e avventarsi sulla bottiglia, ma ormai l'alcol iniziava a farsi sentire minando il suo equilibrio. Per Amedei fu facile spingerla sul petto e rimetterla a sedere. La Lonzi non si diede per vinta e si avventò sulla bottiglia ancora una volta. Questa volta il professore la rimise a sedere con tanta decisione da farla desistere.
«Ho detto basta!» urlò finalmente. «Ero pronto a dare le dimissioni e a rinunciare alla mia carriera dopo quel che mi hai detto e ora salta fuori che invece hai fatto la stessa cosa. Hai idea di come mi sia sentito? Perché non hai detto niente?»
«Non avevo il coraggio di dirlo a nessuno! Per quale motivo pensi sia scomparsa? Perché avevo voglia di farmi una vacanza? Non avevo il coraggio di farmi rivedere a scuola e quando mi hai raccontato di quel che è successo con Tortona ho sfogato su di te tutta la rabbia che avevo per me stessa. Il senso di vergogna per essermi lasciata andare e per averne anche...»
«...goduto.» concluse lui per lei.
«Sì.»
«Un tempo eri una mogliettina irreprensibile e ora cornifichi tuo marito due cazzi alla volta» la schernì Amedei.
«Non è stato qualcosa che ho cercato io Flavio.» cercò di giustificarsi lei.
«Ma hai lasciato che accadesse! Mi hai detto di no per cinque anni e l'hai data a due ragazzini che potrebbero essere figli tuoi!»
«È solo questo che ti brucia allora. Che l'abbia data a loro e non a te! Esci da casa mia e vai a farti fottere Flavio!»

La Lonzi si alzò dal divano e gli diede uno spintone così forte che quasi gli fece perdere l'equilibro ma Amedei non aveva quattro bicchieri di whisky in corpo e riuscì a restare in piedi. La spinse a sua volta rimettendola a sedere per l'ennesima volta, era furente anche lui.
«Sai cosa ti dico Patrizia?» Sussurrò a denti stretti «chi va a farsi fottere oggi sei tu.»
Lei lo schiaffeggiò con la mano che portava la fede. Lo colpì così forte da rompergli il labbro ma non fu abbastanza per lei. Sollevò la mano e cercò di colpirlo ancora.
Amedei le blocco i polsi per farla calmare ma lei era furente. Riuscì a liberarsi e a mettersi sopra di lui colpendolo con quanta più forza aveva. Il professore provò a liberarsi, le bloccò ancora una volta i polsi e la ribaltò riportandola a sedere sul divano, sotto di lui, tenendola premuta allo schienale con la mano libera.
La Lonzi sì fermò improvvisamente sospirando. La mano di Amedei era sul suo petto.
Sì guardarono un istante poi lui iniziò a massaggiarle il seno da sopra il pigiama. Il respiro di entrambi si fece irregolare.
Amedei le lasciò i polsi e le sollevò la maglia un centimetro alla volta, scoprendo ciò che da anni desiderava vedere. Le sollevò il reggiseno e quando li vide sospirò ancora. Strinse i seni con le dita giocando con i capezzoli delicatamente ma lei non fu d'accordo. Lo prese per i capelli e lo guidò a continuare quel gioco con la bocca. Lui li baciò avidamente cercando di insinuarle le mani nei pantaloni. La trovò umida ed eccitata.
Iniziò a toccarla facendola gemere di piacere. Le stuzzicò il clitoride con il pollice e quando lei si spinse verso di lui per cercare maggior contatto decise di penetrarla prima con due dita, poi con tre, masturbandola con foga.
«Finalmente ci sei riuscito, eh Flavio? Guarda quante me ne stai infilando dentro.» gemette lei.
«Dovevo farmi rompere il labbro per riuscirci?»
Lei sorrise e si abbandonò alle dita di Amedei appoggiandosi completamente al divano.
«Non penso proprio Patrizia, vieni qui!» Amedei si alzò e prendendola per i capelli la trascinò in ginocchio ai suoi piedi.
«Abbiamo fretta vedo.» Sussurrò la Lonzi strofinando la guancia contro la sua eccitazione.

