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Prime Esperienze

La mia iniziazione (Cap.4)


di cagnettabianca
04.09.2013    |    53.024    |    8 9.1
"Un velo di umiliazione e disagio sostava nel mio animo, ma timida non riuscivo a ribellarmi neanche a lei che aveva deciso di tracciare il mio futuro..."
“Alzati, altrimenti farai tardi all’appuntamento! Hai il tempo per fare un’abbondante colazione e lavarti come si deve. Ti ricordo che prima di uscire dovrai depilarti….. ti aiuterò a fare una ceretta a caldo perchè ci tengo a farti arrivare dal dottore liscia come la seta. Tra trenta minuti esatti voglio trovarti supina e senza slip sul tavolo della sala, senza fare storie tieni le gambe bene aperte”.
Con queste parole la mia matrigna squarciava il silenzio della mia camera facendone irruzione nel darmi il buongiorno. Avevo trascorso una notte agitata e faticato parecchio a prendere sonno per tutto ciò che inaspettatamente avevo subìto nelle ore precedenti e sinceramente facevo ancora sforzo ad aprire gli occhi, nonostante fossero le nove e trenta.
L’appuntamento era per le undici e cercavo il modo come fermare il tempo per rimandare quell’incontro. Non avevo mai avuto la figa completamente depilata e questo pensiero creava in me uno stato psicologico negativo non indifferente, mortificando la mia femminilità. Ero abituata a depilare solo le gambe e le ascelle usando un semplice rasoio ed ero preoccupata per il dolore che avrei potuto sentire nello strappo dei peli sulla figa con l’uso della ceretta. Consapevole che da sola non sarei mai riuscita a depilarmi non proferii parola e muta accettai l’aiuto iniziando così la mia nuova giornata. Un velo di umiliazione e disagio sostava nel mio animo, ma timida non riuscivo a ribellarmi neanche a lei che aveva deciso di tracciare il mio futuro introducendosi prepotentemente anche nel mio intimo.
Quando entrai in sala, la cera mi aspettava già in caldo sul carrellino laterale al tavolo. Impaurita mi distesi come mi era stato suggerito e tenendo le gambe divaricate aspettavo l’arrivo di colei che non tardò ad arrivare.
Con voce imperante esclamò: “Prima di iniziare la depilazione controllerò il buco del tuo culetto”….” Prendi le chiappe con le mani e aprile bene”! Distesa supina, facendo presa sulla schiena, piegai larghe in alto le gambe e in silenzio eseguii l’ordine con il cuore a mille offrendogli il buco del mio culo dove le sue mani si affondavano voraci intorno e dentro. Si era posizionata al centro delle mie cosce e da quella posizione lo spettacolo si offriva in modo completo e lei sembrava soddisfatta nel vedere spalancati insieme sia la figa che il buco del culo. La sua attenzione si soffermava allo sfintere dopo aver tastato e tirato le grandi labbra e il clitoride, per vederne la consistenza. Lo allargava come fosse un elastico, con le sue dita affusolate, facendomi sentire anche la durezza e il sadismo delle sue unghie, che graffiavano e aprivano le pareti anali come degli artigli selvaggi. Penso che il plug anale inseritomi il giorno prima abbia dato dei risultati positivi, perché era molto contenta nel trovare il mio deretano bene sfondato. Dolorante e umiliata cercavo di far passare velocemente i pensieri che si susseguivano nella mia mente e mi rassegnavo abbandonandomi alla sua volontà e a quella nuova esperienza di vita che dal giorno precedente mi era stata imposta.
La cera bollente venne spalmata sul mio pube e non fu facile per me sopportare quel supplizio. Era infuocata e lo strappo violento dei peli provocava dolore insopportabile, tanto da farmi urlare come un’ossessa. La implorai di sospendere il trattamento. Piansi, ma lei non ebbe pietà. Tirò via minuziosamente tutti i peli, compresi quelli delle grandi labbra e negli angoli più nascosti del mio inguine.
