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I piedini di mia figlia. Ep.5


di Yocalsy
05.12.2022    |    19.371    |    25 9.9
"Avevo sentito lo scroscio della doccia che proveniva dalla sua camera..."
Tornammo a casa e la vita per tutti noi riprese il suo corso, anche se per me quel corso non era sinonimo di tranquillità. Martina sembrava vivere tutto con leggerezza, come aveva fatto dal primo giorno.
Cercai ancora una volta di evitare di rimanere da solo con lei, anche se a lei pensavo, eccome, ma non pensavo a mia figlia come qualsiasi padre del mondo fa.
Mi capitava di pensare a mia figlia sul lavoro ed eccitarmi e soprattutto pensavo a Martina quando facevo sesso con Sara.

Una pausa pranzo di un mercoledì qualunque mi ritrovai però solo a casa con mia figlia. La scuola era ormai finita. Sara telefonò che non sarebbe tornata per pranzo quando ero ormai già a casa, se no, ve lo giuro, non sarei tornato alla mia abitazione.
Mangiammo tranquilli, una squisita pasta fredda che Sara aveva preparato la sera prima.
Martina come al solito parlava tranquilla, io ero agitatissimo, mi sentivo avvampare.
Martina era bella come il sole, indossava una canotta fucsia e dei pantaloncini da calcio neri, miei, e come sempre era scalza, ma questa volta non aveva nessun smalto alle unghie.
- Papi, ne ho già accennato a mamma, Veronica mi ha invitata per un weekend, nella casa dei suoi sul Monte xxxxxx, te ne ha parlato? –
- No, non mi ha detto nulla? –
- Ehm, mi ha detto che dovevo chiedere anche il tuo permesso, per lei va bene… -
- E quando sarebbe? –
- Pensavamo di andarci venerdì mattina, il prossimo venerdì, e poi domenica sera torniamo… -
- E oltre a Veronica chi ci sarà? – la guardai negli occhi.
Martina scoppiò a ridere, afferrandomi il braccio con la sua mano.
- Sei geloso papi? – disse, guardandomi e crogiolandosi soddisfatta.
- Che scema che sei… volevo solo sapere con chi vai… - risposi imbarazzato, accorgendomi che un po’ geloso lo ero davvero in fondo.
- Oltre a Veronica e me, verrebbero Chiara, la conosci, e Ammina, è una ragazza senegalese, è arrivata quest’anno a scuola e siamo diventate amiche – mi disse e portò un piedino sulla sedia mentre beveva dal bicchiere. – Nessun ragazzo come vedi, non devi preoccuparti… - e riprese a sghignazzare.
- Per me non ci sono problemi, puoi andare… - risposi sorridendole. – Chi vi porta? I mezzi li non arrivano. Non andrete con i motorini? – chiesi.
- Ci porta la mamma di Veronica, e poi viene a riprenderci… -
- Se la mamma ha detto di sì, per me va bene –
- Grazie papi! – esclamò Martina, che si alzò e mi stampò un bacio sulla guancia con lo schiocco prima di mettersi a sparecchiare.
- Comunque papi, ho iniziato a leggere il libro di teoria per la patente – disse mentre andava avanti e indietro con le stoviglie.
- Brava… - risposi un po’ distrattamente.
Mi ritrovai a guardarla girata di schiena, ad ammirare la forma del suo sederino nei miei pantaloncini, e così decisi di alzarmi in fretta e furia e dirigermi in bagno per prepararmi a tornare al lavoro e, soprattutto, per non ricadere in tentazione.

