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Incontri fortuiti - 3


di adad
12.02.2023    |    4.383    |    12 9.5
"Non mi ero mai goduto così tanto un’inculata… D’un tratto, si irrigidì..."
Già elettrizzato per la presenza di un guardone, la vista di quei due piedi polverosi dissolse ogni mio residuo freno inibitorio. Desiderai pazzamente che lo sconosciuto si avvicinasse ancora di più, che me li mettesse sotto il naso, in modo da poterglieli annusare e leccare. Il che è tanto più folle, perché non sono mai stato attirato dai piedi, a parte una vaga ammirazione estetica per quelli di qualcuno.
Ma ora mi ritrovai a desiderarli, a spasimare per poterli avere a portata di lingua e lavarli con la mia saliva… Ma quei piedi rimanevano inchiodati al loro posto, nonostante sentissi Samuel stimolarlo laidamente:
“Dai, segaiolo, fatti sotto, mettiglielo in bocca… - gli diceva, ansimando – questa vacca non vede l’ora di succhiartelo. Forza, che fra tutti e due ce la cuciniamo per le feste…”, e io stesso mi ritrovassi a gemere e dimenarmi con maggior vigore sotto i martellamenti di quello stallone, che mi stava disastrando il culo.
Ma lo sconosciuto non si mosse: sentivo solo il suo respiro pesante, affrettato, a seguito della sega che si stava tirando.
Cazzo! ma possibile che riuscisse solo a masturbarsi, davanti allo spettacolo di un toro che inculava con tutto il suo vigore una troia sbracata a terra, spasimante, visibilmente smaniosa di essere chiavata in tutti i modi? Possibile che non sentisse il bisogno di partecipare?
Cercai di sollevare il busto per guardarlo in faccia, ma il peso di Samuel mi schiacciava a terra e dopo un po’ avvertii un gemito strozzato e delle goccioline che ricadevano pesanti nella polvere davanti ai miei occhi.
“Stronzo!”, mormorai, mentre vedevo i suoi piedi arretrare e poco dopo udivo il fruscio della siepe che si apriva per farlo passare e si richiudeva dentro di lui.
Accidenti! proprio un guardone imbranato doveva capitarmi! Quante volte aveva immaginato una situazione del genere nelle mie folli masturbazioni: l’arrivo di un guardone arrapato, mentre qualcuno mi ingroppava all’aperto, e adesso che finalmente si era verificata… adesso che finalmente potevo mettermi a disposizione di due cazzi infoiati e dare il meglio di me per farli godere entrambi e gustarmi una doppia sborrata…
Samuel dovette avvertire la mia delusione, infatti mi passò le braccia attraverso il petto e stringendomi a sé ancora più forte:
“Lascia perdere, bella troiona, - mi sussurrò all’orecchio – ci sono io qui a farti godere per dieci.”
E mi fece godere per dieci, questo è sicuro, con una bravura che gli devo riconoscere: le sue non erano vanterie a vuoto, ci sapeva davvero fare.
Non saprei dire quanto tempo durò, so solo che fu una scopata lunghissima e gestita con grande sapienza, alternando momenti di monta frenetica, con affondi veloci e convulsi, accompagnati da vigorose strizzate alle palle e ai capezzoli, durante i quali mi chiamava con gli appellativi più laidi e osceni che avessi mai sentiti; e momenti di ritmo più lento e compassato, evidentemente quando voleva ritardare una conclusione, che nessuno dei due voleva. In questi momenti, mentre tirava fuori il cazzo con lentezza esasperante e con pari lentezza me lo
riaffondava nell’intestino, riusciva anche ad essere dolce, carezzandomi il petto e mordicchiandomi la nuca come un amante appassionato.
