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Gay & Bisex

APPARTENENZA (seconda parte)


di boreetoah
01.10.2015    |    5.323    |    15 9.6
"L’eccitazione era altissima e Fulvio non riusciva a tenere ferma la testa sbattendola a destra e a sinistra sul cuscino, implorando Fausto di continuare, di..."
La convivenza cominciò. Tutto scorreva nella massima normalità. Anna e Mauro si amavano e speravano che tra i loro figli nascesse una sincera e spontanea amicizia. Speravano troppo. I rapporti tra i due erano quanto di più civile e cortese si potesse auspicare, ma… amicizia no. Era troppo. Era troppo per due solitudini come le loro. Andavano e tornavano da scuola assieme. Mangiavano, facevano i compiti ognuno nella propria stanza; al massimo si aiutavano, scambiandosi il minor numero di parole.

E in questo modo trascorsero due anni. Si avvicinava la maturità e Fausto, che pur avendo un’intelligenza vivace, aveva preferito utilizzarla in altro modo anziché sul libro di matematica, si ritrovò con alcune lacune in questa materia. Avrebbe dovuto mettersi sotto per recuperare e il modo migliore era farsi aiutare da Fulvio che, al contrario, eccelleva, come in tutte le materie del resto. Quel fine settimana erano a casa da soli: Anna e Mauro erano andati al mare per due giorni. Nel primo pomeriggio si misero al lavoro in camera di Fausto. Fulvio gli era accanto e lo stava seguendo negli esercizi. Parlava pacatamente, ma Fausto era talmente disinteressato e scarsamente collaborante che Fulvio stava perdendo la pazienza, cosa mai successa a memoria d’uomo. All’ennesimo tentativo andato a vuoto, Fulvio si alterò e, pur mantenendo il caratteristico tono calmo, alzò un po’ la voce e, facendo il gesto di dargli uno scappellotto sul capo, disse”Sei proprio una testa di rapa!”. Fausto si alzò di scatto e gli bloccò il braccio sollevato intimandogli”Dillo un’altra volta e io ti…ti…ti…” non riusciva a finire la frase, al che Fulvio, colto da un desiderio che forse aveva sempre nutrito, ma che aveva abilmente nascosto anche a se stesso, lo baciò su quelle labbra tremanti. Fu un bacio rapido, ma sconvolgente. Fulvio si tirò subito indietro e, portandosi la mano alle labbra, uscì di corsa da quella camera per dirigersi alla sua e chiudervisi dentro. Fausto, appena si fu ripreso dalla sorpresa, lo seguì e gli intimò di aprire la porta, in caso contrario l’avrebbe buttata giù a calci. Fulvio non si mosse finché non sentì il primo calcio. Allora spalancò la porta e si mise da parte, mentre Fausto si fermava a un metro da lui. Egli avanzò di un passo e Fulvio parlò guardandolo dritto negli occhi e con voce ferma e decisa”Puoi anche picchiarmi se vuoi, ma io non mi pento di quello che ho fatto!”. Un altro passo e Fausto lo stava stringendo fra le braccia baciandolo disperatamente. Sì , disperatamente. Perché in quel bacio c’erano otto anni di dolore, di sofferenza, di solitudine, di bisogno di amare e di essere amato. Se lo stringeva come se i loro corpi potessero compenetrarsi; erano talmente avvinghiati che un filo d’erba non avrebbe trovato spazio fra di loro. Fausto gli aveva messo le braccia dietro alla schiena e le mani si muovevano spasmodicamente sotto la maglietta cercando di tastare, toccare, accarezzare quanta più pelle poteva, graffiandolo e strizzandogli la carne e Fulvio gli aveva gettato le sue al collo tenendogli la testa premuta contro di sé, mentre le loro lingue depredavano con furore le rispettive bocche che non si separavano di un millimetro in quella danza atavica e sensualissima. C’erano, in quel bacio, due solitudini disperate che si incontravano e si prendevano cura l’una