Amedei si slacciò i pantaloni e il suo uccello saltò fuori in tutta la sua durezza. Sempre tenendola per i capelli cercò di guidarla a prenderlo in bocca. Lei lo guardò dal basso verso l'alto e strofinò la guancia e le labbra su tutta la lunghezza.
«Voglio sentirti chiedere per favore Flavio.»
Lui per tutta risposta cercò di forzarglielo tra le labbra.
«No, non ci siamo.» Continuò lei guardandolo maliziosamente negli occhi «Voglio sentirti dire “Patrizia, per favore, fammi un pompino”.»
«Col cazzo! Apri la bocca e succhia!»
«Prova ancora. Peeer favore Patrizia. Non è difficile, dai.» Lo canzonò lei.
Amedei non aveva nessuna intenzione di cedere. Le tappò il naso e quando lei fu costretta ad aprire la bocca per respirare le infilò il cazzo così profondamente da farla tossire.
«Potrei farti licenziare per questo, lo sai?» rise lei liberandosi dalla morsa tra un colpo di tosse e l'altro.
Per tutta risposta Amedei cercò di forzarla a prenderlo in bocca ancora una volta.
«Se vuoi fare il duro devi farlo fino in fondo. Non vuoi chiedere per favore? E allora devi scoparmi in bocca!»
Amedei si bloccò guardandola negli occhi. Le mani poggiate sul capo della Lonzi e lo sguardo fisso nel suo.
«Vuoi fare il duro, Flavio?» Gli chiese lei.
Amedei annuì.
«Scopami in bocca allora!» Sorrise e spalancò le labbra. Fu immediatamente spinta a prenderlo tutto. Amedei le penetrò la bocca ancora più di prima e iniziò a muoversi con foga. La Lonzi si aggrappò ai suoi fianchi sperando si spingesse ancora più a fondo. Lui l'accontentò.

Ora Amedei era immerso fino alle palle nella bocca di una donna che qualche minuto prima aveva rispettato e soprattutto temuto. La teneva saldamente per i capelli e le spingeva la testa avanti e indietro facendo scorrere quelle labbra sognate per anni lungo tutto il suo cazzo. Sembrava la stesse dominando ma era stata lei a volerlo, modellando quell'atto così rude esattamente secondo i propri desideri. Lo frenava quando si spingeva troppo oltre e lo incitava quando non lo spingeva abbastanza. Continuava a essere il suo capo anche mentre la violava in quel modo.

Amedei si sottrasse alle sue labbra e le strofinò l'uccello su tutto il viso, spostandole gli occhiali sulla fronte per poi farli ricadere sul naso. Lei fece per toglierli ma lui glielo impedì.
«L'hai succhiato anche a loro?» sussurrò colpendole velocemente le guance con la cappella.
«Tu cosa dici?»
Lui la schiaffeggiò più forte, colpendo anche il naso e le labbra.
«Sono io che ho fatto la domanda.»
«Sì e sai che altro ho fatto?» si strinse le tette una contro l'altra inarcando la schiena all'indietro, poggiandosi al divano dietro di lei.
Amedei le si mise quasi a cavalcioni e le scopò anche quelle. Si aggrappò allo schienale del divano e mosse il bacino freneticamente. Lei continuava a guardarlo eccitata.
Erano stati colleghi per anni e non erano mai andati oltre il bacio sulla guancia. La Lonzi incolpò l'alcol di quel che stava succedendo ma in cuor suo sapeva che dopo quei giorni di stress e depressione aveva bisogno di una valvola di sfogo e Amedei gliene aveva fornito una coi fiocchi.
Fece guizzare fuori la lingua cercando di leccargli la cappella ogni volta che poteva.
«Ah, sei una gran troia» ansimò Amedei.
«Sì, me l'hanno detto anche Sala e Colombo ma avevo sempre la bocca troppo occupata per riprenderli»