Strappata via l’ultima striscia, mi appoggiò sul pube del ghiaccio per chiudere bene tutti i pori piliferi e tonificare la pelle. La figa paonazza si rinfrescò piacevolmente, ma quando decise di introdurre tre cubetti come una supposta nel mio culetto mi sentii bruciare come un peperoncino e iniziai a urlare. Lei teneva strette le mie chiappe per non farmelo espellere ed io avevo la sensazione che una punta di coltello squarciasse il percorso anale provocandomi bruciore insopportabile.
“Zitta e controllati altrimenti di tappo la bocca” questa fu la sua reazione immediata.
Mi spiegava in seguito che il ghiaccio aveva il compito di tonificare le pareti anali. Dovevo sopportare. Rimanevo così dieci minuti mugugnando in silenzio per poi rialzarmi schizzando dal culo l’acqua che si era formata dentro per lo scioglimento del ghiaccio. Rossa di dolore e vergogna, attonita cercavo di trovare la via della mia camera e prepararmi all’appuntamento. Mi sentivo in uno stato pietoso per la figa spennata come un pollo e il culo freddo come un ghiacciolo.
“Indossa le calze autoreggenti, le scarpe di ieri e un vestito a tua scelta, ma che sia piuttosto corto e largo”. ” Non mettere slip, vedrai che la figa prendendo aria smetterà di bruciarti”. Con questi consigli si congedò da me prima di farne ritorno e invitarmi in macchina per accompagnarmi dal dottore.
Il percorso stradale fu abbastanza lungo e durante il cammino tendevo a tenere le gambe divaricate perché la figa ancora mi bruciava, mentre i piedi erano già da casa rientrati nella morsa di dolore del giorno prima. Devo dire che ero alquanto agitata, pensierosa e preoccupata per quello che poteva accadere durante l’incontro. Muta cercavo di distrarmi ascoltando la musica che l’autoradio emetteva.
Arrivammo nella zona periferica della città, in una casa abbastanza isolata rispetto alle altre. Parcheggiata la macchina nell’adiacente stradella privata mi accompagnò all’entrata suonando il campanello. Nell’attesa mi accorsi che era una calda giornata di sole e intorno alla casa echeggiava un’atmosfera di quiete arricchita dalla natura verdeggiante che ne faceva da padrona. L’uscio di casa non tardò ad essere aperto. Il dottore si presentò indossando professionalmente un camice bianco e con un sorriso sulle labbra ci fece accomodare dentro suggerendo a lei l’orario per il mio rientro. Sarei rimasta in osservazione tutto il giorno, solo in serata avrei rivisto la mia abitazione. Si scambiarono poche parole in mia presenza e poi l’ accompagnò galantemente alla portiera dell’autovettura con la quale ben presto prese strada.
Non sentivo voci in casa, solo una leggerissima musica classica di sottofondo si diffondeva nel silenzio attorno a noi. Il dottore era certamente solo e prendendomi per mano mi condusse nel suo studio. Abbandonandomi al centro della stanza andava ad accomodarsi alla sua scrivania. Entravo in uno stato di agitazione e disagio mentre non riuscivo a calmare il cuore impazzito che cominciava una corsa frenetica di battiti. Lui in silenzio mi fissava con il suo sguardo deciso e profondo. Nonostante indossassi il vestito mi sentivo già nuda ai suoi occhi e preoccupata tendevo a tenere i miei bassi in segno di rispetto e sottomissione. Ero impacciata e impotente.
“Alza gli occhi e guardami”…… esclamò lui con un tono severo.
Lo fissai tremante mentre i suoi occhi mi calamitavano facendomi perdere ogni controllo di me stessa. Finii per barcollare sulle gambe perdendo l’equilibrio e fu così che mi ritrovai a terra. Ebbi come un forte scossone, presi coscienza e mi accorsi di tutto quello che mi circondava.