dell’altra. L’urgenza di baciarsi e di trasmettersi tutta la necessità che avevano l’uno dell’altro li lasciò senza fiato, ad ansimare e prendersi aria vicendevolmente, fino a quando il ritmo si fece meno affannato e, da affamato, cominciò a trasformarsi nel piacere di gustarsi. Gustare le labbra, la lingua, il sapore fresco e giovane della loro bocca, la saliva che si distendeva in un rivolo, quando si separavano leggermente per prendere quel po’ di fiato necessario a prolungare il piacere. La frenesia si placò e vi furono sguardi diretti, sguardi in cui vi era l’ abbandono totale e il calore di un cuore che tornava a palpitare, a seconda che si trattasse di Fulvio o di Fausto. Occhi che si guardavano senza aver paura di riconoscersi, di scoprire chi era l’altro e cosa c’era nel suo animo. Cominciarono a conoscersi anche con le mani, accarezzandosi e toccandosi il corpo fino a dove riuscirono e soffermandosi dove il desiderio si manifestava più forte; Fausto sulle natiche tonde e sode spingendole contro il suo bacino, Fulvio sul torace massaggiando i pettorali e i capezzoli turgidi. Avevano i membri rigidi che si sfioravano attraverso la stoffa sottile dei vestiti e il desiderio li spingeva a strofinarsi l’uno contro l’altro. Sempre continuando a baciarsi, cominciarono a spogliarsi, interrompendo il contatto tra i loro corpi solo per togliersi le magliette e sbottonarsi e sfilarsi i pantaloncini, scalciandoli lontano. Rimasero in mutande a strofinarsi lentamente quasi a voler intuire le rispettive virilità e a procrastinare ancora l’attimo in cui sarebbero stati completamente nudi, poiché il prolungamento dell’attesa contribuisce all’aumento del piacere. Avendo la stessa altezza, anche i loro capezzoli tumidi si sfioravano, provocando ad entrambi brividi e gemiti. Unanimemente e reciprocamente, decisero di calarsi i boxer, aiutandosi ancheggiando e facendogli fare la stessa fine dei pantaloncini. Ora erano completamente pelle contro pelle. Tremavano di piacere e di timore. Nessuno dei due sapeva come ci si doveva comportare in questi casi e, benché per Fulvio fosse un sogno che diventava realtà e la conferma del modo in cui si era sempre percepito e aveva sempre saputo di essere, egli era pervaso da un fortissimo pudore, poiché mai aveva avuto rapporti con un altro uomo e questo lo spaventava. L’istinto, forse, o un’ancestrale conoscenza, o semplicemente la smania di renderlo felice, gli fece desiderare di prendere il suo membro in bocca e fece per inginocchiarsi. Non ci riuscì, perché Fausto lo bloccò subito. Lo guardò deluso pensando che avesse cambiato idea e che ciò che era successo lo avesse disgustato. Quindi abbassò lo sguardo arrossendo, sentendosi umiliato per questo rifiuto. Ma Fausto gli fece sollevare il viso, tenendolo per il mento e ricominciò a riempirlo nuovamente di baci, sulle labbra gonfie e rosse per quelli che si erano già scambiati; gli diede piccoli e dolci baci con tutta la tenerezza di cui era capace, continuando a tenerlo stretto, quasi potesse scappargli via. Per lui era una sensazione nuova e anche lui era spaventato. Non aveva mai pensato di poter desiderare in quel modo un altro ragazzo, un uomo. Eppure lo voleva. Con tutto se stesso. Forse non sapeva esattamente neanche lui come si ama un uomo, ma una cosa era sicura: non avrebbe mai permesso a Fulvio di mettersi in ginocchio. Davanti a nessuno, neanche a lui, neanche per dargli piacere. Quel corpo fremente tra le braccia lo faceva sentire vivo attraverso il calore e lo slancio che gli trasmetteva. Lo faceva sentire vivo dopo così tanto tempo che gli sembrava di essere una persona nuova. Un altro Fausto. E di questo