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Lui & Lei

Quando si dice il caso


di Sasolone
05.06.2020    |    7.387    |    4 9.2
"La pistonavo dolcemente e, nel mentre, la baciavo, allungando la lingua fino ai lobi delle orecchie e sotto le ascelle: ella aveva agganciato le sue cosce, ..."
Tutti i giorni quella signora passava davanti alla mia officina di moto.
La prima volta che la notai fui attratto dal suo sguardo intenso: i suoi occhi, (che occhi!), parlavano per lei e trasmettevano una sensualità infinita; essi si puntavano nei miei ed erano sufficienti quei pochi secondi, di sguardi scambiati, per mettermi addosso una gioia grande, senza fine.
Quella signora doveva abitare poco distante dalla mia officina ed ogni mattina, con un bimbo per mono, passava da lì per condurlo a scuola.
Non potevo più rinunciare a quel dolce sguardo, al punto che, più puntuale di lei, mi fermavo sull'uscio e attendevo che passasse.
A volte la vedevo arrivare da lontano ed osservavo ogni suo passo, godendo la vista di quel corpo sinuoso che si muoveva sotto la stoffa del vestito.
A circa cinque metri da me, mi guardava negli occhi e manteneva lo sguardo fino a quando non mi superava.
Si era accorta, evidentemente, dell'interesse che mi suscitava, perché una volta non poté trattenere un sorriso.
Ovviamente ricambiai e, oserei dire, quello divenne il nostro gioco quotidiano.
Era chiaro che anche a lei quel gioco piaceva e, forse, se ne sentiva lusingata
Dovevo fare qualcosa in più: non potevo tirar alla lunga quella situazione; già, ma cosa fare?
Lei non era libera, come del resto non lo ero io, e non me la sentivo di rischiare di perdere anche quel poco: il suo sguardo, il suo sorriso.
Un giorno, prima di aprire l'officina, passai dal fioraio e comprai una rosa rossa. La tenni nascosta dietro le mie spalle e, quando mi si avvicinò, la tirai fuori e, porgendogliela, dissi:
"Permette, signora, questa rosa in omaggio ai suoi meravigliosi occhi".
Rimase sorpresa, ma anche favorevolmente scossa:
"Grazie - disse ed i suoi occhi splendettero ancor più del solito - Quanto prima dovrò decidermi a portarle il mio motorino, perché, ogni tanto, fa le bizze. Spero mi tratterà bene, come cliente".
"Assolutamente - risposi - aver l'onore di poter fare qualcosa per lei, è già tanto".
Mi si era aperto il cuore: chi pensava di giungere a tanto? Le avevo parlato ed ella aveva accettato il mio discreto corteggiamento, velandolo con un pretesto più che giustificato.
Da quel giorno in poi, il quotidiano sguardo e sorriso, si arricchì del "Buongiorno!".
Si era ad oltre metà primavera, quando portò il suo motorino in officina.
In quell'occasione conobbi il suo nome, Rita, ed il suo domicilio che, come avevo immaginato, era poco distante; cosa strana non la vedevo mai accompagnata ad un uomo: d'accordo che, durante il giorno, egli potesse trovarsi al lavoro, ma la sera o nei fine settimana, in giro, possibile che non uscissero mai assieme?
Intanto ci si avvicinava all'estate ed i suoi abitini leggeri, svolazzanti su quelle sue curve da fata, me la mostravano sempre più intrigante.
A volte, quei suoi piedini ben curati, nudi ed infilati in sabot aperti, mi facevano salire il sangue alla testa: mi sarebbe piaciuto poterglieli leccare e/o potervi versare sopra la mia sborra.
Notai che aveva un tatuaggio sulla sua caviglia destra: una farfalla... e la mia fantasia volò immediatamente a quella mostrata da Belen Rodriguez al Festival e divenuta più che famosa. In un'altra occasione, vidi quella stessa caviglia impreziosita da una cavigliera d'oro con pendente: fu allora che mi venne in mente il messaggio che quel monile trasmetteva: l'avevo letto in un racconto pubblicato da un amico su A69 e stava a significare che la donna che l'indossava poteva esser avvicinata anche in presenza del marito, senza che sorgessero problemi.
Anch'io ero iscritto in quel sito e, nel tentativo di ripercorrere quelle righe dove si parlava della cavigliera, fui colpito da alcune foto che ritraevano una donna particolarmente bella.
Quel corpo, spesso discinto e conturbante, aveva un qualcosa di familiare; quelle labbra, spesso immortalate, mi suggerivano qualcosa, ma cosa?
Poi... il flash! Un tatuaggio su una caviglia, raffigurante una bellissima farfalla e, ancora, poco oltre, una cavigliera d'oro con pendente, che impreziosiva un piedino che conoscevo fin troppo bene: quante fantasie avevo fatto su di esso e quante seghe mentali, immaginando di poterlo leccare, dito per dito, o poterlo irrorare del mio succo.
Non v'erano dubbi: era lei... era Rita.
Le inviai un messaggio, complimentandomi per la sua superba bellezza e lo firmai "l'ammiratore dei tuoi occhi", aggiungendovi due emoticon: una rosa ed un bacio.
Non poteva non capire chi si nascondeva sotto il nick "sasolone"; nessuna sua foto le ritraeva gli occhi, quindi, chi se non me che glieli aveva decantati?
Il giorno dopo, si fermò in officina; aveva le guance arrossate: per la vergogna o per l'emozione?
Per darsi un contegno, prese a lodare il lavoro da me fatto sul suo motorino, ma io... con il volto atteggiato ad un sorriso sornione, premetti sul pulsante che avrebbe chiuso la serranda.
Ella non si mostrò sorpresa di ciò che facevo, ma, appena fummo al riparo da occhi indiscreti, si abbandonò tra le mie braccia e ci baciammo come due amanti che, forse, avevano atteso anche troppo.
Nel mio studiolo, c'era un divano; dopo averla denudata, ci fiondammo su di esso in un frenetico 69; la sua figa sembrava un lago, per quanto era bagnata dei suoi umori; in men che non si dica la prosciugai, inebriandomi del sapore ed odore che emanava. Questo nel mentre lei ingoiava il mio cazzo e se lo ciucciava quasi fosse un guistoso gelato. Io le titillavo il clitoride con la punta della lingua e lei mi sollecitava il frenulo con una perizia da invidia: sembrava che non avesse fatto altro in vita sua.
Dopo esserci deliziati ad assaporare i nostri umori, la sovrastai ed ella spalancò le cosce per accogliermi dentro di sé. La pistonavo dolcemente e, nel mentre, la baciavo, allungando la lingua fino ai lobi delle orecchie e sotto le ascelle: ella aveva agganciato le sue cosce, attorno ai miei fianchi per far sì che potesse accogliermi quanto più possibile; io, però, poco dopo, mi misi in ginocchio e, proseguendo a chiavarla, mi portai alla bocca quei suoi piedini, tanto bramati.
Le sfuggì di dire:
"Che porco, che sei!"
"Si, tesoro mio, quando si è presi dalla voglia come quella che, in tutto questo tempo, ho provato per te, non possono esserci limiti per appagarla, perciò ti godrò a modo mio".
Al che lei:
"Ed io sono qui per assecondare ogni tuo desiderio, perché son "porca" anch'io, cosa credi?"
Fu una scopata da guinness dei primati ed a quella ne seguirono altre, perché effettivamente "il caso" aveva voluto che due porci si incontrassero.




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