Tornai dopo dieci minuti, la trovai stesa sul divano.
- Papi, mi massaggi i piedini? – mi chiese sorridendo sorniona.
- Dai Marti, devo andare… - cercai di trovare una scusa.
- Dai papi… cinque minuti… - insistette, guardandomi e facendo una faccia buffa da bimba delusa e viziata.
- Cinque minuti… - dissi controllando l’orologio.
Spostò i piedini per farmi sedere e mi guardò soddisfatta.
Presi quei dolci piedini tra le mani e inizia a massaggiarli.
- Quei pantaloncini sono miei comunque – dissi per spezzare la tensione, mi sentivo la bocca e la gola secca.
- Li ho trovati in lavanderia e li ho messi… li rivuoi? – mi sfidò, iniziando ad abbassarli e mettendo in mostra un perizoma lilla.
- Smettila Martina… – provai a fermarla.
Ma quando uno dei suoi piedini sfuggì dalle mie mani e si posò tra le mie gambe, trovando il mio pene duro, beh, ogni mia falso tentativo di respingerla naufragò.
Il piedino si muoveva sui miei pantaloni e io avevo già iniziato a mormorare per il piacere.
Martina mi guardò fissa negli occhi e con un gesto lento ed erotico infilò la sua mano destra nel perizoma.
Era troppo…
Mi sfilai le scarpe e portai le gambe sul divano, larghe, a contenere il corpo di Martina.
Presi un piedino tra le mani, me lo passai sul viso, lo baciai, lo leccai, succhiai le dita, mordicchiai il tallone, per poi ripetere più o meno le stesse cose sull’altro piedino. Intanto mi ero sbottonato i jeans e avevo estratto il mio pene, sotto lo sguardo sorridente e compiaciuto di mia figlia.
Mi portai i piedini sul cazzo, e inizia a farli muovere su e giù. Martina nel frattempo si era abbassata il perizoma e si toccava. Ci guardavamo, sospiravamo, lei ansimava, io ansimavo, lei gemeva, io gemevo.
Il suo volto contorto dal piacere la rendeva ancora più bella. Osservavo rapito le sue dita, l’indice e il medio che facevano cerchi sul clito, la manina che poi, tutta aperta, accarezzava veloce le labbra.
Ammiravo estasiato quei due piedini che coccolavano e davano piacere al mio membro.
Sentii il suo respiro farsi sempre più affannoso e pesante, la guardai intensamente.
- Sì sì sì sì sì sì sì sì sìììììì… - urlò prima di tremare di piacere raggiungendo l’orgasmo.
Ci guardammo, continuavo a muovere i suoi piedini, sempre più veloce, guardai il suo perizoma e i miei pantaloncini neri che indossava, i pantaloncini all’altezza dei polpacci, il perizoma teso tra le sue ginocchia e questa immagine mi portò fuori giri.
- Ahhh cazzo vengoooo – urlai, e schizzai.
Il mio piacere le arrivò sulle mani che erano ancora tra le sue gambe, sulla maglietta, sul viso.
Tremavo mentre con il bacino ancora mi muovevo e le ultime stille del mio piacere finivano sui suoi piedini.
Afferrai i pantaloncini neri e li usai per pulirle i piedini mentre piano piano ci riprendevamo.

Avevo ancora gli occhi chiusi quando sentii Martina scoppiare a ridere. Li aprii. Lei si alzò.
- Grazie papi – e mi stampò un bacio sulla guancia prima di correre in bagno, strappando i pantaloncini dalle mie mani.
Ad un tratto mi venne il terrore che qualche traccia del mio piacere fosse arrivata chissà dove, magari macchiando il divano. Una moglie patita come la mia per le pulizie lo avrebbe scoperto subito, e non sarebbe stato certo facile per me giustificarne il motivo.
Con la torcia del telefono ispezionai a fondo il divano e il tappeto con il cuore in gola. Per fortuna non trovai nulla.
Guardai l’orologio era tardissimo.
Andai veloce in bagno per sistemarmi e uscii veloce di casa, senza nemmeno salutare Martina. Avevo sentito lo scroscio della doccia che proveniva dalla sua camera. Se entro e la vedo sotto la doccia al lavoro non ci vado più pensai, e così me ne andai.
Sembrerò ripetitivo, ma ogni volta il dopo era un misto di senso di colpa ed eccitazione. Mi sentivo un mostro ma anche uomo, come da qualche tempo non mi accadeva più, anche se il sesso con mia moglie era sempre stato appagante.


I giorni passarono veloci.
Io continuai a cercare di evitare di rimanere solo con Martina, anche se lo desideravo. Non successe quasi nulla tra di noi, escludendo quella volta che venne a sedersi sulle mie ginocchia, per poi finire con il suo sederino proprio tra le mie gambe. Io cercavo di farla alzare, mia moglie, sua madre, era in casa, in bagno, e invece Martina rideva. Fu però lesta ad alzarsi e allontanarsi appena sentì la porta della nostra camera aprirsi mentre io accavallai le gambe, cercando di mascherare l’erezione.