gli sarebbe sempre stato grato. Fulvio gli ridava la vita, il cuore, il sangue che sentiva pompare con foga nelle vene, per via di quell’eccitazione che lo pervadeva dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi. Tutto in lui si muoveva, era vita. Ed era bello. Bello sentirsi amati. Bello lasciarsi amare. Lo voleva tutto; voleva esplorarlo , dargli piacere, renderlo felice, rendergli grazie per quello che gli stava facendo provare. Così cominciò a baciargli tutto il viso con delicatezza , gli leccò e succhiò le labbra, percependo il suo respiro che accelerava nuovamente e poi proseguì scendendo lungo il collo, mentre lui lo inclinava da un lato per dargli più libero accesso. Si fermò con le labbra sulla giugulare e socchiuse le labbra a fargli sentire la lingua che si muoveva a solleticarlo. Sentì il suo battito veloce e il sospiro di piacere, mentre appoggiava il capo sulla sua spalla dove erano già le braccia a sostenerlo per questa nuova emozione che gli faceva tremare le gambe. Fausto non poté più trattenersi, lo prese in braccio facendogli sollevare le gambe attorno alla vita e si diresse verso il letto. Qui lo adagiò lentamente sulla schiena e si posizionò in ginocchio tra le sue gambe aperte. Rimasero a guardarsi, mentre il fragoroso silenzio dei loro sguardi esprimeva più di mille parole. Era un dialogo muto nel quale si raccontavano emozioni, sentimenti, desideri, sofferenze , dolori, attese e voglia di amare. Voglia di sentirsi l’uno dell’altro. Voglia di appartenersi. Fausto pensò a come dargli piacere e, riflettendo su ciò che avrebbe voluto lui, iniziò a mettere in pratica il suo proposito. Cominciò ad ammirare per bene quel corpo e a prenderne conoscenza. Vide la pelle chiara e i pochi peli. I capezzoli eretti e i fianchi sottili. Vide gli occhi pieni di serena attesa, di fiducia, di abbandono. Con un dito percorse il contorno del volto, scese lungo il collo e, aprendo la mano, appoggiò tutti e cinque i polpastrelli delicatamente sul torace, scivolando lentamente fino all’addome e alla zona pubica. Gli piaceva osservare come lui tratteneva il fiato, frastornato dalle sensazioni di quel tocco leggero. Ripartì appoggiando di nuovo le dita sotto l’ascella e scendendo a stuzzicare le costole fino al fianco stretto, provocandogli il solletico. Si dimenò con una risatina soffocata e Fausto sollevò il viso a sorridergli per quella reazione fanciullesca. Due ragazzi. Erano due ragazzi che si scoprivano e si amavano e lo facevano con gioia. Liberi, finalmente, dalle paure, dalle difese, dalla solitudine. Con la stessa mano gli sfiorò l’esterno coscia e poi l’interno, provocandogli un altro fremito. Fausto continuava a guardarlo affascinato da quello che era in grado di fare, a come il suo corpo reagiva alle sue sollecitazioni. Non resistette e si chinò a dargli un bacio lento e dolce, ricambiato teneramente e con gli occhi incatenati. Ora che avevano imparato a leggersi dentro e a riscrivere la loro storia, non potevano più fare a meno di incrociare le loro bellissime iridi blu. Si rialzò. Avvicinò la mano alla sua bocca e gli presentò l’indice e il medio uniti da succhiare. Lui lo fece bagnandoli abbondantemente di saliva. Quando fu soddisfatto, Fausto se li portò alle labbra e con la lingua li gustò e li bagnò anche della propria. Voleva fargli capire che d’ora in poi avrebbe condiviso tutto con lui e tutto ciò che veniva da lui era suo, gli apparteneva. Con le dita così fradice andò a stuzzicargli un capezzolo, mentre sull’altro scese la sua bocca avida e ingorda a rivendicarne il pieno possesso. Fulvio lanciò un gridolino di stupore quando sentì i denti mordicchiarlo