Il suo mastodontico cazzo mi scorreva avanti e indietro attraverso un buco ormai sfibrato e l’unica cosa che coglievo era un piacere languoroso che mi si diffondeva per tutto il basso ventre e… ok, lo ammetto: ebbi diversi orgasmi anali, mentre il suo cazzo mi possedeva gloriosamente. Non mi ero mai goduto così tanto un’inculata…
D’un tratto, si irrigidì.
“Porca puttana!”, lo sentii sacramentare, mentre mi artigliava spasmodicamente le tette, facendomi urlare di dolore.
“Cazzo! cazzo! cazzo!”, urlò ancora, dandomi un ultimo affondo violento, dopo di che rimase fermo, col bacino premuto sul mio culo, mentre avvertivo distintamente le ondate di sperma che si susseguivano, scorrendogli lungo la grossa vena per riversarmisi nelle budella, una sequenza talmente prolungata, da non immaginare che un uomo, per quanto giovane e gagliardo, potesse produrne tanto. Ma del resto, era rimasto a stantuffarmi nella pancia per oltre mezzora.
“Scusa, - mi disse, mentre il flusso si esauriva – non sono riuscito a controllarmi…”
“Perché il mio culo ti piace troppo…”, ronfai.
“Il tuo culo mi piace davvero, - disse lui – bello stretto… il culo di una vera troia.”
“Le troie non ce l’hanno stretto.”, scherzai io.
“Tu sì.”
“E allora non toglierlo… lasciamelo dentro…”
“Se te lo lascio dentro, rischi che mi torna duro.”, disse lui, mordicchiandomi l’orecchio.
“Se ti torna duro, - sospirai io – mi scopi un’altra volta.”
Ci rovesciammo, allora, sul fianco: il suo bacino sempre premuto sul mio culo, le sue braccia strette attorno al mio petto: il suo cazzo si era un po’ smollato, ma aveva ancora abbastanza consistenza da rimanermi dentro senza il rischio che mi sgusciasse fuori, a meno di movimenti inconsulti.
Stemmo in silenzio, assaporando entrambi quel momento di profonda intimità; poi, Samuel cominciò a giocare col mio corpo: con una mano mi carezzava il petto e mi pizzicava i capezzoli, con l’altra mi afferrava le palle e me le tirava, le torceva, le strizzava… Non che la cosa mi entusiasmasse, ma avevo capito che era il suo gioco preferito e lo lasciavo fare: mi piaceva troppo sentirmi addosso le sue mani. Oltre che il suo cazzo nel culo.
Il mio era dolorosamente rigido e pulsava, colando bava viscosa, ad ogni sua strizzata di palle.
“Fatti una sega…”, mi disse a un tratto.
Io scossi la testa:
“Se vengo, mi cala la libidine, - risposi – e non mi godo più quello che mi fai…”
“Bravo!”, commentò Sam, dandomi un’ancor più vigorosa tirata ai coglioni, che mi fece torcere di dolore e strizzare il buco del culo attorno alla sua mazza.
Fu allora che mi accorsi che stava riprendendo vigore; allora mi concentrai sul
progressivo aumento volumetrico, che andava verificandosi nel mio retto. Sentivo l’anello anale stirarsi sempre di più attorno al fusto del suo cazzo ed era una sensazione meravigliosa.
Non mi era mai successo prima di allora. Voglio dire, di cazzi nel mio culo ce ne sono stati tanti, ma tutti avevano fatto il loro ingresso gloriosamente duri, affrontando maggiori o minori difficoltà, a seconda del loro calibro, ma era la prima volta che me ne sentivo intostare uno già dentro!
“Sei pronta, puttana?”, mi disse Samuel.
“Da un pezzo…”, risposi, sentendomi sommergere dalla voglia di risentirmi quel tizzone di fuoco scavarmi nella pancia.