Venne venerdì, Martina partì e io e Sara ci godemmo il weekend.
Domenica purtroppo arrivò il brutto tempo, una serie di temporali uno dietro l’altro.
Erano le 16. Eravamo in casa. Io stavo guardando le ultime puntate di “Les Papillons noirs”, iniziavo ad eccitarmi e cercai con lo sguardo Sara che stava sistemando la cucina. Proprio mentre stavo pensando di mettere in pausa e magari prendere mia moglie li in cucina, in piedi da dietro, il cellulare di Sara squillò.
- Ciao tesoro, tutto bene? –
Era Martina. Ripresi a guardare la tv.
- Aspetta che chiedo a papà – sentii dire da mia moglie.
In breve, la madre di Veronica aveva avuto un contrattempo e non riusciva ad andare a prendere le ragazze e perciò un altro dei genitori doveva risolvere il problema.
- Va bene, ti preso la macchina, vai tu… - dissi a Sara, Martina era ancora in linea.
- Dai amore, devo ancora sistemare la cucina, poi a guidare la tua macchina mi viene l’ansia… -
- Ok dai, dille che arrivo – dissi mettendo fine alla discussione un po’ scocciato.

Arrivai sul Monte con il mio Range Rover che erano quasi le 19.
Il tempo si era ristabilito, il cielo era terso e le ragazze aspettavano all’ingresso con le loro valigia, tutte prese dalle loro discussioni.
Conoscevo Veronica e Chiara, carine e simpatiche, ma il confronto con Martina era per loro impietoso. Rimasi invece rapito dalle cosce lunghe e tornite di Ammina, contenute, o più correttamente non contenute, da un paio di shorts di jeans. Indossava poi una maglietta bianca e portava i lunghi capelli nerissimi acconciati con delle treccine, forse tipiche del suo paese. Era molto più alta delle amiche. Come poi scoprii in auto nel viaggio verso casa giocava a pallavolo.
Sistemate le valigie partimmo.
Dopo qualche chiacchiera di circostanza dove chiesi a tutte loro come era andato il weekend, le ragazze presero a parlare e scherzare tra di loro.
Io guidavo e ogni tanto, cercando di non farmi notare, guardava le lunghe cosce d’ebano di Ammina che si era seduta davanti.
Accompagnammo a casa prima Veronica e poi Chiara, ed arrivammo da Ammina.
Mi ringraziò e ci salutammo, mentre Martina scese a salutare l’amica. Martina aveva abbracciato anche le altre due amiche, ma quando lo fece con Ammina, beh…mi eccitai. Me le immaginai nude, a letto, a scambiarsi baci e carezze.
Sei proprio malato, ma che vai a immaginare, stavo pensando, mentre sentii la portiera aprirsi e Martina si accomodò sul sedile accanto a me.
- Guarda che ti ho visto che guardavi la Ammi – mi disse subito ridendo divertita.
- Ma che dici… - risposi sorpreso.
- Dai scherzo papi! – mi canzonò.