e portò la mano ad accarezzare quella chioma bionda che si dava tanto da fare a succhiare con cupidigia l’invitante bottoncino in rilievo sull’areola rosata. Era una sensazione indescrivibile che gli trasmetteva scosse continue per tutto il corpo e gli dava l’impressione di essere sospeso a mezz’aria. Non credeva fosse possibile. Dunque era vero. Questo era sentirsi amati, voluti, desiderati. Questo era sentire di appartenere a qualcuno. Questo era il piacere. E si lasciò fare completamente. Osservò trepidante tutto ciò che faceva Fausto. Lo vide proseguire nell’ispezione di tutto il torace con abbondanti leccate e spargimento di saliva. Non trascurò un solo centimetro di pelle, mentre diligentemente scendeva verso il ventre e, anche lì, si prodigò in eccitanti lappate alle quali aggiunse una serie di baci leggeri e carezze fino ad arrivare al pube. Fulvio istintivamente allargò le gambe ancor di più per permettergli libero accesso e bramando ciò che immaginava stesse per succedere. Fausto rallentò la sua esplorazione sentendo il pene duro del compagno che gli strofinava contro il mento e fu assalito dalla voglia di prenderlo subito in bocca, ma tenne a bada la tentazione, poiché la soddisfazione di sentirlo gemere e sospirare lo faceva godere altrettanto intensamente e voleva che questo godimento durasse per il maggior tempo possibile. Continuò, quindi, a dispensare piacevoli leccate nella zona pubica, senza prestare troppa attenzione all’impellente bisogno che il membro grosso e turgido sembrava reclamare con la sua sfacciata rigidità, e si dedicò alla piega dove le cosce si uniscono al bacino e al loro interno, mentre con le mani accarezzava l’esterno e il ventre. Proseguì per un bel po’, finché i gemiti affannati non gli fecero capire che era ora di dedicarsi a lui. Partì dallo scroto. Leccò la cute grinzosa tesa come la pelle di un tamburo e la succhiò tra le labbra dedicandosi prima a un testicolo e poi all’altro, senza alcuna discriminazione. I rumori deliziosi che provenivano da sopra lo facevano eccitare sempre più, tanto che anche il suo membro sembrava protendersi disperatamente verso l’alto andando a scontrarsi col suo grembo. Stava perdendo precum, come l’oggetto delle sue attenzioni, peraltro, e al quale si applicò dopo un tempo indefinito passato a torturare dolcemente la borsa con i due gioielli. Per prima cosa lo strinse alla base con la mano e ne percorse l’intera lunghezza fino al glande completamente scoperto e sulla cui fessura poggiava un’invitante goccia di presperma. Vi posò sopra il pollice e cominciò a massaggiarne la punta, ma non riuscì a resistere e, con fare sensuale, si portò il dito alle labbra facendolo scomparire entro la bocca e succhiandolo golosamente. Quando lo tirò fuori, lo leccò voluttuosamente con la lingua, osservando gli occhi spalancati e rapiti e l’espressione estasiata di quello che avrebbe potuto essere suo fratello, ma col quale non aveva neanche una goccia di sangue in comune. Sollevò un angolo della bocca a rivolgergli un sorriso malizioso e carico di promesse, al quale Fulvio rispose manifestando gioia e fiduciosa attesa incurvando le labbra. Fausto era deciso a succhiare quel meraviglioso uccello che lo attirava come una calamita, ma era scomodo e rimediò posizionandogli un cuscino sotto al sedere. Soddisfatto di questa soluzione, riprese in mano vigorosamente il membro, facendogli fare un sussulto. Riprese a masturbarlo lentamente, rapito dalle sensazioni che gli dava e, sempre guardandolo negli occhi, cominciò a chinarsi fino a toccare la punta con le labbra. Sorrise al gemito che ne scaturì. Aprì la bocca accingendosi a far entrare