Entrando avevo solo notato una scrivania, ma tutt’intorno invece c’ erano tanti attrezzi dalle forme veramente bizzarre. Non capivo, era tutto strano intorno a me. Una scrivania, un armadietto, un porta flebo e un lettino ginecologico era quello che di più normale vedevo, per poi trovare una specie di spalliera a forma di X, una panca alta e ricurva, un cavalletto, delle corde che scendevano dal soffitto e un macchinario stranissimo appoggiato su un ripiano, che proprio non avrei mai immaginato l’esistenza in quanto aveva un braccio lungo e largo come un grosso bastone dalla punta di gomma che somigliava a un cazzo. Quanti attrezzi c’erano! Per quali terapie sarebbero serviti? Non osavo chiedere spiegazione … così che tanti pensieri e interrogativi rimasero, senza risposta, nella mia mente.
Il dottore ancora seduto alla scrivania esclamò: “Mettiti in piedi”! “ Hai eseguito la depilazione? Alza il vestito e mostrami la figa “.
Era bravissimo a crearmi la condizione di preda timorosa piena di tensione e ansia. Mi sentivo ridicola e umiliata dalle sue parole mentre un calore improvviso conquistò in un baleno tutto il mio corpo e un tremore si ricollocava ancora nelle mie gambe tanto da farmi dondolare ancora sui tacchi. Mi ricomposi e timidamente alzai il vestito fino all’ ombellico mostrando quella parte intima di me che per la prima volta si esibiva completamente nuda e vergine come quando venni al mondo. Gli occhi fissavano i piedi e non riuscivo a trovare il coraggio di alzare lo sguardo e incrociare i suoi. Quell’uomo mi metteva soggezione e continuava a creare in me uno stato di panico misto a disagio. Avevo i piedi come inchiodati al pavimento, non riuscivo a muovermi. Mi venne vicino e girandomi intorno accarezzava le mie gambe divaricandole con delicatezza. Le accarezzava e tastava da sopra le calze le caviglie, i polpacci e le cosce per poi soffermarsi ai glutei. Pizzicava e stringeva le mie chiappe con vigore tra i suoi polpastrelli per poi passare sul davanti e afferrare il mio pube. Lo apprezzò molto sentendolo liscio e caldo, pulsante e tremante mentre i suoi occhi fissavano il rosso delle mie guance e paralizzavano i miei movimenti. Il suo viso si avvicinava la mio collo facendomi percepire il suo respiro. Continuava a stringere e accarezzare il pube, ne assaggiava la consistenza racchiudendolo decisamente in una mano fino a tirarlo a se e affondare le dita dentro le grandi labbra.
Al mio orecchio sussurrò: “Brava cagna sei liscia e tenera come una bambina, ma bagnata come una vera troia”.
Aveva ragione, inconsciamente mi ero inondata di umori vaginali, che viscidi scivolavano caldi tra le sue dita sguazzanti dentro la mia vulva. Senza parlare mi sfilò il vestito e mi piegò a novanta gradi facendomi tenere a compasso le gambe. Sentivo il calore e l’odore del suo corpo vicinissimo al mio, le sue mani padroneggiavano su tutto il mio corpo. Si muovevano sinuose su tutta la mia pelle soffermandosi nei punti più sensibili delle mie tette, della mia vulva e del mio culetto. I capezzoli eccitati avevano raddoppiato la loro consistenza e anche il clitoride si era ingrossato per la stimolazione subìta nell’essere toccato. Mi stava esplorando in modo dolce e sensuale ed io vergognosamente ne apprezzavo inconsciamente i gesti tanto da non controllare la fuoruscita del mio piacere. Di colpo sentii entrare dritto come un palo il suo indice e sfondare ancora il mio culetto. Un sussulto e un urlo immediato fu la mia reazione mentre un respiro profondo e faticoso faceva ansimare le mie tette aggravando ancora il mio stato di umiliazione e disagio che infoiava di piacere colui che mi stava dominando.
“Zitta cagna o sarò costretto a metterti il bavaglio”…. queste erano le sue parole mentre rovistava senza pietà il mio sfintere andando su e giù nell’ esplorazione del percorso anale con tutta la lunghezza del suo dito.