“Mettiti comodo, allora, ché stavolta sarà lunga…”
Muovendomi cautamente, per non farmelo sfilare dal culo, per quanto non ce ne fossi il minimo pericolo, mi posizionai disteso a pancia in giù, che è la mia posizione preferita, e lui mi si aggiustò sopra, ripiegando le ginocchia ai miei fianchi. Poi, raddrizzò il busto e con un prolungato “Yuhuuuuu!”, quasi fosse un cowboy, che cavalcasse a pelo la sua giumenta preferita, mi assestò alle chiappe un paio di ceffonate vigorose e partì al galoppo, mentre io, con la fronte appoggiata sulle braccia ripiegate, chiudevo gli occhi e mi abbandonavo al ritmo di quella cavalcata per le praterie sconfinate del piacere.
E ancora una volta mi resi conto che Samuel era un chiavatore esperto e risoluto, sapeva come tenere impastoiate le sue prede e come gestirle al meglio, non solo scopandole senza remore, ma anche infiammando ulteriormente la loro libidine con acconce carezze e paroline, tirandone fuori le troiaggini più nascoste: il che, appunto, stava accadendo con me.
Reduce com’era da una recente sborrata, sapevo che stavolta avrebbe retto molto più di prima, ma da parte mia avrei voluto che non finisse mai…
Qualcuno penserà che sto esagerando o che sono particolarmente vacca, il che è anche vero, ma in realtà il merito di tanta goduria andava, oltre che alla bravura del cavaliere, soprattutto alle dimensioni del suo cazzo. Contrariamente a quanto si possa credere, infatti, un cazzo grande può creare qualche difficoltà al momento dell’introduzione, è vero, ma una volta dentro, una volta che si è inzeppato bene nel suo loculo, è proprio la sua grandezza l’origine prima del piacere che sconquassa il fortunato che si sta inculando: parlo dello stiramento del buco del culo, che dopo un primo momento di fastidio, diventa piacevolissimo; parlo del massaggio che il pistone produce sulla prostata che sarà tanto più massivo, quanto più grosso è l’organo scorrente e più strettamente vi è fasciata attorno la guaina rettale. Anche se per godere può bastare un calibro medio, solo un maxi, bianco o nero che sia, è capace di procurarci l’estasi. Quell’estasi che stavo appunto provando io e che avrei voluto non finisse mai.
Samuel sembrò indovinare quello che mi passava per la testa, perché ad un
tratto, durante uno dei momenti in cui il suo cazzo scorreva lentamente avanti e indietro:
“Vorresti che durasse fino a domani, non è vero?”, mi bisbigliò all’orecchio.
Non ritenni neanche di dovergli rispondere, limitandomi ad un mugolio soddisfatto.
“Sei proprio una puttana, - ghignò lui, dandomi una forte pacca sulla natica – una porca affamata di cazzo. Ma ti sistemo io, troia rottinculo…”, e mi assestò col bacino un paio di colpi che mi fece sobbalzare.
Quindi riprese a cavalcarmi a briglia sciolta:
“E’ questo che vuoi, - continuava, ansimando – è questo che vuoi, frocio rottinculo, puttana di merda…”
Ma tutta quella foga gli fu fatale, perché non riuscì a cogliere il momento di fermarsi e quando se ne accorse, era già dall’altra parte. Con un guaito animalesco, allora, mi si abbatté addosso e lasciò che le palle gli si svuotassero nel mio culo.
Stavolta, sborrai pure io, infradiciando l’erba sotto di me: le potenti pulsazioni dell’uretra sulla mia prostata spinsero anche me ad un orgasmo che aspettava da tempo.
Una volta terminato il flusso e ripreso fiato, Samuel si mosse per sfilarmisi dal culo. Ma aveva il cazzo ancora duro e sembrava cementato alle mie pareti rettali.
“Aspetta, - gli dissi allora, sentendomi quasi tirar fuori tutto – aspetta che si smolli…”
“Vuoi godertelo ancora un po’, sorcona?”, ghignò Samuel, equivocando.
“Eh, magari…”, feci io.