lascivamente il glande mentre la lingua si dedicava a dare piacere e Fulvio iniziava a gemere più forte, rimanendo senza fiato per l’inaspettato turbamento provato. Lo ciucciò con cupidigia, intensamente ed emettendo rumori di risucchio e lappate; se lo spingeva fino in gola e faceva vibrare le corde vocali provocando veri e propri spasimi a Fulvio, il quale non poteva far altro che stringere e lasciare andare le lenzuola con le mani e agitare le gambe incurvando la pianta dei piedi e arricciando le dita per i brividi di piacere. Il bacino era ormai dotato di vita propria e si protendeva a cercare l’affondo nella gola di Fausto, il quale si divertiva a stuzzicarlo in tutte le maniere. Lo baciava, lo leccava, lo succhiava, lo inghiottiva avidamente, lo stringeva, lo masturbava . Lo faceva arrivare al limite e si fermava di colpo, stringendolo alla base o facendogli sentire i denti con un morso delicato. All’ennesima doccia fredda, lasciò il membro svettare completamente ricoperto di saliva e spostò l’attenzione più in basso. Premurose cure al sacchetto dei testicoli e poi più giù a solleticare il perineo con insolenza. Proseguendo verso l’agognato solco. Fulvio emetteva versi inconsulti e disarticolati completamente in balìa di un voluttuoso tripudio, mentre Fausto gli afferrava le mani e gliele faceva appoggiare sul sedere per tenere separate le natiche, intanto che lui si dedicava al culetto. E vi si dedicò con perizia. Passò diversi minuti a fare su e giù con la lingua lungo lo spacco e intervallando attimi di attenzione esclusiva al buchetto. Leccava con gusto, alternando la lingua di piatto e di punta, affascinato da come reagisse l’anellino, rilassandosi e contraendosi. Quando i gemiti diventavano troppo stentorei e i movimenti del bacino troppo scoordinati il ragazzo mollava il compito che si era assegnato e sollevava la testa ad incrociare lo sguardo di Fulvio smanioso e offuscato dall’estasi . Il quale vedendo sbucare tra le sue gambe quel viso sbarazzino e genuinamente lieto per gli alti e bassi con i quali gli stava sconquassando l’anima e il corpo, non poteva fare a meno di paragonarlo a un folletto birichino che si diverte a giocare tiri mancini al malcapitato di turno. Quando avrebbe avuto di nuovo fiato a sufficienza gliel’avrebbe detto. Ora, no. Ora si era rimesso in ginocchio e ,a gambe larghe attorno al tronco, si era portato all’altezza del suo viso, offrendogli il pene durissimo e già bagnato. Finalmente, pensò Fulvio. Poteva assaggiarlo. Lo prese in bocca come un affamato e lo adorò come un devoto. Fausto mosse il bacino piano a spingerglielo dentro delicatamente, poi lo tirò fuori e glielo avvicinò, tirandosi indietro all’ultimo. Con la punta andò a solleticargli le labbra e, quando fece per accoglierlo, si ritirò di nuovo. Ridacchiò nel vedere l’espressione abbattuta di Fulvio che gli rivolse uno sguardo assassino. Con un agile balzo portò indietro il corpo e, appoggiandosi su quello del suo amato, lo baciò sulla bocca dolcemente avvolto dalle braccia e dalle gambe di lui che non volevano lasciarlo andare via. Ora che lo aveva trovato, che aveva trovato l’uomo a cui apparteneva e che lo voleva,non lo avrebbe lasciato mai. Fu lo scambio dei loro sapori a eccitarli di nuovo e a trasformare la dolcezza in bramosia, facendoli dimenare l’uno contro l’altro. Fulvio non ce la faceva più, lo voleva dentro di sé e poggiandogli la mano sul torace lo fece alzare e scivolare in mezzo alle gambe. Le allargò bene e si sistemò il cuscino sollevando il bacino per facilitargli il compito. Fausto, che non pensava di arrivare a questo punto,non sapeva come fare. Aveva preso in questo