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Il racconto di mia moglie


di Sleepy699
01.01.2024    |    14.598    |    13 9.9
"Il racconto di mia moglie Fu durante un ozioso pomeriggio d’estate a bordo piscina, nel villaggio dove trascorremmo le scorse vacanze estive, che mia..."
Il racconto di mia moglie

Fu durante un ozioso pomeriggio d’estate a bordo piscina, nel villaggio dove trascorremmo le scorse vacanze estive, che mia moglie prese a raccontarmi di una sua collega, Elena.
Mi disse che era incuriosita da Elena perché, per quanto non esitasse a mettersi in mostra con il suo modo elegante e sensuale di comportarsi e vestire, a volte quasi provocante, non sembrava mai veramente interessata a concedersi ad alcuno dei molti colleghi che sbavavano letteralmente per lei.
“Inizialmente, pensavo che fosse già impegnata in qualche relazione di quelle inossidabili, almeno a parole, salvo poi accorgermi che, probabilmente, qualcosa di diverso c’era nel suo atteggiamento e nei suoi gusti in fatto di sesso”.
“Cosa vorresti dire con qualcosa di diverso?” chiesi.
E così mi raccontò di un episodio particolare.
“Durante un aperitivo ad alto tasso alcolico due colleghi maschi avevano sfidato me ed Elena, a baciarci. Ebbene, senza farsi pregare Elena prese l'iniziativa, infilandomi la lingua in bocca senza tanti complimenti. Sapeva di alcool ed era un po' brilla. Risposi al bacio mettendole a mia volta la lingua in bocca.
Fu un limone duro che proseguì qualche interminabile secondo. Un bacio parecchio bagnato, soprattutto dalla saliva di lei. Elena mi baciò con l’intensità di una quindicenne. I colleghi applaudivano mentre le colleghe commentavano e ridevano. Elena mi stringeva le natiche mentre io le palpavo il seno sinistro, che sentii voluminoso e sodo e non protetto dal reggiseno. Glielo palpeggiai con decisione tanto che lo feci uscire dalla scollatura, con grande soddisfazione dei colleghi intorno che si godevano lo spettacolo di quel capezzolo che sembrava un frutto carnoso e succulento. Lei si staccò dalla mia bocca e si rimise il seno a posto sotto il vestito ridendo. Poi si rituffò nella mia bocca, penetrandomi con la lingua fino in gola. Improvvisamente, si staccò e disse, rivolta ai colleghi, ridendo, che baciavo bene”.
Sapevo che a mia moglie piace essere al centro dell’attenzione e immagino che l’alcool e la voglia di dare un po' di spettacolo, avessero favorito l’esibizione. Le dissi che la cosa non mi disturbava ed anzi, in qualche modo mi eccitava. Visto il mio interesse, proseguì nella narrazione.
“Non era la prima volta che provai un bacio lesbo. Lo feci con una mia amica anni fa, Erica, forse te la ricordi, ma non mi eccitai come con il bacio a Elena. Ti confesso che con quel bacio Elena mi mise davanti ad una realtà che mi sconvolgeva. Rientrata a casa, non riuscivo a prender sonno. Fantasticavo di quel suo seno sodo che avevo palpeggiato, sognavo ad occhi aperti il suo corpo sinuoso, i capelli neri e gli occhi scuri e penetranti. Mentre tu dormivi profondamente, mi alzai dal letto e mi chiusi in bagno, dove cedetti finalmente all’istinto, accettai definitivamente i miei desideri e mi masturbai selvaggiamente immaginando Elena che mi leccava ovunque”.
Poi un'altra pausa per dare il tempo al cameriere di appoggiare sul tavolino i due aperitivi. Inutile dire che ero eccitatissimo e, trovandoci un luogo pubblico, a bordo piscina, cercavo di trattenere l’erezione.
Sentivo che la storia completa si doveva ancora dipanare.
Pregai mia moglie di continuare, che la cosa mi eccitava e volevo sapere cosa era poi successo tra loro.
Mia moglie si tolse il reggiseno del bikini e rimase in topless, come altre donne intorno a noi.
Lo fece con nonchalance scoprendo davanti a me il suo seno, piccolo e quasi insignificante, che avevo già visto mille volte ma che stavolta emanava un fascino sconosciuto.
Il racconto di mia moglie riprese.
