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RICORDO DI UN’AMICA CHE NON C’E’ PIU’


di Membro VIP di Annunci69.it bek
24.07.2015    |    5.439    |    6 9.6
"Mi sembra di sentire ancora adesso il profumo alla mela verde dei tuoi capelli castani..."
Ciao Michela. Ti voglio ricordare cosi’, perche’ tu eri cosi’. Eri la Michela con la M maiuscola, non ti ho mai vista arrabbiata, quando sorridevi arricciavi quel nasino scoprendo una doppia fila di denti bianchi e perfetti, non ti ho mai sentito dire una parola fuori luogo o banale, anche quando scherzavi…e mamma mia, quanto riuscivi a farmi ridere!!!! Prima del tuo aspetto mi sono invaghito dell’eleganza del tuo cervello, della tua femminilita’ mai volgare, della tua (lo so, non c’entra niente con un racconto dal tema erotico, ma lo voglio dire lo stesso) calligrafia pulita e ordinata, leggermente inclinata verso destra. Va be’…incominciamo il racconto.
Eravamo a casa di un’amica comune e ci conoscevamo appena (non so nemmeno se tu mi avessi notato, non te l’ho mai chiesto), eri appoggiata allo stipite della porta con un bicchiere in mano di non so cosa, l’altra mano, la tenevi dietro la schiena mentre stavi chiaccherando con un ragazzo che conoscevo di vista. Noi nella stanza adiacente decidiamo di alzare il volume della musica per ascoltare il nuovo LP (rigorosamente in vinile) degli Smiths. Paola, la padrona di casa mi chiede di chiudere la porta della stanza, cosi’ non diamo fastidio agli altri col volume troppo alto. Mi avvicino alla porta (maledetta, ma che non ho mai smesso di ringraziare), al cui stipite esterno eri appoggiata tu, mentre tento di chiudere sento una certa resistenza e un gemito secco dall’altra parte. Avevo schiacciato un’unghia alla mia Michela!!!!!! Ti avevo fatto davvero male. Non sapevo come scusarmi e ti ho subito accompagnata in bagno a lavare il sangue, poi, sentendomi super colpevole, ti ho convinta a farti accompagnare da me al pronto soccorso, dove te l’hanno disinfettata e fasciata praticamente subito. “Non so proprio come scusarmi, Michela, avrei preferito fosse successo a me, credimi. Dai, ti riaccompagno a casa” ti avevo detto. Davanti a casa tua mi hai invitato a salire, intanto i tuoi non c’erano, erano al mare per il week end. Io, forse per la prima ed unica volta in vita mia, ho accettato volentieri senza nessun pensiero “velleitario” ed audace, solo con la convinzione e lo scopo di farti capire che ero davvero dispiaciuto di averti fatto male. Una ceres in bottiglia a testa seduti sul divano con gli Stranglers in sottofondo. “Dai, fammi vedere meglio questa fasciatura” e ti ho preso delicatamente la mano, sfiorandola, quasi come quando da piccolo catturavo le libellule per poi liberarle senza far loro nessun danno. A quel punto ci siamo bloccati, ricordo ancora che mi hai guardato negli occhi, come quando schiacci il tasto pausa sul telecomando. Ti diro’, Michela, subito subito non ho capito bene cosa stesse per succedere, forse perche’ non mi aspettavo un regalo cosi’ prezioso a un “pirla” che ti aveva appena massacrato un dito. Hai avvicinato, con una lentezza che mi e’ parso di essere in un film, le tue labbra alle mie, inclinando leggermete il capo e senza smettere di guardarmi negli occhi. E’ stato un bacio castissimo, leggero, fresco, di una piacevolezza che supera le mie peggiori fantasie erotiche. Mi sembra di sentire ancora adesso il profumo alla mela verde dei tuoi capelli castani. Ci siamo staccati, sempre lentamente e ci siamo guardati di nuovo negli occhi. A quel punto non ho piu’ resistito, ti ho abbracciata e ti ho baciata in maniera piu’ maschia, un bacio profondo, con le lingue che si cercano, con le labbra aperte che premono…e tu, sorrido ancora oggi al ricordo, con il braccio destro attorciliato al mio collo e il sinistro (quello con la mano fasciata), dritto verso l’alto, come quando a scuola vuoi prendere la parola. Senza staccarci, ho incominciato a toglierti la camicetta bianca con le maniche corte, sei rimasta in