Ero paralizzata, infuocata in viso per la vergogna e respiravo affannosa con la bocca aperta. Tirato fuori il dito, finita l’ispezione anale, me lo posizionò davanti alle labbra e mi ordinò di leccarlo come fosse una gustosa caramella. Sentivo un odore acre, forte, disgustevole. Tentennavo a tirare fuori la lingua perché mi faceva un po’ schifo sapendo che era stato vicino agli escrementi. Lui bloccò il mio viso con una mano e spingendolo lo forzò dentro la mia bocca iniziandolo a stantuffare accompagnandomi il movimento della testa. La sua mano poggiatasi sulla mia nuca stringeva i capelli e spingeva su e giù il viso su quel dito che prepotentemente era stato introdotto sulle mie papille gustative. Avevo le lacrime agli occhi e la vista offuscata dal pianto mentre il dito violentava la cavità orale arrivando a toccare il fondo della gola, provocandomi i conati di vomito.
“Controllati cagna o sarai immediatamente punita”!
Non finì a dirlo che un conato più forte mi provocò la fuoruscita di parte della colazione.
La sua reazione fu immediata. Si sedette e con forza mi posizionò sulle sue gambe. Cercai di ribellarmi ma venni bloccata dalle sue mani che iniziarono a battere vigorosamente sulle mie chiappe. Piangevo, lo imploravo di smettere chiedendogli scusa, ma tutto fu vano. Contai cinquanta colpi che arrossarono i miei glutei segnandoli di dolore. Mi ritrovai, subito dopo, in ginocchio ringraziandolo per la punizione impartitami e promettere di essere da quel momento la sua novizia e devota schiava.
Sempre più attonita per tutto ciò che mi stava accadendo ero come un automa ed accettavo le sue regole. Minacciandomi di farmelo togliere con la lingua mi graziò porgendomi uno straccio e pulii il vomito che ancora era riverso sul pavimento.
Posizionata prona sul lettino, ricominciò a massaggiarmi le chiappe. Le frizionò per parecchio tempo facendomi rilassare e prendere fiato, quando improvvisamente esclamò:
“Hai bisogno di un clistere ”!
Ero sconvolta, non ne facevo uno da quando ero piccola, me lo ricordavo doloroso. Mi preoccupai ma non avevo la forza di controbattere.
Lo vidi prendere una sacca trasparente con due litri di liquido trasparente e appenderla al palo porta flebo. Mi posizionò a quattro zampe e dopo aver oliato abbondantemente il mio buco mi fece scivolare dentro una lunga cannula bianca che conduceva la sostanza al mio intestino. Sempre più umiliata stavo ferma, muta e col culo a ponte mentre la testa andava a piegarsi mortificata nel subire quella terapia, fino a quando i dolori lancinanti iniziarono a prendere il sopravvento nel mio ventre e non riuscii più a controllarmi. Ero in panico. Cominciai ad implorarlo e piangendo gli chiesi di sospendere quel trattamento.
“Controllati”……..mi ripeteva e mi massaggiava imperterrito la pancia, spingendo le sue mani dai fianchi verso il mio ombellico e ovaie. Mi sembrava di scoppiare, credevo di non farcela, sudavo e gocciolavo le lacrime che venivano fuori dai miei occhi imploranti verso di lui che non si degnava di graziarmi e mi guardava con superiorità. Assorbiti nel ventre i due litri di clistere mi tappò il buco con il plug del giorno prima e mettendomi in piedi mi ordinò di camminare dritta per la stanza. Indossavo ancora le calze autoreggenti e le strette scarpe che insieme alle fitte intestinali mi facevano sempre più barcollare e assumere una postura curva.
“Stai dritta e cammina con la testa in su” ….questo era il suo monito.
Indirizzava il mio percorso con una bacchetta di legno che sferzava, ad ogni mio errore, sulle mie cosce e sulle mie chiappe. La pancia si era gonfiata tanto da sembrare un pallone, la immortalò scattando delle fotografie. Finito il book fotografico mi fece liberare evacuando sotto il suo sguardo vigile, seduta su una bacinella di plastica posizionata al centro della stanza. La vergogna era tanta, non avevo mai evacuato davanti ad un’altra persona. Umiliata e stanca mi sentivo fisicamente e psicologicamente distrutta. Non avevo più la forza di reagire a niente. Di getto spruzzai tutto quel liquido riempendone velocemente il catino. Ero sfinita quando lui mi ordinò di mettermi in piedi e prendere i miei escrementi e scaricarli in bagno. Dovevo anche lavarmi e lui stesso indirizzò verso di me il getto d’acqua della doccia che andava a togliere ciò che era rimasto tra le mie chiappe.
