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Lui & Lei

Buon vicinato 3


di Membro VIP di Annunci69.it elmatador89
15.04.2021    |    5.518    |    3 10.0
"Il mio cazzo era a pochi centimetri dal suo sedere, con le idee molto chiare..."
Continua da Buon Vicinato 2 - Trovate la serie completa sulla pagina del mio annuncio:
- Buon vicinato 1: introduzione
- Buon vicinato 2: l'occasione giusta
- Buon vicinato 3: pace

“Le gambe,mettile intorno a me”. Obbedì, e si aggrappò a me, spingendo con i talloni contro il mio sedere. Quindi la sollevai dal tavolo, mi girai verso il muro e la spinsi contro. Presi a scoparla così forte contro il muro che avevo seriamente paura che mi chiedesse di smettere. Ma lei no, reggeva i colpi e gemeva ad ogni colpo. Ad un certo punto ebbe un orgasmo, uno di quelli molto vaginali. Sentii il mio cazzo stritolato da quella fica, che sembrava non volerlo lasciare mai, e lei che boccheggiava, con gli occhi sgranati.

Cazzo, come godeva. Tanto da costringermi a rallentare il ritmo, altrimenti sarei esploso anche io. Le lasciai godere l’orgasmo con calma, assestando dei colpi più ritmati del solito, assecondando le sue contrazioni. Mi fermai, allentai la presa, e anche lei sciolse l’abbraccio delle sue gambe sul mio bacino, riportando i piedi a terra. Non sembrava potesse reggersi molto in piedi, e cadde in ginocchio, tra me e il muro contro il quale la sospingevo un attimo prima.

“Tutto bene?”, le chiesi. Fece cenno di sì con la testa. Le lasciai 30 secondi per prendere fiato (e prenderlo anch’io) durante i quali lei non alzò mai lo sguardo da terra.
Quindi incalzai: “Beh, già che sei lì…”
Le presi la testa con entrambe le mani e la indirizzai verso il mio cazzo. La spinsi dolcemente ma con convinzione verso di me, e le misi il cazzo in bocca. Le tenni la testa ferma, mentre con ritmi e profondità crescente le scopavo la bocca. Non era una fica, ma quanto era eccitante tenerle la testa mentre il mio cazzo pulsava contro la sua giugulare.
Ogni tanto estraevo il membro per lasciarla respirare. Liberai la testa dalla morsa delle mie mani, e la lasciai prendere l’iniziativa. Mentre godevo della sua calda gola, ripensavo a quanto avevo desiderato e immaginato quel momento, e a quanto tutto si fosse realizzato velocemente, e senza la necessità di un grande impegno.

Durante uno degli affondi, si sentì dal piano di sopra un trillo, che sentivo spesso. Anche lei lo riconobbe, e si fermò un attimo.
Liberò la bocca, e chiese: “Ma è il mio telefono…??”
“Sì!” - le dissi - “Ma tu non preoccuparti…”, e le spinsi con convinzione la testa verso di me, a riprendere cosa stava facendo.
Era un vecchio telefono, aveva sicuramente il trillo esterno, di quelli della SIP, installato al muro. Per questo credo che il trillo si propagasse per tutto il palazzo.
“Può essere mia figlia” disse biascicando per la saliva, dopo aver liberato nuovamente la bocca. “Lasciami controllare il cellulare”
Fece per alzarsi, e la lasciai fare.

Quanto cazzo era bella: un fisico molto eccitante. In piedi, completamente nuda, china sulla sua borsa, sulla sedia, cercava il cellulare. La posizione metteva in risalto il suo sedere: nudo, liscio, sodo. Cazzo quanto era invitante! Anche da nudo si confermava capace di fare concorrenza a culi ben più giovani. Quella vista mi fece scattare bellissime idee.
“Sembra di no… meno male: si preoccupa subito se non rispondo al cellulare, e mi chiama a casa.” disse rimettendo il cellulare in borsa.
Nel frattempo, io mi ero già avvicinato a lei da dietro.
“Eh, lo so...”, feci io, mentre lei iniziava a rimettersi in posizione eretta. Il mio cazzo era a pochi centimetri dal suo sedere, con le idee molto chiare.
Poi aggiunsi, lentamente, con voce calda: “Noi figli, quando siamo lontani da casa, ci preoccupiamo se non rispondete”. Così dicendo, le avevo messo la mano destra sulla schiena, ad arrestare il suo tentativo di rimettersi in posizione eretta. Poggiai invece la sinistra sulla sua chiappa sinistra. La sospinsi con entrambe le mani verso il tavolo, sempre in maniera dolce ma ma molto decisa.
Giunti a ridosso del tavolo, le spinsi la schiena e la feci adagiare a 90 sul tavolo.
Mi inginocchiai, e mi ritrovai faccia a faccia con il suo sedere e la sua figa bagnata. Le feci capire di allargare un po’ le gambe: splendide gambe, e sopra la meraviglia di una donna matura e calda. Che vista! Mi rimisi in piedi, afferrai le sue braccia e le incrociai sulla sua schiena: con la sola mano sinistra riuscivo perfettamente ad afferrarle entrambe i polsi incrociati, e a tenerli fermi saldamente. Quindi entrai di nuovo nella sua figa, ancora calda e accogliente, più di prima.