modo alcune ragazze e sapeva che era doloroso. Lui non voleva fargli male. Lo guardò stupito e titubante, ma la sicurezza e la muta preghiera di Fulvio lo fecero agire. Erano entrambi lubrificati per le pratiche precedenti. Fausto si avvicinò al forellino e appoggiò il membro. Con timore cominciò a spingere e vide l’espressione di lui cambiare. Sul volto si dipinse una smorfia di dolore e di paura. Una lacrima spuntò. Si bloccò immediatamente e scese a raccoglierla con le labbra, baciandogli tutto il viso e fermandosi sulla bocca per poi scendere a succhiare un capezzolo fino a quando non lo sentì rilassarsi. Allora si rialzò e tentò ancora molto piano. Bene. Ancora avanti piano, ma tornò la stessa espressione sofferente, anche se Fulvio cercava di trattenersi; non voleva che lui capisse che gli stava facendo davvero male, né voleva che si sentisse in colpa per questo. Fausto non sapeva che fare. Pensò che forse la soluzione era una spinta decisa, ma gli avrebbe provocato un dolore terribile e non voleva. La paura che ognuno aveva di ferire l’altro era palese nei loro sguardi. Erano due cuccioli indifesi che avevano sofferto troppo e che tentavano di proteggersi a vicenda. La soluzione fu chiara a entrambi, sempre per via di quella straordinaria comunione di pensieri che li aveva eletti affini. Fausto si mise nella posizione più comoda e, dopo lo scambio di un cenno, diede un affondo risoluto ed entrò fino a metà dell’asta. Il grido strozzato e un’altra lacrima gli gelarono il cuore. Nuovamente si chinò a baciarlo e con il palmo della mano gli carezzò il viso, raccogliendo la goccia salata. Fulvio se la portò alle labbra e la baciò, leccandola tutta. Altri baci, mentre proseguiva l’ingresso in quell’antro caldo e stretto, ma così accogliente che avrebbe voluto restare lì per sempre. Fulvio lo teneva per le natiche, quasi a spingerselo dentro per accoglierlo meglio e, quando fu entrato tutt, gli avvolse le gambe intorno appoggiando i talloni sulle tonde sfere e tenendoselo contro. Furono meravigliati e stupiti di ciò che erano riusciti a fare. Rimasero fermi a prendere confidenza con questa nuova scoperta. La scoperta di sentirsi per la prima volta vivi. Di sentire il sangue scorrere in tutto il loro corpo, diffondendo calore e linfa vitale. Di sentire un piacere inaudito nello scoprire di appartenersi e che si erano appartenuti per molto tempo, senza accorgersene, senza raccogliere i piccoli segnali: uno sguardo, uno sfioramento,una parola che a entrambi aveva provocato un brivido, ma che entrambi non avevano riconosciuto. E ora, ora si erano riconosciuti e potevano consacrarsi a darsi tutto l’amore, il sostegno, la protezione di cui avevano bisogno. A darsi totalmente l’uno all’altro. Ad essere l’uno dell’altro. Dopo la sorpresa di questa scoperta, arrivò la piacevole e profonda consapevolezza di una nuova esistenza per entrambi. Sapevano che il loro destino era nelle loro mani e che, da allora in poi, avrebbero dovuto aver cura di questo nuovo sentimento che li scuoteva in tutto il corpo e li faceva tremare dalla gioia. Ma adesso era tempo di dedicarsi a un’altra gioia e Fausto si mosse con cautela per verificare se Fulvio era pronto. Un gemito sussurrato gli fece comprendere che era ancora presto. Ruotò il bacino per far sì che la guaina si adeguasse alla spada e tornò a baciarlo dolcemente. Mentre si dedicava a quelle labbra morbide e appetitose, Fulvio lo stimolò stringendo e rilasciando l’ano, facendolo impazzire e invitandolo a muoversi dentro di lui. Fu il via libera. Fausto provò a sfilarsi lentamente e gli occhi sbarrati e la bocca aperta di entrambi rivelarono che una nuova