“Non muoverti, stai dritta e lascia le gambe aperte”!......”Adesso piegati e apri bene le chiappe con le mani”!…... intimava.
Alternava i getti di acqua calda e fredda su tutto il mio corpo, riattivando il mio sangue che si era gelato nelle vene e si fermava tra le mie chiappe spingendo il telefono doccia intorno al buco del culo facendoci entrare il getto. Mi sentivo riempita ancora, ma stavolta lo spruzzo di uscita fu immediato. Mi sentivo decisamente meglio, rinvigorita e tonificata. Avevo quasi preso gusto a essere massaggiata con la pressione dell’acqua. I capezzoli si erano induriti e dritti spingevano le loro punte mettendosi in bella mostra, lui li stimolava con l’acqua fredda che alternava sulle due tette gonfie e sode, che invitavano alla mungitura. Si allontanò da me qualche minuto per poi ritornare con una morbida corda. Ero grondante quando mi ordinò di sollevare e mettere le mani dietro la nuca. Attorcigliò la corda intorno a ciascuna delle mie tette. Imprigionava forte i seni facendoci parecchi giri intorno tanto da farli somigliare a due salami. Tirava i capezzoli e ci mise dei morsetti ai quali agganciò dei pesi. Il dolore ricominciava acutizzandosi mentre le tette diventavano dure e violacee. Riprese il getto d’acqua della doccia e lo indirizzò verso il mio clitoride, alternandone la pressione. Una sensazione di piacere si andava a contrastare con il dolore dei capezzoli e delle tette, provocandomi uno stato di eccitazione generale e la fuoriuscita di umori.
“Guardami cagna “…….esclamò.
Incrociato il suo sguardo non riuscii più a controllarmi. Un orgasmo clitorideo sottometteva il mio corpo alla sua volontà e dominava la mia mente facendomi sussultare sotto i suoi occhi tra i getti fluttuanti della doccia, l’ondulazione dei pesi che dondolavano dai lunghi capezzoli e gli schizzi del mio piacere che andavano a bagnare ulteriormente tutta la mia vulva.
“Sei una vera troia”!
“Cagna, seguimi”! …….mi trascinava velocemente nel suo studio ancora grondante di acqua e di piacere.
Sganciati i pesi mi spingeva sul lettino bloccandomi le gambe sui sospensori ginecologici, con due cinghie di pelle nera. Le sue mani frizionavano le tette che sembravano ora diventati due palle viola pronte ad esplodere al tocco delle sue dita. Le sentivo pulsare, gonfiare e bruciare mentre i suoi polpastrelli stringevano e mungevano i capezzoli visibilmente raddoppiati.
Le sue mani si spostavano alla mia fighetta e rovistavano tra le labbra della vulva che ancora inondata di viscidi umori vaginali si apriva al passaggio delle sue dita. La allargava sempre di più insistendo nello stretto cammino, che ancora chiuso intralciava lo sfondamento di quella membrana, che mi collocava ancora tra le vergini di figa. Il mio respiro ritornava ad essere pesante e ansimavo al tocco di quelle mani che sapienti esploravano la mia intimità. Il suo tocco all’interno coscia stringeva i miei muscoli per poi sfiorare l’inguine, per ritornare ancora ad afferrare e aprire le grandi labbra e rientrare infine nel percorso vaginale che tendeva a schiudersi ed accogliere la volontà del mio dominatore.
