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Prime Esperienze

Monica da lontano


di JoeSex
21.06.2016    |    2.174    |    0 8.0
"Ero pronto a penetrarla, a farla sentire importante, donna, avevamo bisogno di godere entrambi quella notte..."
Monica arrivò verso mezzanotte. Mentre fuori la pioggia sgocciolava gli avanzi, io ero ai fornelli, per seguire il caffè. L’aroma forte e deciso le avrebbe fatto sicuramente piacere e la sigaretta sarebbe stata goduta alla perfezione. Varcò la soglia di casa con passo leggero, timido, ma non incerto. Si levò subito il cappotto. Ci presentammo, quasi fosse un colloquio di lavoro, ma con la sensazione di conoscerci ed esserci annusati da chissà quanto tempo. La stretta di mano non bastava certo a due come noi che facevano della carne il loro punto di forza, e così ci fu un bacio sulle guance, sentito, profondo, ma solo sulle guance.

Poi si sedette sul divano, come se conoscesse già le geometrie e gli spostamenti energetici del mio spazio casalingo. Mi fece cenno con la mano affinché mi sedessi vicino a lei, ma io fui più scaltro e presi il suo posto facendola accomodare sulle mie gambe. Si mise di lato, mentre con la mano cingeva già il mio fianco. Non era difficile presagire cosa stesse per accadere.
All’improvviso però le squillo il cellulare, si alzò di corsa verso la borsa, tirò fuori il telefono, rispose con un tono di voce piuttosto agitato. Mise subito giù.

Tornò da me, questa volta spalancando le gambe, e sollevandosi la lunga e morbida gonna nera. Riuscì a vedere quello che volevo. Aveva le autoreggenti nere.
Si sbottonò la camicetta di lino bianca, il seno grande e sodo era lì per me, per la mia bocca assetata. Avvicinai la lingua alla scollatura e cercai subito il capezzolo sinistro. In genere il senso sinistro è più sensibile. Passai le labbra umide attorno all’aureola, dando dei colpetti con la lingua, molto leggeri ma stimolanti. Intanto Monica cominciava a muoversi freneticamente sopra di me. Le mie mani affondarono sotto la gonna, presero i glutei, tastandone le consistenza. Questo mi serviva per avere più spinta nello struscio jeans-figa. Dalle mutandine di pizzo nero percepivo il calore della femmina vogliosa, della troia assetata di cazzo. In fondo eravamo lì per quello.

Si alzò senza dire nulla, e voltandosi, si sfilò il perizoma, porgendomi la fica, pronta per essere leccata e affondata. Mi misi in posizione comoda, e cominciai a scoparla fino in fondo, solo con la bocca. Aveva un sapore eccezionale, le mie labbra umide e appiccicose del suo liquido, si rigonfiarono di sangue assieme alle sue. Le grandi labbra si aprivano ad ogni passaggio. Il clitoride pieno, bolliva e pulsava, e chiedeva di essere preso. Mi alzai, la presi per i capelli, si chinò con la schiena. Ero pronto a penetrarla, a farla sentire importante, donna, avevamo bisogno di godere entrambi quella notte.
“Scopami Joe, avanti, adesso!” – gridò –
“Certo mia Venere, come vuoi tu” – risposi sottovoce –
Entrai dentro di lei di prepotenza, la sua fica era già bella bagnata, burrosa, rovente, e il mio cazzo duro e grosso di fece spazio sentendo ogni brivido di piacere assoluto, tipico del primo ingresso. La cappella sfondò la porta della nostra voglia, e cominciai a pompare come un dannato. Mi chiese di prenderla dai fianchi e di schiaffeggiarle il culo. A me faceva impazzire, e pure a lei sembrò non dispiacere. Poggiò le mani sul televisore, incarcando ancora di più la schiena, con la mano destra presi il seno, solleticando il capezzolo, poi le misi la mano in bocca, e cominciò a ciucciare. La sua bocca prometteva un pompino da favola. Mi lesse nel pensiero.
“Voglio prendertelo tutto in bocca, dammelo, su, dammelo” – implorò con voce roca –
“Ok, tieni, è tutto tuo” – le dissi sicuro di me –
Si inginocchiò delicatamente, avvicinò la bocca carnosa alla cappella, la guardò, pregustandone il sapore forte di maschio, e affondò il colpo. In un secondo mi ritrovai immerso nella cavità orale, grande, larga e accogliente. Con la mano si aiutava su e giù per prenderlo meglio, spingendoselo fino in gola. A volte lo tirava fuori dalla bocca e se lo sbatteva sulla lingua, poi se lo riportava dentro e ancora su e giù.
“Non farmi venire, aspetta!” – le chiesi timidamente –
“Certo che no, non puoi venire così presto” – disse sorridendo –
Allora si sedette sul divano a gambe divaricate. Il clitoride spuntava alla perfezione, si ergeva poderoso sul monte di Venere.
“Leccamela per bene”
Stavolta mi inginocchiai io, avvicinando la testa alla fica, e spingendo tutta la bocca dentro. Il suo liquido saporito cominciò a cospargersi sul mio mento, sul naso, sulle guance.
Andai avanti per una quindicina di minuti abbondanti, finchè mi avvisò: “Sto vendendo, si, ancora, mmm…cazzo come mi fai godere Joe, ancora, dai, più forte vai!”
“Si ancora, ti faccio godere come una troia eh? Dimmi che ti piace, che stai impazzendo!” – le dissi incattivito –
“Si mi fai morire così, dai, dai, manca pochissimooooo….”
Così venne, lanciando un urlo soffocato, per via dei vicini indiscreti. La sua parte intima si allagò ancora di liquido, che io raccolsi prontamente. Pensavo volesse rilassarsi un po’ e invece si tirò su, mettendosi a pecorina, e allargando il buco del culo col dito.
“Sfondami il culo Joe” – mi chiese implorando –
“Adesso?” – domandai incerto –
“Si adesso, voglio sentirti tutto dentro il culo”
Presi il gel che avevo messo sul divano, ne svuotai un po’ sul buco e sul mio cazzo, il buchetto si allargò subito, e poggiai la punta spingendo un po’, e poi sempre più forte. Riuscì ad entrare senza farle male. L’idea di possederla così e scoparla da dietro mi mandava fuori di testa. Ogni colpo era sempre più forte, e Monica sembrava godere in maniera esponenziale.
Squillò ancora il telefono. Stavolta era il mio.

“Ciao Joe, sono io. Scusami tanto se prima sono dovuta andare via. Mi hanno chiamato da casa, mia sorella non trovava più le chiavi di casa, e una copia ce l’ho io.”
Monica era già lontana chissà in quale città misteriosa. L’avevo vista, salutata e baciata solo per pochi minuti. Continuai a toccarmi da solo, in bagno, nella speranza di un nuovo incontro.
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