Poi il cazzo gli si ammosciò e lui lo tirò fuori, lasciandomi dentro un enorme senso di vuoto. Appena la sua cappella sgusciò fuori, cercai di strizzare lo sfintere per trattenere il suo seme, ma il muscolo sfibrato non rispose e sentii che stava per colarmi fuori tutto.
Samuel, intanto, si era ripulito l’uccello ormai molle con la camicia ancora umida e si era rimesso i pantaloncini.
“Che fai? – mi prese in giro, vedendomi ancora steso a terra, con una mano premuta sul buco del culo – Aspetti qualcun altro?”
“E’ che non posso alzarmi… - ridacchiai - Ho il buco fracassato e non riesco ancora a chiuderlo; rischio che mi cola fuori tutta la tua sborra.”
“Ci penso io.”, disse, allora, lui e, toltosi lo slippino dalla tasca, lo appallottolò e me lo ficcò saldamente nel culo.
“Questo servirà a tamponarti le perdite, almeno fino a casa.”, sghignazzò divertito.
Allora, mi rivestii pure io e lo seguii. Andando via, confesso che mi tremavano le gambe e non riuscivo a camminare diritto: Samuel se ne accorse, ma non disse niente, e io cercai di darmi un contegno, fingendo tutt’al più di inciampare ai sassi e alle radici sul sentiero sconnesso.
“Vuoi un passaggio in città?”, gli chiesi quando fummo alla macchina.
In realtà, ci tenevo a godermi ancora un po’ la sua compagnia.
“Grazie, ma ho il motorino laggiù”, rispose lui e mi indicò certi cespugli, dietro i quali doveva averlo nascosto.
“Ci si vede, allora.”, dissi salendo in macchina e mettendo in moto.
“Mi trovi qua.”, rispose lui, facendomi un cenno di saluto con la mano.
In realtà per quanto tornassi diverse volte, i giorni successivi, e mi aggirassi nei posti da lui frequentati, almeno i due che conoscevo, di lui non trovai mai alcuna traccia. Cominciai a credere che si fosse trattato davvero dell’apparizione di uno spirito silvano, anche se per diverso tempo il buco del culo mi diceva tutt’altro.
Era passato quasi un mese e ormai avevo rinunciato del tutto all’idea di incontrarlo di nuovo, e se tornavo quotidianamente al parco, era solo per alleviare con la sua frescura i pomeriggi di un agosto particolarmente afoso.
Ero immerso nella lettura di un giallo particolarmente avvincente, quella vigilia di Ferragosto, il parco era più vuoto del solito, con tutti ormai in vacanza e nulla che mi disturbasse, a parte il frinire delle cicale, quando all’improvviso, qualcosa si materializzò dal nulla e si parcheggiò al mio fianco.
Sobbalzai, sollevando gli occhi dalle pagine dal libro.
“Accidenti! – feci – e tu da dove salti fuori?”
“Passavo da queste parti e ti ho visto.”, rispose Samuel (era proprio lui!) con tono indifferente.
“Ti ho cercato i giorni scorsi.”, dissi.
“Ah, sì? – ghignò lui – Volevi un’altra razione di questo?”, e si strizzò una manata di pacco.
“No… - risposi, sentendomi scorrere per la schiena un brivido di eccitazione – Cioè… volevo restituirti questo.”, e mi tolsi dalla tasca il suo slippino, pulito e piegato per bene.
Lui lo prese in mano, fissandolo.
“Te lo sei portato dietro tutti questi giorni?”, si stupì.
“Beh, non sapevo quando ti avrei incontrato.”
“E magari speravi che ti servisse un’altra volta!”
“Perché no?”, feci io, allungandogli spudoratamente una mano sul pacco.
Samuel si guardò attorno.
“Potrebbe arrivare qualcuno…”
“Chi se ne fotte! – dissi, aprendogli la patta – Solo un’occhiata e poi andiamo.”


FINE
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