jeans e regggiseno bianco, l’ottava meraviglia, meglio che nuda, giuro. Ci siamo stesi sul divano, tu sotto io sopra, io vestito, tu una DEA. Che bello simulare, anche coi jeans, l’atto finale. Ti sentivo cercare la pressione della mia patta che si era gonfiata e indurita fino a farmi male. Di colpo ti sei fermata e facendomi mettere seduto, hai finalmente liberato (con non poca fatica, avendo una sola mano a disposizione) il mio membro curvo e durissimo. Io stravaccato sul divano con pantaloni e mutande sotto le ginocchia, tu, davanti a me, a carponi sul tappeto, con una mano sull’asta, la lingua che roteava sul frenulo e l’altra mano sempre tesa in alto. Ho chiuso gli occhi e ricordo di aver pensato “Ma non e’ vero, non sta succedendo a me”. E’ stato il pompino piu’ delicato e piacevole che io ricordi. Ogni tanto smettevi per guardarmi e mi facevi la lingua, come fanno i bambini quando dicono “Non mi hai fatto niente, faccia di serpente!!!!”. Si’, eri davvero unica, riuscivi a farmi ridere anche nei momenti piu’ “impegnativi”. Stavo per venirti in bocca e per nulla al mondo volevo sporcarti quel reggiseno bianco cosi’ bello a vedersi, addosso a te. Ho preso coraggio e ti ho sollevata di forza, mettendo te, stavolta, seduta sul divano e io davanti. Ho sbottonato i tuoi jeans e te li ho sfilati con te che tenevi le gambe lunghe e affusolate belle dritte. Ho riconsiderato il mio concetto di DEA. Adesso una DEA, per me, era la Michela con solo reggiseno e mutandine bianche a vita bassa, dalle quali spuntavano almeno 3 cm. buoni di pelle bianca sul resto del corpo liscio e abbronzatissimo. Non so se hai pensato che fossi un “morto di fame” quando sono rimasto un bel minuto buono a guardarti ed ammirarti, so solo che ti sei alzata e hai tentato di sfilarti gli slip. Ma io non te l’ho permesso, ti volevo prendere cosi’ com’eri, spostandone solo un lembo. Ti ho fatta mettere piegata sullo schienale del divano, la prima cosa che ho notato e’ che eri fatta davvero bene, la natura era stata decisamente generosa con te (e con me, in quel momento!!!!!), la seconda, invece e’ stata una macchia piu’ scura e umida all’altezza della tua vulva. Queste due cose, ancora oggi, le paragono all’acqua, che e’ fatta di idrogeno e di ossigeno. Presi separatamente sono due gran begli elementi, messi assieme creano il fulcro della vita, l’essenza dell’esistenza. Ti ho spostato la mutandina bianca e, tenendomelo con una mano alla base, ho giocato un po’ con le tue grandi labbra e il clitoride, bagnati, viscidi di umori, invitanti all’ennesima potenza. Non so te, ma io ero eccitato al massimo. Ho fatto capolino dentro la tua fica con la punta del mio glande, poi, sempre con la massima dolcezza, ho spinto un po’ piu’ forte fino a farlo entrare tutto. So’ che ti e’ piaciuto, me ne sono accorto da come ti inarcavi e mi ha fatto immensamente piacere. Devo ammetterlo, non e’ durato tantissimo, un minuto e mezzo, forse due, ma la colpa era tua, eri troppo bella, eri troppo attraente con quei movimenti che solo una creatura delicata ed eccitata sa fare spontaneamente. Ho finito dentro di te, senza nemmeno chiederti il permesso e come se non bastasse mi sono accasciato, stremato, su di te ancora piegata sullo schienale del divano. Gli Stranglers cantavano “Strange little girl”, la mia preferita. Ancora oggi quando la ascolto, mi luccicano gli occhi. (Vi consiglio di cercarla e di ascoltarla, mi ringrazierete). Il momento piu’ bello: ci siamo ricomposti alla belle e meglio e abbiamo finito tutto d’un sorso la ceres, sempre senza mai dire una parola, poi tu mi hai di nuovo guardato, seriosa, e hai alzato la mano col dito fasciato, hai alzato anche il pollice (come per dirmi “OK!!!”). Quel dito fatto su come una mummia piu’ il pollice rivolto verso l’alto mi ha fatto scoppiare a ridere…solo a te poteva venire in mente di fare un gesto del genere in un frangente del genere. Ciao Michela, dovunque tu sia, mi manchi… lo sai.

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