Amedei capì che stava per raggiungere il punto di non ritorno. Si scostò bruscamente da lei e si inginocchiò ai suoi piedi. Le sfilò pantaloni e mutadine e si gettò a leccarle la figa. La Lonzi ansimò pesantemente, godendosi quella lingua che le stava torturando il clitoride, succhiandolo e mordendolo senza darle tregue seguita da due dita che ripresero a esplorarla senza ritegno.
Quando la Lonzi ne ebbe abbastanza, i ruoli si invertirono e lei gli fu sopra. Impugnò il suo cazzo e lo guidò dentro di se lasciadovisi cadere sopra di colpo. Iniziò a cavalcarlo con rabbia mentre lui si impadroniva di quel seno immenso con la bocca dopo averle tolto la parte di sopra del pigiama, lasciandola finalmente completamente nuda.
La Lonzi gli accarezzò il labbro ferito poi lo schiaffeggiò ancora e rise. Lui reagì, ricambiando lo schiaffo. Lottarono senza smettere di scoparsi un istante, finché lui non la ribaltò sotto di se. Lei lo avvolse con le gambe mentre dettando un nuovo ritmo molto più intenso di quello tenuto pochi istanti prima. Amedei usciva quasi del tutto lasciando dentro solo la cappella e dandosi lo slancio la penetrava nuovamente, spingendola contro lo schienale di quel divano che ormai era bagnato di sudore e dei loro umori.
Un movimento un po' più intenso lo fece uscire completamente da lei. Lui si riportò all'altezza del suo viso offrendo nuovamente il cazzo a quella bocca famelica. Questa volta lei non chiese nessun “per favore”, accolse quel cazzo e lo spompinò con tutta se stessa.
La Lonzi faceva scorrere la sua lingua dalla cappella lungo tutta l'asta accarezzando le palle con un movimento delicato e deciso. Lui era in estasi, le accarezzava i capelli rossi e cercava il contatto con quegli occhi castani che si nascondevano dietro un paio di occhiali eleganti.
«Vuoi fare ancora il duro Flavio?»
Amedei non se lo fece ripetere, afferrò quei capelli che aveva accarezzato fino a pochi istanti prima e riprese a muoversi con più irruenza che mai. Stavolta non la fece condurre, per quanto lei cercasse di frenarlo ormai era troppo eccitato e vicino all'orgasmo. Alcune lacrime scesero lungo il viso della Lonzi nel tentativo di non soffocare sotto l'impeto di quell'uccello così violento.
La scopava in bocca con tanta foga da farle ballare gli occhiali sul viso. Lei aveva cercato di toglierli definitivamente ma lui non l'aveva permesso. Ogni volta che le arrivavano sul naso Amedei li rimetteva diligentemente al loro posto.

La schiaffeggiò ancora col cazzo finché l'orgasmo imminente non fu allontanato. Si riportò all'altezza della figa e riprese a fotterla nella stessa posizione di prima.
«Hai scopato così Tortona?»
«No» sussurrò prima di girarla improvvisamente, mettendola a pecorina e penetrandola con forza «Tortona l'ho scopata così!» La prese saldamente per i fianchi e la penetrò ancora.
«Sì! Scopami come hai scopato quella puttanella!»

La Lonzi si abbandono esausta sul divano lasciando che Amedei la usasse senza ritegno. Le ultime spinte furono devastanti e la condussero a un'orgasmo spossante. Morse un cuscino per soffocare l'urlo che le veniva dal profondo mentre raggiungeva un'apice intensissimo. Le gambe tremarono e la sua figa stritolò letteralmente il cazzo che aveva dentro.
Amedei riusciva ancora a controllarsi e continuò assecondando il suo orgasmo.
«Dai vieni!» Gli intimò lei «Non resisto più!»
«Dove mi vuoi Patrizia? Dove vuoi che venga?»
«Dove cazzo ti pare, basta che vieni.»
«Dove ti sei fatta venire da Colombo e Sala?!»
«In faccia Flavio, in faccia e sulle tette!» Gli urlò lei.

Il professore si scostò bruscamente da lei e la girò sulla pancia masturbandosi intensamente.
Lei si lasciò cadere in ginocchio stringendosi le tette una contro l'altra invitandolo a riempirla.
«Dai Flavio, sborra! Sborrami addosso!»
Amedei la prese per i capelli e avvicinò il cazzo al suo viso. Lei tirò fuori prontamente la lingua cercando il contatto con quella cappella così gonfia che sembrava sul punto di scoppiare. Appena fu abbastanza vicina la lecco e quella esplose. Fiotti di sperma le investirono la lingua, le labbra e soprattutto gli occhiali con cui Amedei era ormai evidentemente fissato, trasformandola in una maschera di sperma.
La Lonzi lo guardò da dietro quella maschera e, con la bocca, ripulì diligentemente Amedei dal piacere di entrambi.
«Hanno una mia foto in queste condizioni.»
«Chi?» Domandò stupidamente Amedei osservando come aveva ridotto la preside.
«Sala e Colombo.»
«Ah...»
Il suo cazzo non accennò a perdere consistenza. Decise di fare il duro un'ultima volta.

Continua...

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