Il suo viso era vicinissimo alla mia figa, ne sentivo il suo respiro soffiare e posarsi sopra, mentre un calore improvviso la infiammava quando con la sua lingua iniziò a leccarla e succhiarla avidamente. La sua saliva si mescolava al succo del mio inconscio piacere e aumentava la viscidità delle tenere parti. Il mio grosso clitoride stuzzicato dalle sue labbra veniva succhiato dentro la sua bocca. Lo titillava e lo stringeva ora con i denti e poi con la lingua, mentre le sue mani allargavano sempre di più le mie piccole labbra facendo posto all’introduzione della sua lingua che ne picchiettava l’entrata con la punta, come per chiederne permesso. Ero sempre più stordita e avvolta in un totale stato di sottomissione mi sentivo sempre di più bagnata senza riuscire ormai a controllare i fiotti d’eccitazione, che inesorabili e puntuali schizzavano davanti al suo viso. Era un chiaro gesto di invito per lui che non tardò alla decisione di sfondare anche il mio davanti e rendermi donna. Alzatosi, aprì il camice e tirò fuori dalla sua patta il suo membro. Lo appoggiò sulla mia vulva facendomene sentire la consistenza. Duro, lungo e abbondantemente largo lo spingeva schiacciando il mio clitoride facendomi sentire anche la consistenza delle sue dure palle che grosse pressavano contro la mia carne. Il suo cazzo pulsava di eccitazione , la stessa che captavo dai suoi occhi quando riuscivo a fissarlo. Lo sentivo deciso e caldo che padroneggiava sulla mia figa facendosi spazio tra le labbra. Le sue mani mi presero dai fianchi quando il suo palo di carne di colpo fece irruzione rompendo quel velo elastico che separava la mia vagina dal resto del mondo. Balzavo su me stessa come se avessi ricevuto una scossa elettrica e in quel momento al mio cervello arrivava un impulso che offuscava tutti i pensieri, mentre un brivido prendeva il sopravvento su tutta la mia pelle. Un urlo fuoriusciva dalla mia anima, mentre i miei grandi occhi sbarrati di panico leggevano nei suoi il piacere che accresceva notevolmente all’emissione dei miei forti e continui gemiti. Si muoveva dentro di me provocandomi la fuoriuscita di sangue che andava a mescolarsi con il nettare della mia figa, segnando anche le mie cosce oltre che gocciolare verso il buco del mio deretano. Il suo cazzo imperava maestoso facendone da maestro alla mia tenera e giovane figa e sguazzava piacevolmente tra la mia agitazione e i miei mugugni. Lo sfondamento improvviso dell’imene mi aveva provocato dolore che moltiplicava la sua intensità sommandosi ormai a quello delle tette che giacevano martorizzate tra le corde. In quel momento ero una statua nelle sue mani. Lui sempre di più eccitato muoveva il suo cazzo su e giù con impeto e dominazione. Sottostavo al suo piacere, alla sua volontà e alla sua grande erezione che mi penetrava inchiodandomi prepotentemente sul lettino. Era riuscito a rubare la mia verginità. Il suo piacere aumentava ancora nel creare in me uno stato di umiliazione e insicurezza mentale che mi faceva sentire un essere inferiore. Mi sentivo come una preda animale, che timorosa andava a saziare e appagare il piacere del suo padrone, che imperava instancabilmente assoggettandola al proprio volere. Ancora più sadico non si faceva mancare quel godimento nel creare le condizioni che mi rendevano più ansiosa e umiliata nel profondo del mio essere. Il suo cazzo duro come il marmo mi scopava spietato sfondando impietoso la mia figa inerme e grosso sgranava dilatando le pareti vaginali mentre dai suoi coglioni, che sbattevano contro il buco del mio culo, sentivo la durezza dell’eccitazione che salendo lungo l’asta andava a sborrare violentemente dentro la vagina schizzando abbondanti fiotti caldi e viscidi.
Aveva finalmente raggiunto il suo piacere e ottenuto con libidine il suo orgasmo che lo saziava visibilmente facendolo cadere con il viso tra le mie tette. Era riuscito a raggiungere la profondità della mia stretta figa controllando la velocità del ritmo nel lacerare l’imene e segnare un percorso vergine destinato ad essere sempre più dilatato e sottomesso, per il piacere del Maschio.

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