“L’episodio aveva lasciato un segno ovviamente. Elena era consapevole del fascino che esercitava su di me. Era solo questione di tempo, si leggeva nei suoi sguardi. Un giorno abbiamo fatto di proposito tardi in ufficio, eravamo rimaste solo noi due, i colleghi erano usciti. Verificato che eravamo rimaste sole nella palazzina, mi invitò nel suo ufficio e chiudemmo la porta a chiava. Era bellissima, indossava una minigonna di pelle nera, autoreggenti velate scure con riga posteriore e scarpe con tacco importante, aperte sul tallone. Sulla caviglia destra, sotto il nylon, una cavigliera. Elena si liberò della gonna e si sdraiò sulla sua scrivania, a gambe aperte in autoreggenti e perizoma. Si sbottonò la camicetta ed espose i capezzoli appuntiti. Mi chinai davanti a lei, con la testa tra le sue gambe, scostai quel poco tessuto che le copriva il clitoride, ancora annusai il suo profumo e le diedi una bella leccata. Aveva la fica liscia, depilata, ornata solo con una sottilissima striscia di peluria corvina sul pube. Volevo leccarla per bene la mia collega perché aveva un sapore delizioso. La sentivo godere per le carezze della mia lingua sulle sue grandi labbra e dei brividi le risalivano i lombi quando lambivo il clitoride. Anch’io tremava per l’eccitazione”.
Deglutii a fatica affascinato dal racconto di mia moglie. La pregai di continuare. Lei mi guardò negli occhi come a chiedermi se fossi sicuro di voler sapere.
“Certo che sono sicuro, prosegui ti prego!”.
Riprese il racconto.
“Elena mi disse che anche lei voleva leccare per bene la mia figa, e che anzi, era giunto il momento di gustarsi un bel 69, assaporando tutto il piacere della trasgressione insieme. Così mi sfilai gonna e intimo e montai sopra di lei, mettendole letteralmente in faccia la mia fica calda e umida. Appoggiando la vulva sulla sua bocca mi misi a strusciarla piano sulle sue labbra, muovendomi avanti e indietro. Mi disse che ho una fica stupenda. Evidentemente il mio pelo nero come il suo, ma più folto e meno curato, aveva soddisfatto le sue aspettative. Eravamo due amanti travolte da una passione che ci aveva colto alla sprovvista, non riuscivamo davvero più a trattenerci. Riversavamo tutta la nostra passione per il piacere: leccate, slinguazzate, succhiate profonde, piccoli rapidi morsi sul clitoride. Ci torturammo di piacere a vicenda, muovendoci circolarmente sui rispettivi punti G, in preda al desiderio di lasciarci andare”.
Poi mia moglie fece una pausa quasi a voler capire fino a dove si poteva spingere con il racconto.
La pregai di proseguire, di dirmi tutto nel dettaglio.
Così riprese il racconto.
“Stavo leccando la fica di una donna, e la mia lingua si muoveva con decisione dentro di lei, spingendosi sempre più in profondità, alla ricerca di un sapore e di un piacere tanto sconosciuto quanto sconvolgente. Allo stesso tempo sentivo la sua lingua ovunque. Alternava leccate dentro la fica e fuori, sulle grandi labbra, sul clitoride, e poi di nuovo dentro. E mentre mi leccava sentii il suo dito medio infilarmisi delicatamente nell’ano”.
Poi fece un'altra pausa, mi guardò negli occhi con un sorriso sardonico prima di riprendere la narrazione.
“Prenderlo nel culo è sempre stata una cosa che mi fa godere senza freni come già sai. Ma il fatto che a penetrarmi fosse una donna, mi fece eccitare ancora di più. Capii subito che non sarei durata ancora a lungo, e quando le dita nel culo divennero due, sentii un fulmine partirmi dall’ano e risalire la schiena. Venni sconvolta da un orgasmo anale perentorio, inarcai la schiena e feci per urlare ma il suono mi si strozzò in gola. Le venni in faccia. Ebbi la sensazione di produrre umori come se stessi squirtando, mentre la collega se ne stava con la lingua sprofondata nella mia fica e due dita nel culo, che continuava a muovere avanti e indietro. Quando quel devastante orgasmo mi abbandonò, lasciandomi solo il ricordo di quello che era stato, crollai con il viso sul suo pube. Ci misi alcuni secondi per capire che non ero svenuta, e quando tornai in me stessa mi accorsi che stavo ansimando come se avessi corso una maratona. Rimasi immobile alcuni secondi, lasciando che lei mi osservasse il culo e la fica grondante di umori”.
“E poi cos’è successo?”.
“E poi, semplicemente, ci siamo rivestite e siamo andate a casa. Avevamo sfidato già abbastanza la sorte, non volevamo rischiare di farci beccare da qualcuno”.

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