sensazione di godimento li aveva pervasi. Cominciò il movimento lento e costante dell’accoppiamento. Ogni affondo provocava un’esultanza indicibile e i gemiti si trasformarono in manifestazioni di giubilo ben più palesi . I sospiri aumentarono, i gridolini di approvazione e le sollecitazioni a spingere più forte, a sbattere, a fottere divennero richieste pressanti. Fausto aumentò la velocità e la forza con cui lo penetrava, riuscendo a toccargli e stimolargli la sublime ghiandola in una sollecitazione continua che portava al limite la resistenza del suo membro. L’eccitazione era altissima e Fulvio non riusciva a tenere ferma la testa sbattendola a destra e a sinistra sul cuscino, implorando Fausto di continuare, di fermarsi, di farlo godere. Non capiva più nulla. Il sudore imperlava i loro corpi impegnati in quella lotta d’amore e di resistenza. Poi Fausto rallentò e si fermò a squadrarlo, a studiare il suo volto stravolto e paonazzo, abbandonato sul cuscino in attesa di lui, del suo desiderio di dargli piacere. Provò un appagamento assoluto nel considerare che erano uniti, che le loro due solitudini avevano formato un’unità. Non sempre uno più uno fa due. Qualche volta fa uno. Riprese ad affondare sempre più rapidamente, sempre più forte, sempre più dentro; voleva sentirlo urlare, sentirlo godere, voleva che venisse e, all’ennesimo colpo, lo vide sputare fuori un fiotto lunghissimo e poi ancora e ancora dimenandosi sotto di lui, stringendolo, gridando e arpionandogli le braccia forti . Fulvio pensava di essere morto. Mai aveva provato una cosa del genere. Non riusciva a respirare e sentiva come se il suo corpo si fosse rivoltato dall’interno all’esterno. Il bacino si era inarcato fino quasi a spezzargli la schiena, le fortissime contrazioni non smettevano di fargli tremare le membra e una specie di blackout aveva spento il suo cervello per qualche attimo. Mentre si riadagiava sul letto e apriva lentamente le palpebre vide la soddisfazione e l’esaltazione di Fausto per quello che aveva combinato e l’espressione monella tornare sul suo viso, subito deformato dall’orgasmo che lo aveva colto, producendo dei colpi fenomenali all’interno del suo culo facendogli credere che lo avrebbe sfondato, e rilasciando un quantitativo notevole di sborra. Fausto, esausto, si lasciò cadere sul suo amato respirando affannosamente e ancora scosso dagli spasmi di quella deliziosa esperienza. Si sentì abbracciare stretto stretto e pensò che quello era il suo nido, il posto dove avrebbe passato il resto della sua vita. Sollevò il viso a richiedere imperiosamente un bacio e lo ottenne con una premura che gli scaldò il cuore. Era il tempo delle coccole. Due cuccioli che si leccavano le ferite in via di guarigione e si rannicchiavano vicini a darsi sollievo e calore. Si separò da quelle labbra appetitose e cominciò a strofinare il proprio naso contro quello di Fulvio in un gesto di autentica tenerezza. C’era in quel gesto così spontaneo, ingenuo e semplice, tutto l’amore che provava per quel ragazzo che gli era amico, fratello, padre, madre, amato, amante. Si sollevò liberandosi dall’abbraccio e con un dito raccolse un po’ del seme che li aveva uniti. Se lo portò alla bocca assaporandolo, mentre gli occhi brucianti di passione fissavano con intensità Fulvio che seguì quel gesto così significativo e il silenzio parlò ancora per loro. Ne raccolse ancora e questa volta lo portò alle labbra di lui che lo leccò avidamente. E questa volta si parlarono. Oltre che con lo sguardo, con la voce. Due sole parole, che furono lo scambio di una promessa eterna.
“Mio.”
“Tuo.”






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