Ci eravamo rimessi in viaggio. Dopo pochissimo la mano di Martina andò a posarsi sulla mia coscia. La guardai.
Indossava una t-shirt rosa e, ancora, i miei pantaloncini da calcio neri, mentre io avevo dei bermuda cargo e una camicia bianca leggera con le maniche arrotolate appena sotto i gomiti.
- Ti sono mancata papi? – mi chiese sorniona, la mano che accarezzava la mia coscia, facendomi sentire anche le unghie sulla pelle.
Aveva uno smalto nero.
- Martina dai, fai la brava… - risposi guardandola.
- A me sei mancato, tanto… - e posò la mano tra le mie gambe, trovando subito la risposta decisa del mio pene.
- Marti, basta! – dissi deciso.
Ma non servì a nulla. Martina mi abbassò la zip dei bermuda e infilò la mano nei miei boxer, facendomi quasi sbandare.
- Marti basta dai… -
Provai a resistere.
Ma quando sentii la sua morbida, calda e dolce mano impugnare il mio pene…
Il suo dolce viso era appoggiato alla mia spalla, mi guardava mentre la sua mano aveva iniziato un lento movimento su/giù sul mio membro.
La guardai ancora. Rispose al mio sguardo con un sorrise e con un leggero cenno di assenso con il capo.
Uscii dalla superstrada e imboccai la zona industriale, a pochi chilometri da casa nostra.
Il buio era appena calato sulla sera.
Parcheggiai dietro ad un capannone vuoto.
Appena spensi il motore, la testa di Martina scese tra le mie gambe e prese a baciarmelo. I suoi baci sembravano fuoco sulla pelle. Spostai il sedile un po’ indietro. Martina leccava e succhiava il mio pene mentre io infilai la mano nei suoi pantaloncini, scostai il suo perizoma e da dietro le accarezzavo la patatina.
Sussultavo di piacere e credo che se avesse continuato sarei venuto in breve tempo.
Se ne accorse. Si rialzò e sgattaiolò sul sedile posteriore. Si abbassò pantaloncini e mutandine e prese a masturbarsi. La guardavo sognante.
- Vieni papi… - mi invitò a raggiungerla.
Mi infilai dietro. Spostai Martina di lato, con la schiena contro la portiera, e mi abbassai con il viso tra le sue gambe, leccando e baciando la sua dolce patatina depilata.
Martina si contorceva di piacere.
- Oh papi siii ohhhh – mugugnava mentre io davo sfogo a tutta la mia perdizione.
La mia lingua si faceva strada in quella pesca succosa.
Ad un tratto sentii le manine di Martina sulla mia testa che mi allontanavano da quella dolce pesca.
Si girò dandomi la schiena e mettendosi in ginocchio sul sedile.
- Ti voglio papi… - disse ansimando.
La vista di quel culo…
Lo baciai, lo morsi, mi sarei perso per giorni in quelle perfetta rotondità, ma eravamo pur sempre in un parcheggio, chiunque sarebbe potuto arrivare li, e la voglia era troppa.
Mi sollevai, mi misi dietro a lei e appoggiai la punta del mio pene davanti alla fessura lucida della sua patatina.
- Dai papi… - continuava a gemere Martina.
Entrai, dolce ma deciso, dentro di lei, la presi per i fianchi ed iniziai a muovermi. Era incredibile.
Adesso mi muovevo deciso, la baciai sul collo, dietro la nuca, la schiaffeggiai ripetutamente sul sederino.
- Sì papi così così oddioooooh sììììì – mi incitava.
Portai una mano a stringerle un po’ il collo, mentre le mie spinte erano sempre più profonde.
- Uhm Marti mmm – gemetti.
La lussuria si era ormai totalmente impadronita di noi. Ora la stavo proprio sbattendo, Martina urlava.
La sentii irrigidirsi sotto le mie mani e raggiungere un violento orgasmo.
- Sì papi papi papi aaaaahhhhhhhh –
Il suo corpo sembrava preda delle convulsioni. La strinsi forte, ancora dentro lei, baciandole il collo e le guance.
Restammo così qualche secondo, poi ripresi a muovermi dentro di lei, ora sempre più velocemente.
- Ahh Marti non resisto più! – urlai, preparandomi ad uscire.
- Prendo la pillola – mi disse fulminea, sorprendendomi ma eccitandomi ancora di più.
– Vieni dentro papi, lo voglio tanto… - mugolò, tenera e porca nello stesso momento.
Una mano sulla sua spalla e l’altra sul fianco diedi le ultime spinte.
- Vengo Marti… ahhhhhhhh sborrooooooo ahhhhhhhhhhhhh cazzoooooo… - gridai, riversando il mio piacere dentro Martina, mia figlia, carne della mia carne, sangue del mio sangue.
Rimanemmo immobili, ansimanti e tremanti. La mia bocca a pochi centimetri dal suo collo, il profumo dei suoi capelli mi inebriava.
Martina volse il viso verso di me, ci guardammo, avvicinò le labbra alle mie e mi baciò. Ci baciammo.
Un bacio vero. Un bacio da amanti.
E anche l’ultimo tabù tra noi era caduto.

Tornammo a casa.
Sara abbracciò Martina e iniziò a fare le solite domande da madre, io portai la sua valigia nel corridoio.
- Mamma che profumino, faccio una doccia veloce, ho famissima – disse scappando in camera sua e passandomi davanti.
- Veloce perché ho appena buttato la pasta… - urlò Sara vedendola andare via.
Io raggiunsi tra mille pensieri mia moglie davanti ai fornelli. Sara si girò , mi abbracciò e mi baciò.
- E tu hai fame amore? – mi chiese poi.
La guardai. Per un attimo mi balenò nel cervello l’idea, folle, di raccontarle tutto, poi…
- Direi… -
Martina arrivò dopo qualche minuto, ci mettemmo a tavola.
Cenammo, tra chiacchiere e risate, come una famiglia normale. Normale…
Ma eravamo ancora una famiglia?
O avevo distrutto la mia famiglia?


…CONTINUA...




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