Lei sobbalzò con un “Ahi!” sommesso.
“Ssshhh” - feci io - “ancora non hai visto niente…” e iniziai a stantuffarla per bene, talmente forte che il tavolo si spostava leggermente in avanti al ogni colpo. Chissà se Roberta, la vicina del piano di sotto, stava sentendo? E’ in smart working anche lei in questo periodo. Il pensiero mi eccitò ancora di più, e non riuscivo a smettere di scopare Luisa per bene. Lei ogni tanto mugolava di piacere. La scopai a lungo in questa posizione, spingendola contro il tavolo, sempre tenendole le braccia, e sculacciandola sul sedere, che si era arrossato parecchio.

Poi venne l’idea: portai la mano alla bocca, ci sputai, e portai la saliva sul posto che avevo designato come meritevole dell'ultima fase: il suo buco del culo. Lei ebbe un sussulto, e fece per ruotare la testa. Emise un “No” sommesso. Mi fermai, estrassi il pene causandole un altro sussulto, e mi avvicinai sul lato lungo del tavolo per guardarla in faccia.
Lei, col fiatone “E’ da tanto che…” facendo segno di no con la sua testolina, e i suoi capelli completamente fuori piega.
“Tranquilla, farò piano…”
“No. Non adesso, per favore.” concluse perentoria.
Sconfitto, tornai dietro di lei, e lo rimisi dentro.

A volte sono un po’ animale, e il suo diniego mi aveva fatto incazzare. Lei lo sentiva, e ne godeva. Le afferrai i polsi, stavolta con entrambe le mani, e presi a scoparla con forza tirandola a me ad ogni colpo. Lei venne un’altra volta, con ancor più forza di prima. Sentii il mio cazzo stretto nella sua morsa per minuti, finchè emise un urlo stridulo e si irrigidì sul tavolo, per poi ricadere distrutta: “oddio… mi hai... mi hai distrutta…”

“Ma non abbiamo mica finito”, incalzai subito. Lei fece per rialzarsi, ma la spinsi contro il tavolo, e ripresi con forza, avviandomi a conclusione anche io entro poco. Le esplosi dentro. Durante i miei ultimi affondi il tavolo era arrivato a poggiarsi contro il frigorifero: l’avevamo spostato di un bel po’. Quindi mi allontanai e caddi esanime su una sedia: collassato a gambe stese e larghe. Alla mia sinistra lo spettacolo di una donna prona sul tavolo, dopo un amplesso. Anche lei rimase ferma sul tavolo a riprendere fiato per qualche minuto.

Dopo un po’ si riprese, si alzò, e si girò verso di me.
Io mi godevo l'estasi post-orgasmo, mista a quel senso di soddisfazione psicologico da maschio che ha portato a casa una preda.
Mi guardava con quegli occhioni da cerbiatta, ma con un volto diverso. Si sistemò i capelli, si avvicinò a me, abbassandosi per dirmi qualcosa all’orecchio. Il mio naso era accarezzato dai suoi capelli,e il suo odore era spettacolare. Odore di donna, Odore di piacere.

“Grazie”, disse almioorecchio sinistro, poggiando la sua mano sinistra sul mio petto villoso, e lasciandola scivolare sul mio addome e sul mio pube, infine passando sul mio pene in piena fase di recupero. Con la manop sinistra accarezzavo la sua gamba, risalendo verso il sedere. Non feci in tempo ad afferrare la sua chiappa, perchè lei si scostò, e muovendosi molto lentamente si mise di fronte a me, e si inginocchiò tra le mie gambe larghe.

Cosa stava facendo? Io ero esausto, penso che avevamo passato insieme un’ora in quella cucina, ed era stata una bella impresa. Pensavo di aver finito.

Lei non era d’accordo.

La vidi lì in ginocchio, mi guardava, coi suoi occhioni che, come detto, ora trasmettevano qualcosa di più rispetto a prima. Non era più desiderio frenato… era proprio Voglia.
Quanta energia, Luisa! Mi tornarono in mente i primi anni di affitto in questo appartamento, quando suo marito era ancora vivo, e capitava spesso di sentire il loro letto al piano di sopra commentare con forti cigolii le loro attività coniugali in diretta. E io che immaginavo fosse suo marito quello più voglioso dei due. Lui era un omaccione robusto, un armadio a due ante. Avevo anche scherzato una volta con la mia compagna, dicendole "Ma povera signora, qualche giorno la rompe!" Mi sa tanto che mi sbagliavo!

Mentre pensavo questo, lei aveva iniziato un lento e delicato massaggio ai testicoli: sentivo le sue mani fredde darmi piacere e procurarmi uno stato di rilassamento profondo. Dopo poco, anche la sua bocca si mise all’opera, occupandosi del mio pene. Non era una pompa, era più un massaggio, un coccolare quel pene, adesso in semi erezione da recupero, ma che pochi minuti prima faceva da padrone tra le gambe di questo gran pezzo di donna.
Non saprei dire quanto tempo rimase lì sotto, ma fu una delle cose più rilassanti mai vissute. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare alla pace psicofisica che stavo vivendo.
Ad un certo punto avvertii che il mio pene stava reagendo di nuovo. Lo avvertì anche lei. Attese che fosse abbastanza turgido da rendere chiare le sue intenzioni, e si fermò sia con le mani che con la bocca, mollando la presa. Aprii gli occhi, le guardai, Lei fece per asciugarsi un bavero di saliva che fuggiva dalla bocca.
“Grazie a te!” le dissi, e le porsi la mano per alzarsi.
Si rivestì, con calma. Ci rivestimmo, con calma.

“Posso offrirti qualcosa?”
“No, grazie… torno a casa adesso.”
La accompagnai alla porta, la seguii con lo sguardo mentre saliva le scale, incerta su qualche gradino.
Attesi il suo arrivo al pianerottolo, e chiusi la porta.
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